Anime & Manga > Full Metal Alchemist
Segui la storia  |       
Autore: Laylath    14/07/2016    5 recensioni
Dal prologo:
"... Non lasciarmi!”
Quelle ultime due parole le procurarono un forte ed improvviso battito del cuore, risvegliandola bruscamente. Il buio era ancora attorno a lei, promessa di sicurezza ed oblio, ma qualcosa non andava.
Non riusciva più ad abbandonarsi ad esso come voleva.
Improvvisamente la sua memoria esplose di ricordi, di visi conosciuti, di voci che la chiamavano con insistenza...
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Riza Hawkeye, Team Mustang
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
 <<  
- Questa storia fa parte della serie 'Military memories'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Epilogo
1917. Guardando verso il futuro




 
“Va bene, ti concedo di essere sincera – annaspò Rebecca con aria trafelata, lisciandosi per l’ultima volta la larga gonna dell’abito da sposa e guardandosi allo specchio – sono ridicola, vero?”
“Sei ridicola nel farti tutte queste paranoie – sbuffò Riza, non riuscendo a reprimere un sorriso. Le andò accanto e le mise le mani sulle spalle – sei bellissima, Reby, sul serio”
“Dannazione – sospirò la mora, guardando le loro immagini riflesse allo specchio, sposa e damigella d’onore – ci pensi che tra poco sarò la signora Havoc? Credi che stia facendo il più grosso errore della mia vita a legarmi per sempre a quell’idiota?”
“Credo che quell’idiota stia facendo le medesime domande al povero Breda – la prese in giro Riza, posando il capo sulla spalla dell’amica, i corti capelli biondi che andavano a mischiarsi con quelli scuri e mossi – ehi, Rebecca Catalina, ti ricordi quando in accademia mangiavamo di nascosto i cioccolatini e mi parlavi dei tuoi grandi progetti d’amore? Direi che ce l’hai fatta, no? Forse lui non è ricchissimo e di successo come ti immaginavi, ma a parer mio è molto meglio: è quello giusto per te, credimi”
Nemmeno otto anni fa… così poco tempo era passato da quando erano cadette d’accademia della generazione votata alla guerra. Eppure sembrava un’esistenza intera, specie ora che davanti a una di loro si spalancavano le porte di una vita completamente diversa. Ormai Rebecca da qualche mese non era più una soldatessa dato che le leggi anti fraternizzazione impedivano a due militari di sposarsi, ma nella coppia nessuno aveva mai avuto dubbi su chi avrebbe lasciato la divisa. Del resto non era sempre stato quello il progetto della mora?
“L’accademia e le nostre festicciole notturne – sospirò Rebecca, mentre il suo viso si ammorbidiva in un sorriso stranamente dolce e nostalgico che faceva intuire quando buono fosse il suo animo – sai, amica mia, quando ero in guerra ed il pericolo di morire era sempre dietro l’angolo, la notte mi veniva da piangere e mi dicevo che non era giusto: mi dicevo che non sarei dovuta morire così giovane, che mi dovevo sposare e aver te come damigella d’onore… supplicavo che la guerra non mi portasse via tutti questi progetti. Ed ora eccoci qua: 12 luglio 1917, il mio matrimonio”
“Ehi, sposa – le consigliò l’amica, sistemandole una ciocca di capelli dietro l’orecchio – le lacrime per dopo. Adesso rischi di rovinarti il trucco”
“Beh dai – tirò su col naso la mora – mi distrarrò pensando al fatto che a questo giro non ti sei potuta tirare indietro: vedere Riza Hawkeye in un così bell’abito da damigella è un evento più unico che raro. Le foto verranno conservate con cura, parola mia: sono da lasciare ai posteri”
“Davvero spiritosa!” fece un finto broncio l’altra, tuttavia affascinata dall’abito azzurro chiaro che metteva splendidamente in risalto la sua persona. Quasi quasi rimpiangeva di essersi tagliata i capelli qualche mese prima: lunghi e sciolti sulla schiena avrebbero fatto una gran figura.
“Ehi, sorellona – chiamò la sorella di Rebecca, bussando discretamente alla porta – mamma dice che è ora di andare. Hai finito di prepararti?”
