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Autore: chuxie    10/07/2016    2 recensioni
Lily Evans e Severus Piton sono amici sin da bambini.
Lei ha visto il buono che c'era in lui e lui ha incoraggiato la magia che lei ha scoperto in se stessa. Hanno condiviso le marechelle, i compiti e le delusioni.
Si sono amati. Sempre. In modi diversi e a tratti contorti. Sono stati indivisibili e poi distanti.
Questa è la loro storia.
Dal capitolo 21:
"Io la amo.
Io, Severus Piton, amo lei, Lily Evans.
Ed è uno schiaffo in faccia capirlo dopo tutto questo tempo passato con quest’enigma in tasca e la paura di risolverlo. La soluzione era così semplice e lo stesso mi sono ostinato a fingere di non vederla.
La amo visceralmente e idealmente.
La amo col broncio e con gli occhi luccicanti per qualche idea diabolica.
La amavo ieri, la amo oggi e la amerò domani.
La amo così tanto da aver provato un terrore dei miei stessi sentimenti talmente folle da essere riuscito a negarmeli sino ad ora. Eppure la amo così tanto che ora mi sembra di non riuscire a pensare a null’altro, mi sembra che non esista nient’altro"
Genere: Introspettivo, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alice Paciock, James Potter, Regulus Black, Sirius Black | Coppie: James/Lily, Lily/Severus
Note: Missing Moments, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica, Durante l'infanzia di Harry
Capitoli:
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Mi scuso per l’imperdonabile ritardo. Ho dovuto canalizzare la maggior parte delle mie energie nella preparazione dell’esame di stato e non ho avuto nemmeno il tempo di portare a riparare il pc. Al fine di facilitarvi la lettura del capitolo che segue, vi propongo un breve “riassunto delle puntate precedenti”. E ringrazio tutti voi che siete ancora qui a leggere e ad emozionarvi con me. 
 

DOVE ERAVAMO RIMASTI…
Lily Evans e Severus Piton crescono insieme. Lui è un ragazzino tormentato dall’abbandono del padre e dall’alcolismo violento della madre. Lei per anni è agli occhi di Piton una sorta di madre surrogata, capace di tirare fuori il meglio di lui. Nel corso degli anni a Hogwarts il loro rapporto evolve sempre di più, sino a diventare alla pari. Lily ha bisogno di Severus, perché ne è innamorata da sempre. Nel frattempo i due stringono una solida amicizia con Regulus Black, diventando un trio inseparabile, malgrado i due giovani serpeverde mirino ad entrare nelle grazie di Lord Voldemort. Lily, dopo anni trascorsi ad amare nell’ombra, senza trovare il coraggio di fare chiarezza tra loro, decide di rinunciare ai propri sentimenti per Severus e si mette con Rab, sconvolgendo le dinamiche della loro amicizia. È solo a quel punto che Piton capisce di amarla, ma sceglie di rinunciare a lei, non sentendosi alla sua altezza, tagliando poi totalmente i rapporti con lei quando la sua storia con Rab si conclude. Da lì in poi il viaggio di Piton verso le arti oscure è in discesa e culmina con la partecipazione (seppur indiretta) allo stupro di Mary MacDonald…

 
 
