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Autore: Pepaleon    12/07/2016    4 recensioni
Quella mattina fu una voce lontana ad insinuarsi nel suo sogno, ma come ogni mattina non voleva svegliarsi, non ancora almeno. I suoi erano sogni così dettagliati, così reali che avrebbe potuto pensare di essere sveglia se non si fosse trattato di luoghi e persone, che era certa non aver mai visto ne conosciuto [...] Non era sola nella stanza, con lei c’era un ragazzo, più alto di un paio di centimetri, i capelli di un castano molto scuro che richiamavano il colore dei suoi grandi occhi. Il suo corpo sembrava stanco, respirava affannosamente ma sul suo viso non c’era ombra di stanchezza, al contrario, sembrava essere la persona più felice del mondo, i suoi occhi la guardavano in un modo che avrebbe sciolto con facilità anche un iceberg intero.
Genere: Azione, Fantasy, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Quella mattina fu una voce lontana ad insinuarsi nel suo sogno, ma come ogni mattina non voleva svegliarsi, non ancora almeno. I suoi erano sogni così dettagliati, così reali che avrebbe potuto pensare di essere sveglia se non si fosse trattato di luoghi e persone, che era certa non aver mai visto né conosciuto. Si trovava all’interno di una grande stanza, il pavimento in parquet di canne di bambù che, a giudicare dalle innumerevoli tacche sparse in tutta la stanza e dalle condizioni del legno, doveva essere molto vecchio. Appese lungo tutte le pareti vi erano molte armi di vario tipo tutte di origine orientale, altre invece erano sparse lungo tutto il pavimento. Quella stanza aveva solo tre pareti, e al posto della quarta, dei pilastri a sostegno della struttura che permettevano di entrare e uscire liberamente. Non era sola nella stanza, con lei c’era un ragazzo, più alto di un paio di centimetri, i capelli di un castano molto scuro che richiamavano il colore dei suoi grandi occhi. Il suo corpo sembrava stanco, respirava affannosamente, ma sul suo viso non c’era ombra di stanchezza, al contrario, sembrava essere la persona più felice del mondo. I suoi occhi la guardavano in un modo che avrebbe sciolto con facilità anche un iceberg intero. La osservava rimanendo immobile davanti a lei, aspettando che si decidesse a fare qualcosa. E qualcosa infatti accadde. Due calci uno dietro l’altro preceduti da un salto con mezzo giro in aria, che sarebbero stati causa, come minimo, di una forte contusione interna, se lui non li avesse parati entrambi con estrema facilità. Così ricominciarono a lottare, entrambi sferravano ripetuti colpi, coscienti che sarebbero stati schivati o parati senza fatica dall’altro e, non appena lei si ritrovò per l’ennesima volta spalle al muro, provò a liberarsi, ma stavolta lui la riportò al suo posto. 

<< Devo essere davvero un pessimo maestro se questo è tutto quello che sai fare >> dal tono della sua voce si capiva che, al contrario delle sue parole, non era per niente dispiaciuto del fatto di riuscire a dimostrare ancora una volta chi fosse il più bravo fra i due.

 << Non devi mai sferrare un attacco alla cieca. Fissa un obbiettivo e poi raggiungilo! O almeno provaci >> disse compiaciuto. Avvicinò il suo viso a quello della ragazza, tanto che lei riuscì a sentire il suo respiro sulla pelle, il suo sguardo si spostava dai suoi occhi alle sue labbra. Lei gli sorrise piegando leggermente la testasi avvicinò al suo orecchio.

<< Chi dice che non ti trovi esattamente dove volevo che fossi? >>

<< Beh >> rispose << sarebbe un caso atipico, in cui non ci sono sconfitti ma solo vincitori >> incalzò lui, lasciando che la sua mano scorresse dal suo braccio alla nuca le sorrise, mentre i loro volti si avvicinarono. D’un tratto fu come essere risucchiati da un vortice;  

<< Ehi Hope, forza svegliati, andiamo, non ho mica studiato un intero giorno per saltare l’ultimo esame di questa stra maledettissima scuola! Quella befana non aspetta altro, Muoviti! >>.

Era Danielle, o Elle come era solita chiamarla Hope, la sua migliore amica dall’età di otto anni. Il giorno che si conobbero era un giorno che Hope non si stancava mai di descrivere nei minimi particolari, ogni volta che qualcuno aveva l’ardire di chiedere come si fossero incontrate le due ragazze.

