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Autore: Daughter_Of_The_Moon    13/07/2016    2 recensioni
Solangelo; Jake, Will's family // modern!AU, angst, friendship, family e romantico.
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Dal testo:
Quando era piccolo sua madre gli diceva sempre di sorridere perché la vita, se affrontata con il sorriso, poteva diventare una giornata di sole.
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La loro vita era cambiata. La mattina si svegliava al suono della sveglia, non faceva più colazione e andava a scuola senza salutare nessuno. Michael era quello che cercava di essere forte per tutti, Will lo sapeva, conosceva lo sforzo che stava facendo il più grande per tenere unita la famiglia. Ormai, erano solo loro.
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Quel giorno-o forse meglio dire, quella notte-guadagnò un amico. Era diverso dalla sua amicizia con Jake. Con lui sapeva di poter parlare di tutto, che qualsiasi cosa avrebbe detto questo sarebbe rimasto lì. Jake sapeva sempre ciò che di cui aveva bisogno-Nico (così aveva scoperto che si chiamava) invece sapeva ciò che voleva.
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Buona lettura,
Daughter_
Genere: Angst, Drammatico, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna, Slash | Personaggi: Altro personaggio, Jake Mason, Nico di Angelo, Nico/Will, Will Solace
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Atlas: Space 1 - Solangelo'
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Questa au fa parte della serie “Atlas: Space 1 – Solangeloed è la seconda. La prima la trovate qui!



Premessa: allora, ho un paio di cose da dire prima che leggiate (potete anche saltare, ma poi non arrabbiatevi con me, okay?).

Questa fanfiction è una Modern!AU, quindi ci sono stati degli adattamenti.

Innanzitutto Austin e Kayla non esistono. Mi dispiace ma c'erano già troppi personaggi da gestire. Percy e compagnia varia non ci sono, Jason viene solo nominato vagamente.

Poi. Will e Michael si passano 5 anni, Mikey e Lee uno e mezzo. In fondo alla os c'è lo schema degli anni. Nico e Will hanno la stessa età, Jake uno in più perché il primo anno di scuola elementare non l'ha frequentato. Nel testo non c'è scritto perché non ho trovato spazio, ma ve lo dico qua.

A lato di ogni paragrafo ci sono scritti gli anni di Will più i titoli delle canzoni che ho usato per scrivere quelle parti-ho messo anche il link, nel caso voleste ascoltarle.

Il titolo della storia viene da Mercury degli Sleeping at Last.

La Solangelo c'è, ma il tema principale è la famiglia. Nico riveste comunque un ruolo fondamentale-ma ci sono anche tanti momenti tra i tre fratelli e con Jake. Purtroppo la madre di Will non compare molto-viene nominata e anche in importanti discussioni, ma mi pento di non averla inserita di più. Come prima, era troppa roba, e non ho voluto esagerare.

Qui c'è molto angst. Anche fluff e romanticismo, certo, ma non quanto l'angst.



Dopo avervi gentilmente rotto le cosiddette, vi lascio!

Buona lettura.





͠

A te, che hai perso tuo padre

ma mi sei sempre stata vicina in quei momenti,

e a me.



-



Il canto dei morti è il pianto dei vivi.



Talvolta ci vuole coraggio anche

per vivere.









MERCURY

I am dissonance, waiting to be swiftly pulled into tune







[ 6 anni – Mama Said, Lukas Graham ]

When mama said that is was okay



Quando era piccolo sua madre gli diceva sempre di sorridere perché la vita, se affrontata con il sorriso, poteva diventare una giornata di sole.

Così, il primo giorno di scuola elementare si presentò alla classe con un grande sorriso che metteva in evidenza la sua fossetta sulla guancia destra. La maestra Atena gli diede un buffetto sulla testa, mandandolo a sedere accanto a Jake, un bambino con capelli e occhi marroni. Si sedette al suo posto, mantenendo il sorriso.

<< Ciao! >> salutò Will. Jake non rispose, si limitò a guardarlo in modo strano, come se lo stesse analizzando. Sbatté le palpebre, confuso. Perché non lo salutava? La mamma gli aveva detto che bisognava essere educati.

<< Mi chiamo Will! Tu sei Jake, giusto? >> tentò nuovamente e, questa volta, ad essere sorpreso fu il moro. Annuì esitante. Il sorriso di Will tornò a splendere come prima.

<< Vuoi essere mio amico? >> chiese innocente, sperando in una risposta affermativa. Jake rise e Will gonfiò le guance, un po' offeso.

<< Perché ridi? >> protestò piano, guardandolo storto. Jake scosse la testa. << Per essere amici bisogna prima conoscersi >> spiegò il moro con aria supponente.

Will era sorpreso. Non lo sapeva. Aveva sempre creduto di poter far amicizia subito con qualcuno. Gli balzò in mente un'idea.

<< Allora, Jake, te lo chiederò nuovamente domani! >> sorrise felice della trovata, ma l'altro lo guardò ancora con disappunto. << Non basta >> disse semplicemente. Will si intestardì.

<< Uhm...se è così, te lo chiederò anche dopo domani, finché non mi dirai di si! >> esclamò, incrociando le braccia al petto. Per la prima volta il volto di Jake si aprì in un sorriso e Will si sentì improvvisamente felice.

Il bambino non rispose, prestando attenzione alla lezione, ma per lui andava bene così. Sarebbero diventati amici, se lo sentiva.

Sorrise fino alla fine della giornate, e anche dopo, nel sonno, e le mattine successive.





[ 10 anni ]

Daddy told us never listen to the ones pointing nasty fingers and making fun



Will non voleva alzarsi dal letto quel giorno. Non voleva andare a scuola, dove lo attendevano solo brutte parole e cattiveria. Si sforzò di trascinarsi in piedi (per Jake, si disse) e cominciò a vestirsi con la divisa scolastica-bianca con una striscia nera sulla destra. Non gli piaceva molto, preferiva colori più brillanti e caldi, ma era obbligatorio metterla, così Will sorrideva e se la infilava senza protestare. Quella mattina la maglia sembrava deriderlo come gli altri.