 
L’inizio delle vacanze di primavera saluta gli studenti di Hogwarts con una pioggia fitta e sottile. Le gocce bagnano il paesaggio silenziose e costanti, distorcendo i confini dell’orizzonte e dando all’aria un’atmosfera umida e pesante.
Mi sposto i capelli dalla fronte, guardando con un brivido fuori dalla finestra. La pioggia di quest’oggi è una di quelle fini, che ti penetrano fino alle ossa, gelandoti l’animo e facendoti smarrire persino nei dintorni di casa tua. Cade silenziosa, tintinnando più sommessamente nei ritrovi d’acqua, tra il terreno umido e le grondaie spioventi del castello.
Riprendo a camminare, diretto verso la biblioteca, dove spero di trovare un paio di volumi con cui potermi intrattenere stanotte.
Ora che Regulus è partito mi resteranno ben poche cose da fare per passare il mio tempo nel castello quasi deserto. Lucius ha voluto che restassi qui, per lavorare più comodamente ad alcune pozioni nel mio laboratorio, ma la presenza di Rab era richiesta a casa. Già so che tornerà di umore lugubre e che impiegherò settimane prima di poter parlare con lui serenamente. Non che nelle ultime settimane la conversazione tra noi sia stata fluente e spigliata. Ma nei nostri silenzi c’era l’intima consapevolezza di star tentando di digerire lo stesso orrore. Non abbiamo avuto bisogno di dirci che le nostre notti erano rese insonni dallo stesso incubo. Ci ritrovavamo spontaneamente nella Sala Comune, agli stessi orari assurdi e in silenzio ci ritrovavamo ad allungare un libro all’altro, quasi gli stessimo tendendo una speranza di salvezza.
Mi affretto verso la biblioteca, stringendomi nel mantello con un brivido di freddo. Questo tipo di pioggia sembra riuscire a rendere umido e tenebroso tutto quel che tocca e il castello, ora semi deserto, sembra ancor più inquietante. Il senso di solitaria alienazione che mi trasmette questo silenzioso scrosciare allunga le ombre scure dei pensieri che più tormentano il mio animo.
Sto costeggiando uno dei chiostri interni quando un dettaglio rosso attira la mia attenzione e, prima ancora che io possa chiederlo ai miei piedi, mi sono fermato davanti ad una delle vetrate che danno sull’esterno. Sotto la pioggia battente siede una figura minuta, ritta e fiera su una delle panche di pietra del chiostro. Vorrei poter dire che nella foschia di questa giornata uggiosa e nell’indefinitezza dei contorni piovosi, ho impiegato alcuni minuti a riconoscerla. Ma la verità è che sapevo che quello era il rosso dei suoi capelli umidi ancora prima di accertarmi che ci fosse effettivamente qualcuno seduto là fuori. Potrei addurre migliaia di scuse al fatto che io sia capace di riconoscerla ovunque - gli anni trascorsi insieme, il tempo passato a fantasticare di lei, la maniacale osservazione di ogni dettaglio che la riguardi, il mio talento come fisionomista - ma la verità, pura, semplice e comunque assurda, è che la amo e saprei trovarla e riconoscerla in ogni luogo, spazio, gesto e sussurro.
È forse per questa stessa ragione che, senza indugiare oltre, ho imboccato la prima uscita sul chiostro e mi sono esposto al battere fine della pioggia gelata, trovandomi zuppo ancor prima di raggiungerla sulla panchina.
Mi siedo accanto a lei. Senza esitare. Senza pensare. Senza avere idea di quello che sto facendo. Una lontana eco con la voce di Regullus dentro di me mi ripete di fermarmi.
- Ciao. – dico e la mia voce suona come quella di qualcuno che non parla da mesi. Per un solo istante mi chiedo come suonasse la voce di Mary MacDonald il giorno dopo quella notte di strilli addolorati, ma lo scaccio con un brivido.
Lily si volta e mi guarda, il viso bagnato e gli occhi gonfi di pianto. Sporca e arruffata dalla pioggia. Le labbra carnose rese blu dal freddo. Quanto tempo ha passato qua fuori? Sto cercando di ricordare quando l’ho vista l’ultima volta, quando lei parla con tono piatto: - Ciao.
Torna a voltarsi e a fissare un punto nel vuoto, mentre la pioggia o le lacrime continuano a rigarle il viso. Resto il silenzio per alcuni istanti, mentre le immagini di Mary nuda mi attraversano la mente e prima di poterle mettere realmente a fuoco, mi faccio più vicino a lei, senza sfiorarla davvero. Senza sapere che sto facendo.
- Da quanto tempo sei qui?
Lei si morde un labbro, prima di parlare, senza guardarmi: - Che cosa vuoi, Piton?
La freddezza della sua voce, arrochita dal freddo mi ferisce. Allontano la mano tremante che stavo per posare sulla sua.
- Ti ho vista qui – lei si volta a lanciarmi uno sguardo vuoto – Ero preoccupato per te.
Lei scrolla le spalle e torna a fissare l’orizzonte uggioso.
- Sto bene – dice, poco prima che la voce le si incrini. Indurisce lo sguardo e stringe le labbra - Va via.
Soffre. La conosco abbastanza da sapere che sta davvero molto male. Mi chiedo che possa essere successo. Piattola McKinnon l’ha lasciata? Una litigata con Potter?
No.
Sono tutte cose da cui lei si è sempre saputa difendere.
No.
È come ha detto quella volta in auto Martha: “Lily è sensibile alle parole di coloro che ama. Sono certa che sappia difendersi e proteggersi da coloro che le sono apertamente avversi, ma non è capace di tutelarsi dalle ferite che le infliggono, più o meno involontariamente, le persone vicine”.
Lily soffrirebbe così tanto solo a causa di qualcuno cui tenga profondamente.
L’ultima volta che l’ho vista così straziata è stato quando abbiamo “chiuso”.
E il fatto che sia a Hogwarts durante le vacanze di primavera mi riporta ad una sola cosa: - Petunia?
Lily stringe ancor più le labbra in una smorfia, mentre tenta di trattenersi dal piangere. Ho fatto centro.
Si volta a guardarmi con occhi fiammeggianti d’ira: - Si può sapere cosa vuoi, Sever… Piton?
- Sono preoccupato per te, te l’ho detto. Cos’è successo a casa? – lei scuote il capo furiosa.
- No. No, no. Non puoi dire “casa” con quel tono, come se tu venissi dallo stesso posto da cui provengo io, come se la mia famiglia fosse la tua – mi mordo la lingua per non risponderle sull’onda del dolore che quelle sue parole mi montano dentro – A te non importa di tutto questo. Non più! Quindi, dimmi perché sei qui!
- Lily – dico in un tono che spero suoni dolce – sono solo preocc…
- Non ti credo! – e come potrei aspettarmi il contrario da lei dopo averla così crudelmente allontanata?! Eppure sono qui. Di nuovo - E’ per qualche idiozia che hai combinato di recente, vero? Sei venuto da me per ripulirti la coscienza!
- Cosa?! No!
- Hai picchiato e bullizzato qualche nato-babbano di troppo e ora speri che io ti aiuti a sentirti di nuovo una brava persona o qualcosa del genere? – davanti agli occhi mi balena il corpo nudo della MacDonald e un brivido mi corre lungo la schiena. Nulla potrà mai ripulirmi la coscienza dopo quello che ho fatto.
- No!
- Com’era quella stronzata che ti piaceva dire? Che io dipano la nebbia del tuo cuore? Dissipo i dissennatori del tuo umore? – sento di aver perso colore. Questo è stato un colpo basso.
- Dipani le tenebre del mio cuore – dico sommessamente, impietrito dal dolore.
- Ecco! – dice schioccando le dita – Bè, mi dispiace, ma ho chiuso bottega. Vai a cercarti qualche altra amica “pura”, purosangue o qualunque altra cazzata del genere ti guidi nella scelta delle persone di cui circondarti. Riversa su di loro la tua merda e lasciami in pace. Io non ci sto più. Soprattutto visto come mi ripaghi ogni volta che sono io a…- agita le mani con foga – non lo so nemmeno io. Forse, semplicemente, visto che non ci sei mai quando io ho bisogno di un amico. Io per te non ci sarò più. Quindi, te lo ripeto: va via.
Resto in silenzio, distogliendo lo sguardo da lei e posandolo sull’orizzonte, più per un bisogno di celarle i miei pensieri che per un reale desiderio di non guardarla.
È ingiusta.
Ci sono stato tante volte quando lei ha avuto bisogno di me.
Quella volta che l’ho rincorsa al fuori dalla Sala Grande al terzo anno. O quando l’abbiamo ritrovata riversa nel suo sangue nel bagno di Mirtilla. O la volta in cui Rab l’ha fatta piangere.
Ero lì per lei. Tuttora, mi sto sforzando di mantenere questa distanza insopportabile solo per lei. Per difenderla da un mondo di cui non ha visto altro che la punta dell’iceberg. Per proteggerla dalle tenebre in cui ho affondato a piene mani. Per non esporla a un pericolo ancor maggiore. E, ugualmente, mi sono avvicinato a lei perché volevo curare il suo animo ferito.
Realizzo con orrore che, malgrado l’unica ragione per cui avevo accettato di separarmi da lei fosse quella di saperla al sicuro e felice, non ho ottenuto nulla di tutto questo. Mi sono infilato in una spirale di incoerenza autodistruttiva tossica per entrambi. Mi allontano per proteggerla e mi avvicino per confortarla. Sono troppo debole e per starle lontano e lei finisce con l’essere costantemente infelice. E allora a cosa è servito separarci? A cosa è servito rinunciare a lei e soffrire, se tutto quello che entrambi desideriamo è sapere di poter contare l’uno sull’altra?
Il suo sguardo caldo, quel nostro primo viaggio sull’espresso per Hogwarts, mi risuona dentro insieme alle nostre parole. Sempre. 
- Io resto.
- No, tu ora te ne vai.
- Non puoi obbligarmi.
Lei si volta a guardarmi con rabbia.
- Va via! – urla.
- No.
Lei scatta in piedi, estrae la bacchetta e, con sorprendente velocità per una con le dita blu, si porta davanti a me, puntandomela ad un palmo dal naso.
- Va. Via.
Mi alzo e mi avvicino alla sua bacchetta, ora rivolta al mio petto.
- No.
- Vattene.
- No.
- Non lo ripeterò un’altra volta. – la bacchetta le trema in mano. Non so se sia il freddo o la rabbia.
- Nemmeno io – dico muovendo un altro passo verso la bacchetta, fino a sentirne la punta premere sul mio mantello fradicio. Questa scena mi ricorda dolorosamente quello che è accaduto con Rab non appena ha scoperto di non essere stato il primo per lei. Spero che anche lei non si metta a ficcanasare nei miei ricordi.
Non che lei abbia mai avuto bisogno di qualche incantesimo per leggermi dentro.
- Vattene… - la voce le si spezza, mentre spesse lacrime si fondono alle gocce di pioggia sul suo viso.
- Io resto – sussurro, guardandola negli occhi.
Lei leva la bacchetta in un gesto tanto feroce, quanto falso. L’ho ammirata duellare tante volte, so come combatte. Se avesse voluto schiantarmi o farmi del male avrebbe usato un incantesimo più sottile, che non le avrebbe lasciato il fianco scoperto. È in quella debolezza che mi infilo.
La attiro a me e la stringo forte. Respiro in una sola zaffata l’odore di margherite ed erba. Lei si divincola come un gatto. Spinge contro il mio petto, tenta di far leva sulle mie braccia, scalcia e urla. Agita la bacchetta, senza riuscire a produrre un solo vero incantesimo. Ma lo stesso lotta come l’amazzone che è sempre stata. Abbandona la bacchetta e mi tira i capelli. Mi graffia il viso. Prova a sferrarmi un paio di pugni. Morde con forza il mio avambraccio. Ma non la lascio, la stringo ancor più a me, fino ad essere certo di farle male. Fino a quando non si arrende e si limita a singhiozzare sulla mia spalla con tanta rabbia e disperazione da farmi sentire come se le fossi rimasto solo io. Mio malgrado, ammetto che questo pensiero mi fa sentire bene.
Le carezzo i capelli, lentamente, cercando di abituarmi alla sensazione nuova di sentirli corti sotto le dita. Un paio di volte vi poggio la bocca, ma non ho il coraggio di depositarvi quel bacio che tanto mi graffia le labbra.
Lentamente si calma, tirando su col naso ed emettendo singhiozzi a intervalli più regolari. Il freddo mi ha ormai ghiacciato il petto, mentre la pelle mi formicola, di nuovo a contatto con lei. La pioggia continua a bagnarci costante e ignara dei nostri drammi. Lei, infine, alza di nuovo lo sguardo e in quel verde che tanto amo, scorgo la Lily più autentica, fragile e ferita, incapace di usare parole per difendere se stessa, ma ugualmente feroce e combattiva. Una guerriera dall’animo gentile. La mia amica di sempre. La ragazza che amo.
Le porto i capelli dietro un orecchio e le lascio una carezza sulla guancia, prima di parlare, guardandola negli occhi: - Direi che per oggi abbiamo preso decisamente troppo freddo. Possiamo spostarci altrove?
Lei fa un sospiro e china lo sguardo.
- Sembra la storia della nostra vita…
- Quale?
- Io che piango, tu che mi consoli e noi che alla fine ci spostiamo in qualche luogo più appartato…
Le sorrido rassicurante, passandole un braccio intorno alle spalle e dissimulandoci con la bacchetta. Reprimo la voglia di farle notare che mi ha appena detto di non esserci mai stato per lei nei momenti di bisogno, quando lei appoggia il capo a me, adattandosi perfettamente al ritmo dei miei passi. Questo nostro incastro è così giusto da farmi male.
- Aula di pozioni nella vecchia torre? – chiede.
- Non potrei chiedere di meglio.
 
