Libri > Harry Potter
Ricorda la storia  |      
Autore: Paperetta    10/07/2016    3 recensioni
In questa piazzetta si dà asilo ai sognatori incalliti,
ai viaggiatori stanchi,
a chi ha scelto di perdersi e non è più tornato,
a chi è naufragato nel mare della vita;
agli artisti d’ogni arte.
Entra e racconta la tua storia.
[Partecipa al contest “Crack!ship in cerca d’autore” di heartbreakerz]
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Regulus Black, Severus Piton
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

 
Nickname forum + EFP: Paperetta@ / Paperetta

Titolo della storia: Dreamers

Pacchetto scelto: 11

Coppia scelta: Severus x Regulus

Rating: giallo

Genere: angst, introspettivo, romantico

Avvertimenti: what if?

Conteggio parole: 2054

Note extra: le metto alla fine, per non spoilerare niente!

______________________________

1979, 15 dicembre

 

In questa piazzetta si dà asilo ai sognatori incalliti,

ai viaggiatori stanchi,

a chi ha scelto di perdersi e non è più tornato,

a chi è naufragato nel mare della vita;

agli artisti d’ogni arte.

Entra e racconta la tua storia.

 

Era scritto a mano, su un foglio di carta appeso alla porta di fronte a lui. La calligrafia pareva quella di un bambino che ha appena imparato a scrivere, incerta, storta, con qualche sbavatura d’inchiostro qua e là.

Severus Snape aveva già udito quelle parole, una sera di due anni prima, ma allora non vi aveva prestato molta attenzione. Gli erano parse nient’altro che romanticherie di un ragazzo ancora troppo legato ai propri sogni, che faticava a capire quanto quel modo di essere cozzasse con la vita che voleva.

E glielo aveva detto. Oh, Severus non era il tipo che si trattiene dal muovere critiche, anche se quelle critiche erano rivolte al suo amico e compagno di letto. Era una persona schietta, un po’ acida, e chiunque altro gli avrebbe risposto con fare piccato.

Ma Regulus Black non era come tutti gli altri.

 

***

1977, 27 aprile

“Ridi? Ti ho praticamente insultato e tu ridi?”

Regulus voltò la testa, a quel che pareva per nascondere ciò che rimaneva del suo sorriso. Severus, seduto accanto a lui tra le lenzuola sfatte, in una camera da letto improvvisata nella Stanza delle Necessità, incrociò le braccia al petto e lo osservò con sguardo incerto. Tra di loro vi era un quaderno con una frase scritta in bella calligrafia.

“Scusa, Sev, ma sentirmi dire queste cose proprio da te è piuttosto esilarante”.

“Esi-esilarante? Quale parte di “sei un ragazzino, vedi di crescere” ti pare esilarante? E smettila di ridere!”

“Scusa!” Regulus cercò di apparire più serio, ma l’ombra di un sorriso continuava ad affacciarsi sulle labbra. “Davvero, scusa, ma certe volte sei… come dire...”

Fece una pausa.

“Sì?” lo incitò Severus, le sopracciglia leggermente sollevate. “Continua. Com’è che sarei, io?”

“Prometti di non scagliarmi una fattura?”

“Dipende da come finirai la frase. P-a-r-l-a”.

Regulus trasse un respiro profondo, e durante quella pausa Severus cercò di immaginare cosa diavolo volesse dirgli.

“Ecco, diciamo che spesso mi accusi di essere ingenuo, dici che scrivo queste frasi sciocche da sognatore senza speranza, ma io ritengo che... certe volte... forse...” specificò, a mo’ di attenuante “forse lo sei più di me… aspetta, aspetta! Lasciami spiegare!”

Severus aveva sgranato gli occhi.

“Io? Ingenuo? Che blateri! Ma sai di cosa stai parlan-”

“Aspetta, Sev!”

“Non chiamarmi Sev!”

Regulus sbuffò.

“Ecco, lo sapevo! Ti sei arrabbiato!”

“Certo che sono arrabbiato, Black

“Oddio, siamo passati ai cognomi...”

Severus si spostò in modo da fronteggiarlo, bene attento a tenersi il lenzuolo sopra le gambe.

“Ora tu mi spieghi perché pensi una cosa del genere”.