Si lasciò cadere a terra, rannicchiato.

<< Non piangere >> sussurrò al vuoto della sua camera, << sei grande. Sorridi e non piangere >> insisté, ma una lacrima scese sul suo viso, seguita da un'altra ed un'altra.

Qualcuno bussò alla porta e il bambino sussultò. Si asciugò velocemente la faccia, giusto un secondo prima che Michael entrasse nella sua cameretta gialla.

<< Will hai fatt- >> il suo fratellone si fermò a metà frase. Will si pietrificò quando il maggiore si inginocchiò davanti a lui, una mano grande e callosa sulla sua spalla. Cercò di evitare il contatto diretto con Michael, voltandosi e abbozzando un sorriso pallido.

<< Will, hai pianto? >> chiese piano, alzandogli la testa. Il biondo incontrò gli occhi scuri e preoccupati del maggiore. Sorrise con più convinzione. << Sto bene, Mikey >> mentì, ma l'altro continuò a guardarlo con quello strano sguardo e la maschera che si era costruito cadde a terra, rompendosi in mille pezzi. Scoppiò a piangere. Alzò le mani per coprirsi il volto.

Subito Michael lo abbracciò, stringendolo forte a sé. Will nascose la faccia nei capelli neri del maggiore, tentando inutilmente di smettere di singhiozzare.

Debole,si disse. Piantala. Ma non ci riusciva, così si lasciò cullare da Michael.

<< Shh, va bene, Will, va tutto bene >> sussurrò il più grande, e quasi ci credette. Dopo qualche minuto smise di piangere. Tremava come una foglia, spaventato da ciò che poteva pensare suo fratello di lui. Sicuramente che era un piagnone, un bambino ancora piccolo.

<< Scusami >> disse con una vocina sottile. Si tirò indietro dalla stretta del maggiore, ma questi non sembrava volerlo lasciare andare. Deglutì con forza.

<< Non scusarti, Will-E. Va bene piangere ogni tanto. >>

<< Davvero? >> chiese esitante. Eppure lui non doveva piangere. Piangere non era bello. Il sorriso era ciò che mandava via le nuvole scure, no?

Will sentì il fratello annuire.

<< Perché stavi piangendo, fratellino? >> Will si morse un labbro. Non poteva dirglielo. Eppure...eppure.

<< A scuola, >> cominciò piano, sussurrando all'orecchio del più grande, quasi fosse un segreto. In effetti era qualcosa di simile. Michael si irrigidì leggermente e la paura avvolse il cuore del biondo.

<< A scuola mi prendono in giro...mi hanno detto che n-non sono normale perché...perché non mi piacciono le ragazze come a loro. >> tremava come una foglia. Michael si scostò dall'abbraccio e lo guardò nuovamente. Era tremendamente serio in volto ed era spaventoso. Abbassò la testa.

<< Will, ehi, piccolo, guardami >> chiamò gentile. << Loro dicono solo bugie. Tu non hai niente di sbagliato, okay Will-E? E se qualcuno dice il contrario >> Michael gonfiò la voce, facendolo ridere, << dovrà vedersela con Mikey-Man! >> finì, mettendosi in piedi e facendo la posa di Superman.

Will rise di nuovo. Si passò una mano sugli occhi, asciugandoli.

<< Sai, penso che oggi dovremmo rimanere a casa >> disse Michael con una luce maliziosa nello sguardo, << ti va di andare al parco? >> propose. Will saltò in piedi, lanciandosi letteralmente addosso al fratellone. Scoppiarono a ridere, mentre il maggiore si portò il bambino di dieci anni sulle spalle.

<< Ehi, fammi scendere! >> urlò Will, tenendosi stretto alle spalle del più grande. << Neanche per sogno, marmocchio. Adesso andiamo a fare colazione e poi usciamo, okay? >> il minore annuì vigorosamente.

<< Allora su, Mikey-Man e Will-E alla riscossa! >>

Ritornò a sorridere.





[ 13 anni – Happy Home, Lukas Graham & So Cold, Ben Cocks]

I know my good friends now they'll last the same ones that stood by me when my daddy past



Il cimitero era un posto freddo. Anche se era settembre e, tecnicamente, avrebbe dovuto fare ancora caldo, si gelava, il vento che penetrava nella sua pelle, fino alle ossa.

Fissò una foglia che dondolava sull'albero senza vederla davvero. Si sentiva così. In piedi su mercurio, senza gravità, legato a quel mondo da un filo sottile, sul punto di infrangersi. Resterà appesa o cadrà, cantilenò nella sua mente. Resterà appesa o cadrà.

Gli venne in mente la settimana prima. Suo padre era venuto a svegliarlo con un bacio sulla fronte e Will si era alzato controvoglia, vestendosi e lamentandosi di dover fare il test di matematica. Aveva fatto colazione, litigato come al solito con Apollo-cose stupide, ma di cui adesso si pentiva. Poi era uscito, salutando Lee e Michael con un breve abbraccio e sua madre con un bacio sulla guancia, il sorriso già che gli illuminava il volto. Per strada, aveva incontrato Jake, che gli aveva detto di non aver studiato niente di niente e che se avesse preso un altra sufficienza misera suo padre lo avrebbe ucciso. A scuola avevano fatto il compito in terza ora, e fu allora che arrivò la chiamata. La signora delle pulizie era entrata in aula, dirigendosi verso il professore, che aveva annuito alle parole dell'altra. Poi, lo avevano fatto uscire, lasciandolo sorpreso.

Ed infine, la notizia.