*
 
- Che è successo?
Lily si volta a guardarmi, avvolta in una delle coperte che abbiamo trovato nell’aula, mentre i suoi vestiti sono stesi accanto al fuoco. Il pensiero che lei sia nuda lì sotto sarebbe molto più eccitante, se non fossi nudo anche io sotto questa coperta e se lei non rischiasse di vedermi con un’imbarazzante erezione ogni volta che mi muovo.
- Potrei farti la stessa domanda, sai?
- Oppure potresti rispondermi – lei sospira e rivolge il suo sguardo alla fiammella scoppiettante del camino. Nemmeno lo avevo notato la prima volta che ero stato qui, ma del resto è logico che ce ne sia uno nella vecchia aula di pozioni. Noto che qualcuno ha provato a dare alla stanza un’aria meno lugubre e dimessa rispetto all’ultima volta che sono stato qui. Probabilmente la Sand e il suo giro si sono recati da queste parti spesso. Torno a posare il mio sguardo su Lily, che sta ancora guardando indecisa le fiamme nel camino – Hai litigato con Petunia?
- No.
Aspetto che aggiunga altri dettagli, ma lei resta a fissare il fuoco con ostinazione e rabbia. È tornata sulla difensiva. Sospiro scocciato da questi suoi cambi d’umore.
- Intendi dirmi che sta succedendo o devo leggerti nel pensiero?
- Adesso sei diventato un così bravo legimante? – dice sarcastica.
Resto in silenzio, mordendomi la lingua per non risponderle male. Cerco di sforzarmi di ricordare quale incantesimo usasse mia madre per far asciugare prima i panni.
- Petunia qualche settimana fa mi ha scritto di non tornare – sputa fuori alla fine.
La guardo sorpreso: - E tu da quando ascolti Petunia?
- Da quando sembra che mio padre abbia un fottuto cancro alla prostata a causa mia!
- A causa tua?
- Tunia dice che è colpa della magia se papà si è ammalato e che farei meglio a stargli lontana per un po’.
- Ma è ridicolo. I tumori sono malattie di natura non magica! E poi in che modo la tua lontananza…? – poi realizzo di star facendo le domande sbagliate – Aspetta: tuo padre è malato? Da quando? Come lo avete scoperto? Perché non mi hai detto nulla?
- Non lo so! – sbotta, interrompendomi. Ho posto delle domande idiote, me ne rendo conto. Il pensiero che Harry sia malato è tanto sconvolgente da sembrarmi irreale - È ridicolo, me ne rendo conto anche io. Un puro delirio in pieno stile Tunia. Ho pensato fosse il suo ennesimo tentativo per farmi sentire sbagliata, anche perché i miei genitori non mi avevano detto nulla. E non credevo che potessero essersi dimenticati di dirmi che uno di loro aveva una fottuta malattia mortale – dice con feroce ironia, sputando le parole e gesticolando animosamente. Intravedo un paio di volte le sue cosce e sento il sangue arrossarmi le guance. Non posso credere di riuscire a pensare a certe cose anche dopo una rivelazione simile.
- Quindi Harry non è malato. E’ solo l’ultima trovata di Petunia per farti stare male e cercare di allontanarti da casa!
- No. E’ qui che sta la vera chicca. Quando ho scritto a mamma per delle spiegazioni, ha detto che davvero mio padre aveva un fottuto cancro alla prostata, ma che lei e papà avevano preferito non dirmi nulla, perché questo è l’anno dei GUFO e non credevano avesse senso farmi preoccupare alla mia giovane età – sputa queste ultime parole come fossero insulti – Non volevano darmi altro cui pensare oltre a degli idiotissimi esami! Quando ho voluto capire perché invece Tunia lo sapesse, è saltato fuori che non notare le condizioni di salute di mio padre era davvero difficile. Mamma, a quel punto, si è sbottonata un pochino e ha detto che papà stava già facendo dei controlli quando sono tornata a casa per natale, ma che la malattia ha iniziato a dare dei seri problemi a mio padre da un paio di mesi. Ma ovviamente non è voluta scendere nel dettagli di cosa fossero questi “seri problemi”, ha solo aggiunto che forse era meglio che non tornassi per le vacanze di primavera, così da risparmiarmi la vista di mio padre in certe condizioni. Quindi non solo davvero mio padre sta morendo per un fottuto cancro, ma anche la mia adorabile famiglia ha cercato di tagliarmi fuori perché sono troppo impressionabile per vedere lo stato in cui versa mio padre…
- Credi sia ridotto così male?
- Sembra stia facendo un trattamento speciale babbano. Chemioterapia o roba del genere. Non ho idea di come funzioni, ma sembra che abbia molti effetti collaterali. Perdita di peso e capellli, sistema immunitario a puttane. Ho provato a documentarmi, ma figurati se nella biblioteca di Hogwarts potevo trovare qualcosa su una malattia babbana! E non potevo certo chiedere a mia madre di mandarmi dei testi sull’argomento!
- Quindi è grave…- un brivido freddo mi scende lungo la schiena. Non voglio che succeda nulla di grave a Harry. Lily mi guarda spiritata e realizzo solo in quel momento dell’enorme idiozia che ho detto.
- Sì, Severus, un fottuto cancro alla prostata è grave. Sospetto sia tra le prime cause di morte per gli uomini dell’età di mio padre. E i miei genitori nemmeno volevano dirmelo. A Tunia sì. A me no. Neanche lei fosse più vecchia di me di 10 anni, cazzo! Con che diritto possono tagliarmi fuori da una cosa del genere!? Ho dovuto venirlo a sapere da quella cogliona e vogliono pure che io me ne resti qui, buona buona senza fare domande, ad aspettare che loro si degnino di ricordarsi che hanno un’altra figlia. Magari quando mio padre sarà morto si degneranno di farmi avere una comunicazione scritta dell’evento! – sputa le parole con una rabbia e una furia che difficilmente le ho visto in altre occasioni. Ma io vedo attraverso la sua ira e so cosa la tormenta. Io la conosco.
- Ti sei sentita esclusa – a queste mie parole lei sembra improvvisamente sgonfiarsi come un palloncino. Apre e chiude un paio di volte la bocca e china il capo.
- Sì.
- Volevano proteggerti, lo sai?
- Sì, ma…Non sono una bambina e… - corruga la fronte alla ricerca della rabbia che probabilmente l’ha tenuta in piedi sino a quel momento, senza riuscirci - E se lui morisse davvero? Se io non facessi in tempo a rivederlo? Io… - gli occhi le si riempiono di lacrime di nuovo. Allungo un braccio e la attiro verso di me, facendole poggiare la testa sulla mia spalla. Lei posa il naso freddo sul mio collo e io sento la preoccupazione per Harry rimbalzarmi per la testa, alternata al desiderio di curare tutte le sofferenze di Lily con baci e carezze.
- Perché non sei tornata a casa, Lily? – lei sembra volersi nascondere ancor di più nel mio collo. Deglutisco a fatica.
- Il mio dannato orgoglio. Fottuto spirito Grifondoro. Ho risposto male a mamma e ho ignorato le sue successive lettere. Ogni volta che pensavo di scriverle mi rimontava la rabbia e l’orgoglio e il senso di abbandono e finivo sempre con il dar fuoco alla pergamena prima di inviarla. E poi, è diventato troppo tardi per cambiare idea e chiederle di farmi tornare a casa e mi sono ritrovata bloccata qui, con la consapevolezza di essermi forse giocata l’ultima possibilità che avevo di vedere mio padre vivo per una ridicola questione di orgoglio e…- si copre il viso con entrambe le mani, per nascondermi la disperazione e la vergogna – Forse la verità è che avevo solo troppa paura di vederlo in quello stato. Non sono affatto coraggiosa, in verità. È mio padre, capisci? Lui è sempre stato… Io… Severus, se lui morisse… - scoppia nuovamente in un pianto dirotto e carico di disperazione. La stringo ancor più a me, mentre il mio cervello sfoglia febbrile tutti i volumi che conosce in cerca di una soluzione.
- Non hai pensato di procurare a tuo padre qualche medicina magica?
- Per una malattia babbana come questa? Cosa? – biascica tra le lacrime.
Annuisco, in silenzio.
- Harry è forte, Lily. Non ti lascerà sola prima del tempo.
La stringo forte a me e lei si aggrappa al mio collo con foga. Si raggomitola in braccio a me e lascia che io la culli. Ogni tanto piange e mi guarda con occhi terrorizzati, ma io le carezzo i capelli e le ripeto sommessamente che andrà tutto bene. Presto, inaspettatamente, si addormenta tra le mie braccia.
La osservo mentre per la testa mi vorticano milioni di pensieri.
Harry non può morire. Non potrei sopportarlo. È il babbano migliore che abbia mai incontrato. Possiamo anche dire che probabilmente è l’uomo migliore che abbia incontrato. A differenza di Prewett, lui non si è mai arreso con me e mi ha sempre concesso di stare con Lily. E poi se suo padre morisse, Lily andrebbe in pezzi e io non potrei sopportarlo. Anche se fino a poche ore fa ero preso del tutto dal mio delirio di onnipotenza e mi sforzavo di ignorare le emozioni brucianti che nutrivo per lei nel fondo del mio animo. Ho blaterato milioni di volte di come io fossi perfettamente capace di controllare i miei sentimenti per lei e di fare le scelte “giuste” malgrado la nostra passata relazione, eppure eccomi qui a cullarla tra le braccia e a pensare a come salvare suo padre.
Non sarò mai capace di restare intenzionalmente lontano da lei. Se lei avrà bisogno di me io accorrerò in suo soccorso al primo grido d’aiuto. L’amore può rendere davvero tanto irrazionali? Davvero posso essere tanto stupido da buttare al vento mesi, anni di faticosi tentativi per entrare nelle grazie dei Mangiamorte, solo per trascorrere il resto della mia vita nel ruolo di eterno amico, vedendo costantemente frustrati tutti i miei desideri su di lei? Mi sforzo di dire a me stesso che sono andato troppo oltre, che ho macchiato troppo turpemente la mia anima per poter continuare a stare al fianco di Lily, ma la verità è che le ultime, disperate, angosciose ore appena trascorse insieme a lei, sono meglio di qualsiasi pozione ben fatta o di qualsiasi elogio al mio talento. Nulla mi fa stare bene come stare al suo fianco.
Le accarezzo i capelli soffici e percorro con l’indice il contorno del suo viso, fino a tratteggiare alla linea invitante del collo, per poi fermarmi al bordo della coperta in cui si è arrotolata. Per un attimo esito, sentendo le dita prudere al pensiero di scostarle solo un poco i lembi della coperta e sbirciare la carne bianca della sua pelle. Lei non se ne accorgerebbe mai. Non saprebbe che con lo sguardo ho accarezzato ogni centimetro delle sue membra. Non la toccherei mai, posso farcela a trattenermi. Voglio solo vederla.
Poi le urla di Mary MacDonald mi risuonano nelle orecchie e alcune immagini mi strappano un gemito. Con queste mani, con questi stessi occhi non dovrò mai nemmeno pensare di accarezzarla. Sono indegno di lei e lo sarò sempre.
Con quanta più delicatezza possibile, la scosto da me, sentendo improvvisamente freddo. Mi rivesto il più rapidamente possibile e senza fare rumore esco dalla stanza.
 
