Libri > Omero, Varie
Ricorda la storia  |      
Autore: Ornyl    10/07/2016    1 recensioni
Rabbia e tarantella.
Genere: Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Andromaca
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Incompiuta
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
 
Astianatte l'ho visto volare oltre le mura. Non mi hanno nemmeno dato il tempo di afferrare la sua catenina d'oro, quella che i suoi nonni paterni gli avevano regalato il giorno del battesimo. Astianatte piangeva e io non sono riuscita ad afferrarlo mentre arrostivano i prigionieri a colpi di lanciafiamme.
Ettore, testa di cazzo. Sei un testa di cazzo. Bravo, lascia ancora che il tuo fantasma maciullato dai cingoli del carro armato di Legio Argiva mi scorra ancora davanti. Te la ridi ancora mentre Achille ti afferra per la nuca, ti costringe a ingoiare il suo piombo e poi si diverte a passarti sopra con quell'accidenti di bagnarola di carro armato che si ritrova?
Io non rido manco per il cazzo. Mi hai lasciata sola.
Ah, e hanno preso tuo padre. O non so, forse è andato a consegnarsi da solo. Suo figlio Ettore, quel bestione di un metro e novanta con le spalle larghe e la faccia barbuta, ha voluto fare l'eroe e questo è il prezzo da pagare per la sua marachella da ragazzino. Cattivo, Ettore. Eppure te l'avevo detto di essere sola da una vita, giusto? Con tutti i fratelli maciullati durante la Prima Resistenza? Non lo sapevi, eh Ettore? Certo che lo sapevi. Non mi avresti sposata sennò, non avresti preso questa pazza via dall'orfanotrofio in cui era stata per diciotto anni senza sapere nemmeno il suo cognome, non le avresti dato in un piccolo momento di generosità quel cognome che lei non possedeva.
Nient'affatto. Nient'affatto. E non riderò.
Le fiamme del tuo rogo erano altissime, ieri sera. Più alte di quelle che hanno divorato il resto del commando, se non direttamente di tutti i nostri compagni. Restavamo solo noi, io e tu, l'orfana e il gigante buono, la Makarov che fendeva l'aria della notte e l'AK-47 che squarciava la polvere di giorno, entrambe con le loro scie di sangue e di urla nemiche che si portavano dietro, armate dalle nostre mani sporche e ferite e dei nostri passi vestiti da grossi e spessi stivali di pelle nera. Lingue di fuoco altissime, le tue, sì, e l'unico membro del commando a guardare quel tuo spettacolo reso vivo dal tuo corpo morto ero io, circondata da quella piccola popolazione della collina che abbiamo tentato di proteggere: le suore del mio orfanotrofio, il parroco che ci aveva sposati, il panettiere che ci vendeva le pagnotte quando io ero ancora incinta e il fioraio che gioiva ogni volta che ti vedeva, quando compravi le tue amate margherite per decorare i vasi alle nostre finestre. E ora è tutto un mucchio di macerie, e ora è tutto polvere, sangue e calcinacci che si staccano e rimbombano sulla strada e sulle macchine date alle fiamme, dalle lamiere e dagli scheletri degli edifici che adesso ricoprono i nostri cadaveri.
Perchè sono morti quasi tutti, e sei morto tu, e ora sono morta anch'io.
Forse tuo padre non tornerà indietro dalla resa. Forse domani procederanno con le ultime fucilazioni e i nomi dei condannati, se Dio vorrà, entreranno nei libri di storia o verranno incisi su una lapide su cui nessuno deporrà corone di fiori o biglietti con preghiere.  Forse domani anch'io verrò fucilata, o forse diventerò la puttana di qualcuno. E prego di Dio di baciare il loro piombo piuttosto che le loro labbra.
Le fiamme del tuo rogo erano alte, Ettore comandante. Il tuo viso era tutto un fuoco, così le tue braccia che stringevano quella bestia di ferro e legno con cui ti divertivi a sparare addosso a quei bastardi, e il tuo corpo massiccio del quale ammiravo la forza e l'incredibile bellezza, stretto nella tua camicia color senape che t'avevo rammendato proprio quel giorno in cui ti hanno fatto fuori, con gli stivali che sono ancora ricoperti di terra e sangue rappreso. Le lingue di fuoco ti avvolgevano come un sudario, idiota di un comandante, ti corrodevano per portarti all'altro mondo trasformato in cenere di carne umana e tessuto, con quei gradi ben appuntati all'altezza del tuo cuore e quella spilla a forma stella che non voleva saperne di consumarsi e seguirti al di là di questa vita.
Così voglio ricordarti, amore mio, mentre guardo ciò che resta di questo paese sulla sua collina, di questa collina di sterpaglie dove prima stavano alberi rigogliosi, col fiume insozzato di sangue e sudore e non più di sapone di Marsiglia.
Così voglio vendicarti, amore mio, mentre stringo la mia piccola Makarov tra le mani e la nascondo agli occhi tristi e indiscreti di quei concittadini che una morte in uniforme nera non ha ancora tranciato.
Io li ammazzo, Ettore. Li ammazzo tutti. Faccio esplodere le loro teste di cazzo. Saranno i tuoi papaveri rossi su una lapide che non avrai.
   
 
Leggi le 1 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Omero, Varie / Vai alla pagina dell'autore: Ornyl