<< Ero fuori in giardino >> iniziava il suo racconto << era l’ora della merenda e io me ne stavo per i fatti miei, seduta su una panchina vuota ad ascoltare della musica che proveniva dal negozio di dischi al di la della strada. Quando una bambina molto capricciosa e superba di nome Esmeralda, decise che ero seduta proprio sulla SUA panchina e, con toni molto poco gentili e cordiali, mi chiese di andare a depositare la mia pallida “carcassa” da un’altra parte. Io la guardai per qualche secondo sperando, invano, che dietro me ci fosse qualche altro bambino al quale potevano essere rivolti quegli insulti. Non c’era nessuno. Feci per alzarmi quando in quel preciso istante Elle saltò sulla panchina, quasi urlando. -Ciao!- mi disse- Scusa il ritardo, ma la l’insegnate mi ha messo in punizione. Ho tagliato i capelli a una bambina fastidiosa che non la smetteva di fare la prepotente.- Disse quelle cose guardando Esmeralda,che spaventandosi andò via senza dire una parola e con il viso rosso almeno quanto i suoi capelli >>. Il racconto terminava con delle grosse risate da parte di entrambe le ragazze nel ricordare quella piccola bambina smorfiosa.

Da quel momento a separarle furono soltanto le ore di lezione, Elle era una classe più avanti, almeno fino a quando in quinta elementare non decise che avrebbe voluto provare il brivido della bocciatura.

Hope si strofinò gli occhi, odiava doversi svegliare per andare a scuola;

<< Sì sono sveglia, mi sto alzando! Non permetterei mai che il tuo unico giorno di studio di matematica vada perso a causa mia, tranquilla >> disse con un aria infastidita che lasciò subito spazio ad un sorrisetto. Prese il cuscino da sotto la testa e glielo lanciò, con quella che era una pallida imitazione di tutta la sua forza. Elle lo afferrò al volo, 

<< Ehi Bambi, ritira le corna! >>. Bambi, era il soprannome che aveva dato ad Hope per via del suo carattere spesso troppo tenero e ancor di più per via dei suoi “bellissimi occhi marroni”, che per l’amica avevano sempre avuto un non so che di speciale. 

<< Sfoga la tua rabbia repressa con chi se lo merita, non con una povera ragazza che ha fatto solo il suo dovere di migliore amica non facendoti saltare l’ultimo giorno di esame >>. Le ritirò il cuscino dritto in pieno viso, Hope non era ancora abbastanza sveglia e attiva per poterlo parare a sua volta.

<< Ma come fai a dormire così tanto? E così profondamente poi! Sembri entrare in una specie di trans. Ho dovuto chiamarti mille volte prima che cominciassi a dare segni di vita. Come fai quando non ci sono io? >> disse già davanti l’armadio pronta a scegliere vestiti che puntualmente l’amica si rifiutava di indossare.

Hope a malincuore sapeva che era giunto il momento di alzarsi;

 << Sai, un po' di tempo fa mi hanno regalato. Uno strano aggeggio elettronico che funziona a batterie. Ha una strana funzione, tu lo regoli ad un orario e quello si mette a suonare non appena arriva quell’orario. Mi pare si chiamasse sveglia o qualcosa del genere >> le disse sorridendo con una finta aria da smorfiosa.

<< Davvero molto spiritosa Bambi >> rispose Elle continuando a frugare fra i vestiti;

<< No davvero, non penso sia normale dormire così profondamente, che cosa hai sognato stavolta? >>. Hope non rispose per un’ovvia ragione che Elle non tardò a capire, si girò guardandola e le sorrise; 

<< Hai per caso fatto un altro dei tuoi sogni a luci rosse? >>.

<< Smettila >> le disse infastidita << non era nulla del genere, e se anche fosse non verrei di sicuro a dirlo a te >> andò verso la poltrona accanto l’armadio e prese i vestiti che aveva già preparato la sera prima.

<< Si certo, a chi dovresti raccontarlo? A tuo fratello? Sai che ridere! E poi non fare tanto la santarellina, conosco quello sguardo, guardami negli occhi e dimmi che stanotte non hai sognato un focoso ragazzo  di chissà dove >>.

Hope non provò nemmeno a mentirle, non avrebbe avuto senso, in parte perché non ne aveva mai sentito il bisogno, ed in parte perché aveva la certezza che, anche se le avesse mentito, ad Elle sarebbe bastato uno sguardo per accorgersene. Così si limitò a raccogliere i vestiti e dirigersi verso il bagno;

<< Aaaaah >> esclamò l’amica compiaciuta che cominciò a starle dietro << sapevo che avevo ragione, i tuoi occhi parlano Bambi. E com’era? Quanto gli daresti da 1 a 10? Lo conosco o è un’altro dei tuoi personaggi fatiscenti che non avremo mai la fortuna di incontrare? >>. Hope continuò a camminare verso il bagno, sperando invano che l’amica si stancasse presto di farle domande. In realtà sapeva che non sarebbe accaduto, quindi non appena si chiuse la porta del bagno alle spalle, decise di raccontarle per filo e per segno il sogno che aveva interrotto proprio sul più bello.

