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Autore: thembra    12/07/2016    1 recensioni
“…non è priva di sensi Gohan…”
“Ngh…”
Lo spirito del namecciano vibrò d’agonia reagendo a quel singhiozzo, l’aura che percepiva in Gohan era pura tortura, era terrore e confusione; nemmeno quando gli aveva comunicato della morte di suo padre che lui era solo un bambino aveva reagito così.
Prese fiato facendosi forza per pronunciare le parole giuste.
“…è morta.”
Genere: Avventura, Azione, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Gohan, Goku, Un po' tutti | Coppie: Chichi/Goku
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Con l’accendersi della prima stella del vespro calò la notte anche sui Monti Paoz e fu in quegli istanti che i suoi piedi toccarono terra; le luci esterne di casa Son si accesero e dopo alcuni istanti dalla porta principale uscirono Gohan e Videl. Per la ragazzina era tempo di far ritorno a casa e come ogni sera Gohan l’accompagnò. Entrando in casa Goku strinse fra le dita l’ampolla che teneva in tasca approfittando del fatto d’esser rimasto solo per far visita all’urna che conteneva la sua sposa.
Attraversò l’atrio che dava sulla grande cucina a pianta rotonda dirigendosi verso le scale fermandosi vicino al muro; premendo il palmo sulla parete permise al congegno installato da Bulma di riconoscerlo come un’avente diritto ad entrare ed in pochi secondi la solida facciata che lo separava da Chichi scivolò nell’intercapedine del muro permettendogli l’accesso.
Nella stanza buia illuminata solo dalla luce del neon dentro all’urna che serviva a mantenere costante la temperatura del corpo della donna Goku avvertì un senso di disagio profondo.
Si vergognava dello stato in cui, per colpa sua, versava Chichi e aveva quasi paura di guardarla e vedere com’era.
Tutte le volte che sua moglie aveva perso la vita lui non era stato presente, persino durante il coma indotto dal virus cardiaco l’atroce immagine dell’omicidio di lei da parte dei cyborg era stata in qualche modo censurata dal suo inconscio quindi non sapeva cosa si sarebbe trovato di fronte.
Avrebbe avuto gli occhi chiusi o aperti, la pelle nivea, bianco-bluastra o addirittura gialla e le guance, sarebbero state infossate?
Tremava solo a pensarle quelle cose.
 
Imponendosi di avanzare mosse alcuni passi fino a raggiungere la teca rettangolare fermandosi all’altezza delle spalle di lei.
Bulma l’aveva disposta nel feretro come se stesse dormendo e non nella posa classica con le mani intrecciate allo sterno in cui anni prima aveva visto Muten e Crillin.
Dietro il vetro e protetta dalla magia che era la scienza di Bulma Chichi riposava serena distesa su un fianco, le mani pulite erano disposte nella posizione che lei spesso assumeva per riposare, una accanto al viso, le dita leggermente arricciate, l’altra infilata sotto al cuscino; lunghi capelli corvini dai riflessi color del cobalto le ricadevano in avanti spezzandole il viso in due, le labbra socchiuse mostravano il candore dell’arcata dentale superiore, il colore della pelle roseo, gli occhi chiusi, le palpebre lucide.
Doveva ricordarsi di ringraziare la sua più cara amica, era stata fantastica.
 
“Chichi …”
 
Gli venne di chiamarla d’istinto, aspettandosi veramente di vederla fremere e poi aprire gli occhi velati di sonno, sperò di vedersi riflesso in quelle perle d’ossidiana e magari venir sgridato per averla destata rimanendo ferito nel non ricevere risposta alcuna.
 
“Ho trovato una parte di te ” Rise quelle poche parole cercando di infondersi coraggio mentre inconsciamente stringeva l’ampolla nel palmo della mano indeciso se tirarla fuori dalla tasca per mostrargliela oppure no.
 