Non pianse, inizialmente. Restò là, le parole che gli risuonavano nel cervello, senza comprenderle davvero. “Tuo padre e tuo fratello Lee hanno avuto un incidente stradale. Tuo padre è morto sul colpo, Lee è in coma. Mi dispiace.”

<< Non- non può essere >> la sua voce gli suonò strozzata ed estranea, come se appartenesse a qualcun altro. I poliziotti lo guardarono con negli occhi la pietà. Ciò fece infuriare Will.

<< State mentendo! Papà non può essere morto! Lee...Lee...>>



Quando vide il fratello maggiore steso sul lettino dell'ospedale, con la flebo al braccio e il monitor che registrava i battiti vitali, la consapevolezza lo colpì con la potenza di un tir-ed era un pensiero buffo, dato che tutto quello era colpa di un camion, no? Divertente. Scoppiò in una risata isterica. Michael era seduto accanto al fratello. Appena lo vide, corse incontro a lui.

Il suo abbraccio era confortevole, ma il vuoto nel petto copriva ogni altra emozione.



Si avvicinò al fratello maggiore, Michael che era andato da mamma. Si sedette sulla sedia dell'ospedale e cercò il polso di Lee. Glielo strinse, facendo attenzione alla flebo.

<< Lee... >> sussurrò. La voce era rotta. Se la schiarì e riprovò. << Lee, non andartene, okay? Lee, non puoi abbandonarci. Non anche tu, dopo papà >> una lacrima cadde sulle lenzuola bianche e si accorse di star piangendo. << Lee, abbiamo bisogno di te...ho bisogno di te, ti prego... >> le parole si fecero pesanti sulla sua lingua e, semplicemente, seppellì il volto nel petto del fratello, lasciando scivolare via tutte le lacrime, pensando a tutte le parole che non aveva mai detto, tutte gli stupidi litigi, senza senso.

Non prendertelo, pregò. Suo fratello credeva, molto, e, per la prima volta, credette anche lui, con tutto sé stesso.

Ti scongiuro.



Tre giorni dopo Lee fu dichiarato morto.



Non ce la fece. Scappò via, correndo senza guardare dove andava, ignorando la voce di Michael. I suoi piedi conoscevano la strada. Prese la strada per il parco pubblico, proseguendo poi nella riserva naturale. A quell'ora non c'era nessuno. Passò tra gli alberi, senza curarsi di schivare i colpi dei rami. Si fermò solo quando il dolore al fianco divenne insopportabile.

Era un sogno. Doveva esserlo.

Affannato cadde a terra e non riuscì più a muoversi per tanto tempo. Ad un certo punto credette di essere morto anche lui. Per un instante il pensiero gli sembrò allettante. Si lasciò accarezzare dall'idea di incontrare di nuovo suo padre e Lee, di continuare la sua vita con loro. Il volto di sua madre si fece strada prepotentemente tra quei dolci pensieri, e il suo cuore sussultò. Non poteva fare questo alla sua famiglia. Se se ne andava anche lui, il dolore di sua madre e di Michael sarebbe diventato troppo. Si alzò in piedi, con l'improvviso desiderio di muoversi.

<< E così ti sei deciso. >>

Will si voltò con il battito a mille verso la voce. Era Jake. Gli era sembrato di sentire Lee. Il dolore lo inghiottì di nuovo.

<< Jake >> soffiò il nome del suo migliore amico, che stava in piedi accanto a lui da chissà quanto tempo.

<< Come...? >> l'altro capì subito. Addolcì i lineamenti del volto e si avvicinò. << Quando hai bisogno di spazio vieni qui. >> scrollò le spalle e Will non resistette. Abbracciò con forza l'amico, stringendo i pugni sulla giacca del castano. Questi ricambiò un po' impacciato.

<< Che razza di merda >> disse solo questo. Nessun “mi dispiacee nessun'altra frase di condoglianza. Solo un'affermazione che descriveva pienamente quella situazione e provò un moto di gratitudine verso l'amico.

A Will sfuggì una lieve risata amara e non poté non venirgli in mente quella di suo padre, limpida e contagiosa.

<< Già, è proprio una bella merda. >>



Resterà appesa o cadrà?





This house no longer feels like home.



La loro vita era cambiata. La mattina si svegliava al suono della sveglia, non faceva più colazione e andava a scuola senza salutare nessuno. Michael era quello che cercava di essere forte per tutti, Will lo sapeva, conosceva lo sforzo che stava facendo il più grande per tenere unita la famiglia. Ormai, erano solo loro.

Un paio di mesi dopo l'accaduto si fidanzò con un ragazzo tre anni più grande di lui. Non disse niente a nessuno, Jake era l'unico a cui lo aveva raccontato. Durò poco, un battito di ciglia. Entrambi sapevano che non erano destinati a durare e si lasciarono con la promessa di rimanere in contatto.

Aveva cominciato ad avere incubi. Nei suoi sogni agitati c'erano voci confuse, che si sovrapponevano l'une alle altre, e tra quelle spiccavano le urla e i gemiti di suo padre e di Lee, che lo chiamavano, lo supplicavano di aiutarli, ma lui non poteva, era imprigionato in una casa che non sentiva sua, guardando dalla finestra la scena, immobile.

Casa. Non riusciva più a sentirla tale. Quell'appartamento in cui era cresciuto ora appariva come un posto estraneo, pieno di sussurri del passato, ricordi di una vita di una famiglia felice-e dov'era, quella famiglia? Spezzata, sparsa al suolo, senza la forza di rialzarsi dal duro colpo.

Si sforzava di sorridere ogni tanto, per non far preoccupare la mamma, e perché ancora un po' ci credeva, che sorridendo le cose sarebbero migliorate.

