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Autore: G RAFFA uwetta    11/07/2016    0 recensioni
Il Male ha tracciato il suo destino, Kathell sarà in grado di spezzare il legame che li unisce?
Dal testo: "In un tempo lontano, in cui i bisbigli erano le anime dei morti che calpestavano la lussureggiante Valley Korenbloen, tra i ghiacciai perenni, il Caos generò Làm Nhùc Xàu. Egli, come un bimbo curioso, vagò solitario seminando il terrore, soffocando i popoli nel dolore. Rubò il sapere agli Spiriti Erranti, fagocitandoli e sputando le ossa in tumuli bianchi. Il Destino, mosso a pena, dal Fuoco dei Giusti plasmò un castigatore dandogli il compito di scindere il Dolo. Carny, questo il suo nome, adempì al suo dovere in modo ligio, forgiò parti di sé in arma per sopprimere lo scempio; puntellò e smembrò quell'essere fino a ridurlo in cenere. Forte del suo dominio, custodì fiero ogni singolo dardo mostrandosi degno di essere un Eletto. Sulla via del ritorno, cadde vittima della corruzione scialacquando se stesso e il prezioso bottino. Negli effluvi del tempo si perse ogni traccia; solo al sorgere delle Ere il fiore del Fato designò il cammino, un placido scorrere di istanti impressi a fuoco sulla giovane carne."
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Genere: Angst, Fantasy, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Quiver of Souls, il cuore gelido dell'Inferno

Cap. 1 – Prologo, il ruggito delle fiamme

"Se si desidera nascondere la verità basta annegarla nelle bugie" uwetta.

Nelle notti più nere, quando il buio penetrava fin nelle ossa, la foresta si schiudeva come un istrice permettendo alle belve feroci di andare a caccia. Nelle grandi città, i fuochi dei bivacchi venivano succhiati dal vento mentre era impegnato a sollevare veli di densa nebbia. Chiusi nelle loro calde dimore, sotterrati da strati di coltri roventi, gli uomini mormoravano di storie antiche come il mondo, pesanti fardelli lasciati in eredità.

In un tempo lontano, in cui i bisbigli erano le anime dei morti che calpestavano la lussureggiante Valley Korenbloen1, tra i ghiacciai perenni, il Caos generò Làm Nhùc Xàu2. Egli, come un bimbo curioso, vagò solitario seminando il terrore, soffocando i popoli nel dolore. Rubò il sapere agli Spiriti Erranti, fagocitandoli e sputando le ossa in tumuli bianchi. Il Destino, mosso a pena, dal Fuoco dei Giusti plasmò un castigatore dandogli il compito di scindere il Dolo. Carny3, questo il suo nome, adempì al suo dovere in modo ligio, forgiò parti di sé in arma per sopprimere lo scempio; puntellò e smembrò quell'essere fino a ridurlo in cenere. Forte del suo dominio, custodì fiero ogni singolo dardo mostrandosi degno di essere un Eletto. Sulla via del ritorno, cadde vittima della corruzione scialacquando se stesso e il prezioso bottino. Negli effluvi del tempo si perse ogni traccia; solo al sorgere delle Ere il fiore del Fato designava il cammino, un placido scorrere di istanti impressi a fuoco sulla giovane carne.

 

In un angolo della grande stanza, accostato ad una parete tempestata di disegni colorati, un letto improvvisato ospitava un'ostinata dolce bambina che tentava inutilmente di rimanere sveglia stropicciando gli occhi gonfi di sonno. Lentamente le palpebre pesanti si chiusero su due occhi neri solitamente vispi; anche stavolta non sarebbe riuscita ad ascoltare per intero le storie raccontate dai grandi perché cadde in un sonno agitato da incubi non suoi.