“In un altro mondo, parallelo a questo incredibile no? E noi che credevamo ci fosse solo la linea temporale gemella creata da Mirai-Trunks, quante cose non sappiamo dell’universo, eh Chi? E pensa, c’era una tua versione tutta disciplina e allenamenti e papà Gyumao faceva paura veramente e ”
 
Si schiarì la gola emettendo un paio di colpi di tosse, l’angelo nella teca indifferente alla sua presenza sereno riposava.
Le immagini della dedizione della giovane combattente dell’altro mondo gli infiammavano cuore e spirito aumentando la nostalgia che aveva della sua sposa in maniera esponenziale.
“…devi prima conoscerla, devi prima innamorarti di lei…”
Le parole della dea, atone ma ricorrenti gli ricordarono l’amara verità.
La breve permanenza in quella dimensione gli aveva permesso di ritrovare le caratteristiche più importanti di Chichi e notare altre sfumature che solamente ora si rendeva conto facessero parte del carattere della sua sposa.
Lui era sempre stato certo della forza di spirito e della cocciutaggine della donna, sapeva che sarebbe stata in grado di cavarsela da sola senza mai percepire alcuna insicurezza nei suoi gesti e nei pochi e rari capricci che gli rivolgeva lui vedeva solo i rimproveri infiniti del perché non si trovasse un lavoro e compagnia bella. Constatava solo adesso che invece erano tentativi di scuoterlo, di aprirgli occhi e orecchie e dirgli ‘Hey sono qui, sono fatta di carne sangue muscoli ed emozioni, non sono invincibile Goku ho bosogno di te …’
Serrando gli occhi troncò il filo pericolosamente cupo delle sue riflessioni; quando pensava capiva cose spiacevoli e acquisiva una maturità che pesava troppo sulle sue spalle abituate a ben altri tipi di fardelli; quando rifletteva sulle cose concrete capiva quanto fosse stato egoista e superficiale ed era un confronto al quale non era ancora pronto.
Al quale forse non sarebbe stato pronto mai.
 
“Ti riporterò indietro lo sai vero? Riuscirò anche a sconfiggere quell’entità che brama il tuo corpo e la tua anima  te lo giuro Chi! Lo farò per Goten che vive dei tuoi sorrisi, e per Gohan che nonostante tutto ha ancora bisogno di sua madre; lo farò per i nostri amici che ti vogliono bene, lo farò per te perché meriti di vivere quanto più a lungo possibile amore mio, e lo farò anche per me perché senza di te io non ho voglia di esistere.”
 
Deglutendo si bagnò le labbra chinandosi verso il viso di Chichi appoggiando la fronte in corrispondenza di quella di sua moglie inspirando forte dal naso per trovare il fiato necessario a concludere il suo discorso.
Svaniti i ricordi dell’altro mondo gli rimasero quelli del passato.
Le loro avventure i bisticci che nemmeno sapeva di creare con la sua ingenuità i mille viaggi sulla nuvola d’oro, l’attesa di Gohan e la loro inesperienza di genitori.
Reminescenze vivide e numerose nei suoi ricordi che tuttavia diminuivano drasticamente dopo la venuta di Radish come se l’arrivo di suo fratello non fosse stato che l’inevitabile detonatore di un’infinita esplosione a catena di minacce e guerre cosmiche non ancora conclusesi che avevano fatto in modo che 13 anni passassero in un lampo e se ci rifletteva sopra di lei ricordava solo visi imbronciati urla stridule e minacce di digiuno se non permetteva a Gohan di studiare o riposare mentre una volta lei sorrideva sempre e mai gli aveva promesso il digiuno.
Tredici anni nei quali Gohan era cresciuto Goten nato e per conoscerlo, per chiedere di passare un giorno con la sua famiglia gli ci era voluta la scusa del torneo.
 
La smorfia di malcelata incredulità dipinta sul viso di Stillah al loro primo incontro la capiva solo adesso.
Lui le aveva detto di amare Chichi con così tanta convinzione da rasentare il patetico e la dea aveva avuto ragione a ridere di lui, aveva fatto bene a gettarlo in quel pozzo nero e gelido.
Allora non l’aveva capito ora invece comprendeva. Lo spirito non lo aveva punito.
Stillah lo aveva allenato in vista di ciò che sarebbe venuto col viaggio che s’apprestava a intraprendere preparandolo a farsi domande ma soprattutto darsi risposte, a capire, a maturare, a sopportare.
 