“È quello che vorrei fare, Snape”. Sbuffò di nuovo, e quando Severus cercò di parlare ancora alzò una mano per intimargli il silenzio. O, meglio, per supplicarlo: Regulus non era certo in grado di imporgli qualcosa. “Dunque, quello che intendevo dire è che… ti lamenti spesso che la vita è ingiusta con te, che quando ottieni qualcosa c’è sempre qualcuno pronto a portartela via – aspetta, lasciami finire! Dicevo, tu dici queste cose... ma non hai ancora capito che è proprio perché sei un sognatore come me che alla fine… beh, soffri così tanto”.

Severus era talmente basito che aprì la bocca per rispondere e la richiuse subito dopo, senza parole.

“Sei intelligente, un genio, e anche molto ambizioso. Non mi racconti sempre di quello che vorresti fare una volta preso il diploma? E dei sogni che avevi prima ancora di entrare a Hogwarts? In cosa saresti diverso da me?”

Ancora sconvolto da quelle parole che gli suonavano assurde, Severus impiegò qualche secondo prima di mettere insieme una risposta di senso compiuto.

“Se quello che dici è vero – e non lo è, perché stai dicendo cazzate – non dovresti soffrire anche tu come me?”

Aveva calcato molto sulla questione della sofferenza, perché l’idea che qualcuno trovasse così evidente il dolore che provava più o meno da sempre lo preoccupava e irritava come poche altre cose.

Regulus parve farsi più piccolo, come avesse paura di rispondere.

“Beh… forse perché a me non è ancora capitato di... rimanere deluso?”

L’atmosfera nella stanza si era fatta troppo tesa, per entrambi. Severus si sentiva scoperto, messo a nudo, ben più di quando lo fosse davvero dopo aver fatto l’amore, mezz’ora prima. Non sopportava che qualcuno vedesse le sue debolezze, soprattutto se quel qualcuno era l’unica persona da cui aveva mai ricevuto vero affetto, interesse e persino rispetto. Perciò non aggiunse altro, si voltò e raccolse in fretta i suoi vestiti.

“Sev…” mormorò Regulus alle sue spalle. A Severus non sfuggì la nota triste che accompagnò il suo nome. Non sopportava nemmeno vederlo abbattuto, questo era il problema.

“Non sono arrabbiato, Black… Reg” rispose, e poteva quasi immaginare il suo sguardo illuminarsi anche se gli dava la schiena. “Ho solo bisogno di farmi un giro”.

 

***

1979, 15 dicembre

Erano trascorsi appena due anni da allora, eppure Severus era cresciuto abbastanza da cominciare a comprendere ciò che Regulus aveva esposto con tanto coraggio. Perché ne serviva davvero tanto, di coraggio, per parlare in quel modo a una persona suscettibile e rancorosa come lui.

E dire che Regulus era sempre stato così timido.

La prima volta che gli aveva confessato di voler prendere il Marchio Nero, Severus aveva provato la bizzarra sensazione di sentirsi sorpreso e, al contempo, non esserlo affatto.

Un Black tra le fila del Signore Oscuro? Naturale, ovvio, inevitabile come la morte. A parte suo fratello, certo, ma l’eccezione conferma sempre la regola.

Eppure, benché fosse così scontato, una parte di lui non riusciva a immaginare Regulus che uccideva, che torturava, cacciava, massacrava babbani o altri maghi per eseguire un ordine, o per puro divertimento. Era troppo fragile per un lavoro del genere, non ne avrebbe mai retto il peso, e non importava che condividesse gli stessi ideali dei Mangiamorte, che sognasse un mondo in cui i maghi potessero muoversi liberamente senza timore, senza doversi nascondere da babbani pronti a privarli della magia e studiarli come topi da laboratorio; non importava quanto cuore ci mettesse, perché non era portato.

E Regulus non se n’era mai accorto, finché non fu troppo tardi.

 

***

1979, 6 novembre

“Si sta approfittando di noi! Come fai a non vederlo, Sev?”

In piedi l’uno di fronte all’altro al limitare di un boschetto, riuscivano a stento a scorgere i propri volti nell’oscurità della notte. Solo la debole luce della luna riusciva a filtrare attraverso i folti alberi sopra di loro.

Severus era sconvolto. Di nuovo. Ormai Si stava quasi abituando a quelle sue uscite improvvise e spiazzanti.

“Abbassa la voce, Reg!” gli intimò, volgendo lo sguardo attorno per assicurarsi di essere soli. “Non puoi fare discorsi del genere così, in pubblico”.

“Pubblico? Chi vuoi che ci senta?”