“Sono pronta – rispose lei – un minuto e scendiamo”
Le due amiche si guardarono ancora per qualche istante riflesse nello specchio: i loro corpi giovani, i loro visi freschi e ridenti sembravano parlare solo di speranza per il futuro. Niente dolore o paura, la guerra così come quanto era successo poco più di un anno prima dovevano essere lasciati da parte: quel giorno, per quel matrimonio, ci dovevano essere solo gioia e felicità.
“Sei pronta, Catalina?” chiese Riza, stringendole la mano.
“Mai stata più pronta” rispose Rebecca.
 
Diverse ore dopo, quando ormai il sole iniziava a calare, il cortile dove si era svolta la grande festa vedeva ormai pochi invitati. Si respirava una grande tranquillità tra quei tavoli ormai vuoti con le tovaglie bianche spiegazzate, dove ancora stavano piattini con resti di torta, bicchieri ancora pieni a metà, bottiglie, confetti, petali di fiori bianchi e rosa… era la conclusione di un matrimonio ben riuscito dove si era festeggiato alla grande con risate, scherzi, canti e balli.
I neo sposi erano esausti: si erano lasciati andare in un dondolo che stava leggermente lontano dai tavoli e sembravano chiacchierare sommessamente, Rebecca sdraiata con la testa posata sul grembo del marito. Le gambe erano comodamente sul bordo del dondolo e la gonna dell’abito si era in parte sollevata, lasciando vedere i piedi ormai scalzi e le gambe snelle e candide. Havoc, rimasto in camicia e con la cravatta mezzo sciolta, teneva il braccio sinistro dietro la nuca mentre il destro stava posato sul ventre di lei.
Riza in quel momento decise di imitare l’amica e si levò le scarpe con discrezione, emettendo un sospiro di sollievo quando i suoi piedi furono finalmente liberi da quella tortura. Calzature bellissime, per carità, ma non avevano un briciolo della comodità degli stivali militari.
Si passò una mano tra i corti capelli biondi e spostò lo sguardo sul bouquet che giaceva sul tavolo vicino a lei.
Ancora non riusciva a capire come le fosse capitato tra le mani, rimbalzando tra varie invitate che avevano cercato di prenderlo al volo nel momento del lancio.
“Sarai la prossima a sposarti, tenente, ne sei consapevole?” chiese Mustang sedendosi accanto a lei e offrendole un bicchiere pieno di succo di spremuta d’arancia. Una vera fortuna dato che non aveva nessuna voglia di eccedere con gli alcolici e i brindisi in onore degli sposi le erano già bastati.
“E’ solo una tradizione – scosse il capo lei, sfiorando appena il nastro bianco alla base del bouquet – senza contare che mi è praticamente caduto addosso: credo che sia valido solo se cerchi di prenderlo. Gli altri sono andati via?”
“Falman con moglie e figlio sono andati via già qualche ora fa”
“Sì, loro li ho salutati. Spero che lei stia bene, non aveva una bella faccia nell’ultima parte del ricevimento”
“Forse sono stati il caldo e la stanchezza, tutto qui”
“Fury e Breda?”
“Credo che siano da qualche parte dentro il locale, esausti pure loro quanto noi”
“Non ha per niente la faccia esausta, colonnello – sorrise Riza – fa la sua splendida figura come sempre. Tutti gli occhi femminili erano per lei a questo matrimonio”
“Lo scapolo d’oro? – ridacchiò Mustang, allentandosi con eleganza l’ascot grigio scuro. Tutti loro avevano approvato la richiesta di Rebecca di non indossare l’uniforme – Continuo dunque a mantenere questa nomea qui ad East City? Eppure mi sono dato una calmata con le uscite galanti”
“Se ne faccia una ragione”
“Comunque è stata una bella festa, rumorosa com’era tipico di Havoc e della sua consorte: scommetto che a breve ci delizieranno con un marmocchio”
“Con tutta probabilità” Riza non poté far a meno di arrossire, pensando a quando Rebecca le aveva confidato, anni prima, che il suo rapporto con Havoc andava ben oltre i baci.