Cazzate. Suo padre non sarebbe mai tornato. Suo fratello non si sarebbe mai fidanzato con quella ragazza a cui andava dietro da mesi, se ne era andato troppo velocemente, la morte gli aveva tolto la possibilità di crescere. E aveva tolto a loro tutto ciò che avevano di solido.

A scuola andava male, ma non gli interessava più di tanto. Non riusciva a smettere di pensare a quando suo padre ritirava la pagella e rideva orgoglioso, spettinandogli i capelli, vedendo i suoi voti ben sopra la media. Lee lo avrebbe portato a prendere un gelato e gli avrebbe raccontato una storia divertente. Nessuno lo avrebbe più fatto, quindi che senso avere il massimo dei voti?



Osservò il soffitto della camera, contando i battiti del suo cuore, chiedendosi perché quel muscolo continuasse a battere anche se dentro si sentiva morto, congelato. Fuori il sole stava tramontando e Will rabbrividì. Se durante il giorno era brutto, la notte era un tormento.

Non voleva dormire. Ricordò la voce profonda di Lee che gli cantava e suonava per farlo addormentare. Aveva ereditato da sua madre, che un tempo era stata una cantante. Tutti gli dicevano che anche lui aveva una bella voce, ma non ci credeva. Era troppo roca per intonare canzoni, e le sue mani troppo grandi per pizzicare le corde della chitarra. Lee ci provò, ad insegnargli, e sapeva fare qualche accordo e suonare un paio di canzoni, ma niente di più. Non era come il fratello maggiore, ma gli andava bene. Lui gli disse, un giorno, che la sua voce era destinata ad un lavoro diverso. Non era entrato nello specifico e non lui aveva mai chiesto. Adesso desiderava avere il talento di Lee, per tenerlo ancora un po' di più accanto a sé. Nei corridoi non risuonava nessuna melodia, la chitarra scordata e il pianoforte aveva cominciato a prendere polvere. Will avrebbe dato di tutto per vedere quei tasti bianchi e neri muoversi e ogni tanto gli sembrava di vedere pallide mani affusolate sfiorare il legno lucido. Tutta un'illusione. Il suo pianeta era diventato una bugia, il riflesso di ciò che era stato.



A volte, steso nel letto si diceva che doveva andare avanti, se non per lui per la madre e Michael. Ma poi gli tornava in mente la bara che veniva sotterrata in quella buca nel terreno e così seppelliva anche quei pensieri stupidi. Non sarebbe mai stato capace di andare avanti. Ci voleva forza e coraggio e lui non ne aveva.

In quei giorni, quando i suoi occhi si chiudevano e lui crollava, riusciva a vedere nei suoi sogni sé stesso sorridere alla voce squillante del maggiore e ai capelli luminosi come il sole d'agosto.



Aspettatemi.





[ 14 anni; 15 anni e mezzo – Believe, The All America Rejects ]

You know it's hard, I tried, I could never say goodbye



Il college era iniziato e Jake era ancora con lui. Non aveva mai lasciato il suo fianco e un giorno lo avrebbe ringraziato come si deve, perché, se aveva ricominciato ad uscire e a respirare era tutto merito suo.

La perdita era ancora fresca nella sua mente, una piaga che non sarebbe mai guarita, ma adesso i ricordi non facevano più solo male.

Il moro non aveva mai detto niente. Non lo aveva mai abbracciato come faceva Michael nei giorni brutti, né gli aveva sussurrato parole dolci. Era rimasto accanto a lui quando voleva solo silenzio, senza disturbarlo ma facendogli sentire che era lì; scherzava di come sua madre aveva detto di diseredarlo se lo beccava ancora a fumare o a manomettere gli impianti nella scuola. << Davvero, Will, posso venire a stare da te se mi caccia di casa? Non voglio ritrovarmi per strada come un barbone! >> esclamava. Will ridacchiò.

<< Non saresti così male, sai? >> Jake gli diede una botta dietro la schiena, borbottando un “ti odio”. << Che affetto che mostri verso il tuo migliore amico! Ti ricordo che senza di me chissà dove staresti >> ed era vero. Will si ritrovò ad annuire internamente. Senza di te sarei morto, pensò.

Scrollò le spalle. << Perché non ci vediamo a casa tua oggi? >> chiese Will, aprendo l'armadietto per prendere i libri della lezioni successiva-filosofia. Gli piaceva filosofia (e gli piaceva anche il ragazzo seduto davanti a lui, Malcolm).

<< Mi piacerebbe sapere perché sempre a casa mia. >> Un'ombra passò sugli occhi di Will.

<< Perché è più grande, ovviamente >> mentì, sorridendo. Sorridi, si disse, stai bene.

<< Va bene, ma questa volta portati il pigiama, non ho intenzione di prestarti il mio di nuovo. >> Annuì distratto, salutando l'amico poco dopo, in ritardo per la lezione.

Supera la giornata. Andrà tutto bene, va tutto bene.

(Ormai, anche i sorrisi finti sembravano veri.)



<< Ehi, marmocchio! >> la voce squillante di Michael lo raggiunse appena la chiamata partì. Borbottò qualcosa come un “non chiamarmi così”, ovviamente ignorato dal maggiore.

<< Come stai, Will-E? >> chiese il moro dall'altra parte del telefono. << Tutto bene, grazie. Oggi ho avuto il compito di chimica. Ho fatto schifo >> disse sbrigativo, facendo finta di non notare il “dici sempre così” di Michael. Lanciò un'imprecazione quando sbatte il mignolo alla chitarra che era appartenuta a Lee. << Che è successo? >> Sbuffò. << Niente, sono solo andato a sbattere con il mignolo. >>

<< Allora, dimmi, hai imparato un po' di italiano? >> Suo fratello aveva deciso di fare un viaggio in Italia per imparare la lingua e “schiarirsi le idee prima di scegliere la facoltà universitaria”; Will credeva che, in realtà, non volesse continuare gli studi ma non sapesse come dirlo a mamma.