“Non lo so, ma può sempre esserci qualcuno che ci segue. Sei imprudente!” esclamò sottovoce e lo afferrò per un braccio, trascinandolo in uno spiazzo di prato lontano dagli alberi. Preferiva stare in un luogo che poteva tenere sotto controllo in un raggio più ampio.

“Che vuoi fare?” chiese Regulus. Ora che gli alberi non coprivano più la luce, Severus poteva scorgere nel suo sguardo una certa apprensione.

“Ci sono molte cose che vorrei fare in questo momento e strangolarti rientra tra queste. Ora ascoltami bene, perché prima mi capisci prima possiamo tornare alla missione: ti stai lasciando sopraffare dalle emozioni. Non sei abituato a questa vita, hai dovuto uccidere per la prima volta e sei rimasto sconvolto, è comprensibile, ma accusare il Signore Oscuro di fare solo i suoi interessi è folle, sbagliato e un suicidio!”

“Non è sbagliato, Sev! Parla tanto di volere il bene per i maghi purosangue, ma la verità è che gli interessa solo diventare più potente e assicurarsi di non morire mai. Dei suoi Mangiamorte non gli interessa nulla, siamo solo servitori e pedine che gli obbediscono come...”

“Reg! Stai esagerando!”

“… come cani, e se qualcuno osa dissentire lo ammazza senza pensarci due volte! Non è… non è quello che avevo immaginato, Sev!”

“E, dimmi, cosa ti eri immaginato? Lavoro d’ufficio e cene tra colleghi?” chiese Severus con sarcasmo. Poi aggiunse, con voce più bassa. “Sei entrato in un gruppo di assassini guidato da un grande mago che ha visto e fatto più di quanto noi potremmo in dieci vite, mi pare ovvio che le regole siano un tantino diverse dalla democrazia. Lui fa gli interessi suoi e di tutti noi, e per raggiungere i nostri obiettivi usa dei metodi...”

Noi? Nostri? È solo lui che conta, lo vuoi capire?”

Severus alzò le mani in segno di resa.

“Va bene, va bene. Non discutiamone oltre, tanto oggi non vuoi sentir ragione”.

Regulus non rispose. Si limitò ad annuire in modo quasi impercettibile e a spostare lo sguardo per terra. Era uno sguardo triste, come mai gli aveva visto dacché lo aveva conosciuto.

Sollevò un braccio, pensando di dargli un po’ di conforto, ma non era il tipo da smancerie e decise di tentare con le parole.

“Sei cambiato, Reg. Non ti riconosco più”.

Un sorriso altrettanto triste comparve sul volto di Regulus, che tornò a guardare il suo compagno dritto negli occhi.

“Succede, quando ogni cosa è diversa da quella che avevi sognato” rispose. Si sedette per terra, senza preavviso; incrociò le gambe e fissò lo sguardo su un punto imprecisato del paesino che emergeva tra le colline in lontananza.

Severus lo guardò con preoccupazione. La rabbia e la paura stavano lasciando spazio al dispiacere nel vederlo in quelle condizioni; così prese posto accanto a lui, portandosi una gamba contro il petto.

“In che cosa sarebbe diverso?”

Regulus attese qualche secondo, perso tra i suoi pensieri.

“In tutto. Avevo grandi progetti – avevamo grandi progetti. Saremmo dovuti diventare parte di un’organizzazione straordinaria che combatte per quelli come noi, in cui avremmo potuto dimostrare quanto valiamo… e invece siamo finiti in mezzo a esaltati che uccidono per il gusto di farlo e non solo quando serve… il tutto per un capo che ci considera nient’altro che pedine da sacrificare. E ora non posso più uscirne, Sev. Sono… imprigionato”. Poi si voltò a guardarlo, fingendosi divertito. “Senza aggiungere il fatto che dovremo smettere di frequentarci, naturalmente!”

Severus fece una smorfia.

“Ti hanno già trovato una mogliettina?” chiese, nauseato e infastidito.

“Già… Astrea, o qualcosa del genere. Una lontana cugina”.

“Non avevo dubbi. Anzi, mi stupisce che abbiano aspettato così tanto prima di combinarti qualcosa. Ma questo lo sapevamo già, Reg” aggiunse e, malgrado il tentativo di apparire distaccato, la sua voce tradì un velo di tristezza. “Non c’era alcuna possibilità che potessimo continuare. Non dovrebbe stupirti”.