“Sai, tutte le mie battaglie … Junior, Radish Vegeta Nappa Freezer i  cyborg Cell Majiin Buu, tutte le sfide i miei allenamenti, io so che ti sembrerà sciocco e stupido ma se fino ad ora ho sempre cercato di superare me stesso è stato solamente per te, per tenerti al sicuro e fare in modo che avessi  un futuro di pace e serenità.
Non sono un cervellone come Bulma, non so controllarmi come Tenshinhan a differenza di Crillin la vita sedentaria non fa per me ma ciò non significa che tu non sia mai stata nei miei pensieri al contrario, eri la mia più forte motivazione ma non sono mai stato capace di fartelo capire o di dirtelo tanto per cominciare …”
 
Un fremito gli scosse le ampie spalle ed una lacrima cadendogli dagli occhi s’infranse sul cristallo.
Il viso imperturbabile di lei rimaneva immobile.
 
“Mi manchi Chii”
 
Gli si incrinò la voce, di nuovo mordendosi il labbro inferiore cercò di ricomporsi.
 
“Papà?”
 
Gohan apparve alle spalle del genitore posandogli una mano fra le scapole.
 
“Figliolo uhm … stavo solo …”
 
Sorridendo all’imbarazzo del padre Gohan gli diede una leggera spallata.
 
“Non c’è niente di male a parlare con lei, ne sarà felice …”
“Di-dici?”
“Sono sicuro che ti può sentire, il vostro legame è unico, mai, neanche una volta l’hai delusa ”
“Non sono mai stato a casa per più di tre mesi di seguito, non ho mai lavorato mai …”
“Papà …” ridendo Gohan gli schiacciò un manata sulla spalla “Se mamma avesse voluto starsene tranquilla non ti avrebbe rincorso al torneo tanti anni fa per costringerti a mantenere la promessa, si sarebbe sistemata con un anonimo e spocchioso principino di qualche sperduto reame, non ” cambiando tono che da divertito divenne serio ma rispettoso, Gohan emise un paio di colpi di tosse. “Non pensare o credere mai, per nessun motivo di aver deluso la mamma o averle dato dispiaceri, è fiera di te, della nostra famiglia, di ciò che sei e fai, e se un domani avrai dei ripensamenti o delle incertezze aggrappati a questa verità inoppugnabile, capito papà?”
“Lo farò, grazie figliolo.”
“Voglio dire, ma la senti quando si azzuffa con Bulma su chi sia il più potente fra te e Vegeta? È tutta un vulcano di elogi e confronti e Bulma non può che darle ragione, poi si guardano scoppiano a ridere come due sceme ed escono a fare shopping …”
 
Ridendo si passò una mano fra i capelli riuscendo benissimo ad immaginarsi la scena, ricordandola, a dire il vero grazie ai ricordi che aveva acquisito nel ‘viaggio del pozzo’; non sapeva come ma si sentiva meglio, il bruciante senso di colpa che gli attanagliava il cuore s’era affievolito riducendosi a mera trepidazione; voltandosi  appena Goku osservò il suo primogenito scompigliandogli i capelli prima di stringerlo forte a sé.
Le sue parole lo avevano calmato ed era sicuro che avrebbero continuato a sortire quell’effetto ogni qualvolta le avesse ricordate.
 
“Ho messo a bollire del tè, vieni dai e raccontami di com’era la mamma in quella dimensione.”
 
Annuendo Goku seguì il figlio dopo aver lanciato un’ultima occhiata alla moglie.
Non ci fece caso perché la luce innaturale del neon creava ombre e riflessi insoliti ma se avesse fatto più attenzione avrebbe visto una scintillante e piccola lacrima sgorgare dall’occhio della sua bella sposa.
 
………………………………….
 