Passai i successivi tre giorni rinchiuso nel mio loft a tentare di distillare del bezoar. Il distillato di bezoar è tuttora una delle pozioni più complesse che io sia mai riuscito a realizzare. Malgrado richieda un solo giorno di cottura, prevede l’impiego di un enorme quantità di bezoar e un ancor più ingente quantitativo di piccolissime dosi di altri ingredienti rari e difficili da maneggiare. Sebbene recuperare gli ingredienti non fosse mai un problema grazie agli elfi di Lucius, fui costretto a distruggere l’orologio segna ore di Rab, affinchè non mi distraesse dal mio compito e dovetti buttare il primo calderone in cui provai a preparare la pozione. Fui costretto a farne due boccette, per essere certo di non destare sospetti in Lucius per il reale impiego del distillato e questo mi costrinse a sparire per un giorno in più.
Non tornai mai al castello in quei giorni e sono discretamente certo che se non ci fossero state di mezzo le vacanze di primavera a rendere tutti più rilassati e meno attenti, sarei finito in grossi guai per la mia prolungata assenza. Non mangiai e non dormii per quasi tre giorni. Il tempo per farlo non c’era. Trangugiai per lo più pozioni rinvigorenti, sentendomi sempre più debole, folle e smarrito.
Il distillato di bezoar è un potentissimo antidoto universale nel mondo magico. Guarisce da ogni forma di avvelenamento, combatte efficacemente la gran parte delle malattie infettive e facilita la guarigione dalle ferite fisiche.
Non era un rimedio contro il cancro. Lo sapevo bene. Ma speravo che potesse aiutare Harry ad avere le giuste energie con cui affrontarlo. Forse non si sarebbe salvato grazie a quella dannata pozione, ma speravo che quello avrebbe aumentato le sue probabilità di sopravvivere di un buon 10%. Forse anche 20%.
Se poi questo mi avesse aiutato a rientrare nelle grazie di Lily, non mi sarei certo lamentato.
 
La Sala Grande è quasi deserta quando arrivo a cena. L’odore del cibo mi nausea dopo tutti questi giorni trascorsi a nutrirmi solo di pozioni rinvigorenti. Al tavolo Serpeverde siedono solo pochi studenti del settimo anno, troppo presi dai MAGO per rincasare, mentre quello Grifondoro è leggermente più affollato. Sono in ogni caso decisamente troppi. Avrei preferito che quegli sfigati se ne tornassero dai loro genitori babbani e mi lasciassero agire con Lily senza sorbirmi sguardi indiscreti e pettegolezzi malevoli. A maggior ragione viste le voci che circolano su di me dopo quello che è accaduto alla MacDonald.
Lily siede con espressione crucciata al suo tavolo, il viso mollemente poggiato su una mano, il gomito puntellato sul tavolo a reggerle la testa, mentre tormenta una fetta di roastbeef con la forchetta. L’espressione crucciata sul suo viso mi blocca il cuore e mi arresto sulla porta della Sala Grande come se fossi appena stato colpito da un qualche tipo di incantesimo. Realizzo solo ora di essere sparito. Di nuovo. Senza darle spiegazioni. Di nuovo.
Un paio di Tassorosso nerboruti del sesto anno mi spintonano per farsi largo verso il loro tavolo.
- Togliti Mocciosus.
- Altrimenti?
Loro mi guardano dall’alto al basso, ridacchiando come se quella mia risposta aggressiva sia la cosa più surreale del mondo. Mi appunto le loro facce per vendicarmi al più presto, mentre loro si allontanano senza degnarmi di una risposta.
Lily, come risvegliata dalle loro voci, ha alzato il viso e lo ha puntato su di me. Mi apro in un sorriso cordiale e involontario, tanto spontaneo da essere imbarazzante. È così bello poter incontrare di nuovo i suoi occhi senza temere le conseguenze.
Sto per farle cenno di raggiungermi quando noto che lei sta stringendo le labbra con rabbia e mi sta guardando come se fossi un pezzo di sterco di troll. La osservo infastidito, mentre lei viene verso di me a grandi passi. Avrei dovuto lasciarle almeno un biglietto.
- Lily…? - lei non mi risponde e senza guardarmi, mi afferra malamente per un braccio e mi strattona lontano dalla porta e dalla Sala Grande.
- Ok, Piton, mettiamo le cose in chiaro…
- Piton? – sono sparito, è vero, ma porre tutta questa distanza tra di noi dopo che l’ho cullata tra le braccia fino a farla addormentare mi sembra eccessivo.
- … Quello dell’altro giorno è stato un errore. Un cedimento involontario e imperdonabile. Io stavo male e avevo bisogno di essere consolata. Probabilmente mi sarebbe andato bene chiunque si fosse dimostrato disponibile a farlo. Persino Potter. Ora sto bene, quindi sentiti libero di fare come se non fosse successo. Dimenticatene e continua a ignorarmi come hai sempre fatto. Senza di te sto meglio.
Sento le parole cadermi addosso come maledizioni senza perdono.
- Cosa?!
- E per una volta, risparmiami la scenetta del pessimo legimante. Sta diventando imbarazzante. Non avrei dovuto piangere a quel modo sulla tua spalla – arrossisce, distogliendo per pochi istanti lo sguardo furioso – Tu mi hai fatto capire chiaramente che non gradisci le mie attenzioni e so quanto detesti certe sceneggiate. Quindi non è necessario che ti nascondi come un ratto e che salti tutti i pasti solo per evitarmi. Non ti metterò più in imbarazzo, rivolgendoti la parola. Possiamo tornare a fingere che l’altro non esista.
La guardo allucinato, mentre batte impaziente un piede sul pavimento e incrocia le braccia sul petto. Sta delirando. Quello che dice non ha nessun senso!
- Sei impazzita!?
- Sev…Piton! Ti ho già chiesto di risparmiarmi le scenette su…
- Sei fuori di testa! Non ti sto facendo nessuna scenetta e non ti sto evitando, sono stato tre giorni a…
- Non mi interessa, te lo ripeto: senza di te sto meglio. Ognuno per sé. Non serve che tu mi dia spiegazioni. Non mi importa nulla di te.
Sentirglielo ripetere una seconda volta, mi fa andare completamente fuori di testa. Sono tre giorni che non dormo solo per lei e per suo padre e non mi merito parole simili. Ma anche se me le meritassi, davvero lei sta meglio senza di me?
- Benissimo – le afferro sgarbatamente un braccio, liberando l’incrocio ferreo in cui ha rinchiuso le sue braccia strette al petto e, mentre lei protesta, le mollo l’ampolla con il distillato di bezoar tra le mani – Dai questa ad Harry da parte mia e torna a vivere la tua vita migliore senza di me. Io ho di meglio da fare che stare dietro ai tuoi deliri. Tipo recuperare il sonno perduto inutilmente.
Lei la guarda schifata e mi chiede aspramente: - Che cazzo è?
- Distillato di bezoar. Da assumere giornalmente nella quantità di non più di tre gocce. – mi volto e mi allontano verso i sotterranei, borbottando un “prego” che non credo senta neanche.
 