Sbuffi di fumo viola e arancio rivelavano i contenitori disseminati sugli scaffali in ombra. Libri antichi erano aperti su pagine ingiallite dal tempo raffiguranti strani algoritmi e sezioni di corpi smembrati. L'odore di muschio trasudava dalle pareti in roccia dove l'umidità aveva creato una patina scura e opaca. Al centro della stanza, sopra una tinozza in legno di tasso, era appeso un giovane esemplare di moleb, trattenuto a testa in giù da una catena d'oro; gli occhi tondi e vacui erano vigili, sempre in movimento. Una ragazza di spalle, i capelli raccolti in una complicata treccia, era intenta a sistemare con perizia sul tavolo degli strumenti affilati. Lì accanto, un piccolo calderone stava borbottando appeso sull'allegro fuoco, mentre dalla trave del camino pendevano grossi alari in ferro battuto. Con un gesto repentino, la ragazza aveva impugnato un piccolo punteruolo, tenuto per pochi secondi a contatto con la fiamma, per poi avvicinarsi al moleb. Senza esitazione, aveva immerso lo strumento appena sotto l'attaccatura della mandibola, fin dentro il forte collo, così da permettere al denso e scuro sangue di fuoriuscire lentamente. Un'accetta, dall'affilatissima lama d'argento, le era servita per scuoiare la pelliccia color avorio; aveva lavorato meticolosamente, incurante delle strazianti urla. Infine, aveva separato la pelle dalla lana e, con un pettine per cardare la lana, in legno scuro dai chiodi lunghi e arrugginiti, aveva pulito la folta pelliccia. Quando aveva ritenuto soddisfacente il lavoro aveva immerso i pezzi nella tinozza dove il sangue continuava a gocciolare; vi aveva aggiunto svariate polveri e poche gocce del proprio sangue.

Sdraiata sul letto dal materasso di paglia, la bimba stringeva gli occhi in preda al terrore, le dita tozze avvinghiate al lenzuolo frusto che copriva il pallido viso, le labbra tremanti dischiuse in cerca di aria.

Dal corpo straziato, ma ancora vivo, aveva estratto denti e unghie, con un coltellino ricurvo aveva scavato fino a togliere completamente le gonfie ghiandole genitali; aveva buttato il tutto dentro un mortaio in quarzo verde. Poi aveva aggiunto delle foglie secche di piante rarissime assieme a cinque pezzetti dei suoi organi, precedentemente estratti con una difficoltosa operazione chirurgica: cuore, polmone, fegato, milza e rene. Aveva pestato il tutto fino a ridurlo a una densa crema grigia che aveva versato in piccoli stampi triangolari; in seguito li aveva appoggiati vicino al fuoco per farli essiccare, non prima di averli cosparsi del sangue che aveva prelevato dalla tinozza. Aveva ripreso la lana e poi l'aveva lavata con cura, infine l'aveva divisa in due parti. Aveva tagliato la lunga treccia dei suoi capelli e, dopo averla unita ad una parte della lana, seguendo un'antica arte appresa dai Mastri Impagliatori, li aveva intrecciati saldamente fino a formare dei solidi bastoncini; ad essi aveva unito i piccoli triangoli essiccati formando così delle frecce. Con la restante lana aveva intessuto una robusta faretra, che successivamente aveva dipinto in colori pastello ricamando strani fiori stilizzati. Con la parte di pelle dura preparò i morsetti che avrebbero assicurato la faretra una volta in viaggio, aveva aggiunto dei fili di lana come vezzo. Era tornata presso il moleb che, nonostante tutto, ancora si agitava debolmente. – Mi serve un arco. – Aveva pensato meditabonda osservando il corpo straziato, con una lunga sciabola dalla giallastra lama d'ottone aveva cominciato ad estrarre le lunghe ossa degli arti inferiori...

La bambina si destò all'improvviso tremante e sudata, gli occhi spalancati e colmi d'orrore, il corpo un fascio di nervi doloranti.

— Nonna Kievien, — richiamò l'attenzione con voce pigolante, — nonna! — Urlò più forte. Sullo sfondo, nel tremulo chiarore del moccolo di sego, le parole del narratore sfumavano appena; l'anziana donna in un attimo le fu accanto.

— Cosa c'è, piccina mia? — Le chiese apprensiva per poi sgranare gli occhi sorpresa, una mano sulla bocca a trattenere il singulto che l'aveva colta impreparata.

— Ho fatto un brutto sogno, nonna. — rispose con voce tremante rifugiandosi sotto le coperte. — E poi mi fa male ovunque, — riprese con la voce soffocata dal telo, agitandosi piano sotto le coltri. L'anziana, inorridita, seguì con gli occhi i bagliori che le coltri non riuscivano a celare; sembrava di assistere alla danza delle lucciole nelle calde notti estive.

— Oh mio dio — le sfuggì dalle pallide labbra serrate.