 
La luce tremolante del neon illuminava la stanza dove si erano riuniti Trunks Bulma e Chichi.
Dopo la sconfitta dei due cyborg la situazione in superficie era migliorata parecchio e si poteva uscire in completa sicurezza, tuttavia in pochi si spingevano all’esterno per più di una, due ore al massimo.
Anni vissuti come sorci sottoterra avevano sortito un effetto devastante sulla mente dei superstiti, paura ed angoscia avevano fatto il resto. Gli umani non si fidavano più della libertà temendola addirittura e i loro figli nati nel buio e nel gelo delle viscere della Terra erano stati abituati a nascondersi e fuggire ad ogni minimo sentore di pericolo; poco prima vedendola aggirarsi per i corridoi del dedalo sotterraneo a prova di radar costruito da Bulma anni prima, alcuni di loro si erano sparpagliati come scarafaggi bruciati dalla luce fuggendo oltre inferriate o voragini abbandonando i semplici giochi con cui stavano ammazzando la noia; una scena che l’aveva molto ferita, come loro era un essere umano, perché avevano paura di lei?
 
 

 
“Sanno chi sei e al contempo non ti conoscono Chichi …”
 
Temporaneamente distratta e incuriosita dall’affermazione di Trunks, che le stava mostrando i sotterranei affinché imparasse ad orientarsi, Chichi gli chiese spiegazioni.
 
“Vesti con abiti puliti e lindi mentre loro sono ricoperti di stracci, raramente durante le mie incursioni trovavo il tempo e le energie per portar loro vestiti, la tua pelle porta con sé il colore e il benessere della luce non hai problemi alle ossa dovuti all’assenza del sole, non hai perso i capelli non sei malnutrita non … ”
“Ho capito basta così … ce l’hanno con me in pratica.”
“Affatto, come ti dicevo sanno chi sei, conoscono il nome dell’unica terrestre che è stata in grado di ribellarsi ai crudeli cyborg facendola franca ogni volta, provano vergogna al tuo cospetto, perché tu sei quello che loro hanno avuto troppa paura d’essere.”
“Se io sono viva è solamente grazie alla loro crudeltà. Uccidendomi mi avrebbero solo fatto un piacere.”
“Sanno anche questo, ma ammirano il tuo coraggio e la tua follia.”
“Sciocchezze …”
 
Sbuffando scosse la testa guardando nella direzione in cui poco prima erano spariti alcuni ragazzini.
 
“Uscite fuori, respirate aria buona e incominciate a vivere!! Non c’è più niente qui sotto nascondersi non serve più!”
 
Silenzio.
 
Trunks fermatosi alcuni metri più avanti sbottò una risata.
 
“Se  fosse così facile saremmo risaliti da giorni …”
“Idioti!”
 
Riprendendo la marcia raggiunse la sua guida. Nel girare il viso tuttavia incontrò lo sguardo vivo e infuocato di due occhi pieni di vita e ardore.
Cercò di capire a chi appartenesse ma il proprietario di quello sguardo s’era dileguato oltre gli indistinti contorni dell’oscurità.
 
Videl?
 
“Tutto bene Chichi?”
“Mi era sembrato di … vedere Videl.”
“La figlia di Satan?”
 
Trunks ricordava la ragazza avendola conosciuta nell’altra epoca ma non gli pareva d’averla mai vista sottoterra.
Dopo l’esecuzione di Satan della ragazza non s’era più saputo nulla, all’epoca lui era poco più che un ragazzino e si stava allenando con Gohan, non avevano avuto niente a che fare con lei.
 
“Si ma mi sarò sbagliata … torniamo indietro, per oggi ne ho avuto abbastanza.”
“Come vuoi.”
 
Pur rimanendo perplesso Trunks acconsentì, guardando l’orologio da polso notò che erano passate un paio d’ore da quando Bulma aveva detto loro di andare a zonzo mentre controllava lo stato della macchina del tempo, stare lì a fissarla non sarebbe servito a nulla se non irritarla.
 
“Mamma a quest’ora avrà finito …”
“Nh.”
 
Annuendo Chichi si avviò verso dove erano arrivati.
La strada del ritorno la ricordava bene.
 

 
Di nuovo il neon ebbe un cedimento prima di recuperare luce, il fastidiosissimo ronzio prodotto dalla reazione interna dei gas incominciava a darle sui nervi.
Bulma stava finendo un paio di calcoli; a quanto pareva lei e Trunks erano ritornati troppo presto al laboratorio.
 
