Serie TV > Once Upon a Time
Ricorda la storia  |      
Autore: Lady I H V E Byron    14/07/2016    2 recensioni
Dopo l'ulitma discussione con il padre, Franz decide di uscire, passeggiando sotto le stelle. E' furioso, ma non per la discussione, bensì per non aver ancora avuto il coraggio di dire al padre cosa pensa di lui, di affrontarlo in faccia. L'incontro con un uomo oscuro dalla carnagione rugosa lo cambierà per sempre...
Genere: Angst, Drammatico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: Missing Moments, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Note dell'autrice: era da una vita che volevo scrivere una fanfic. di OUAT con il mio scrittore preferito, Franz Kafka, solo che mi mancavano le idee e la voglia... L'ho scritto più che altro per togliermi un peso, che per altro... Il "OOC" e il "What if?" sono più per Kafka che per la serie televisiva. Lui mi piace perché, primo, mi ha fatto tenerezza con la storia della sua vita, soprattutto il conflitto che aveva col padre, e, secondo, perché siamo molto simili e con questo mi fermo per evitare di annoiarvi con questioni personali. Vi dico che gli eventi si svolgono prima di "Lettera al padre" (quindi dopo la vana intenzione di Kafka di sposarsi), ma le cose andranno diversamente da come sono accadute nella realtà... E mi scuso con eventuali puristi di Kafka se ho "stravolto" una parte della sua vita. E comunque... no, non ce lo vedo come Autore quanto, invece, nel ruolo che gli ho dato.



-----------------------------------------------------------------------------------------------------



-E' fuori questione! E adesso basta!-
Quella frase stava come rimbombando nella testa di Franz, occultandogli i pensieri, anche la vista.
Era quasi paragonabile alle voci delle persone che camminano nel mercato, ma con la sola differenza che, nella strada buia che stava percorrendo, era da solo.
Non poteva sposarsi.
L'ennesimo tentativo vano di scappare dalla sua vita. Dalla presenza di suo padre Herman.
Non poteva fare a meno di voltarsi, tremando, temendo ogni momento di essere seguito da lui, per farlo ragionare sulla sua proposta, o forse per rimproverarlo del suo comportamento, per essere uscito di casa in quel modo.
Sebbene da solo, Franz vedeva suo padre ovunque, mentre pronunciava parole di rimprovero verso il figlio.
Era una presenza fissa nella sua mente.
Non lo sopportava.
Certe volte avrebbe desiderato che lui stesso non fosse mai esistito.
La strada che percorreva fiancheggiava un fiumiciattolo. Si affacciò sulla ringhiera e osservò il suo riflesso, illuminato dai raggi della luna:
vedeva un uomo magro, troppo magro, ripugnante, dall'aria, secondo lui, insignificante, inetto e incapace di fare qualsiasi cosa.
Fece un paio di singhiozzi, prima di versare qualche lacrima di vergogna, ira e delusione messe insieme.
Non poteva continuare a vivere così: tutti i suoi sogni venivano continuamente infranti dall'imponente figura paterna.
Sarebbe bastata un'ultima discussione a farlo spingere verso il suicidio.
-Penoso, vero?-
Franz venne bruscamente distolto dalle sue lacrime e dai suoi pensieri con quella voce.
Una figura vestita di nero e con un grande cappuccio che gli copriva tutto il volto era come apparso accanto a lui.
Non lo aveva udito avvicinarsi, come se fosse apparso dal nulla.
Si asciugò le lacrime, per non farsi vedere dall'individuo.
-Come, scusate?- domandò, confuso.
L'uomo si voltò verso di lui. Doveva aver superato i quaranta, a giudicare dalla voce.
-Che ci vengano tarpate le ali a causa dei nostri genitori, i nostri sogni andati in frantumi a causa di poche parole...- disse -Di solito dovrebbero fare il contrario, esortarci a seguire il nostro cuore. Ma non tutti sono del mio parere...-
Franz strizzò gli occhi per vedere meglio: l'ambiente era poco illuminato, ma riuscì a scorgere ugualmente un pezzo del volto dell'individuo. Aveva una pelle strana, rugosa, come quella degli anziani, ma dava anche l'idea di essere ruvida come un pezzo di legno.
Forse era per la poca luminosità della strada.