<< Scusa >> disse Elle non appena il racconto finì << io come facevo a sapere che avevi un appuntamento immaginario con un ragazzo super sexy che non esiste? Ti avrei fatto dormire ancora un po’, almeno il tempo di salutarlo come si deve >> disse ridendo picchiettandole un braccio con il gomito.

Tornate in stanza riempirono gli zaini con enormi libri, Elle spostò la conversazione su un argomento che stava molto a cuore ad entrambe,

<< Hai già scelto cosa metterai per il concerto? >> le chiese.

Hope si fermò e, con un riflesso incondizionato, si girò verso il calendario che aveva appeso dietro la porta della camera, sul quale erano segnati i giorni che le separavano dal concerto che avevano aspettato per così tanto tempo. Non era il momento di discutere di questo, sarebbero dovute rimanere concentrate per l’ultimo test che le separava dal diploma, per lei non sarebbe stato un problema, ma per Elle era diverso. Camminava costantemente sul filo del rasoio, diceva che la vita andava vissuta; 

<< Sapere le cose ti fa vivere meglio, ma non puoi vivere solo per imparare cose >>. Non le importava dei brutti voti o delle note, che continuava a prendere per i motivi più assurdi del mondo, perché a lei bastava poter continuare ad andare avanti fianco a fianco con la sua migliore amica. Ma proprio per questo motivo quell’esame era così importante: Elle doveva superarlo o addio diploma. Così Hope si limitò a rispondere semplicemente; 

<< No, non ancora >> e si rimise a preparare lo zaino.

<< Aspetti questo momento da secoli, come fai a non essere al settimo cielo sapendo che fra un paio di mesi li avrai a un paio di metri da te? >>. La guardava come se fosse pazza, chiudendo lo zaino Hope cercò di imitare un tono di voce tranquillo tenendo rigorosamente gli occhi bassi.

<< E’ solo un concerto, non è la fine del mondo >> nemmeno lei credeva a quelle parole, che possibilità c’erano che ci credesse Elle? Nessuna, difatti non appena Hope si diresse verso la porta per uscire dalla stanza, l’amica la superò e le si fermò davanti bloccandola.

<< Forse ho capito male >> disse << sbaglio, o hai appena detto di non essere emozionata di andare al concerto di un gruppo che ascolti da sempre? Un gruppo che TU mi hai obbligata ad ascoltare, così tante volte che alla fine parlavo recitando i versi delle loro canzoni >>. Le mani erano sulle spalle di Hope e la scuotevano come per assicurarsi che fosse davvero sveglia.

<< No, non ho detto questo. E’ solo che al momento non riesco a concentrarmi sul concerto, sai, per via del test di matematica >> non ebbe nemmeno il tempo di finire la frase che si ritrovò a guardare in faccia l’amica che, senza sorpresa da parte di Hope, capì come stavano davvero le cose.

<< Tuo padre non ti ha ancora dato il permesso, vero? >> domandò;

<< No >> confessò con un filo di voce. Elle aveva ragione, quel concerto era l’unico progetto a lungo termine che avessero mai fatto insieme, l’unica cosa che valesse la pena progettare un anno prima, aspettando pazientemente che quella data si avvicinasse. E adesso che era dietro l’angolo, Hope non era ancora riuscita a superare quel grande scoglio che sapeva benissimo sarebbe apparso, l’approvazione di suo padre. I genitori di Hope avevano un amore smisurato per i propri figli, il problema era che, a volte, vedevano pericoli incombere anche nelle cose più comuni, come andare ad un concerto a 70 chilometri lontano da casa, ad esempio. 

<< Due ragazze da sole >> le ripeteva il padre ogni volta che si toccava l’argomento << un’intero giorno e un’intera notte, lontane da casa per andare ad un concerto dove ci saranno migliaia di persone che non conosco con chissà quali intenzioni! >> non sembrava nemmeno prendesse fiato, tante volte aveva ripetuto la stessa frase << Assolutamente no >> concludeva .