<< Potete scommettere! [¹] >>

Will rise al buffo accento. << Non ho idea di cosa tu abbia detto >> ammise. << Gli zii?² >> Sentì Michael tossire dall'altra parte della linea. << Hai di nuovo l'influenza? >> Era preoccupato. Da un mesetto Michael sembrava avere un'influenza perenne, lamentando spesso stanchezza e dolori. Lui e la mamma scherzavano spesso sulla condizione del maggiore, dicendo che con l'avvicinarsi dei ventun anni stava diventando vecchio, ma più andava avanti la cosa più avevano paura avesse qualcosa di serio.

<< Nah, è la puzza di fumo di quella dannata pipa! Giuro, se zio Oliviero non smette di fumare gli brucio i raccolti!² >>

<< Ah ah. E poi chi ti ospita? [²] >> ribatté divertito. Michael sospirò. << Dovrei venire a trovarvi per il mio compleanno, quindi vedi di farmi un bel regalo >> esclamò di punto in bianco Michael. Will sorrise felice. Gli mancava suo fratello. << Ed io che speravo venissi per vederci! >> lo prese in giro, facendo un tono offeso. Michael rise al telefono. << Ovvio che vengo per questo, Will-E >> disse, ma adesso suonava un po' affaticato. Aggrottò la fronte. << Mikey? >>

<< Devo andare, piccolo. Ci sentiamo domani, okay? Saluta la mamma >> e, senza dire altro attaccò.



Non era tornato.



Lo incontrò di nuovo dopo un altro mese. Erano andati loro in Italia da lui, sotto suggerimento degli zii.

Il letto d'ospedale non era per Michael. I colori scuri del ragazzo spiccavano troppo sul quel bianco che sembrava togliergli la sua vitalità, uccidendolo lentamente ed inesorabilmente.



Non ci rimase molto. Lo lasciò poche settimane dopo, il giorno prima del suo, di compleanno. Ma il suo spettro aleggiava ancora lì, invisibile agli occhi.



Leucemia. Era malato di leucemia. Da settimane. Lo sapeva e non glielo aveva detto. Gli zii avevano detto che neanche loro ne erano a conoscenza.



Sapevano tutti perché lo aveva fatto. Parlavano di morte per malattia, ma lui aveva capito. Era come lui. Non voleva più restare e aveva sfruttato l'occasione.



Chissà se aveva pensato a loro.



Mercurio stava per essere inghiottito dal sole e nessuno poteva fermare il sole.





[ 16 anni – I Wish, R. Kelly & Bring Me To Life, Evanescence]

Just thinking about those days you used to talk to me



L'alcol scorreva in lui come sangue nelle vene. Arricciò le labbra. Come il sangue malato che era dentro Michael e lo aveva fatto ammalare, togliendolo alle persone che amava. Michael se ne era andato e sua madre non parlava più. Jake era partito. E lui era solo. Di nuovo. Mosse la testa avanti e indietro, dondolandosi al ritmo dei pensieri.

( << Mikey, tu non ci lascerai mai, vero? >> << Mai, Will-E. >> Il sorriso di Michael era caldo come quello di papà. )

<< Bugiardo >> disse, guardando il liquore rimasto. << Dovresti vergognarti, Mikey. Non si mente. >>

Will-E. Suo fratello non lo avrebbe mai più chiamato così adesso.

<< Papà, sono stanco >> sussurrò agli alberi della riserva. Solo il vento gli rispose.

Rise, mentre prese un altro lungo sorso dalla bottiglia. Bruciava come fuoco ma gli annebbiava i pensieri, e non c'era niente di meglio in quel momento che non pensare.

<< Sono fottutamente stanco >> ripeté e quella parola suonava divertente. Stanco, stanco, stanco, stanco. Ridacchiò ancora. Forse era ubriaco. Papà ripeteva in continuazione che bere faceva male.

Si portò il liquore alle labbra ma si accorse infastidito che era finito. Dannazione. Lanciò la bottiglia a terra, che si ruppe in mille pezzi. Rimase seduto sul terreno umido a guardare quei frammenti di vetro. Le stelle ci si riflettevano sopra, facendoli brillare.

Si alzò in piedi, decidendo che era decisamente tardi. La testa prese a girargli con violenza e sentì il gusto della bile in bocca. Si piegò su sé stesso, la nausea che lo avvolgeva. La vista si fece via via più sfocata e l'ultima cosa che vide fu una massa di capelli scuri. Due braccia lo afferrarono un secondo prima di colpire terra.

<< Michael >> gracchiò. Sto arrivando. Mamma scusami. Si riscoprì a sorridere.





Appena aprì gli occhi vide la luce. Poi, vomitò.

Una mano gli si posò sulla sua schiena. Boccheggiò a vuoto, cercando di riprendere a respirare come si deve. Gemette. << Non pensavo che si potesse vomitare da morto >> disse, mettendosi dritto.

<< Non sei morto. >> Will sobbalzò, spaventato. Alzò la testa. Davanti a lui c'era un ragazzo che poteva avere la sua età, anche se era davvero piccolo. Non gli vennero altre parole al momento per descriverlo. Era pelle e ossa e probabilmente più basso di lui. Una folata di vento sembrava capace di spazzarlo via-ma i suoi occhi dicevano un'altra cosa. Erano neri e lucidi e in qualche modo Will si sentì penetrato da quei pozzi scuri.

Non gli piaceva.

Spostò lo sguardo agitato. Si trovava su un divano di un vecchio appartamento. Intorno a lui era tutto fatto di legno; una porta dava sul bagno e c'era un piccolo angolo cottura. Will ebbe la netta sensazione che quello fosse tutto ciò di esplorabile.

