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Autore: Aliseia    13/07/2016    1 recensioni
«Sei arrivato. Sapevo che l’avresti fatto. Ho pregato per questo. Da sempre.»
Il Vampiro rabbrividì. La voce della ragazza era la cosa più dolce che avesse udito da tanto tempo.
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Benny
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nel futuro
- Questa storia fa parte della serie 'Angeli e Cacciatori'
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Fandom: Supernatural
Genere: Malinconico - Introspettivo – Romantico
Personaggi: Benny LaFitte, altri 
Pairing: William/Annabelle
Note: Premetto che Benny LaFitte non è il protagonista del racconto, ma solo il tramite tra questa storia e la prossima, che vedrà come protagonista il suo scalcinato “branco” del Purgatorio. Ma in questo breve pezzo, che in qualche modo è il seguito della mia Angel Daddies (almeno come contesto) ho deciso di dare voce a due personaggi minori. Il Vampiro della puntata 8 x 01 (quello che Dean uccide dopo poche battute) e la ragazza all’inferno della 8 x 19, quella che ripete ossessivamente “Sei venuto. Sapevo che l’avresti fatto…” Entrambi sono troppo carini per meritare una sorte tanto triste.
La mia trama è ispirata all’headcanon di un bellissimo racconto a fumetti: Lightborn, di Kenu. http://kenu.deviantart.com/gallery/37647591/Lightborn
Da lei ho preso l’idea che gli angeli di Supernatural, se morti nel “peccato”, finiscano In Purgatorio tra i mostri.
Dalla mia amica Abby_da_Edoras http://www.efpfanfic.net/viewuser.php?uid=4572 ho avuto altre idee, come quella di risarcire Balthazar per il modo in cui l’avevo maltrattato nella storia precedente (e questo verrà accennato nella prossima) ma soprattutto l’idea di unire la sua sorte a quella di Benny e degli altri angeli caduti. Nella mia storia i due sono solo amici, mentre nelle sue… Seguite il link che porta a questa bravissima autrice… non ve ne pentirete!
Rating: Per Tutti
Disclaimer: I personaggi e i luoghi presenti in questa storia in gran parte non appartengono a me ma a Eric Kripke, a Jeremy Carver, Brad Buckner & Eugenie Ross-Leming, nonché agli altri autori e a chi ne detiene i diritti.
Questa storia non è stata scritta a scopo di lucro, nessuna violazione del copyright è pertanto intesa. 
 
Dedica: a Abby e Gabry. Grazie.
 
 
 

Annabelle’s Hell

 
It was many and many a year ago,
In a kingdom by the sea,
That a maiden there lived whom you may know
By the name of Annabel Lee;
And this maiden she lived with no other thought
Than to love and be loved by me.
 
I was a child and she was a child,
In this kingdom by the sea,
But we loved with a love that was more than love—
I and my Annabel Lee—
With a love that the wingèd seraphs of Heaven
Coveted her and me.
 
And this was the reason that, long ago,
In this kingdom by the sea,
A wind blew out of a cloud, chilling
My beautiful Annabel Lee;
So that her highborn kinsmen came
And bore her away from me,
To shut her up in a sepulchre
In this kingdom by the sea.
 
The angels, not half so happy in Heaven,
Went envying her and me—
Yes!—that was the reason (as all men know,
In this kingdom by the sea)
That the wind came out of the cloud by night,
Chilling and killing my Annabel Lee.
 
But our love it was stronger by far than the love
Of those who were older than we—
Of many far wiser than we—
And neither the angels in Heaven above
Nor the demons down under the sea
Can ever dissever my soul from the soul
Of the beautiful Annabel Lee

 
Annabelle Lee by Edgar Allan Poe
 
 
 

«Sei arrivato. Sapevo che l’avresti fatto. Ho pregato per questo. Da sempre.»
 