Elle guardò per un attimo chi occhi tristi dell’amica, si gonfiò il petto per sembrare più autoritaria possibile e poi, sorridendole, disse;

<< Ascoltami, dovessi anche fare a botte con tuo padre e lasciarlo privo di sensi per un paio di giorni, io ti prometto che ti porterò a quel concerto. O giuro sulla nostra amicizia che non ti parlerò mai più, non ti penserò e non ti scriverò, sparirò dalla tua vita per sempre!> mentre faceva quella promessa la sua voce era ferma, il suo sguardo serio. Poi Elle riprese a sorridere mettendo un braccio intorno al collo di Hope e continuò;

<< E poi, dobbiamo intrufolarci nel backstage per conoscerli di persona, no? Sono praticamente certa che non appena vedranno quei bellissimi occhioni da Bambi, non potranno fare a meno di innamorarsi >> . Hope sorrise, ormai sapeva che non era possibile rimanere tristi a lungo se vicino a lei c’era la sua amica;

<< O si innamoreranno della ragazza pazza, super sexy, dagli occhi di ghiaccio che si è intrufolata nei loro camerini… o al massimo, ci denunceranno >> cominciò a ridere .

<< I miei possono essere affascinati, ma i tuoi incantano, caldi, sprizzano solarità e amore da tutti i pori >>.

<< Gli occhi hanno i pori? >> domandò Hope che non poté fare a meno di ridere, dato che, a parer suo, non aveva ancora incontrato una ragazza più bella di Elle. Era alta con un fisico che avrebbe fatto invidia a qualsiasi modella, considerando il fatto che mangiava con la foga di cinque uomini qualsiasi cosa le passasse per la testa. Le aveva visto praticare quasi tutti i tipi di sport conosciuti, e qualcuno anche inventato da lei, da quando erano amiche. In tutti riusciva alla grande senza fatica, trascinando con sé anche la sua migliore amica che non era altrettanto dotata. I suoi capelli biondo cenere erano lunghi fino alle spalle, lisci, con dei riflessi di un biondo più chiaro che le illuminavano il viso. Danielle sapeva di essere bella, ma non ne faceva mai un vanto, sosteneva che la sua fosse una bellezza stereotipata e che quella dell’amica al contrario era una bellezza unica, anche se Hope non aveva mai capito il significato di quell’unica.

Le ragazze scesero in cucina dove il padre, la madre ed il fratello maggiore di Hope stavano già facendo colazione;

<< Buongiorno >> esclamò la sig. Mathews, con un sorriso che avrebbe fatto invidia a qualsiasi pubblicità di dentifrici.

<< Non vi sedete a fare colazione? >> chiese alle due ragazze che si stavano già avviando verso la porta per andare via.

<< No >> rispose la figlia << Abbiamo fatto tardi e se vogliamo arrivare in tempo dobbiamo uscire adesso >> . Sua madre sorrise di nuovo; 

<< Immaginavo avreste fatto tardi per la colazione, vi ho preparato dei muffin che potete mangiare lungo la strada >> porse loro due sacchetti con due muffin caldi a testa.

<< Grazie >> esclamò Elle, felice di non dover affrontare l’ultimo giorno di esami a stomaco vuoto,

<< Ma figurati tesoro, tornate a casa dopo scuola? >>

<< No >> rispose la ragazza dirigendosi verso l’uscita << andiamo a fare shopping! Ci serve qualcosa di speciale per un’occasione speciale >>. Strizzò l’occhio all’amica addentando il muffin al cioccolato ancora fumante, Hope prese il suo sacchetto e insieme uscirono per andare a scuola.

<< Tua madre è sempre un passo avanti >> disse Elle mentre camminava e contemporaneamente continuava a mangiare il suo secondo muffin.

<< E’ vero, non ho la minima idea di come faccia a prevedere ogni tipo di intoppo possibile, dice sempre che -Prevenire è meglio che curare- ma delle volte è proprio scioccante >>.

Le ragazze arrivarono a scuola due minuti prima del suono della campanella, presero posto una dietro l’altra mentre la professoressa Smith stava già distribuendo i testi del compito. Si posizionò dietro la cattedra, guardò per qualche secondo l’orologio, e poi disse;

<< Avete un ora di tempo a partire da adesso, non si tollereranno ritardi >>.

Proprio come aveva annunciato, era il compito più difficile che si fosse mai visto. Non solo si trattava di esercizi di una difficoltà più alta del solito, ma necessitavano di un’infinità di passaggi, che avrebbero portato via tempo prezioso a tutti quelli che, come Elle, non erano grandi esperi della materia. Il suono della campana decretò la fine dell’ultimo test dell’anno, e per quelli del quinto, dell’intero liceo. Finito il test Hope, correndo, si diresse in bagno, con una mano che le tappava la bocca, seguita a ruota dalla sua amica. I test facevano sempre un brutto effetto su Hope, che subito dopo aver finito non riusciva a trattenere i conati di vomito.