-Perdonatemi, voi come sapete che io...?-
-Ah... io ti sto osservando da molto tempo, Franz...- tagliò corto l'uomo, avvicinandosi al giovane -E non posso nasconderti di provare una certa pena per te: completamente oppresso da tuo padre, mentalmente. I dolori mentali fanno molto più male dei dolori fisici, proprio perché non si vedono. E nonostante tutto quello che ti ha fatto in tutta la tua vita e nonostante la tua età... non hai ancora il coraggio di dirgli quello che provi per lui, del rancore che gli serbi da anni?-
Franz non era un uomo dalla risposta pronta: osservò in basso e giocherellò con le dita, come segno di imbarazzo.
Avrebbe tanto voluto rispondere di "no", ma temeva di essere deriso da quell'uomo.
Tuttavia, casualmente o per destino, il suo occhio cadde su un oggetto nella cintura dell'individuo: un pugnale, una daga dalla lama ondeggiata, che rifletteva i raggi della luna. C'erano dei disegni sopra, un motivo quasi floreale, in nero.
Non aveva mai visto una lama del genere in tutta la sua vita.
-Allora?-
La voce grossa dell'uomo lo distolse nuovamente dai suoi pensieri.
Scosse la testa con un movimento fulmineo.
Per un attimo, gli sembrò di vedere suo padre: stesso atteggiamento, stessa postura, stesso tono quasi autoritario.
Lo faceva sentire a disagio.
Esigeva una risposta, ma ottenne solo un paio di risposte balbuzienti.
-Ehm... ecco...-
-Come pensavo...- mormorò l'individuo incappucciato -E' quasi impossibile descrivere la tua paura. Il tuo timore nei suoi confronti. Fin da piccolo ti ha sempre fatto paura e ora che sei grande non hai la forza di esigere la tua indipendenza.-
La derisione l'aveva ottenuta comunque, anche se non aveva detto "no". Quei tipi di discorsi gli facevano male. Nell'anima. Nel punto in cui è impossibile vedere le ferite.
-Stai subendo tutto passivamente e non fai niente per ribellarti. E sappiamo entrambi che a te fa schifo vivere in questo stato. Se veramente desideri cambiare qualcosa, devi farlo, prima che sia troppo tardi e che tu, di conseguenza, te ne penti per tutta una vita!-
-I-io farei qualcosa, ma... ma non ho il coraggio di farlo! Se solo avessi il potere... io lo farei!-
-Sono solo giustificazioni, Franz! Tuo padre ti sta tarpando le ali da troppo tempo e tu non puoi restare fermo a guardare mentre ti rovina la vita!-
Quelle frasi si fecero sempre più pressanti nella mente di Franz. Stava quasi impazzendo dal'ira. Mai avrebbe immaginato che quell'uomo lo stesse facendo apposta. Non sapeva per quanto tempo avrebbe resistito.
Il pugnale che aveva scorto poco prima era davanti ai suoi occhi.
-Tieni. Questo ti farà liberare per sempre da tuo padre.-
Franz lo prese e lo studiò bene: sulla lama c'era inciso un nome, poco leggibile a causa della scarsa illuminazione.
-Che cos'è?-
-L'oggetto che ti libererà per sempre dai tuoi problemi.- fu la risposta.
-Sul serio? E come? Sembra un semplice pugnale...-
-Le apparenze possono ingannare, Franz. Quello che ora hai in mano è molto più di un semplice pugnale.-
-Mi stai dicendo di uccidere mio padre...?-
La voce dell'individuo si fece più profonda.
-La scelta è tua, Franz. Io ti sto solo dando un'opportunità. Se la accetterai, sarai finalmente libero da un peso che ti porti da sempre. se rifiuterai... allora i miei discorso sono stati veramente vani e tu sei davvero debole come sembri...-
Stava toccando un tasto dolente. La mano con il pugnale cominciò a tremare dalla rabbia.
-Ti è stata negata un'infanzia serena! Ti è stato negato il matrimonio! Se continui così ti verrà negato tutto! E tutto quello che avrai sarà solo vedere il tuo riflesso, il riflesso di un uomo incapace di affrontare suo padre!-
Era arrivato al limite.
Franz non poteva più resistere.
Strinse la mano con il pugnale, cacciò un urlo di rabbia e trapassò il petto dello sconosciuto.
Tutto il rancore e la rabbia per il padre lo sfogò con lui.
Si sentì improvvisamente strano.