Sbuffando sorseggiò un altro po’ di te trattenendo lo stimolo al rigetto. Non era abituata al sapore stantio dell’acqua e nonostante essa provenisse dalla superficie erano mesi se non anni che le tubature e i rubinetti non venivano utilizzati e aperti, avevano lasciato scorrere il liquido per ore prima di incanalarlo verso il sottosuolo ma il saporaccio rimaneva.
 
“Ci sono!”
 
L’improvvisa esclamazione di Bulma le causò uno spasmo involontario; con un gridolino acuto Chichi lasciò la presa sulla ciotola che reggeva fra le dita e questa cadendo sul tavolo prima e in terra poi si fracassò in mille schegge.
 
“Cavoli! Mi dispiace Bulma!”
 
Anche se internamente una parte di lei era grata di non dover finire quello schifo le dispiaceva per l’oggetto rotto.
 
“Non è niente Chi … in superficie ce ne saranno a migliaia manderò Trunks a recuperarne degli altri più tardi.”
“Potremmo prendere anche degli abiti?”
“Certo che si, ora venite qui tutti e due che vi spiego quello che non va …”
 
 
 
Tre ore più tardi, sbuffando per l’ennesima volta Chichi si concentrò su una delle miriadi di crepe che come immensa ragnatela decorava il soffitto della cella in cui dormiva mentre internamente rimuginava sul problema.
Una stupida sfera…
Un globo di metallo ottenuto tramite la fusione di stagno e alatassìo, rarissimo minerale capace di immagazzinare un tipo di energia sconosciuta ai più ma indispensabile per immagazzinare la potenza necessaria ad aprire il varco temporale, era tutto ciò che la separava dal rivedere Goku.
Ebbe un tremito, faceva freddo lì era tutto usurato e il materasso su cui riposava sembrava riempito di ciottoli cosa che sicuramente al mattino avrebbe avuto ripercussioni sulla schiena, ne era sicura.
Sbatté lentamente le palpebre inumidendo gli occhi che a forza di fissare il muro si stavano seccando mentre distrattamente il pensiero le vagava sulla tragica e crudele ironia della situazione in cui si trovava.
Assurdo.
Solo due giorni prima se ne stava nel suo campo ad osservare il cielo pensando a Goku e alla venefica reazione che aveva avuto il suo cuore mentre adesso, poco meno che 48 ore più tardi non vedeva l’ora di rivederlo e non riusciva a prendere sonno maledicendo in ogni modo una stupidissima palla fatta di chissà che cosa perché le impediva di velocizzare il processo.
Assurdo!
Muovendosi sotto al leggero e liso lenzuolo cacciò un paio di pugni a cuscino e materasso per ammorbidirlo voltandosi sul fianco. Non cambiò nulla.
Voleva andarsene a casa, almeno di notte poteva dormire nel suo letto no?
 
Non aveva osato chiederlo comunque; Trunks non era il suo fattorino e non poteva di certo chiedergli di portarla a casa ogni sera e andare a riprenderla al mattino, le capsule costruite dalla Corporation dei Brief erano per la maggior parte distrutte ed essendo anni che la fabbrica era stata distrutta le aeronavi superstiti erano davvero rarissime e disperse chissà dove.
Anche se, nel cassetto del ripostiglio ricordava d’aver riposto uno dei primi ‘Kit-Completo’ prodotti dalla CC, magari recuperarlo sarebbe stato d’aiuto.
 
Chiudendo le mascelle aperte inconsciamente in un sorriso furbo ed entusiasta si fiondò nel buio silenzio che c’era fuori.
Se riusciva a convincere Trunks a portarla a casa gli avrebbe consegnato 51 delle 52 capsule in suo possesso.
 
Correndo a piedi scalzi superò la porta schiusa del laboratorio, nella mente stava ridendo e gridando talmente tanto forte che quasi rischiò di non sentire i rumori provenire dal suo interno.
Piantando i piedi a terra si bloccò facendo retrofront.
Bulma e Trunks erano andati a dormire, ne era sicura.
Chi c’era al laboratorio quindi?
 