Si accorse che il proprietario stava ai fornelli e nell'aria si sparse odore di caffè. Fece una leggera smorfia. Il caffè non era proprio la sua bevanda preferita. Ricordava che suo padre lo beveva almeno due volte al giorno e una volta aveva provato ad assaggiarlo. Un'esperienza da non ripetere. Fece per alzarsi.

<< Ehi, ehi, fermo non muover- >> troppo tardi. La stanza prese a girare con violenza e Will si appoggiò istintivamente al ragazzo che si era avvicinato in fretta. Sentì la nausea tornargli-non che se ne fosse davvero andata.

<< Te l'ho detto, idiota! Dovevi proprio decidere di ubriacarti nel mio parco?! >> Appena Will riuscì a ritrovare l'equilibrio lanciò un'occhiata al moro. << Idiota a chi? >> borbottò. Il moro gli mise tra le mani una tazza piena di liquido scuro. << Bevi. Aiuterà con la sbornia che ti sei preso >> si passò le mani tra i capelli neri. Will ricordò all'improvviso ciò che era successo.

<< Tu sei quello che mi ha preso prima che cadessi! >> esclamò. L'altro annuì esausto. Realizzò che doveva essere rimasto tutto il tempo a tenerlo d'occhio. << Beh, in realtà poi siamo caduti lo stesso e hai sbattuto la testa. Ecco perché sei rimasto incosciente per circa sette ore. >>

Will quasi lasciò cadere la tazza. << Cosa?! >>

<< Sei sordo per caso? E bevi, prima che si fredda >> ordinò il ragazzo di cui non sapeva ancora il nome. Will guardò verso il liquido. << Non mi piace il caffè >> disse piano. Il tipo lo fulminò con lo sguardo. << Potevi pensarci prima di decidere di far diventare il liquore il tuo migliore amico. >>

Il biondo sospirò e decise che poteva fare questo sforzo.

Il caffè faceva schifo come ricordava. Accantonò quei pensieri.

<< Che ore sono? >> chiese. << Le due >> rispose calmo il proprietario.

Sgranò gli occhi. << Devo tornare a casa! >> posò la tazza sul tavolino davanti a sé e poi si diresse verso la porta. Si girò un'ultima volta verso il ragazzo che lo aveva salvato. << Scusa per il casino. Un giorno mi sdebiterò >> e, con un cenno della testa, salutò il giovane e uscì dalla porta.



Due secondi dopo e Will bussò di nuovo alla casa. La porta si aprì con un cigolio. << Ancora tu? >> Will rise imbarazzato. << Ehm, non so la via. >>

Il ringhio di frustrazione del ragazzo lo fece pentire della sua scelta.





[ 18 anni – Fix You, Coldplay & Those Nights, Skillet ]

Through all the hard times in my life those nights kept me alive



Quel giorno-o forse meglio dire, quella notte-guadagnò un amico. Era diverso dalla sua amicizia con Jake. Con lui sapeva di poter parlare di tutto, che qualsiasi cosa avrebbe detto questo sarebbe rimasto lì. Jake sapeva sempre ciò che di cui aveva bisogno-Nico (così aveva scoperto che si chiamava) invece sapeva ciò che voleva. Ed era testardo, ché alla fine vinceva lui ogni maledettissima volta. Se si chiudeva nei suoi silenzi, era là per trascinarlo fuori. Se sentiva il desiderio di star solo, ecco che spuntava e gli chiedeva amichevolmente-notare il sarcasmo, prego- di andare al parco e gli vinceva un pupazzo “solo perché se ci provassi tu torneremmo a casa senza spiccioli”. Era...bello. Si, era bello girare per la città con lui o andare in libreria o al parco. E Nico era bello. Anzi, di più. Era bello di una bellezza eterea. E aveva paura che sparisse da un momento all'altro, lasciandolo anche lui.

Si appoggiò al muro, le cuffiette nelle orecchie. Le note di Fix You [³] risuonavano a ripetizione. Da quando Nico gli aveva fatto conoscere quella canzone non ne poteva fare a meno.

Gli vennero in mente le parole del giovane.

<< Sai, Will >> aveva iniziato qualche mese fa, in un suo momento di debolezza, fermandosi per riordinare le idee, la voce di Chris Martin³ in sottofondo, << so cosa vuol dire perdere qualcuno di importante. Credimi, lo so. Ma questo non vuol dire lasciarsi abbattere. L'ho imparato con gli anni: anche se non li vedi più non vuol dire che non sono con te. Perché ci sono. Ora, non pensare che sia tutta una cosa religiosa, non sono un credente. Voglio solo dire >> lo guardò fisso negli occhi e Will sentì le lacrime pungergli gli occhi. Li sbatté un paio di volte << La morte non è un addio, Will. Si va avanti. >>

In quell'istante, dove Will annuì piano, per far segno di aver capito, qualcosa si mosse nel suo stomaco, mettendolo sotto forma e si rese conto di amare il ragazzo che era stato spezzato dalla vita come lui ma che aveva avuto il coraggio di raggiungerlo sul suo pianeta e portarlo via.

Per la prima volta dopo anni, pianse.



Una cuffietta gli fu tirata via. Era Jake. << Che senti? >> chiese, infilandosi l'auricolare. << Uh, non la conosco. Belle parole, però. >> Will gli sorrise sghembo. << Lights will guide you home³ >> canticchiò piano. Jake si girò a guardarlo. Aveva una luce particolare sul volto che scaldò Will.

<< Che c'è? >> chiese, muovendosi un po' a disagio. Il castano scosse la testa. << Niente >> disse, << solo non ti sentivo cantare da tanto. >> Sgranò gli occhi. Era vero. Dopotutto, col tempo aveva imparato che Jake aveva sempre ragione.