Libero da un peso, ma subito sostituito da un grande senso di colpa.
L'individuo cadde supino sulla strada, boccheggiando.
Franz sgranò gli occhi e si inginocchiò accando a lui.
-O MIO DIO!- esclamò, mentre il cuore gli batteva forte -Mi dispiace, io non volevo...!-
Finalmente vide il volto dell'incappucciato: la pelle era veramente ruvida come la corteccia di un albero.
Tuttavia, improvvisamente, assunse sembianze umane.
Ma chi era quell'uomo?
-No... Non ti scusare, Franz...- balbettò l'altro, esalando i suoi ultimi respiri -Ero io che lo volevo...!-
-Aspetta... ma io ti conosco! Non lavori da mio padre?-
-Esatto... ecco perché è stato facile, per me, tenerti d'occhio...-
-Ma che cosa sei? Perché prima avevi quell'aspetto?-
-Io... sono un Signore Oscuro. Ho vissuto tanti, troppi anni tra angosce e roba simile. Dovevo trovare qualcuno adatto a porre fine alle mie sofferenze... e, a quanto pare, ho scelto bene...-
-Ma perché proprio io?-
-Perché...? E' molto semplice: io riconosco a distanza le anime disperate. Tu sei una di esse, se non una delle più disperate che io abbia mai incontrato... Nessuno merita il potere più di persone simili...-
-Il... potere?! Ma lo hai detto tu stesso che sono un essere insignificante, incapace di affrontare suo padre!-
-Questo lo dici tu, Franz... In te c'è del potenziale, che tu non sai di possedere... Avrai finalmente il potere di affrontare tuo padre e guadagnarti la tua libertà, figliolo. E quel pugnale... ci sarebbero troppe cose da dire a proposito, ma presto lo scoprirai da solo... però ricorda... qualunque cosa tu farai... la magia ha sempre un prezzo! Come quello che hai appena fatto...-
L'individuo esalò il suo ultimo respiro.
Franz sentiva qualcosa crescere in lui. Non erano i suoi sensi di colpa per aver ucciso un uomo. Sembrava come un fuoco che stava bruciando dal suo stomaco, fino ad arrivare al cervello.
Sentì il sangue pulsare nelle vene in modo quasi violento, da fargli temere che le sue vene si stessero per rompere, oltre a percepire un formicolio strano alle mani.
La risposta la ottenne appena diede un'occhiata al pugnale, macchiato di sangue: la scritta di poco prima era svanita.
Al suo posto c'era il suo nome, in lettere gotiche: Franz Kafka.
Impallidì al primo sguardo.
-Oh, no...-
Un altro formicolio si estese dalle dita dei piedi fino alla fronte.
E i suoi sentimenti negativi stavano crescendo senza che lui potesse prenderne il controllo.
Stava cambiando.
Dentro e fuori.
Herman, nel frattempo, era ancora nel suo studio, a riordinare dei fascicoli e delle cartelle. A causa della discussione con il figlio, non sentì il bisogno di dormire.
La notte era serena, tuttavia si verificò una violenta folata di vento che aprì la finestra dello studio.
Dei fogli volarono via e la candela che illuminava la stanza si spense, facendo infuriare l'uomo.
-Ah, diamine!- esclamò, riprendendo i fogli caduti -Ora mi tocca riordinare tutto! Ma prima è meglio chiudere la finestra, o accadrà di nuovo!-
-Non disturbarti, padre...-
Herman si voltò di scatto. Aveva sempre creduto di essere solo nella stanza.
Innanzi la finestra, chiusa, c'era una figura vestita di nero e con il volto coperto da un cappuccio nero. Gli occhi erano rosso fuoco, che osservavano minacciosi l'uomo.
-Franz, cosa fai qui?- domandò Herman, avendo riconosciuto il figlio dalla voce -Credevo fossi uscito!-
-Infatti lo ero. Ho camminato fino ad ora.- fu la risposta, con tono freddo -E ho avuto molto tempo per riflettere...-
-Se sei tornato per quella questione, conosci la mia risposta.-
-Sì. Immagino che tornerai a dire "Ma ne sei sicuro?" "Sei certo che ti ami?" e roba simile... No, sono venuto per parlare di... cose accadute molto prima. Di come tu mi hai sempre trattato male, di quella volta che mi hai rinchiuso fuori solo perché piangevo per un po' d'acqua e di tutte le altre.-
-Franz, non è che ti ho picchiato.- ribatté il padre, con tono sicuro -Io non ti ho mai picchiato! Quindi non puoi dire di essere stato trattato male da me, correggimi se sbaglio...-
Franz era tentato di dare una risposta affermativa, come suo solito, ma, in quel momento, i suoi sentimenti negativi stavano avendo la meglio sui suoi arcani sensi di colpa ogni volta che parlava al padre.