“Ehilà, eccovi – salutò Breda, arrivando assieme a Fury – ci stavamo giusto chiedendo se eravate andati via senza salutare”
“No, siamo rimasti a goderci questi attimi di tranquillità – strizzò l’occhio Mustang – il tenente è così rilassato che si è persino levata le scarpe”
“Colonnello, la prego!” esclamò Riza, nascondendo i piedi sotto il tavolo dalla lunga tovaglia.
“Oh accidenti! Quale segno di umanità – ridacchiò Breda mentre con il sergente si sedeva al tavolo – non ci faccia caso, signora: quelle scarpe che indossava sembravano tutto meno che comode”
“Hai proprio indovinato…” sospirò lei, pensando con piacere al pediluvio che si sarebbe concessa una volta a casa.
“Non che questi abiti siano da meno – le fece eco Fury – ammetto che preferisco di gran lunga la divisa”
“Coraggio che da domani la rimetti – lo prese in giro Mustang – proprio ieri parlavo al telefono con Grumman e finalmente le mie proposte sulla ricostruzione di Ishval sono state approvate. Da settembre inizieranno i lavori”
“Questa è una grande notizia – annuì Breda, prendendo una bottiglia ancora piena dal tavolo e bevendone un sorso, alla faccia dell’etichetta – e vuol dire che dovremo fare parecchi viaggi da qui ad Ishval. Se la conosco bene, signore, ha intenzione di seguire tutte le fasi da vicino”
“Confermo che mi conosci bene – sorrise con aria di scusa Mustang – del resto è il minimo che possa fare dopo la guerra civile. E questo vuol dire che chiederò alla mia squadra di seguirmi: spero che il clima desertico non vi dia troppo fastidio”
“Pronti come sempre, colonnello” garantì Fury
“Non avevo dubbi, ma suvvia, adesso godiamoci questa quiete di luglio – invitò Mustang – un ultimo giro di champagne in onore degli sposi. E soprattutto in onore dei rispettivi migliori amici, qui presenti al tavolo, che dovranno appianare i futuri litigi coniugali”
Riza e Breda si scambiarono un’occhiata sconsolata, ma come testimone e damigella d’onore si erano assunti anche questo compito. Non era colpa loro se i rispettivi migliori amici avevano dei caratteri simili.
Anche se a vederli ora non si direbbe – sorrise la bionda, guardando poi i due sposi.
Per loro ne sarebbe valsa la pena.
 
Poco più di un mese dopo, a fine agosto, mancava ormai poco alla partenza per quella che sarebbe diventata New Ishval. La vecchia linea ferroviaria che, anni prima, aveva trasportato tanti soldati al fronte, era stata rimessa a nuovo e nelle ultime settimane aveva visto un grosso traffico di materiali da costruzione, scorte alimentari, operai e, soprattutto, tantissimi ishvalani che avevano raccolto l’invito a tornare nella loro terra natia.
Il primo settembre sarebbero iniziati ufficialmente i lavori di ricostruzione: un progetto ambizioso che prevedeva una vera e propria rifondazione di Ishval. Sarebbe stato un percorso lungo e difficile, su questo non c’erano dubbi: se la ricostruzione materiale non avrebbe creato troppi problemi, ben altro sarebbe stato trovare un giusto equilibrio tra il popolo dagli occhi rossi e la gente di Amestris. New Ishval, nell’idea di Mustang, si profilava come una zona con diverse autonomie rispetto agli altri distretti e questo non sarebbe piaciuto a molti. Senza contare che una buona parte degli ishvalani, a lavori completi se non prima, avrebbe preteso una completa indipendenza.
Insomma ci sarebbe stato davvero tanto lavoro da fare, ma il colonnello con la sua squadra non ne erano spaventati, piuttosto motivati. In particolare Riza finalmente vedeva realizzate le parole di quel giovane soldato che, anni prima, gli confidava le sue speranze davanti alla tomba di suo padre. Era quello il ruolo che l’esercito doveva avere: aiutare le persone, non distruggere.
Lo pensò proprio mentre la jeep si fermava davanti alla vecchia villetta degli Hawkeye, in un piccolo angolo di mondo dove non credeva avrebbe mai rimesso piede.
Il cortile ormai invaso dalle erbacce, dove uno dei pali che sostenevano i fili per stendere era crollato, ormai marcito. Per il resto il davanti del villino era coperto da rampicanti, muffe e quanto altro dando un senso d’abbandono veramente tangibile.
