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Autore: soffio di nebbia    12/07/2016    3 recensioni
Kurapika è finalmente riuscito a ottenere vendetta e a recuperare gli occhi scarlatti dei suoi compagni, tuttavia, il suo cuore non ha ancora trovato pace per l'ingiustizia che ha portato il suo popolo all'estinzione.
Gon, Killua e Leorio si stanno preparando per andare a fargli visita a York Shin City, ma all'improvviso giunge una terribile notizia...
(questa fanfic risale al 2013 e al momento non sono in pari con gli ultimi sviluppi di Togashi, quindi perdonatemi nel caso fossi andata fuori continuity ^^)
Genere: Drammatico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Gon Freecss, Killua Zaoldyeck, Kurapika, Leorio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sole al cielo, verde alla terra. Il mio corpo è nato dalla terra e la mia anima è nata dal cielo.
Le mie membra sono inondate dalla luce del sole e dalla pavida luce della luna.
Il mio corpo è dissetato dal verde. Io lo affido al vento che attraversa questa terra.
Ringrazio i Kuruta del miracolo di essere qui.

Un giorno, col cuore in pace, dividerò gioia e tristezza con loro e ne canterò le lodi, e poi i miei occhi rossi e la mia vita diverranno, con i peccati che ho commesso, l’ultima goccia di sangue degli amati Kuruta.
Prego di non morire finché il mio desiderio non si sarà avverato.

(Kurapika)

 

*****

Leorio si affretta ad ultimare i preparativi per la partenza.
Sistema ordinatamente in una valigia i suoi effetti personali e tira fuori dall’armadio il suo completo da viaggio. Lo appende vicino ad un’anta per fargli prendere aria durante la notte e gli dà una spolverata con la mano.
«Non ti facevo così precisino, nonnetto»