*
 
Ci ritroviamo nello stesso chiostro due giorni dopo, senza nemmeno accorgercene.
Realizzo di essere seduto sulla stessa panca, sotto lo stesso albero solo dopo che lei si siede accanto a me. La guardo stringendo furioso le labbra.
Ho passato gli ultimi due giorni a drogarmi di pozioni per il sonno per riposarmi senza fare gli incubi su di lei che mi tormentano da sveglio. “Senza di te sto meglio”. Neppure nelle mie fantasie più sadiche era mai arrivata a dirmi qualcosa di così crudele. È chiaro che non le importi più nulla di me. Quello dell’altro giorno è stato solo uno sfogo dettato dalla casualità, come ha detto lei. Il solo pensiero che avrebbe concesso persino a Potter di vederla in quello stato mi fa ribollire il sangue nelle vene.
- Ho dovuto documentarmi, sai? – la voce di Lily arriva da dietro le mie spalle - Sul distillato di bezoar. Non sapevo nemmeno esistesse – mi volto ad osservarla, trovandola a studiarmi con espressione crucciata. La vedo portarsi una mano ai capelli in un gesto abituale, restando però delusa di non trovarli abbastanza lunghi per intrecciarseli.
- E invece esiste.
- E’ molto complessa la sua preparazione.
- Già.
- Lo hai preparato tu quello che mi hai dato l’altro giorno?
- Certo non lo ha preparato Potter…
- Che c’entra Potter ora? – mi guarda confusa.
Mi alzo di scatto con un guizzo nervoso e la ferma intenzione di andarmene. Non so neanche perché io sia venuto proprio qui a studiare quando ho un intero sotterraneo semi deserto a disposizione.
La sua piccola mano fredda e nervosa mi trattiene. Mi guarda spaurita. In difficoltà. Vulnerabile.
Esattamente come l’altro giorno. Ed esattamente come l’altro giorno presto mi farà sapere quanto sia meravigliosa la sua vita senza di me. Mi scrollo il suo tocco di dosso con forza.
- Grazie – sussurra abbassando lo sguardo.
Resto paralizzato e in attesa.
- Sono stata una vera stronza con te l’altra sera. Scusa.
Mi passo una mano tra i capelli unti, lasciando che mi coprano il viso, così da poterla osservare da dietro la mia solita cortina.
- Cioè, non che tu non te lo sia meritato, dopo che mi hai mollata a quel modo nell’aula di pozioni, ma… Apprezzo davvero che tu… Non pensavo che ti saresti impegnato per fare qualcosa per mio padre…
Mi siedo, dubbioso.
- Harry mi piace, non voglio gli succeda niente di grave.
Lei annuisce, prendendo posto accanto a me.
- Lo so. Però avresti potuto dirmelo che andavi chissà dove a procurarti un antidoto per lui, invece di mollarmi nell’aula come una troia sedotta e abbandonata…
La guardo sorpreso.
- Non mi pareva di…
- A te non pare mai, Severus, ma devi capire che anche le cose che non fai o non credi di fare, possono far male. Non è carino lasciare una ragazza mezza nuda in un’aula in disuso dopo…
- Dopo…?
Lei arrossisce e io improvvisamente mi sento avvampare. Non abbiamo fatto nulla! Perché ci imbarazza tutta questa ambiguità?
- Dopo qualsiasi cosa sia successa in quell’aula…
- Non è successo nulla in quell’aula – purtroppo.
Lei sembra delusa dalla mia risposta secca, ma sposta altrove lo sguardo.
- Mi hai consolata. Hai rimesso insieme i pezzi – bisbiglia.
Vorrei dirle che sento di essere tornato integro solo dopo che lei mi ha concesso di tornarle vicino, ma so che non servirebbe a nulla.
- Comunque mi dispiace di averti lasciata da sola e di averti fatta preoccupare, ok? Non era mia intenzione…Non ci ho pensato…
- Non ci pensi mai, tu – borbotta a mezza voce.
Restiamo in silenzio, guardando davanti a noi. Ci spiamo di sottecchi ogni tanto, ma io sono avvantaggiato dai capelli lunghi e me ne accorgo sempre quando lei si volta a guardarmi.
- Pensi che mi dirai mai come o dove ti sei procurato quel distillato?
- Ha davvero importanza?
- Sì, ne ha, perché mi sono stufata dei tuoi silenzi e dei tuoi non detti…
- Sento che sta per arrivare un “ma” – le rivolgo un ghigno.
- Ma niente, Severus – sbuffa alzando gli occhi al cielo – Ad ogni modo ho deciso di accettare quel distillato. Ho inviato la pozione con tutte le indicazioni per assumerla a mio padre e ho scritto ai miei scusandomi del mio comportamento. Vorrei andare dalla McGranitt per chiederle un permesso speciale per tornare a casa, ma dubito che me lo darà…
- Perché no? Quella donna ti adora!
- Vero, ma ancor più di me, adora le regole…
- Tentar non nuoce – scrollo le spalle.
Lei mi guarda silenziosa, attorcigliandosi una ciocca corta di capelli intorno ad un dito.
- Comunque grazie, Severus.
La sua voce si addolcisce e qualcosa in me si inizia a sciogliere.
 
La McGranitt non le permise di tornare a casa. Ma Lily scrisse ai suoi genitori, sbloccando l’ostile e preoccupata tensione che si era creata tra loro.
Io e Lily iniziammo ad incontrarci nel chiostro tutti i giorni. Non avevamo un orario preciso. A volte arrivavamo presto la mattina, subito dopo aver fatto colazione. Altre volte l’uno raggiungeva l’altra. Un giorno l’ho aspettata per tutta la mattina prima che lei si facesse vedere. Un altro giorno sono sparito per gran parte della giornata per occuparmi di alcune pozioni e l’ho raggiunta solo all’ora del tramonto.
Non parlavamo mai del giorno successivo. Non ci davamo un appuntamento. Forse entrambi eravamo troppo terrorizzati di restare traditi e delusi dall’altro. Forse non eravamo disposti ad ammettere ad alta voce quello che stava succedendo tra noi.
Ricordo quelle giornate di primavera tra le migliori del mio quinto anno.
Non facevamo nulla di speciale. Studiavamo per lo più. E ridevamo tanto. Ogni tanto, tra noi, nascevano fiumi di parole, come se avessimo trascorso lontani interi anni e non pochi mesi. Riempivamo gli spazi tra una materia e l’altra con aneddoti e ricordi. Rivangammo le istantanee della signora Grey. Lei parlò per ore di musica babbana e io le illustrai tutte le nuove pozioni di cui ero venuto a conoscenza. Tutto era famigliare tra noi e al contempo tutto era diverso.
La sentivo distante e spaventata. Eppure, la voglia di stare insieme era palpabile e questo mi rassicurava. Sentivo di essermi ritrovato e la sicurezza che mi dava l’esserle di nuovo accanto mi terrorizzava.
Non riuscivo a spiegarmi come una cosa che sulla carta era così sbagliata, nella realtà fosse tanto perfetta.
 