Regulus sorrise.

“Stai diventando sempre più cinico, Sev”.

“E tu lo sei troppo poco. La vita non è mai come ce la immaginiamo, l’unico modo di sopravvivere è smettere di aspettarsi qualcosa per non rimanere più delusi: prima lo accetti, prima potrai piantarla con quell’espressione da condannato a morte. Mi hai capito?”

Concluse la frase e tacque in attesa di una risposta, impaziente di concludere quella inquietante conversazione.

Infine, Regulus annuì.

“Ci proverò”.

 

***

1979, 15 dicembre

Ma non vi riuscì mai.

Era sempre stato un testardo, Regulus. Ingenuo, fragile, certe volte un po’ timido, ma soprattutto un ragazzo cocciuto che non rinuncia facilmente ai suoi propositi.

E così decise che avrebbe portato avanti “la causa” a modo suo, contro il volere dell’Oscuro Signore.

Severus non aveva idea di cosa fosse successo, né dove, come o quando. Sapeva solo che era scomparso, una sera di novembre, ed stato aggredito da creature sconosciute; che aveva rischiato di annegare, che qualcosa o qualcuno lo aveva condotto alla pazzia finché non si era trascinato via, vagabondando tra i boschi della campagna inglese per essere trovato, infine, da una coppia di contadini babbani.

E ora si trovava in quella stanza dalle pareti bianche, seduto sulla poltroncina accanto a una finestra con le sbarre, mentre osservava il cielo grigio dell’autunno londinese.

“Sev!” esclamò quando lo vide entrare. “Sei venuto a trovarmi”.

Aveva un sorriso sereno, felice. Gli fece cenno di avvicinarsi, indicando un quaderno che teneva in grembo.

“Voglio farti leggere questo libro! Parla di maghi e streghe, sono dei racconti!” esclamò in estasi. Poi abbassò la voce. “Qui tutti mi dicono che non esistono, ma sono sicuro che si sbaglino! I maghi esistono, sai? Appena uscirò di qui andrò a cercarli, così gli dimostrerò che ho ragione io! Vuoi vedere il mio piano? Ce l’ho scritto qui, sul mio quaderno. Guarda...”

Aprì le prime pagine per mostrarle a Severus, un sorriso che andava da una guancia all’altra.

Eppure, Severus stava ancora sull’uscio, immobile, svuotato da ogni emozione.

“Perdonami, Reg” mormorò con voce spenta e uscì dalla stanza, veloce, quasi di corsa, mentre le urla spaventate e disperate di Regulus lo rincorsero per tutto il corridoio.

“Sev, aspetta! Devi vedere i miei progetti! Non te ne andare! Sev!”

Ma Severus Snape non si voltò mai più.

Avevi ragione, Reg. Ero anch’io un sognatore come te.

 

***

NOTE

- Non sono riuscita a trovare l’esatta data di morte di Regulus, perciò mi sto basando sul poco che so e ho ipotizzato sia successo in quel periodo.

- Spero si sia capito dalla lettura della storia, ma in ogni caso ne spiego meglio il significato; per il contest cui sto partecipando ho dovuto interpretare la farse all’inizio della fanfic e così è nata l’idea di associarla alla pazzia, l’unico luogo rimasto a Regulus per tornare a sognare. Si viaggia non solo col corpo ma anche con la mente e col cuore, la vita stessa è un viaggio; Regulus, stando a quel poco che ci è stato detto, aveva degli ideali che sono stati disattesi, perciò l’ho immaginato in questo modo.

Severus era un sognatore come lui, ma la vita lo ha deluso talmente tante volte che, alla fine, non si aspetta più niente; e mentre Regulus, nelle ultime righe, rimane nella stanza, rimane nella sua follia e può quindi tornare a sognare, Severus se ne va, non si volta indietro, perché non riesce più a sopportare la sofferenza che ti danno la delusione e la perdita. Sono infatti fermamente convinta che il muro che lo separa dal resto del mondo l’abbia eretto per proteggersi dal dolore, per non affezionarsi a niente e a nessuno per paura di perdere tutto. Di nuovo.

- Il titolo è in inglese, perché volevo scrivere “sognatori” ma suonava veramente male xD

- Ho la sensazione che per questa storia dovrò farmi perdonare… ma che posso farci! Detesto leggere angst, ma adoro scriverlo! xD

  
Leggi le 3 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: Paperetta