Senza nessun apparente motivo, gli passarono nella testa, come in un video, tutti i momenti con il suo migliore amico. Quando gli aveva dato una copia delle chiavi di casa sua, dicendo che, tanto, stava sempre là; quando gli aveva regalato il libro che cercava da tanto; quando gli aveva detto, il giorno del suo compleanno “Prefiggiti un obiettivo e realizzalo. È quello che vogliono Michael, e Lee e tuo padre e quella donna fantastica di tua mamma. Non farli disperare, che poveracci devono vederti bloccato così”, usando il presente invece del condizionale.

I promise you I will learn from my mistakes³.

<< Jake >> lo chiamò sorridendo. << Grazie. >>

Bastava quello, per ora. Il ragazzo gli diede una gomitata. << Non ce n'è bisogno, stupido >> poi, << però, ti prego, non voglio fare ancora da cupido per te e Nico. >>





[ 20 anni – Mercury, Sleeping at Last]

And somehow I’ve fallen in love



<< Nico! Nico! >> Will bussò alla porta della casa di Nico. Il ragazzo aveva vissuto con il guardiano della riserva, un certo Signor D, ma si era trasferito appena compiuti i diciotto anni in un appartamento vicino al suo e a quello di Jason, il migliore amico del moro. Will suonò ancora il campanello di casa di Angelo sentendosi sul punto di scoppiare.

Era passato! Non riusciva a crederci ma era riuscito a passare!

<< Nico! >> la porta si aprì, rivelando la figura del moro. Sembrava essersi appena svegliato, ma Will non ci fece quasi caso. Lo travolse con un abbraccio, stringendolo forte, poi si allontanò di scatto. Percepiva l'adrenalina attraversagli il corpo, energia allo stato puro.

Senza pensarci due volte, prese per le spalle Nico e lo baciò. Una scossa elettrica lo percosse tutto e il cuore aumentò i suoi battiti appena Nico ricambiò. Come bacio faceva piuttosto schifo-Will ammise che era maggiormente colpa sua. Ogni tanto gli sfuggiva qualche risatina nervosa e le mani tremavano dall'emozione. Si staccò dalle labbra dell'altro contro la sua volontà, rimanendogli abbastanza vicino per sentire il fiato caldo di Nico sul suo volto. Il moro era arrossito ma sembrava felice, nonostante la confusione. Will rise ancora. Dei, se lo amava. Gli prese la mano, stringendola delicatamente.

<< E questo... >> Nico si schiarì la voce << a cosa lo devo? >>. Will si grattò con la mano libera il retro del collo. << Beh, mi sono detto “se entro all'università con il massimo, chiedo finalmente a Nico di uscire”. Il bacio non era incluso, è stato un...extra, sì >> spiegò imbarazzato, annuendo alle sue parole. Il moro gli lanciò un'occhiataccia, poi fece qualcosa che lo sorprese-lo baciò.

<< “Finalmente? E dovevi aspettare questa occasione per chiedermelo? >> Will fece spallucce. << La prossima volta sarò più veloce, lo giuro >> promise con un sorriso sincero sul volto.

Nico alzò un sopracciglio. << Non ci sarà nessuna prossima volta, Solace. >>



[ 16.47 ] Messaggio da Jeak

Spero che tu lo te lo sia finalmente portato a letto, W.

Bravissimo, comunque. Sono fiero di te, geniaccio.



[ 16.54 ] Messaggio da Mamma <3

Amore, sapevo ci saresti riuscito! Ti voglio bene, Will.

Torna a casa presto, ho una sorpresa per te. Puoi portare anche Jake e il tuo ragazzo, se vuoi.

A dopo tesoro! Sei stato fantastico.



[ 16.55 ] Messaggio da Mamma <3

Sono sicura che sono tutti orgogliosi di te.



[ 26 anni - See You Again, Wiz Khalifa & Knockin' On Heaven's Door, Bob Dylan ]

The love will never get lost



<< Ciao, papà. >>

Era tardi, le cinque passate e il cielo invernale era già scuro, il sole basso all'orizzonte. Il vento soffiava piano, scompigliandogli i capelli. Le pietre delle tombe erano scure, in controluce. Si inginocchiò sul terreno. << Come stai? >> chiese. Il silenzio lo avvolse. Sorrise.

<< Sai, papà, mi sei mancato in questi anni. Mi dispiace non essere venuto a trovarti prima >> aggiunse esitante. Non entrava lì dentro dal funerale di Michael. Accarezzò la foto sulla tomba.

<< Quando ci avete lasciato pensavo che non ce l'avrei mai fatta. Poi se ne è andato Mikey e mi dissi “ecco, ora è finita” >> rise di sé stesso. << Solo adesso ho compreso che non è mai finita. >>

Chiuse gli occhi, nascondendoli al mondo esterno.

<< Non riuscirò mai a superare la vostra morte. Neanche tra altri venti anni. Il dolore resterà sempre lì, sotto la pelle, come una ferita impossibile da rimarginare, e la tavola sarà un po' più fredda. I miei incubi non se ne andranno >> continuò. L'oscurità dietro le palpebre era confortevole. << Eppure ora so che con il dolore ci si può imparare a convivere, e ci saranno sempre nuovi volti seduti che scalderanno la casa, e qualcuno mi consolerà dai brutti sogni. >>

< A dir la verità, c'è una persona che lo fa già. Si chiama Nico di Angelo. È il mio fidanzato. Non te l'ho mai detto, ma sono gay. Spero che non ti dispiaccia. >>

Sentì qualcosa di umido cadergli sulla testa. Alzò lo sguardo. Pioveva. << Devo prenderlo come un segno, papà? >> scherzò. Tornò subito serio. << Lo amo. Lo amo davvero tanto, sai. Siamo insieme da sei anni adesso, ma ci conosciamo da...beh, da Michael. Mi è stato sempre accanto. Gli devo tutto. >> si fermò, il groppo alla gola che gli bloccava le parole.