All'esterno della piccola abitazione, immersa nei campi ricoperti di muschio rosa, giungevano voci concitate e grida soffocate. Ringhi di animali selvatici si amalgamavano a tonfi e scoppi attutiti dalla pesante porta sprangata; in breve, anch'essa cominciò a tremare come l'aria, diventata pesante per l'odore acre del fuoco. Kievien buttò dell'acqua fresca sul corpo della piccola per poi bloccarle il viso e immergere gli occhi in quelli spaventati di lei. Concitata iniziò a parlare cercando di non accavallare le parole.

— Sei stata scelta come guida, tesoro mio, sei lo scrigno che svelerà al mondo la giusta via. — I riverberi violacei della pelle frammentavano l'oscura profondità delle iridi nere. — Trova il Quiver of Souls4 perduto e con esso ridona Ciò che Deve Essere.

La bambina cercò di divincolarsi dalla presa ferrea, tossì e sbatté le ciglia sugli occhi scuri ormai arrossati per il fumo; lunghe lame infuocate strisciavano sotto l'uscio mentre il legno scricchiolava sinistro e si gonfiava emettendo inquietanti sibili.

— Lasciami andare, — strillava tra un rantolo e l'altro; disseminati qua e là giacevano dei corpi svenuti, il fuoco lambiva la loro carne con una languida carezza.

La porta cedette con un forte schianto, schegge di legno incandescente volarono in ogni direzione e alcune di esse perforarono la schiena di Kievien, costringendola a lasciare la presa e vacillare in avanti; gli occhi si spalancarono e un fiotto di sangue le sfuggi dalle labbra diafane. L'onda d'urto dello scoppio spedì il debole corpo della bambina, non più trattenuto, contro lo spigolo di un mobile, un attimo prima che quest'ultimo si accartocciasse inghiottito dal ruggito delle fiamme. La donna si accasciò a terra in un tonfo morbido, gli occhi vitrei fissi sulla nipote; un'ombra gigantesca oscurò l'entrata avvolta dal fumo che ribolliva verso l'esterno in cerca di aria. Kievien scosse la testa cercando di riprendersi, allungò un braccio in avanti arpionando con le unghie il pavimento, ricacciò indietro le lacrime e gemette di dolore sputando sangue denso e scuro; l'ombra la superò. Con voce flebile, le iridi illuminate d'arancio, ansimò:

— Ricorda, bambina mia, ricorda che desidera riunirsi più di ogni altra cosa e nulla lo fermerà. — Poi, lentamente, la vita rotolò lontano da quel corpo esausto senza sapere che le sue ultime parole erano andate perdute.

L'ombra raccolse la bambina svenuta e uscì nel sole viola del tramonto, oscurato dalle nubi dense che si alzavano dal villaggio in fiamme. Sulla fronte della piccola, appena sopra l'arcata sopraccigliare sinistra, da una piccola ferita usciva una scia di sangue che scivolava lungo lo zigomo fino a inabissarsi nelle pieghe del pigiama leggero; un dito dalla pelle scura e l'unghia aguzza tracciò un sentiero sul viso sporco di fuliggine.

— Perfetto! — Disse una voce dal timbro non umano, — torniamo a casa.

Il sole stava calando all'orizzonte, l'eco sospesa della voce del narratore, rimasta imbrigliata tra i ruderi della casa, perdeva vigore tra le poche fiamme che ancora non si erano estinte.

Tremate popoli infedeli perché allo schiudersi della foglia arsa dal fuoco, sotto l'occhio viola di chi vigila, nell'aria intossicata da urla immonde, giungerà il tempo di rispolverare le leggende, di dar agio agli antichi cantori, di dar fiato agli araldi imbonitori: l'Agave Eeuwige5 tornerà a fiorire.


 

Note autrice: questa storia partecipa al contest ”Poker d'immagini” indetto da Najara87 sul forum. Le immagini che ho scelto sono le seguenti:

Personaggio: http://www.pikky.net/ggk

Paesaggio: http://www.pikky.net/hgk

Oggetto: http://www.pikky.net/jgk

Scena: http://www.pikky.net/kgk

 

Alcuni nomi inventati li ho tradotti in olandese.

Buona lettura e sono graditi i commenti.

 

1 Valle del fiordaliso in olandese

2Il nome è tradotto dal vietnamita e letteralmente vuol dire insudiciare e cattivo. Mi scuso per l'eventuale uso improprio di un linguaggio a me sconosciuto.

3 Giostraio in olandese

4 Faretra delle Anime in olandese

5 Agave eterna in olandese

 
   
 
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