Mi sento piuttosto stupido. Seduto su una panca, in questa giornata uggiosa e grigia a sperare che lei compaia. Il fatto che lei abbia accettato il distillato di bezoar non implica automaticamente che siamo tornati ad essere amici. In verità, lo so, non dovrei nemmeno cercarla. Dovrei fare di questi brevi contatti una breve eccezione alla mia regola di non vederla. Eppure questa mattina sono saltato giù dal letto con un’energia tutta diversa al solo pensiero di incontrarla.
Non ci siamo nemmeno dati un appuntamento! Me ne sto qui, ad aspettarla, senza sapere davvero se verrà. Sono soltanto un patetico illuso. Come se poi non avessi almeno un altro milione di cose da fare. Dovrei studiare. E terminare un paio di pozioni per Lucius. Sono rimasto a Hogwarts per questo, no?
- Tieni.
Mi volto e Lily mi sorride nervosa. Indossa un paio di vecchi jeans logori e una felpa col logo di Cambridge sgualcita e probabilmente risalente ai tempi dell’università dei suoi genitori. Mi porge un sacchetto di carta marrone da cui proviene l’inconfondibile odore di biscotti alle mele di Martha.
- Ciao anche a te, Lilian – Lily rotea gli occhi al cielo e, con una spinta poco gentile, prende posto accanto a me.
- Li vuoi o no?
- Sono biscotti di Martha? – dico prendendo titubante l’incarto.
- Sì, te li manda mamma.
- A me?
- Sì – rotea di nuovo gli occhi al cielo - Dice che sono una specie di piccolo ringraziamento per l’estratto di bezoar.
- Ah. Le hai detto che sono stato io procurartelo?
Lei mi guarda scocciata, portandosi le ginocchia al petto e giocando con uno strappo dei suoi jeans così squisitamente babbani.
- Non è mia abitudine prendermi meriti che non mi appartengono. Nemmeno sapevo l’esistenza di quella pozione, non avrei nemmeno mai pensato di potermela procurare, figuriamoci produrla io stessa! Per cui, sì, le ho detto che me l’hai fatta avere tu. – mi lancia uno sguardo sbilenco, poggiando la guancia sul ginocchio, i capelli arruffati dall’umidità – L’hai fatta tu, vero?
- Ha importanza? – dico scrollando le spalle.
- Credo di sì. Perché implicherebbe che hai un luogo dove stare per più di 24 ore a produrre pozioni e qualcuno che ti procura gli ingredienti. Nessuno dei nostri vecchi fornitori avrebbe potuto darti così tanto bezoar né tanto meno avresti potuto cucinarla nel bagno di Mirtilla, quindi…
- Quindi se l’avessi prodotta io, ci sarebbero molti altri punti da chiarire.
- Già. Per cui, sì, ha importanza.
Resto in silenzio, meditando sulla possibile bugia o sulla pericolosa verità. Guardo a lungo davanti a me, stringendo i bordi della panca e facendo oscillare i piedi, sentendo il suo sguardo pungente sulla coltre di capelli dietro cui mi sono riparato.
- Io credo – dico voltandomi infine nella sua direzione – che la cosa più importante sia che la pozione aiuti tuo padre a rimettersi al più presto.
Lei mi fissa. Una ruga le divide la fronte perpendicolarmente, come a delimitare un confine tra le parti di lei in subbuglio. La vedo dibattersi tra la voglia di insistere, la rabbia per quella mia ennesima risposta evasiva e il desiderio di lasciar perdere.
- Harry sta meglio o no?
- Sì – acconsente dopo una lunga pausa - sembra che la pozione lo aiuti ad affrontare meglio le cure. Mamma ti ha mandato i biscotti anche per questo…
- Anche?
- Lascia perdere, idiozie imbarazzanti da madre…
Lily continua a tormentarsi lo strappo sui jeans, scocciata, mentre io mi decido ad aprire l’incarto dei biscotti e ad annusarne il profumo, così simile a quello che associo a Lily.
- Ne vuoi uno?
Lei mi studia alcuni secondi, prima di allungare il braccio.
- I biscotti di tua madre sono eccezionali, ringraziala da parte mia.
- Guarda che puoi scriverglielo anche tu, sai? Mica si offende a ricevere un tuo biglietto…- si gratta la testa addentando un biscotto – Tanto per i miei è come se fossi di famiglia…- aggiunge a bassa voce.
- E per te? – trattengo il respiro, osservandola in viso e attendendo che lei incontri i miei occhi.
- Per me con quelli di famiglia non andrebbero tenuti così tanti segreti. E sembra che tu non sia in alcun modo intenzionato a raccontarmi della merda con cui ti stai andando ad immanicare – fa una pausa, portandosi i capelli dietro un orecchio, mandando giù l’ultimo pezzo di biscotto – Ma è anche vero che è proprio quando stanno andando ad infilarsi in un mare di guai che bisogna stare vicini a quelli di famiglia…
- Che stai dicendo?
Lily si volta e mi studia attentamente. Il cuore mi rimbomba nelle orecchie, ma cerco di mantenere un’espressione indifferente.
- Che non mi piace quello in cui ti stai andando ad infilare, Severus. Che, anche se non mi spieghi e dici nulla, non sono stupida e sono perfettamente in grado di fare due più due. Che so in quale giro ti stai intenzionalmente andando ad infilare. E che non ho più intenzione di far finta di nulla, volgendo lo sguardo da un’altra parte. Non più. Non racconterò più stronzate a me stessa sul fatto che forse sto fraintendendo e che se ti darò l’occasione di spiegare allora tutto avrà senso. Purtroppo per me, malgrado tutto questo, sento che sei uno di famiglia. Un pezzo di me.  
- Quindi?
- Quindi quando capirai in che schifo ti sei andato a cacciare con le tue stesse mani, sarò qui per aiutarti a tirartene fuori… – la vedo deglutire. Stupida coraggiosa grifondoro pronta a restare al mio fianco a scapito del suo cuore -…e a dirti che io te lo avevo detto – abbozza un sorriso. Come potrei non amarla? – Ma, Sev, questo non significa che io sia disposta a tollerare altra merda da parte tua. Non posso e non voglio permettere a me stessa di continuare a soffrire a causa dei tuoi bruschi cambi di rotta. Alla prossima stronzata che combini, alla prossima parola crudele che mi rivolgi, al prossimo “non so di cosa tu stia parlando”, con me hai chiuso, chiaro?
Il suo sguardo fiammeggia e io lo sostengo con tutto il sentimento che mi lega a lei. Lotto strenuamente con me stesso. Ogni parte di me la ama, eppure sento di amarla in modi dissonanti. Da un lato vorrei proteggerla da tutto questo, tenerla al sicuro, lontana dall’oscurità di un mondo cui, se sarò fortunato, non dovrà mai affacciarsi. Dall’altro, la vorrei vicina per poter essere io quello che le strappa un sorriso a fine e inizio giornata. Vorrei proteggerla con le mie mani e con la forza del sentimento che mi lega a lei. E anche se la logica mi dice che la distanza è la cosa migliore, i miei sentimenti strepitano per starle accanto. Al diavolo il raziocinio! Forse io e lei abbiamo ancora una possibilità, forse fintanto che saremo ad Hogwarts potremo sorvolare sui nostri reciproci schieramenti e restare vicini. Forse c’è ancora tempo per noi.
- Ho capito. Niente più stronzate. Te lo prometto.
Vorrei abbracciarla. Stringerla a me e sentire il suo profumo. Sentirmi di nuovo a casa. La guardo sperando che lei, ancora una volta, capisca i miei bisogni. Ma Lily si apre in un breve sorriso e allunga un braccio verso l’incarto dei biscotti, prendendone un altro. Ricambio il suo sorriso e mi infilo un biscotto in bocca.
- Ti va se ripassiamo Astronomia insieme? – dice con un biscotto in bocca, estraendo una mappa stellare dalla piccola borsa.
- Solo se poi mi aiuti a ripetere Trasfigurazione…- e se mi permetti di passare tutto il pomeriggio al tuo fianco.
- Andata! Ma prima ho una domanda per te!
Mi immobilizzo, spaventato dalla prospettiva di doverle dire un’ennesima bugia.
- Cosa?
- Ma Regulus e la Nott? – Lily mi osserva in attesa, con aria cospiratoria.
- Cosa? – ripeto.
- Sono una coppia? Come è riuscito Rab a conquistarla? Voglio i dettagli!
- Sei… - cerco delle parole per dirlo in modo meno diretto, senza riuscirci - … gelosa?
A Lily a quelle parole va di traverso un biscotto. Inizia a tossire e sputacchiare mentre io le rifilo sonore pacche sulla schiena. Lentamente realizzo che ha smesso di tossire e ha iniziato a ridere.
- Principe! – cerca di prendere fiato tra una risata e l’altra. Mio malgrado mi ritrovo a trattenere a stento una risata. È difficile non unirsi a lei quando ride così – Assolutamente no! Sono felice per lui! Tra tutte le serpeverdi scope nel culo, credo che la Nott sia una delle meno peggio. Ha un che di rispettabile e non è un’oca assoluta. Mi ricorda Marlene a volte…
- Quindi non ti importa che lui frequenti un’altra?
- E perché dovrebbe? Stiamo andando avanti entrambi no?
Penso a Rab e al modo in cui ha usato la bacchetta senza esitazione per difendere Lily.
- Immagino di sì…- dico stringendomi nelle spalle.
- Ok, ora però voglio tutti i dettagli! – dice Lily annuendo.
- Lily, ti prego… Non li so! Non sono una ragazza!
- Questo lo so perfettamente, Principe! Ma so anche che voi due serpentelli vi raccontate tutto, quindi voglio i dettagli!
- Ma sarebbe riservato…
- Dettagli! – mi guarda, sorridendo. E ho l’impressione che questo sia il primo vero sorriso che mi rivolge oggi. Prima che io possa impedirmelo finisco con il ricambiare il suo sguardo divertito, illuminandomi anche io.
 
*
 
- Ciao…
Lily alza gli occhi e mi fa posto sulla solita panca. Il sole di aprile ci scalda la pelle e illumina il chiostro di colori pastello. Il colore dei primi fiori sembra più intenso e le prime foglie punteggiano gli alberi. L’erba è tagliata finemente e odora di prato, lo stesso che associo sempre a Lily.
- Ciao! Hai visto che giornata fantastica?
Si apre in un sorriso spontaneo e il mio cuore sussulta, si arresta per pochi secondi prima di pomparmi forsennato nelle orecchie.
Lily scivola giù dalla panchina, tra l’erba, gattonando per pochi metri, sino all’albero più vicino, fino ad appoggiarsi al tronco spesso. Osservo incantato e speranzoso il bordo della sua gonna ondeggiare sinuoso sulle sue gambe nude. Dove sono finiti i suoi collant?
Con un gesto ozioso e infantile, scalcia via le scarpe e, dopo essersi tolta i calzini, intreccia le dita nell’erba. Quando torna a posare i suoi occhi su di me realizzo di essere rimasto a fissarla tutto il tempo, con la bocca socchiusa e un’espressione ebete in faccia.
- Bè?
- Niente – scrollo le spalle, cercando di darmi un tono e frugando nella borsa dei libri a casaccio.
- Che aspetti?
- Per cosa? – alzo un sopracciglio estraendo storia della magia.
- Vieni qui anche tu – batte la mano sull’erba accanto a lei. Deglutisco a fatica.
- Non voglio mettermi per terra. Mi sporcherò tutto. E poi il terreno è ancora umido. E poi l’umidità non fa bene ai libri. E poi…
- E poi sei un vecchio, Severus! – dice lei irridente.
- Non è vero! Solo perché non voglio sporcarmi, non vuol dire che…
- Non sei tu a doverti occupare del bucato e sono certa che nel tuo armadio ci siano almeno una dozzina di altri abiti neri identici a quello, quindi non resterai nudo per il castello! – la guardo infastidito – Dai!
- Non ne ho voglia Lily!
Lei mette il broncio e incrocia le braccia al petto.
- E’ inutile che metti il muso, non attacca! – in realtà sì, ma spero che desista prima che io finisca col cederle ogni cosa.
- Pensavo che voi serpi amaste strisciare nell’erba, ma forse ti ho sopravvalutato…
- Lily smettila di dire assurdità – lei alza gli occhi al cielo e muove la mano a farmi il verso – Smettila!
- Smettila tu di fare il vecchio e siediti nell’erba con me!
- Devo fare sempre quello che vuoi tu?!
- Mi pare ovvio – lei ridacchia – Dai, Sev, solo per oggi, è una così bella giornata!
Sbuffo, rassegnato, e mi alzo per andare a sedermi accanto a lei. Il cuore mi batte nel petto e le mani mi tremano, mentre mi appoggio schifato al tronco dell’albero.
Lily soddisfatta si stende ancor di più, sdraiandosi su un fianco rivolta verso di me. Dalla scollatura della camicetta intravedo la linea dei suoi seni premuti tra loro. Deglutisco e distolgo lo sguardo.
- Non riesco a credere di avertela data vinta, di nuovo! – borbotto, lasciando che i capelli mi coprano il viso. Lei accanto a me ridacchia e si sistema più comoda sull’erba. Intreccia le caviglie sottili tra loro.
Restiamo in silenzio. Ascolto il rumore del suo respiro e tento di calmare il tremore delle mie mani. Questa giornata mi riporta a quel momento terribilmente verde in cui ho capito di amarla. Qualcosa dentro di me mi urla di confessarle ora i miei sentimenti e di smetterla di fuggire. La logica invece continua a riportarmi alla mente il ricordo degli orrori commessi e del ruolo sempre maggiore che sto riuscendo a ricoprire tra le schiere dei Mangiamorte. Frequentare Lily renderebbe ogni cosa vana.
- Credi che starà bene?
Mi volto a guardarla. Per un attimo penso che si riferisca a Mary, ma poi capisco: Harry. Tiene la testa poggiata sull’avanbraccio e le gambe al petto. Sembra così indifesa così raggomitolata nelle sue paure.
Mi sdraio accanto a lei, impegnandomi a restare supino e a non voltarmi nella sua direzione. Esserle così vicino è pericoloso.
- Non lo so – le lancio un’occhiata di sfuggita, in tralice e la vedo stringere le labbra – Ma se c’è un uomo che credo che possa affrontare e vincere qualsiasi cosa, quello è tuo padre…
Lei annuisce, continuando ad osservarmi. Sento i suoi occhi su di me come lava incandescente.
- E noi?
Trattengo il respiro. Non ha bisogno di esplicitare quella domanda perché io capisca che parla della nostra amicizia. La verità è che non credo che la nostra amicizia potrà sopravvivere agli anni della scuola. Appena presi i miei MAGO probabilmente mi unirò alle file dell’Oscuro Signore e a quel punto non potrò più mantenere la promessa di non fare passi falsi. Contemporaneamente mi è intollerabile provare a immaginare il resto delle mie giornate senza questi momenti. Senza di lei.
- Non lo so…
- Già… - lei abbassa lo sguardo, lasciando che le ciglia le disegnino ombre scure sotto gli occhi.
- Però credevo davvero in quel “sempre” quando te l’ho detto…
- Anche io – il suo sguardo lampeggia su di me, mentre Lily mi rivolge un sorriso triste.
 