Il Vampiro rabbrividì. La voce della ragazza era la cosa più dolce che avesse udito da tanto tempo.
Ma il contesto… Quello era orribile.
Lei tendeva le braccia dietro le sbarre. Il vampiro distolse lo sguardo.
Un gracchiare di risate, urla strazianti, nomi urlati senza più fiato… Certo era meglio, molto meglio ascoltare lei. Per non impazzire.
«… Sapevo che l’avresti fatto…»
Sennonché … quell’aggraziata, angosciante vocina ripeteva sempre le stesse parole.
«Piccola… - disse il Vampiro appoggiando una pallida mano alle sbarre, e usando un linguaggio che con tutta evidenza non gli apparteneva  - Devo dirtelo… Non sono qui per te. Quel cacciatore mi ha ucciso… Sì, ucciso. Un’altra volta! Sai come vanno queste cose con i Winchester. È il loro family business.»
Il ragazzo cercava di darsi un contegno. Un sorriso poco convinto e le dita che tamburellavano sul metallo. «Vedi, baby… Io devo pensare a me. La vita è dura là… lassù. In Purgatorio. Non oso neanche immaginare come sia qui all’…» Si interruppe nel sentire un grido più alto e disperato degli altri.
Ma quella continuò: «Sei arrivato…»
«No, senti…»
«Sapevo che…»
«Basta!» intimò lui.
Nell’aria fetida non si udì più la fragile voce.
Il Vampiro si avvicinò.
La cella era tenebrosa, non si intravedeva quasi nulla dell’interno… all’infuori di lei. Le piccole mani d’avorio attorcigliate alle sbarre, la graziosa ruga concentrata sulla pallida fronte. Lo splendore degli occhi. Una specie di fluorescenza le accendeva il viso. Una sorta di aura.
La giovane sembrava splendere di luce propria.
Nel silenzio improvviso il Vampiro sentì tutta l’angoscia della loro situazione.
Il buio. Il dolore. L’Inferno.
 
Quello era un luogo senza speranza. Ma ella splendeva.
«Ho pregato per questo…» la voce tremò, mutata nel tono anche se non nelle parole.
Il Vampiro, che aveva conosciuto già una volta la morte, il dolore e la devastazione del Purgatorio, d’un tratto percepì la vera disperazione. Peggio: la malinconia sconfinata dell’inferno. Dove gli infelici che languivano dietro le sbarre erano prigionieri di se stessi, prima ancora che di un gruppetto di demoni grevi e spietati.
Eppure quella giovane, unica in quel luogo di sofferenza, aveva pregato per la propria salvezza.
«Sei arrivato…»
«Sì.»
«Sapevo che l’avresti fatto…»
«Ci ho messo un po’. Hai presente? I Vampiri. I Leviatani… I Winchester…»
«Ho pregato per questo…»
«E io sono qui.»
«Da sempre.»
«Sono qui. Sono qui per te.» Non sapeva perché l’aveva detto. In secoli di vita soprannaturale il Vampiro non ricordava di avere più pianto. Non lo faceva neanche ora, si badi bene. Ma lo sguardo implacabile della fanciulla frugava la sua coscienza, facendo affiorare sentimenti che credeva dimenticati. Assopiti o del tutto svaniti.
«”Gli Angeli ci invidiavano…” – cominciò lei – I Serafini alati del cielo invidiavano te e me… Gli Angeli, molto meno felici di noi…»
«Oh, è bella baby! È una poesia, non è vero?» disse il Vampiro con un entusiasmo un filino esagerato. Ma poi si interruppe. Smarrito fece un passo indietro. Si era accorto con un brivido che lei aveva interrotto la propria triste litania.
«Ma il nostro amore era molto, molto più saldo…»
«Non corriamo, baby…»
«Né gli angeli in cielo lassù, né i demoni là sotto, mai potranno separare la mia anima…»
«Oh, be’… Non sei la prima che mi dice queste cose, sai» Il giovane sorrise. Era infatti un ragazzo dall’aspetto bello e delicato, come nelle migliori tradizioni vampiriche. Incarnato pallido, occhi grigi. Lunghi, lisci capelli neri raccolti in una coda la cui consuetudine doveva arrivare dall’epoca coloniale americana.
 
«Dall’anima di Annabelle Lee.» sospirò lei.
«Annabelle Lee? È il tuo nome?» La presunta rivelazione gli diede un tuffo al cuore.
Il riso argenttino di lei suonò come un’eresia nell’aria tetra e disperata dell’inferno.
«Nooo… - lei rise un po’ più forte – è una poesia!»
Il Vampiro si avvicinò. Nel buio della cella vide baluginare due chiari occhi innocenti. Azzurri. Gli occhi di lei erano azzurri.
«Una poesia… L’avevo detto!» Il tono un po’ risentito.
«Ho dimenticato il mio nome.» mormorò la ragazza. Nel visino corrucciato esangue, nelle occhiaie profonde, aleggiava una tristezza senza memoria.
Il Vampiro allungò una mano, azzardando una carezza tra le sbarre. La pelle di lei era fredda ma morbida. Come di chi si risvegli da una notte febbrile, ancora coperto da un velo angoscioso di malsano sudore.
Il giovane rabbrividì di nuovo. Sorrise, però, poiché il tremore che lo scuoteva non era causato da orrore, bensì da comprensione. Da tenerezza.
Quando anche lei sorrise, ci fu il miracolo…
 