Lo imitava, nella posa fiera e nel tono sicuro.
-Oh, sì, invece...- disse, senza indugi -La tua violenza è sempre stata interiore, persino peggiore di quella fisica, perché non vedi le ferite...-
Herman sospirò.
-Sentiamo, cosa ti avrei fatto per farti parlare così, eh?-
Di nuovo il tono severo. Quello più temuto da Franz. Ma qualcosa lo stava spingendo a non cedere e questo lo faceva sentire meglio e più coraggioso.
-La tua presenza, padre...- ringhiò, girandogli intorno -Sono sempre stato invidioso di te, della tua persona, della tua corporatura, di come riuscissi a comandare praticamente tutto standotene seduto su una poltrona! La tua presenza è sempre stata il mio problema! Io continuo a vederti anche quando non ci sei! Tu abiti nella mia mente!-
L'uomo non sapeva se essere furioso o sorpreso dall'atteggiamento del figlio. Ciò che lo colpì, fu il volto che riuscì a scorgere dal cappuccio.
-Franz... che ti è accaduto al volto? Sembri... diverso.-
Il figlio ridacchiò.
-E' vero.- fu la risposta -Sono cambiato, sono meglio di prima. E finalmente ho trovato il coraggio di dirti quello che penso di te, padre. Durante la mia camminata, ho incontrato uno dei tuoi dipendenti e ho compreso molte cose. Ora ti faccio vedere come.-
Con un gesto rapido, affondò la sua mano nel petto del padre, che sussultò da tale gesto.
Estirpò il cuore, mentre batteva ancora, luminoso, ma con qualche ombra sui lati.
Herman ansimò, temendo per la sua vita.
-E' tutta la vita che desideravo fare una cosa simile... solo che ero troppo inetto e debole per farlo...- commentò Franz, osservando quel cuore, sorridendo in modo strano -E soprattutto... è tutta una vita che volevo dirtelo: io ti odio.-
L'uomo continuò ad ansimare, impaurito, per la prima volta, dal figlio più insignificante.
Riuscì finalmente a vederlo in faccia: gli occhi rosso fuoco colmi di ira e rancore, la pelle ruvida e marrone e la mano mostruosa che teneva il suo cuore in mano.
Per la prima volta era lui quello intimorito dall'altro.
-Perché... lo stai facendo...Franz...?-
Il figlio lo osservò con aria fredda.
-Perché io sono... il Signore Oscuro.-
Dette tali parole, schiacciò il cuore che teneva in mano senza pensarci due volte.
Herman cadde per terra, morto.
Dopo tanto tempo, Franz sentì il suo petto leggero, come se avesse rimosso il macigno più pesante.
In condizioni normali si sarebbe messo a piangere, ma come Signore Oscuro sorrise malignamente, soddisfatto del suo gesto.
Franz Kafka non fu più lo stesso da allora.
-------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------
-Le cose, nella realtà, non andarono così. Franz Kafka morì prima del padre Herman, senza dichiarargli i sentimenti che provava per lui, descritti in "Lettera al padre"-
----------------------------------------------------------------------------------
Ultime note: il Signore Oscuro qui presente, da come avrete sicuramente capito, non è Tremotino, ma uno dei precedenti Signori Oscuri, addirittura prima di Zoso, forse. Il "What if?" è riferito anche a questo.


Dedicato a tutti coloro che si sentono oppressi dai genitori, a tutti coloro che hanno subito violenze da parte di essi, durante l'infanzia. Questa dovrebbe essere la parte in cui io dovrei dirvi cosa fare, per superare questo problema. Mi rincresce dirvi che non lo so, essendo anche io un'oppressa come Kafka. L'unica cosa che posso dirvi è... cercate di sopravvivere e proteggervi come potete dalle offese altrui, reagite, se necessario, perché valiamo molto di più di quanto tutti credono...
   
 
Leggi le 2 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Once Upon a Time / Vai alla pagina dell'autore: Lady I H V E Byron