<< Strega! >> urlò Danielle entrando in bagno << lo ha fatto di proposito, erano cose improponibili, su cui non ci eravamo mai esercitate…>> iniziò ad inveire seduta su uno dei lavandini del bagno, mentre aspettava che la sua amica finisse di vomitare. Una volta uscita, Hope si sciacquò la bocca;

<< Com’è andata? >> chiese all’amica mentre di asciugava il viso.

<< Non preoccuparti per me Bambi >> rispose Elle sorridendole << Ma mi dispiace vederti in queste condizioni ogni volta che accumuli un po' di stress. Sei più in gamba e più forte di quello che credi Bambi. La tua insicurezza non ti permette di essere quella che sei davvero. Quella che raramente fai vedere al resto del mondo, una persona davvero molto speciale che purtroppo non ha ancora preso coscienza di se stessa. Ma quando questo accadrà, perché puoi giurarci che accadrà, non potrai fare a meno di vedere quanto tu sia forte, e quel giorno io sarò la persona più felice del mondo>. Gli occhi di Hope erano lucidi, mai nessuno aveva dimostrato di credere in lei quanto Elle. Sin dal giorno in cui la loro amicizia era iniziata, non faceva altro che ripeterle quanto lei non avesse abbastanza fiducia in se stessa. In tutti quegli anni Hope pensò che fossero solo le parole di una buona amica che le voleva bene, e che non avrebbe dovuto dargli troppo peso. Ma quel giorno negli occhi dell’amica vide qualcosa di diverso, adesso le sembrava chiaro come il sole che quelle cose Elle le aveva sempre pensate seriamente. Hope non aveva mai avuto una sorella, ma le riusciva impossibile credere che, anche se ne avesse avuta una, avrebbe potuto volerle bene più di quanto ne volesse alla sua migliore amica. Non riuscì a dire altro che

<< Grazie >> e subito dopo l’abbracciò. Elle si mise a ridere;

<< Figurati, non ho potuto fare a meno di notare che hai mangiato solo uno dei muffin che tua madre ci ha dato stamattina, se vuoi davvero ringraziarmi potresti cedermi l’altro >>.

Hope scoppiò a ridere << mi sembra giusto, è tutto tuo >>.

Le ragazze si trovavano davanti l’uscita del bagno, pronte a tornare in classe, quando d’un tratto un boato che echeggiò lungo il corridoio le bloccò. Era un rumore che conoscevano bene, dato che il fratello di Hope passava gran parte del proprio tempo libero al poligono di tiro e che le ragazze, un po' per noia e un po' per curiosità, erano andate spesso con lui. Quello che avevano appena sentito era uno sparo. Ma lì, in quel momento, quel rombo assordante fece gelare il sangue ad entrambe che rimasero, per quella che sembrò loro un’eternità, immobili in piedi dietro la porta. Si guardarono rimanendo sempre in silenzio, le stesse domande balenavano nelle loro menti. Quello che avevano sentito era senza dubbio uno sparo, ma chi avrebbe potuto portare un'arma a scuola, e ancora peggio, chi avrebbe potuto davvero usarla? Una lista di nomi cominciò a crearsi nelle loro menti, un nome meno probabile dell’altro. Fu Danielle a rompere il silenzio; 

<< Non possiamo rimanere qui >> disse sussurrando. 

<< Si che possiamo >> rispose l’amica che sembrava stesse per avere un attacco di panico 

<< Dove vorresti andare, non sappiamo nemmeno cosa è successo >>.

<< Se restiamo qui, e chiunque abbia sparato dovesse arrivare, dove potremmo nasconderci? >>

<< Perché dovrebbe entrare proprio in bagno? >>

<< Perché qualcuno dovrebbe venire a sparare in un istituto scolastico? Se non l’avessi notato non sta accadendo qualcosa che rientra esattamente nella routine >>. Hope non rispose, sapeva che l’amica aveva ragione, ma dove avrebbe trovato la forza di uscire dal bagno? Elle capì cosa stesse pensando e cercò, per quanto fosse possibile, di tranquillizzarla.