Niente di clamoroso.
Solo un leggero intiepidirsi dell’aria. Una fievole luce che dalle labbra e dagli occhi di lei si diffuse alle guance. Il suo viso era raggiante. Le sbarre svanirono.
 
Il Vampiro si guardò intorno, smarrito.
Poco era cambiato.
Ancora il buio, col suo fetore insano. Ancora quel freddo malato che assaliva le ossa.
E le voci. La parte più tremenda: le voci.
Ma lei era lì. Poteva toccarla. E parlarle da vicino. «Nemmeno io sai – cominciò a fatica – Nemmeno io ricordo il mio nome. Deve essere l’effetto di certi posti, dove i giorni scorrono tutti uguali.» S’interruppe.
Una disperata richiesta d’aiuto, dalla cella accanto. Una tetra risata.
«E tutti tremendi.» continuò. La sua anima era come paralizzata. Per quanto il Purgatorio fosse stato terribile, ancora non si abituava a quel nuovo orrore.
«Annabelle, mi senti?» lei era al centro della stanza, la snella figuretta in un abito chiaro da bimba.
Ancora quell’aura, quel bagliore intorno a lei che sfidava l’oscurità incombente.
Rise. «No, non è il mio nome… Te l’ho detto, non lo ricordo! Troppo… dolore. Ma rammento una poesia. “Annabelle Lee”. E ricordo la voce di un uomo… Lo stavo aspettando. Doveva tornare a salvarmi. Sei tu? Sei tu quell’uomo? »
«Vorrei… Io lo vorrei davvero, piccola – si fermò di fronte allo sguardo deluso di lei -  Ti chiedo scusa, Annabelle…»
Lei allora sorrise di fronte alla nuova identità che le veniva donata. Una nuova vita.
Il Vampiro si sentì d’un tratto così pieno di speranza, un’anomalia in quel luogo maledetto. «Posso chiamarti così? Annabelle?»
La giovane donna rise ancora. «Sì… E io ti chiamerò… William Wilson*.»
«William Wilson?» ripeté lui sorpreso.
Lei annuì con l’aria diligente della studentessa modello «Era un racconto dello stesso poeta. Parlava di un uomo con una doppia natura: buona e cattiva. Come te.»
Il Vampiro abbassò gli occhi. «Non sono molti quelli che hanno visto del buono in me.»
«Forse perché non sapevano guardare… Non vedevano ciò che nasconde il tuo cuore»
La tiepida mano di Annabelle strinse quella grande ma delicata di William.
 
«Sei tu? Sei tu?!» chiese una voce dalla cella accanto, in uno spasmo d’angoscia.
Poi un rantolo acuto che non aveva nulla di umano.
Un grido.
Più nulla.
 
Dall’esterno giungevano tonfi sempre più pesanti e più vicini. Poi persino in quella penombra si disegnò un’ombra ancora più nera.
Il demone si avvicinava.
 
William strinse forte la mano di Annabelle. «Vieni con me – disse con voce soffocata – ho visto un passaggio. Non sonno stato sempre un vampiro. Nella mia vita precedente ero un ladro. Ladro e scassinatore. » aggiunse con un certo orgoglio.
La sua precedente occupazione lo aveva addestrato alla fuga. Alla ricerca della via più breve e sicura, persino in un luogo che non conosceva.
Persino all’inferno.
La fanciulla si guardò intorno, un po’ smarrita. Poi ricambiò la stretta.
 
I due fuggitivi non avrebbero saputo dire quanto durò la loro corsa a perdifiato. Prima ancora più a fondo nelle viscere dell’inferno, poi ansimando in una crudele risalita. Forse per ore. Forse per giorni o per mesi.
Nero, grida, puzza, erano di una densità malsana. Come l’aria stessa in quel luogo perduto.
William faceva strada.
Annabelle veniva dietro di lui, senza una parola.
Furono attimi interminabili. Eterni.
Ogni tanto lui si voltava, e lo sguardo di lei gli infondeva il coraggio necessario per continuare.
 