<< Mi manchi... >> soppresse un singhiozzo. << Scusa, scusa. È da tanto che non parlo con te. >> Sospirò.

<< Mamma sta bene. Ha passato tanti momenti brutti, ma con l'aiuto mio, di Jake-ti ricordi di Jake? È ancora il mio migliore amico. La madre gli è morta un anno fa, una meningite presa poco seriamente. Lui ha elaborato il lutto molto meglio di me, ma ciò non vuol dire che non gli sono stato accanto. Farei di tutto per lui. Se puoi, dì a sua madre che Jake ed io gli vogliamo bene. Loro sono stati per me come una seconda famiglia-mi sono stati vicini in questi anni. Farò lo stesso anche io. >> riprese fiato. Avrebbe voluto dire tutto ciò che si era tenuto dentro da quando aveva tredici anni, ma sentiva di non avere le lettere giuste e abbastanza tempo a sua disposizione.

Un giorno ci rincontreremo di nuovo e allora parleremo di tutto, pensò.

<< Dicevo, mamma. Sta bene ora. Tiene la fede al dito e la pulisce regolarmente. Prepara troppa pasta, per altre tre persone, e allora invitiamo Jake, il padre e Nico a cenare da noi. La tua parte del letto è rimasta intaccata. Ogni tanto guarda l'orologio, come se aspettasse il momento in cui tornavi sempre dopo lavoro. Ma queste sono abitudini che non cambieranno mai, vero? Lei sorride e ride ed è con me, questo è l'importante. >>

Si alzò in piedi. << Sono venuto qui oggi per un motivo ben preciso, in realtà. Mi sono diplomato, papà! >> si aprì in un sorriso, << medicina. Oggi sono diventato finalmente un medico e mi sento al settimo cielo. Volevo dirtelo. Riferisci anche a Lee e Mikey. Sopratutto a Mikey. Dopotutto, è anche merito suo se ho scelto questa facoltà. >>

<< Voglio poter fare qualcosa per le persone senza speranza. Voglio portare un po' di speranza in loro, speranza vere e non false, costruite in aria. Voglio che persone come Michael, senza alcuna possibilità, ce la abbiano. È presuntuoso da parte mia pensare di poter fare qualcosa per loro, ma voglio aiutare. Medicina mi fa sentire utile. E se, un giorno, salverò una persona dalla leucemia, avrò realizzato il mio obiettivo. >>

Si strofinò la mano sul collo. << Non ho finito, però. Mi devo specializzare prima. Vedrò che fare. Ora penso di prendermi un anno. Per scaricare la tensione accumulata. >>

Inghiottì a vuoto. << Ti voglio bene, papà >> sussurrò. << Vi voglio bene. Non c'è giorno in cui non vi penso. È stato difficile senza di voi. Lo è ancora. Ma è inutile vivere nei ricordi. >>

Era tardi.

<< Vi voglio bene >> ripeté.

Si, ci rivedremo ancora.



Si girò ed uscì dal cimitero.





All of this mess is just my attempt to know the worth of my life.







Schema degli anni:



Will 6 anni, Michael 10 e mezzo e Lee 12

Will 11, Michael 15 e mezzo e Lee 17

Will 13, Michael 18 e Lee 19 e mezzo

Will 16, Michael 21



Alcune precisazioni:

Le citazioni all'inizio provengono da due testi diversi. La prima, da Eragon-una saga che se non conoscete dovete andare a leggerla. La seconda frase è una citazione di Seneca. Non so, le ho viste e le ho volute mettere. L'ultima frase, quella in rosso, invece è un pezzo della canzone Mercury.

1) In realtà Michael vuole dire “puoi scommetterci” ma un errore abbastanza comune è scambiare il “tu” con il “voi”, essendo che in inglese per entrambe le persone si usa “you”.

2) Il mio headcanon su Will è che lui abbia parenti italiani (oltre che una famiglia numerosa). Mi piace pensare anche che la madre sia brasiliana, mentre il padre (nelle AU, ovviamente) californiano.

3) Fix You dei Coldplay, Chris Martin è il cantante.

Il soprannome di Jake (Jeak) ha un senso. È formato dalle parole Jake, ovvero il suo nome e freak,un aggettivo inglese che sta per “strano”, “stravagante” e “raro, singolare”.

I messaggi della mamma e di Jake vengono letti dopo il bacio, lel. Loro sapevano già tutto u.u



Angolo di quella pazza della scrittrice:

Se siete sopravvissuti, complimenti!



Scrivere questa OS è stata una faticaccia. Primo, perché è lunghissima (circa 6000 parole, e non sono poche) e secondo perché Will è un personaggio davvero difficile, sopratutto in chiave angst. Lo abbiamo sempre visto come il biondino fastidioso e sorridente innamorato di Nico (tranne in una scena, quando è abbattuto dal suo talento in BoO, qualcuno ricorda?), quindi è strano pensarlo giù di morale. Ma io ho sempre creduto che, in realtà, non si lascia abbattere più di tanto perché uno ha i suoi altri fratelli e due ha un carattere forte. Questo è ciò che penso di Will.

Questa cosa può sembrare un po' contraddittoria alla mia fanfiction-ma in realtà non lo è. Qui ha solo Michael e Lee come fratelli e li ha persi, suo padre è morto. Insomma, non è facile.

Anyway, spero vi sia comunque piaciuta e non pensiate che i personaggi siano OOC. Se notate degli errori, ditemeli e rimedierò al più presto!

Ho una paura di essermi persa per strada durante la stesura xD



Ci sono un casino di cose che avrei voluto approfondire o aggiungere, agh. Forse un giorno scriverò un missing moment su questa ff, o un breve sequel.

(Ditemi voi se l'amicizia tra Will-E e Jeak non è tenerissima)

(Amo Jake)

Lasciate un commento, vi va? È bello riceverli.

Daughter_

   
 
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