<< Coraggio Bambi, ci sono io qua con te >> e le fece un sorrisetto sforzato << non permetterò che ti accada nulla. Dimmi, ti ho mai delusa? >> la risposta a quella domanda era ovvia, Hope fece cenno di no con la testa, poi un respiro profondo pronta a seguire l’amica. Non appena furono nuovamente in procinto di uscire Elle bloccò l’amica per un braccio; 

<< Tanto per sapere, ricordi tutto del corso di autodifesa che abbiamo fatto l’anno scorso vero? >> stavolta la risposta dell’amica non fu immediata. Ripassò velocemente nella sua mente tutte le lezioni che avevano fatto, e su due piedi le sembrava di non ricordare nulla, cosa che Elle lesse chiaramente nei suoi occhi. Per un attimo Hope ripensò al sogno che l’amica aveva interrotto quella mattina, avrebbe dato qualsiasi cosa per essere brava, almeno la metà, di quanto lo fosse nei suoi sogni. Avrebbe potuto proteggere se stessa e la sua amica, ma anche in quella circostanza era Elle che si stava preoccupando di proteggerla. Uscirono silenziosamente dal bagno, lungo il corridoio non c’era nessuno, era importante riuscire ad uscire di li e chiamare aiuto. Si avviarono verso l’uscita di emergenza più vicina, che si trovava nel corridoio parallelo al loro. Passarono difronte diverse aule, e guardando all’interno di ognuna, capirono che quello sparo non era opera di uno studente impazzito come ogni tanto si sentiva alla tv. Videro due uomini a volto scoperto, entrambi giovani, ma di certo non studenti. Uno dei due era alla cattedra con il registro fra le mani, mentre chiamava ad alta voce i nomi di tutte le ragazze, l’altro passava fra i bachi scrutando uno per uno gli studenti, versando nelle loro bocche qualcosa da una fiala che teneva in mano. In quell’istante il viso di Danielle cambiò, come se avesse appena ricevuto una brutta notizia, oltrepassarono l’aula poi si girò a guardare l’amica.

<< Dobbiamo fare in fretta! >> le disse con aria preoccupata,

<< Cosa? Perché? >> chiese Hope come se avessero avuto bisogno di una ragione valida per uscire più in fretta di quanto non stessero già facendo.

<< Se quei tizi sono in ogni classe quanto pensi passerà prima che si accorgano della nostra assenza? Verrano a cercarci! >>.

In quell’istante il panico sembrò impossessarsi degli occhi di Hope, non le si leggeva altro, pregava che da un momento all’altro dei poliziotti facessero irruzione nell’edificio e mettessero fine a quell’orribile incubo. Ma quando le ragazze girarono l’angolo del corridoio, accadde esattamente l’opposto. Davanti ai loro volti c’erano l’uomo e la pistola che avevano sparato pochi minuti prima. Lungo il pavimento, a pochi metri da lui, il corpo di una ragazzina del primo anno, Anna Peter, perdeva ancora molto sangue, mentre un’altro  ragazzo che sembrava avere appena qualche anno in più sembrava infuriato. 

<< Sei un idiota! E se fosse stata lei? non possiamo rischiare che muoia a causa nostra, lo sai! saremmo noi i prossimi >> sbraitava all’amico. Non era infuriato perché aveva appena ucciso una ragazzina a sangue freddo, ma per il fatto che sarebbe potuta essere quella sbagliata da uccidere. Le ragazze restarono pietrificate nell’osservare quella scena, fu Elle a riprendersi per prima e tirar via l’amica che invece era rimasta immobile nel bel mezzo del corridoio. Fecero per tornare indietro, ma superata la prima aula uno degli uomini che avevano assediato la scuola uscì da una della classe, e vedendole, senza nemmeno pensarci, afferrò Elle per un braccio. 

<< Dove pensate di andare? >> domandò sorridendo, il suo viso ricordava molto quello di un animale rabbioso, Elle iniziò istintivamente a prenderlo a calci mentre con il palmo della mano gli colpì il naso così forte, che lo fece cadere per terra, subito dopo afferrò l’amica per un braccio.

<< Corri! >> le urlò, e se la trascinò via. Con il cuore che batteva ad una velocità che non pensavano fosse possibile, Hope e Danielle continuarono a correre più veloci che poterono, non preoccupandosi più di non farsi sentire. Vi erano rumori ovunque, le stavano cercando, non avevano tempo ne per fermarsi, ne di pensare ad una possibile via di fuga, potevano solo correre. E fu quello che fecero, fino a quando girando l’angolo, si imbatterono in tre di loro. Uno era alto con la barba, l’altro basso, giovane, con gli occhi verdi, ma tutti avevano qualcosa nei loro gesti, nella loro voce, che li rendeva molto simili tra di loro. Quello basso afferrò Hope che, nonostante la paura le bloccasse gran parte dei muscoli, continuava a dimenarsi inutilmente cercando di liberarsi.