Scivolando silenziosa contro la parete mosse l’anta quel tanto che le serviva per sgattaiolare dentro poi accucciandosi gattonò dietro ai banconi fino a raggiungere l’ampio spazio utilizzato da Bulma per i test e la costruzione dei suoi prototipi.
Stando ben nascosta espose solamente metà del viso oltre lo spigolo del piano di lavoro cercando di capire cosa stesse succedendo.
 
“Dobbiamo cercare lo -zoom out button-!”
“E cosa diavolo sarebbe?”
“Un tasto che permette a questi congegni di rimpicciolirsi rendendoli facili da trasportare…”
“Ma tu come le sai questa cose?”
“Mio padre ne aveva tantissime, tutte le capsule ne hanno uno…”
“Tsè, dimentico sempre che tu sei stata in superficie…”
“Zitto e cerca, è un bottone inserito in un rientro che-”
 
Sgranando gli occhi Chichi comprese. Quelle due sagome che ronzavano attorno alla macchina del tempo volevano, rubarla? E per farci cosa?
Ma soprattutto come sapevano della sua esistenza? Trunks le aveva detto che mantenevano a riguardo il più totale dei silenzi.
 
“Che sia ques-”
“Uh? John”
 
………………………………………………
 
 
Un rumore netto di acciaio su ferro vibrò nell’aria facendogli spalancare gli occhi.
Tempo due millesimi era già fuori da camera sua dove nella corsa per raggiungere il laboratorio incrociò sua madre mezza addorgitata (addormentata e agitata) riuscendo a calmarla e rimandarla a letto.
I colpi nel mentre continuavano e assieme al cozzare contro banchi strumenti e vetri infranti si udiva il sordo tonfo di calci pugni sferrati parati e andati a segno.
 
“Kyaaaargh!”
 
La parete che stava percorrendo ebbe un sussulto, qualcosa, o qualcuno a giudicare dal grido ci aveva sbattuto contro.
 
“Chichi?!”
 
Non perse tempo a raggiungere la porta in fondo, scattando di lato sfondò letteralmente la parete, se ricordava bene non dovevano esserci scaffali o prototipi contro.
 
All’interno era tutto buio fatta eccezione per alcune luci al neon nel pavimento e degli improvvisi scintillii causati dai cavi elettrici spezzati.
Due sagome erano in continuo movimento ma, essendo la loro potenza molto simile non era in grado di capire quale delle due fosse Chichi.
 
“Urgh!”
“Haaah!”
 
C’era un solo modo per intervenire.
 
-click-
 
Pallide mani sfiorarono il vecchio interruttore accendendo due dei dodici neon disposti su tre file sopra i banchi da lavoro del laboratorio senza migliorare la visione poiché in fondo dove lo scontro aveva atto l’impianto era stato distrutto.
 
“Tutto ok figliolo?”
“Ti avevo detto di tornare a letto mamma…”
“E sapevi benissimo che non lo avrei fatto!”
 
Strizzandogli l’occhio gli fece la linguaccia tornando poi, all’ennesimo colpo e grido a volgere l’attenzione dove doveva stare.
 
“Chichi?”
“Waaah è…  hargh è tutto anf duh auch a posto Bul-aaaaahio! –ma!”
“A me non sembra…”
 
Con strana  e mite tranquillità commentò la scena in cui la sua unica e più cara amica aveva il suo bel da fare a parare i colpi dell’avversario.
 
“Trunks, tesoro…”
“Ho capito mamma”
 
Con uno scatto fulmineo raggiunse la sagoma alle spalle portandole l’avambraccio attorno al collo bloccandole l’ennesimo pugno arretrando in modo da evitare che il calcio già sferrato raggiungesse Chichi al torace.
 
“Dwargh, lasciami lascia-”
 
Toc!
 
Un leggero colpetto a lato del collo e la sagoma smise di agitarsi cadendo inerme contro il petto di Trunks dando tregua a Chichi che rimettendosi in equilibrio si sfregò la manica sotto al naso pulendosi un rivolo di sangue che le scendeva dal labbro.
Con volto crucciato, se la sarebbe benissimo cavata da sola, andò a vedere chi diavolo fosse la furia.
Con voce confusa Trunks anticipò i suoi pensieri cercandola con gli azzurri occhi.
 
“Ma è,  Videl?”
  
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