*
 
- Quindi tu e Janus McKinnon…
Alza la testa dal tronco dell’albero cui è appoggiata. Oggi ha ceduto a me e alla mia collezione di appunti di Storia della Magia il posto sulla solita panca. Si porta i capelli dietro l’orecchio, scocciata, come punta sul vivo.
- Cosa?
- Siete una coppia?
- Non direi proprio – dice come se il pensiero la schifasse.
- Ma uscite insieme.
- Ogni tanto, se ci va…
- Nel senso che fate sesso occasionale?
Lily mi guarda a bocca aperta, sconvolta nel sentirmi parlare esplicitamente di un argomento che per me è sempre stato un tabù. Ma ho bisogno di sapere se lei fa sesso con quella piattola. O continuerò a non dormirci la notte.
Noto con apprensione che lo sguardo di lei si è indurito.
- Uno: con chi faccio o non faccio sesso, Severus, non è in alcun modo affar tuo. Due: non vedo per quale assurda ragione dovrei affrontare proprio con te questo argomento. Tre: non posso credere che tu mi consideri il tipo di ragazza che fa del sesso occasionale!
- Non volevo dire questo! E’ solo che dalla tua risposta evasiva…
- Cosa? Una risposta evasiva è sufficiente a fare di me una troia?!
È scattata in piedi e mi guarda con rabbia. Rispondo con gelida furia al suo sguardo fiammeggiante.
- No. Non ho mai detto che tu sia una troia, né mi permetterei mai di pensarlo. Credo che tu sia libera di fare tutto il sesso che vuoi con chi più di piace. Cercavo di capire se chi più ti piace fosse piattola McKinnon.
Lei prende a camminare avanti e indietro, spostando alcuni fogli nella sua borsa.
- Non chiamarlo così.
- E’ una piattola, e tu lo sai.
- Non lo è…
- Non sembra molto passionale. O divertente. O vivo.
- Nemmeno tu agli occhi del resto mondo, eppure con me lo sei! Sbaglio?!
- Vuoi dirmi che con te, lui si trasforma improvvisamente in una persona interessante?! – alzo un sopracciglio scettico.
- Non con me. – la guardo perplesso – Non sono io la persona cui lui si sente più legato. E’ con lei che lui è il vero se stesso…
- Quindi tu saresti la persona cui sono più legato?
Lily arrossisce e si arresta nel suo furibondo andirvieni.
- Ovvio che no.
Torna a sedersi, scocciata e infelice, aprendo il suo libro di storia della magia.
- Probabilmente se io e Janus fossimo innamorati l’uno dell’altra sarebbe tutto più comodo – strappa con aria pensierosa alcuni ciuffi d’erba e io vorrei essere ovunque tranne che qui a sentirla parlare di quanto sarebbe bello stare con piattola McKinnon. Mi accontenterei di poterle urlare che lei è decisamente la persona più importante per me.
- Purtroppo, però, ci si innamora troppo spesso della persona sbagliata – mi guarda di stralcio.
Prima di potermi trattenere, sento la mia voce greve risponderle: - Sembra che sia una costante della nostra generazione, allora.
Lei alza lo sguardo e mi fissa intensamente. Cerca in fondo ai miei occhi qualcosa, ma io mi sono estraniato. Non voglio che lei veda tutto l’amore che provo per lei e mi respinga di nuovo.
 
*
 
Le sfioro i capelli, allungandomi verso di lei per toglierle un rametto dalla testa. Erano giorni che attendevo una scusa simile. Lascio indugiare le dita tra i crini setosi.
Lei alza lo sguardo e mi osserva per un lungo istante.
- Avevi un rametto tra i capelli.
Si porta una ciocca dietro l’orecchio, senza distogliere lo sguardo da me: - Grazie.
Un silenzio imbarazzato cala tra noi e i nostri volumi di Incantesimi.
- Stai bene con i capelli così…
Nell’esatto momento in cui le pronuncio vorrei rimangiarmi ogni singola sillaba. Lei mi fissa allucinata.
- Pensavo non ti piacessero…
- Perché no?
- Hai fatto tutte quelle scene quando me li sono tagliati che ho pensato di non piacerti più… - mi sento avvampare. Lei realizza quello che ha detto e arrossisce – Nel senso che pensavo che mi trovassi brutta. Cioè, non che tu mi abbia mai trovata bella, ma…
- No. – mi costringo ad un un’unica sillaba, prima di permettere all fiume in piena di lodi alla sua bellezza di lasciare la mia bocca.
- No? – Lily non sembra cogliere i miei sforzi per non dichiararmi a lei, sfortunatamente.
- No. Mi piace come ti stanno. Ti fanno sembrare più matura.
- Oh, fantastico: matura. Il modo educato che usa la gente per definire i vecchi…
Rido: - No, ti danno un’aria più adulta…
- Vecchia…
- Da donna.
Lei si ammutolisce e arrossisce vistosamente.
- Stai arrossendo, Lily Evans?
- Stai zitto, Principe. E’ da quando ho lasciato Regulus che nessun uomo – sono un uomo per lei?  Il cuore fa una capriola - mi fa dei complimenti. Sono fuori allenamento. È ovvio che io arrossisca.
Si imbroncia e coprendosi il viso con i pugni si tuffa nel suo volume, premurandosi di sbuffare.
- Stavamo ripassando la rivolta dei troll del 1754, giusto?
Sorrido. Leggero. Compiaciuto. Vivo.
 