Leorio si volta nella direzione di Killua, che è seduto a gambe incrociate sul divano di fronte al televisore, e lo fulmina con lo sguardo.
«A differenza di qualcuno in questa stanza, io ci tengo all’immagine!» ribatte stizzito «E comunque ti ho detto mille volte di non chiamarmi in quel modo! E tu, laggiù, cos’hai da sghignazzare?»
Mezzo sdraiato sul bracciolo del divano Gon ridacchia tra sé.
Leorio fissa entrambi con un’espressione corrucciata.
«Qualcuno dovrebbe insegnarvi un po’ di buona educazione, non avete un minimo di rispetto voi due» continua «Vi ho ospitati in casa mia e non avete avuto nemmeno la decenza di tenere in ordine, siete solo capaci di prendermi per il culo»
Killua fa un fischio.
«Wow che finezza… per favore, potresti ripetermi quella cosa sulla buona educazione?»
«Non cambiare argomento!» strilla Leorio, ma la predica viene interrotta dalla suoneria del suo cellulare.
«Continuiamo più tardi» conclude. Estrae il telefono dalla tasca del pantalone e si siede su una poltrona.
Fa per leggere il nome del mittente, ma sul piccolo schermo illuminato non risulta alcuna informazione.
«Pronto?»
Silenzio.
«Chi sei?»
Dall’altra parte tutto tace. L’accenno di un respiro è l’unico suono udibile.
Leorio comincia ad innervosirsi.
«Ma non hai niente di meglio da fare a quest’ora?»
Per un attimo l’inflessione del respiro pare suggerire che la persona dall’altra parte stia per dire qualcosa, ma invece non giunge alcuna risposta.
«Ti conosco?»
Leorio fa appena in tempo a porre quest’ultima domanda, subito dopo la chiamata viene chiusa.
«Chi era?» domanda Killua, incuriosito.
«Non lo so» Leorio continua a fissare il cellulare tra le sue mani per qualche istante «Qualche idiota in vena di scherzi»
«Magari era Kurapika» ipotizza Gon.
«Impossibile, saranno almeno tre mesi mesi che non chiama né risponde alle telefonate. Che senso avrebbe? Non ha nemmeno risposto al messaggio in cui gli dicevo che saremmo andati a trovarlo… se non fosse per Senritsu non saprei nemmeno che è vivo»
Nessuno dice più nulla. Ci pensa Killua a spezzare il silenzio dopo un paio di minuti, rivolgendosi a Leorio.
«Secondo te stiamo facendo la cosa giusta?»
«Di che parli?»
«Andare a York Shin City. Se Kurapika non si è messo in contatto con noi per tutto questo tempo significa soltanto che non ci vuole tra i piedi… forse ha bisogno di rimanere un po’ da solo»
«Lo so» dice Leorio «ma il modo in cui me ne ha parlato Senritsu non mi piace per niente. Voglio assicurarmi personalmente delle sue condizioni»
E se possibile vorrei aiutarlo come posso a liberarsi dei demoni che lo perseguitano” vorrebbe aggiungere, ma preferisce tacere.
Ci pensa Gon a dar voce allo stesso pensiero.
«Forse basterebbe la vicinanza di un amico ad aiutarlo»
«Non è così semplice» ribatte Killua senza scomporsi «Hai visto anche tu come è cambiato da quando ha iniziato la sua crociata contro i Ragni»
«Sì, però adesso i Ragni non ci sono più. Kurapika è anche riuscito a recuperare gli occhi dei suoi compagni come voleva, e poi…»
«Ma non capisci, Gon?» lo interrompe Killua cambiando posizione per guardarlo meglio in faccia «Kurapika ha consacrato tutto se stesso alla vendetta. Quando la vendetta muove ogni tua azione, ogni tua scelta, quando diventa la tua sola ragione di vita, una volta che l’hai compiuta non ti resta più niente. Kurapika sperava di trovare un po’ di serenità una volta portata a termine la sua missione, ma in realtà la rabbia per quanto è accaduto non lo ha abbandonato, e ora che non ha più niente su cui riversarla lo distrugge dall’interno. Capisci ora perché non è così semplice aiutarlo?»
Gon appare deluso dalle parole di Killua. Essere messo di fronte alla gravità dell’intera situazione lo spinge a chiudersi nel silenzio.
«Non ho paura della morte, l’unica cosa di cui ho paura è che la mia ira non mi abbandoni più»
Killua si volta in direzione di Leorio che negli ultimi momenti non ha più parlato.
«Eh?»
Leorio scuote la testa.
«È solo una cosa che ha detto Kurapika la prima volta che ci siamo incontrati all’esame per diventare Hunter. In un certo senso ha sempre temuto di arrivare a questo punto»
Gon circonda le proprie ginocchia con le braccia. Ora sembra arrabbiato.
«Non avrei mai voluto che Kurapika diventasse un assassino… perché è arrivato a tanto se anche lui sapeva che non sarebbe servito a niente?»
Ancora una volta è Killua a rispondere:
«Non è qualcosa che puoi spiegare razionalmente, Gon. Al suo posto avrei fatto lo stesso… senza contare che l’intero suo popolo non esiste più. Tu come ti sentiresti? Una solitudine del genere non la può colmare nessuno, nemmeno l’amico più importante»
Leorio si alza dalla poltrona e finisce di preparare il suo bagaglio senza dire una parola.
«Non importa quando sarà difficile, farò del mio meglio per aiutare Kurapika» conclude Gon.
Senza volerlo Killua si ritrova a sorridere. La testardaggine di Gon è pari alla sua e per un attimo la sua determinazione lo contagia.
«Ben detto» conferma Leorio chiudendo finalmente la valigia.
«Ad ogni modo…» Leorio si volta in direzione del divano sui cui sono seduti Gon e Killua e punta un dito contro di loro «…noi tre abbiamo una discussione in sospeso»
Fa per riprendere la ramanzina di poco prima, ma ancora una volta viene interrotto da una chiamata al cellulare.
Gon e Killua cominciano a sghignazzare. Leorio è furibondo.
Risponde al telefono senza nemmeno controllare il mittente.
«Ancora tu? Se non la smetti giuro che… Oh Senritsu, sei tu!»
Leorio pare imbarazzato. Nella frenesia di rispondere non ha considerato la possibilità che potesse essere lei.
«Scusami è solo che prima… un momento, perché chiami a quest’ora? È successo qualcosa?»
In momenti del genere il tempo comincia a scorrere in modo lento, incredibilmente lento.
Il presente si abbatte su di te con la potenza di un treno in corsa, e ogni tuo pensiero si annulla di fronte ad esso.
In un istante lungo quanto un’eternità l’espressione di Leorio diventa seria. I suoi occhi vengono offuscati dall’ombra di chi ha perso la capacità di comprendere quel che sta accadendo.
Le parole di Senritsu sono lame che recidono all’istante ogni contatto con il mondo circostante, e Leorio sente che la realtà attorno a lui comincia farsi confusa, come se fosse ubriaco.
Il telefono gli sfugge di mano e cade sul pavimento aprendosi in due.
Le voci di Gon e Killua gli sembrano ormai estranee.
«Leorio, che succede?»