 << Ti prego >> urlava << lasciaci andare! >>, come se le suppliche potessero avere effetto su uomini che non non si erano fatti il minimo scrupolo ad uccidere ragazzine dell’età di Anna. Elle nel frattempo, continuava a dare calci a destra e a manca, quello alto con la barba cercava di tenerla ferma mentre l’altro, più basso ma più massiccio, voleva avvicinarsi al suo viso.

 << Non osare verme! >> e sferrò un’altro calcio che stavolta lo prese in piano stomaco, gli altri sue scoppiarono a ridere.

<< Messo al tappeto da una ragazzina, bel lavoro Ronnie! >> disse quello più giovane, che stava tenendo Hope; Elle si voltò verso di lui per gridargli contro.

<< Lasciala andare stupido idiota! >> e così dicendo diede una testata a l’uomo che la tratteneva, cominciò a sanguinare dal naso, ma stavolta nessuno rise, anzi, sembrava averli fatti inferocire. 

<< Ron MUOVITI! >> urlò a quello ancora piegato in due per il calcio ricevuto << altrimenti con quella cosa giuro che ti ci cavo gli occhi >>. L’uomo chiamato Ronnie non se lo fece ripetere una seconda volta, si alzò mentre, quello che sembrava essere il capo, strinse Danielle così forte che dal dolore non poté più muoversi. Aveva smesso di lottare, lui le lasciò un braccio per mettere la sua mano fra i capelli di lei, le portò la testa indietro, con il viso che adesso fissava il soffitto, fu allora che Hope lo vide, il volto della sua migliore amica rigato dalle lacrime, piangeva. Nessuno tranne lei l’aveva mai vista piangere per qualcosa, era sempre stata una tortura assistere a quella scena, così ricominciò a dimenarsi più di prima, voleva salvare la sua amica. Intanto Ron le si era avvicinato tirando fuori dalla tasca un’ampollina che sembrava contenere un liquido, l’aprì e ne versò il contenuto nella sua bocca. Aspettò un minuto scarso prima di portarle la testa nuovamente in posizione eretta. La guardò negli occhi, ma lei non lo guardò, vide la sua amica dimenarsi per cercare di liberarsi;

<< Mi dispiace >> le disse non appena riuscì ad incrociare il suo sguardo. 

Hope ripensò alla promessa che le aveva fatto in bagno, che l’avrebbe protetta e che non le sarebbe successo nulla. Ma non poteva essere davvero quello il motivo delle sue scuse, come avrebbe potuto fare qualcosa contro tutto questo? Ron le prese la testa e la bloccò dritto davanti la sua.

<< Lei non ci serve, sono solo degli stupidi occhi azzurri >>  quelle parole, alle orecchie di Hope, suonarono come una condanna a morte, e come mai prima cominciò a scalciare a destra e a manca urlando più che poteva. 

<< No! No! Non farlo! Fermo! Basta ti prego! >> piangeva e scalciava, ma per quegli uomini lei era invisibile, non la degnarono di uno sguardo, un attimo dopo assistette alla scena che nemmeno nei suoi incubi peggiori avrebbe mai immaginato di poter vedere. Il capo, voltò Danielle per trovarsela difronte, iniziò a sorridere; 

<< Vediamo quanto sarai brava a dimenarti adesso bellezza >> un attimo dopo le sue mani erano attorno al collo di lei, lo girarono così velocemente che sembrò non essersi mosso affatto. Ma anche se per un millesimo di secondo, a quella distanza, e fra le sue stesse urla. Il suono del collo spezzato di Danielle risuonò nelle orecchie di Hope, come se ad essersi spezzato fosse stato il proprio. In quel preciso istante qualsiasi speranza di farcela, di lottare o anche solo di vita, abbandonò la mente di Hope che, lentamente, si senti svuotata di qualsiasi raggio di sole potesse mai esserci nel mondo. Mai più sarebbe tornata a sorridere, poteva letteralmente sentire la tristezza, la malinconia, il dolore e la disperazione prendere possesso di ogni singola parte del suo corpo. Sentiva il gelo attraversare ogni centimetro della propria pelle. Più queste sensazioni si fecero spazio nel suo cuore, più lei sentì il bisogno quasi vitale di urlare, come fosse l’unico modo per fare esplodere tutta la disperazione che le stava schiacciando il cuore. Fu così che urlò, urlò con tutto il fiato che aveva in corpo. Un urlo così forte che i vetri delle finestre cominciarono a creparsi, un urlo che avrebbe sfinito chiunque, ma che per lei era facile come respirare. Guardando il corpo dell’amica sul pavimento, le urla non poterono che aumentare, i vetri iniziarono a rompersi, e gli uomini, gli stessi uomini che un attimo prima sembravano essere invincibili, erano per terra. Con le mani stringevano le loro teste, e le loro orecchie iniziarono a sanguinare. Con le urla, anche gran parte della disperazione che Hope sentiva nel petto andò via. Si inginocchiò accanto ad Elle, le prese la testa e la poggiò fra le sue gambe, sentiva gli uomini urlare di dolore mentre uno di loro iniziò a parlare.