*
 
- …E Minus non riusciva a capacitarsi di come fosse possibile che le loro lenzuola si fossero trasformate in colla e continua a lanciare maledizioni a destra e a manca e la McGranitt lei… Sembrava seriamente che stesse valutando di lasciarlo lì, quasi sperasse di farlo rinsavire così. Come se potesse aiutarlo a meditare sulle proprie affermazioni quell’immobilità o chissà che altro!
Io sono piegato in due dal ridere e lei mi guarda luminosa e ridente.
- Lo hai fatto per Regulus, dì la verità!
- Macchè! L’ho fatto perché quei quattro sono insopportabili!
- E perché hanno steso Rab con un pugno – più o meno.
I suoi occhi saettano verso di me con una punta di tristezza.
- Lo chiami ancora Rab…
Mi stringo nelle spalle, con un mezzo sorriso: - A volte sì, ti da’ fastidio?
- Pensavo che dopo la rottura dei Peb tutte le vecchie tradizioni e i vecchi nomignoli fossero scomparsi… Pensavo che fosse tutto andato perduto…
- Forse – ci guardiamo intensamente, vorrei prenderle la mano con cui si tormenta l’orlo della gonna – in ogni caso sul mio libro di Pozioni c’è ancora scritto che appartiene al Principe Sanguemisto.
Le sorrido e lei tende gli angoli della bocca in su, senza che quel sorriso le arrivi realmente agli occhi.
- Come è successo che la grande amicizia che ci legava sia finita nel cesso con tanta facilità? – getta quella domanda tra noi, apparentemente per caso, ma colgo immediatamente il valore di quel quesito e fremo.
Lei mi osserva in attesa, febbricitante. Percorre ogni spigolo del mio viso in cerca di un dettaglio che mi tradisca, che le dia lo spazio per indagare. Viaggio su un terreno instabile.
- Le persone cambiano. I rapporti si sfilacciano. I sentimenti mutano – dico restando sul vago – Siamo cresciuti lontani e ci siamo trovati su strade differenti…
Scuote la testa: - Eravamo sempre insieme, come avremmo fatto a crescere distanti? Semplicemente voi avevate diverse priorità. – distoglie finalmente lo sguardo e lo posa sull’erba – Mentre per me, voi eravate la mia priorità…
- O forse sei rimasta la nostra priorità e proprio per questo ti abbiamo allontanata…
Realizzo troppo tardi quello che implica questa frase. Lei si è voltata a studiarmi sorpresa e so che se resterò qui ancora qualche istante finiremo in grossi guai.
- Cosa significa questo? Vi hanno costretti a separarvi da me? Vi hanno minacciati? Che vuol dire…?
Mi alzo e raccolgo le mie cose.
- Severus…- non le rispondo affrettandomi, lei si agita inquieta – Aspetta… Sev… - non mi arresto, mentre lei tenta di afferrarmi, ma io le scivolo tra le dita – Merda! Severus! – alza la voce e io per un secondo sussulto - Dove stai andando?
- Ho da fare. – allontano lo sguardo da lei.
- Cosa?
- Delle cose…
- Non raccontarmi stronzate, Severus! – la sua voce sale di alcuni toni - Spiegami quello che hai appena detto.
- Non c’è nulla da fare. Ora ho da fare,
- Certo, come no! – alza gli occhi al cielo, indossando una smorfia di risentimento. Si ingobbisce nel suo libro e si soffia via con una smorfia stizzita una ciocca di capelli che le era ricaduta sul viso.
Mi allontano a grandi falcate, sentendola borbottare tra sé e sé qualcosa sulle mie presunte promesse. Ma prima di arrivare in salvo, lontano da lei, mi arresto e mi volto:
- Qualunque sia la spiegazione, Lily, non credere mai che io non abbia detestato più di te ogni istante di questa separazione.
Poi rosso in viso, senza aspettare la sua risposta, scompaio dentro il castello.
 
*
 
Il tramonto bagna di rosso l’intero chiostro, dando ai capelli Lily un effetto insanguinato e inquietante, che mi ricorda terribilmente del giorno in cui l’abbiamo trovata riversa in una pozza di sangue. Accadeva un anno fa, eppure mi sembra passata una vita intera da quel legame che ci univa allora. Quello è stato l’inizio della fine. Una fine cui mi sono condannato con le mie stesse mani.
Silenzioso prendo posto accanto a lei sulla nostra solita panca. Lily sta scribacchiando qualcosa sul suo diario e alza lo sguardo solo dopo aver terminato una lunga e complessa frase.
- Ciao…- lo diciamo in contemporanea, con lo stesso tono sommesso. Ci strappiamo un sorriso a vicenda.
- Non pensavo saresti venuto oggi...
- Perché no?
- E’ l’ultimo giorno delle vacanze di primavera, no? Domani torneranno tutti.
- E questo in che modo dovrebbe c’entrare con noi?
Lei fa la faccia scocciata e alza gli occhi al cielo. Apre bocca per riprendermi con un cipiglio incredibilmente simile a quello di sua madre, quando la interrompo: - Ti ho fatto una promessa, no? Niente più idiozie. O sparizioni.
Lily mi guarda dubbiosa e nessuno dei due crede davvero che riuscirò a non fare nulla di stupido, quello che è successo ieri lo dimostra, ma forse entrambi speriamo che questo idillio possa durare il più a lungo possibile.
- Sarà meglio per te che tu continui a fare il bravo, Principe. O questa è la volta buona che ti appendo all’anello centrale del campo da Quidditch. Per le orecchie.
- Lo terrò a mente – sorridiamo complici.
E restiamo in silenzio, osservando il cielo mutare di tono, imporporandosi sempre di più. Dentro di me una voce mi urla di prenderle la mano. Che almeno tutta questa follia valga la pena di sentire quel familiare formicolio tipico di quando entro in contatto con lei!
- A proposito di guai, in verità, c’era una cosa di cui volevo parlarti…- mi volto ad osservarla in attesa – Ci ho riflettuto a lungo e credo che dovremmo cercare di essere più… “Discreti” – mima le virgolette con le mani, puntando i suoi occhi nei miei.
- Nel senso che conti di non lasciare tracce quando mi appenderai per le orecchie?
- Nel senso che se Ali ci trovasse insieme farebbe ben di peggio sia a te che a me. E credo che anche Rab e i tuoi amichetti non sarebbero entusiasti di saperti di nuovo in giro con una sporca nata babbana.
La guardo di sottecchi, in attesa. Sono tutte cose cui avevo pensato anche io e sulle quali mi ero tormentato, senza riuscire a trovare una soluzione. Lo stesso mi trovo infastidito dall’intromissione di altre persone nella sua vita. Non credo che nessuno abbia il diritto di recriminarle chi frequenta. Nessuno a parte la MacDonald. Non ho avuto il coraggio di chiederle che ne pensi di quella storia e per quel che mi riguarda eviterò l’argomento per quanto più mi sarà possibile.
- Che c’entra la Sand? – dico arcigno.
- Il fatto che ti abbia schiantato il mese scorso non te lo rende chiaro? Lei non vuole che io soffra. Ed è discretamente convinta, avendone tutte le ragioni, che tu faccia la mia infelicità. Capisci?
- Faccio la tua infelicità? – il mio cuore salta un battito.
- Solo ogni tanto, quando fai lo stronzo – lei abbozza un sorriso rassicurante e io sento il sangue tornare a fluire regolarmente – Altrimenti non sarei qui. E hai promesso di darti una regolata no?
- Sì. Ma non credo che la Sand dovrebbe intromettersi tra di noi e poi…
- Poi nulla. Alice è la mia migliore amica. Io al posto suo ti avrei fatto di peggio. Ha tutte le ragioni di avercela con te. Quindi piantala.
La guardo storto, rimuginando su quanto acida sia alcune volte nei miei confronti. Mi domando se non sia tutta colpa mia, se non sia stato io a corromperla.
- Quindi questa “discrezione” in cosa dovrebbe consistere?
- Consiglierei di non farci vedere insieme. E di limitare i contatti in pubblico.
- Cioè di tornare a prima delle vacanze di primavera? – chiedo cercando di celare il mio disappunto.
- No, solo non mettere gli striscioni quando ci vediamo e farlo in posti isolati – neanche lei sembra pienamente convinta dal suo piano.
- Tipo la vecchia aula di pozioni.
- Precisamente. E poi potremmo trovare un qualche stratagemma per comunicarci giorni e luoghi d’incontro. Qualcosa tipo…
- Un nastro?
Lei sembra illuminarsi all’improvviso, come se quel riferimento al nostro “prima” l’avesse resa felice: - Penso che potrebbe andare. Magari potremmo incantarne un paio, in maniera da far apparire su uno quello che appare sull’altro…
- E i colori potrebbero variare in base ai luoghi…
- Sarebbe perfetto! – mi sorride e io le rispondo con altrettanto calore. Quando sono con lei ho l’impressione che la mia mente funzioni meglio.
- Hai un paio di nastri? Così possiamo provare a vedere se riusciamo a incantarli…
Annuisce, tuffando una mano nella sua borsa: - Mettiamoci all’opera, Principe!
Osservo come alcuni sprazzi di tramonto violacei le tingano i capelli di un presagio torbido e mortifero. La paura di perderla mi attanaglia il petto e vorrei solo che tornasse ad essere baciata da un sole caldo e giallo, che la illumini senza dipingere ombre mortifere sul suo corpo.
Qualcosa dentro di me mi sibila che fintanto che ci sarò io a starle accanto, non ci sarà possibilità per lei di venir realmente baciata dalla luce e finirà per tingersi sempre più foscamente.
M a Lily si volta, con un paio di nastri stropicciati tra le dita, sorride. E io sento di non poter rinunciare in alcun modo a questi istanti di luce e che farò del mio meglio per non macchiarla irrimediabilmente.
 
In quei giorni vivevo con la convinzione che per noi ci fosse ancora abbastanza tempo per assaporare ancora qualche breve istante di felicità prima che la realtà della vita e delle scelte incancellabili ci piombassero addosso. Mi ripetevo costantemente che due anni di scuola mi sarebbero bastati per vivere serenamente il resto dei miei giorni al suo fianco e farmi passare il desiderio di starle accanto. Ero ancora ignaro di quanto poco tempo mi restasse prima di rovinare ogni cosa con le mie stesse mani. Di nuovo.
 
   
 
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