*****

Addio. Perdonatemi. Salvatemi. Grazie. Vi voglio bene.
Forse, con il silenzio di poche sere prima, Kurapika aveva voluto comunicare tutte queste parole, insieme a mille altre che non potevano essere espresse a voce.
Un muto messaggio prima che il suo spirito abbandonasse quel mondo per riunirsi eternamente al suo popolo ormai estinto.
Se Leorio avesse saputo che era realmente Kurapika al telefono, avrebbe trovato delle parole migliori da dire. E se avesse saputo quel che stava per fare avrebbe cercato di fermarlo con ogni mezzo. Ma le cose erano andate diversamente e possibilità tanto astratte non erano di alcun conforto.
Kurapika aveva deciso così, e non c’era possibilità di tornare indietro per fargli cambiare idea.
Il ricordo di quella sera era tanto vivido quanto confuso nella mente di Leorio.
Nella sua testa, ormai, trovavano spazio solo domande senza risposta. Pensieri che vorticavano con la furia di una tempesta di fuoco.
Perché non ci hai aspettati? Perché non ci hai permesso di aiutarti?
Solo, seduto sulla panchina di un parco pubblico, si perdeva in riflessioni ormai prive di alcuna utilità. L’orizzonte rosso di York Shin City accolse le sue mute domande che si dispersero come foglie al vento.
Sei sempre stato un egoista rigonfio d’orgoglio! Hai pensato solo a te stesso fino all’ultimo!
Erano ragionamenti insensati i suoi, e lo sapeva bene. Era la rabbia a fargli pensare quelle cose. Era il dolore, il senso di impotenza nel non essere riuscito a salvare il giovane Kuruta dall’oceano di sangue in cui si era lasciato annegare.
Avrebbe voluto salvarlo, ma come si può salvare qualcuno che ha già deciso l’epilogo della sua storia?
Si erano tutti illusi di potergli donare una nuova vita, e forse, almeno una volta, anche Kurapika stesso doveva averci creduto. Ma era stato tutto inutile. Su quella terra, Kurapika non sarebbe mai più stato tranquillo.
Un dolore troppo lacerante, misto ad una solitudine troppo grande e incolmabile, aveva preso il sopravvento e l’aveva spinto a compiere quell’ultimo gesto.
E con quel gesto l’ultima goccia di sangue dei Kuruta era stata versata.
Se n’era andato in silenzio, da solo, nella semioscurità del suo alloggio nella villa dei Nostrade.
Una fine sofferta, ma composta, che aveva le sfumature del pudore e dell’orgoglio tipiche di una persona come lui.
Leorio era un medico. Aveva deciso che la sua ragione di esistere sarebbe stata preservare la vita, ma nel momento in cui Senritsu aveva telefonato, raccontando quanto era accaduto, tutte le vite che negli ultimi due anni era riuscito a salvare divennero polvere, schiacciate sotto il peso di quell’unico fallimento, sotto il peso quella sola, unica e importantissima vita distrutta dalla solitudine, dall’ira, dal sangue e dalla colpa.
Non aveva potuto salvare Kurapika nello stesso modo in cui, anni addietro, non aveva potuto salvare il suo amico d’infanzia.
Prima ancora che potesse rendersene conto Leorio stava piangendo.
Si asciugò rabbiosamente le lacrime con la manica della giacca e si decise a tornare in albergo.
L’indomani sarebbe partito di nuovo insieme a Gon e Killua.
Avevano deciso di portare le ceneri di Kurapika nella terra che apparteneva alla sua gente, insieme ai resti degli occhi scarlatti da lui recuperati. Nessuno avrebbe mai più oltraggiato la memoria dei Kuruta. Nessuno avrebbe mai più speculato denaro su quegli occhi tanto meravigliosi da essere la causa di un’estinzione violenta e prematura.
Un intero popolo ridotto in una manciata di polvere e ricordi da affidare al vento.
Lì, in quella terra ormai macchiata di sangue, che per tanti anni era stata la sua casa, Kurapika avrebbe dimorato in eterno, col cuore finalmente in pace, insieme ai suoi compagni e alla sua famiglia.
Mentre camminava lungo la stradina da dove era venuto, nella mente di Leorio apparvero in successione alcune immagini risalenti al periodo dell’esame di Hunter.
Uno dopo l’altro rivide i continui battibecchi con Kurapika e ricordò come tante volte la sua sola presenza gli risultasse insopportabile. Richiamò alla mente il duello evitato per un soffio la prima volta che si erano incontrati, e il modo in cui con il tempo i due avevano imparato a rispettarsi e fidarsi l’uno dell’altro. Ricordò i segreti che si erano confidati, alleggerendo i pesi che entrambi portavano sul cuore, e infine ricordò il suo sorriso, quel sorriso che negli ultimi tempi era diventato sempre più raro, fino a spegnersi del tutto.
Forse, da quel momento in avanti, Kurapika avrebbe ritrovato il sorriso.
Era quello l’unico pensiero che ormai poteva confortare Leorio

Addio, amico mio.
Spero di rincontrarti un giorno.

Aprile 2013


Note:
Ciao a tutti! Come già segnalato nelle note, questa fanfic risale al 2013, quindi è probabile che alcuni di voi l'abbiano già letta... ripubblico perchè qualche tempo fa, parliamo ormai dell'anno scorso, decisi di abbandonare efp per motivi che non vi sto ad elencare, forse anche un po' stupidi, e ora che mi sono decisa a fare ritorno sto ricostruendo da zero la mia vecchia pagina... in tutto questo spero di trovare il tempo anche per pubblicare qualcosa di nuovo, recensire e (last but not least) rimettermi in pari con HxH che non guasterebbe :)
È tutto per il momento, chiedo scusa per gli eventuali disagi ^^


 

  
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