 << E’ lei! i suoi occhi, l’abbiamo trovata >> ma Hope non gli prestava ascolto, pensava solo alla sua amica, e al fatto che non avrebbe rivisto quei bellissimi occhi azzurri ridere mai più. Elle le aveva sempre detto che sarebbe andata via col sorriso, e avrebbe concluso una bella vita con una bella morte. E conoscendola, Hope non ne dubitò mai, ma adesso non sarebbe più potuto accadere nulla. Non sarebbe diventata una persona tanto famosa da essere conosciuta in tutto il mondo, non avrebbe sposato l’uomo dei suoi sogni, niente di niente sarebbe più accaduto ad Elle per colpa di quei tre esseri orribili. Adagiò il corpo dell’amica sul pavimento, girandosi verso i tre uomini che erano ancora doloranti sul pavimento, vide la pistola che era caduta al più basso dei tre e la raccolse. Non aveva mai impugnato una pistola, era più pesante di quanto si potesse pensare guardandola, fredda proprio come l’anima delle persone che l’avevano usata, e come il suo cuore dopo quello che avevano fatto alla sua amica. La caricò e la puntò verso i tre distesi sul pavimento, non sapendo chi meritasse di morire per primo, aggiustò la mira verso l’uomo che aveva tolto la vita alla sua migliore amica. Avrebbe iniziato da lui, ma mentre il suo dito iniziò appena a premere sul grilletto, una mano la fermò. Una mano che a contatto con la sua pelle, sembrò essere fatta di fuoco, per un secondo, sperò vanamente che a bloccarla fosse stata la sua amica, ma quando si voltò vide un ragazzo.

<< Non farlo >> le disse quasi supplicandola << vuoi davvero passare il resto della vita a pensare di non avere nulla in più di questi mostri? >>. Con il capo indicò i tre per terra, mentre fece scivolare lentamente la sua mano lungo il braccio di Hope fino a raggiungere, prima la sua mano, e poi la pistola. Senza interrompere il contatto visivo nemmeno per un istante, i grandi occhi verdi di quel ragazzo stavano implorando Hope di lasciargli la pistola, poté quasi sentirli urlare. I due furono interrotti da una terza persona, una ragazza, che si chinò verso gli assassini e, uno dopo latro, si addormentarono grazie a qualcosa che lei aveva soffiato sul volto di ognuno di loro.

<< Sogni d’oro bastardi >> disse, e poi si avvicinò a Hope ed al ragazzo.

<< Dobbiamo portarla via Logan, potrebbero arrivarne altri, le sue urla non saranno passate inosservate >> disse rivolgendosi al ragazzo, poi guardò lei.

<< Non aver paura, puoi fidarti di noi >> le prese la mano, era calda, proprio come quella del ragazzo, Hope la strinse forte d’istinto poi guardò di nuovo il ragazzo.

<< Fidati, ti prego >> le ripeté Logan, Hope avrebbe voluto dire di no, che non conosceva ne lui ne la sua amica, eppure sapeva, con una sicurezza mai avuta prima, che non stavano mentendo. Sarebbe dovuta andare alla polizia a raccontare tutto quello che era successo, sarebbe dovuta tornare a casa, perché i suoi genitori sarebbero morti di dolore se non l’avessero vista rientrare. Ma non fece nulla di tutto questo, strinse soltanto più forte la mano della ragazza per farsi guidare, non riuscì ad emettere un suono, ma la ragazza la capì comunque, perché cominciò a camminare portandosi dietro Hope seguite da Logan. I tre camminarono a passo spedito, ed in men che non si dica, trovarono la più vicina uscita di emergenza e furono fuori dalla scuola. Si avviarono verso il parcheggio, quando una Range Rover nera si piazzò davanti ai tre, Hope non riuscì a vedere il volto del guidatore per via dei vetri oscurati, ma riuscì a sentire distintamente la sua voce.

<< Coraggio! se non ci muoviamo finiremo per dare spettacolo >> dopodiché Logan aprì lo sportello posteriore della macchina.

<< Sali! >> incoraggiò Hope seguendola subito dopo, anche la ragazza sconosciuta fu in macchina in men che non si dica, salì sul sedile anteriore e partirono.

   
 
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