Poi ci fu un cambiamento che a loro sembrò improvviso, ma che si era già annunciato con l’alleggerirsi dell’aria, con il baluginare di un chiarore argentato che non proveniva dall’inspiegabile aura della ragazza.
 
L’inferno si aprì, per consentire loro di affiorare in una specie di luce.
Opaca, incolore. Ma pur sempre luce.
William conosceva bene quella luminescenza crepuscolare. Era il chiarore sospeso, malinconico del Purgatorio.
Annabelle sbatté le palpebre. Respirò a fondo e sorrise al cielo.
Dopo decenni d’inferno e di attese, riconobbe, sopra di loro, le stelle.
 
 
Poco lontano un uomo vestito di scuro, le spalle larghe, un cappello calzato sul capo, si appoggiava a un albero nero e scheletrico. Spettrale, come la grigia foresta intorno.
Egli passò una larga mano sul bel viso buono, gli occhi così chiari da sfidare l’aria incolore, rivelando la propria luce azzurra.
Guardò stupito l’esile figura della ragazza, il vestito strappato, d’altri tempi. Poi la ben nota sagoma del vampiro più inaffidabile del branco. Il ladro, l’imbroglione senza nome. Uno capace di morire senza una ragione, solo per il gusto di sfidare un cacciatore. Dean Winchester, poi. Il più bravo di tutti.
Benny sorrise. Il ricordo di Dean riusciva sempre a scaldargli il cuore. A donargli un breve attimo di pace, in quel luogo sempre sospeso tra la lotta e qualche cosa di ancora peggiore.
Benny sapeva che esisteva un passaggio. Era lo stesso che aveva usato Sam, qualche tempo prima, per liberare Bobby dall’inferno.
Con un sorriso più sornione ricordò lo stupore del giovane Winchester, quando il vampiro aveva deciso di restare. “Io appartengo a questo luogo –aveva pensato Benny – Questo luogo è puro”
E doveva confessare a se stesso di non passarsela neanche tanto male. Aveva formato quello che chiamava il branco. Un gruppo piuttosto eterogeneo, a dire il vero. Mutaforma, licantropi, djinn, un paio di vampiri (l’imbecille che ora agitava la mano da lontano era l’altro), e persino… angeli.
Pochi sapevano che il Purgatorio accoglieva anche gli angeli caduti. I traditori della propria specie. I “mostri” che avevano perso le ali.
Il branco di Benny ne contava tre: Balthazar, Ion e Samandriel.
Al vampiro per essere sinceri piaceva solo l’ultimo. Un giovane angelo per cui il Purgatorio sembrava davvero una sorte ingiusta.
Ion invece era un cinico che era arrivato addirittura a vendersi a Crowley, e la cui sorte avrebbe dovuto essere l’inferno.
Balthazar… be’, ne aveva combinate talmente tante, dal furto delle armi del Paradiso al commercio di anime, che lui stesso si stupiva di avere ancora una coscienza individuale, e di non essere stato annientato dalla Mano del Cielo.
Pessimi individui. Di cui, doveva ammetterlo, Benny si fidava ciecamente.
 
«Eccolo – sussurrò Balthazar – Non dubitavo che avrebbe trovato la strada»
«Chi c’è con lui?» chiese Samandriel con un sorriso.
«Una donna – fece Ion con una smorfia – non si smentisce mai.»
“Un essere umano…” pensò Benny. Questo apriva interessanti prospettive per il loro ritorno sulla terra. Anche se non era certo di desiderarlo davvero.
 
«Idiota.» schernì il giovane vampiro con la sua voce irridente.
Ma il ragazzo non si scompose. «Ora ho anche un nome, se non vi dispiace. Grazie a questa bellezza – inclinò il capo con aria compiaciuta, indicando la ragazza che gli stava al fianco – Questa fanciulla, bella come un angelo, si chiama Annabelle Lee. E io sono… d’ora in poi mi conoscerete come William Wilson!» aggiunse con un comico inchino.
Benny Lafitte alzò gli occhi al cielo.
 

 
*William Wilson - Tales of the Grotesque and the Arabesque - Edgar Allan Poe. Al grade Maestro, un grazie per i nomi e una richiesta di perdono. Che gli angeli tutti veglino su di te
 
  
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