Del resto erano passati più di dieci anni.
Dal retro della jeep recuperò alcune scatole di cartone: la sua intenzione era di recuperare i vecchi libri di poesia di sua madre, ma in realtà qualche giorno prima, visitando la tomba della signorina Elliot, si era resa conto che era da tanto tempo che non tornava lì. E forse era il caso di chiudere i conti anche con quel passato.
“Riza Hawkeye, sei davvero tu?” disse una voce che riaffiorava dai ricordi.
 
Gli anni passavano anche per la signora Berth, che adesso doveva esser prossima ai settanta.
Eppure la sua figura grassoccia continuava a mantenere quella vitalità che Riza le aveva sempre attribuito. Anche ora che era vedova andava avanti con la sua vita, mantenendo i rapporti con quei pochi vicini che c’erano in quel gruppetto di casette un po’ distanti uno dall’altra.
La sua cucina era sempre immacolata e non mancava mai l’odore di qualche pietanza.
Mentre attendeva che venisse servita una torta con del succo di more, Riza non poté far a meno di notare la tovaglia che sapeva di bucato, i vasetti di fiori alla finestra, le stoviglie ben lavate. E subito fuori l’orticello ed il recinto dove zampettavano allegre alcune galline.
Faceva davvero specie pensare che solo uno steccato di legno separava quella casa tutto sommato confortevole da una villetta ormai in rovina.
“Ma guardati, cara – commentò la donna, arrivando con un piatto da portata con la torta già tagliata a fette – sei davvero splendida. E la divisa ti sta davvero bene”
“La ringrazio, signora, e lei non è molto cambiata”
“Oh, non me ne parlare, gli acciacchi dell’età si fanno sentire. Quindi vuoi recuperare quei libri, eh? Tua madre ne sarebbe felice. Me li ricordo, stavano nel suo salotto: erano di gran pregio”
“Già”
“Senti, ma poi l’hai più rivisto quel giovane? – chiese ancora la curiosa vicina, dimostrando come l’età non avesse diminuito la sua voglia di pettegolezzo – Sai di chi parlo, dell’allievo di tuo padre”
“Lavoro con lui – spiegò Riza con semplicità – è il mio superiore. Verrà presto nominato generale e si occuperà della ricostruzione di Ishval… sa, la guerra civile di anni fa”
“Ah… ah, sì – annuì distrattamente la donna – forse ne parlava il droghiere la settimana prima. Ma cosa vuoi che ne sappia una povera vecchia di cose così importanti”
Infatti non era il caso di parlarne: fu facile dirottare l’argomento sulla signorina Elliot e su altre cose più frivole. Solo dopo qualche ora la giovane fu finalmente libera di mettere piede nella sua vecchia casa.
La chiave girò con difficoltà nella serratura e la porta cigolò sinistramente mentre un forte odore di chiuso costringeva Riza ad indietreggiare. Lasciando aperta la soglia, andò in cucina ed aprì con difficoltà la finestra e poi procedette a fare lo stesso con quella del salotto. Adesso nella parte anteriore della casa c’era abbastanza luce per vedere lo strato di polvere che si era accumulato negli anni. I mobili, che lei non aveva avuto cura di coprire con vecchi lenzuoli, ne erano pregi e ogni movimento scatenava una piccola tempesta.
Cercando di trattenere gli inevitabili starnuti, Riza si recò in salotto con le scatole di cartone, ricordando quella ragazzina che aveva ingaggiato una lotta estenuante contro la trascuratezza della villetta.
Le sue prime battaglie, le sue prime piccole vittorie.
I piccoli volumi stavano nel mobiletto di legno: fortunatamente la polvere aveva avuto poco spazio per infilarsi ed erano relativamente illesi. Li recuperò tutti, contandoli: tra romanzi e poesie erano una trentina.
Una volta portati fuori li caricò nella macchina e richiuse di nuovo la casa.
Forse non ci sarebbe mai più tornata, ma non poteva dirlo con certezza.
In teoria sarebbe dovuta tornare ad East City, quindi era meglio prendere congedo dalla vecchia vicina e partire.
Ma i suoi occhi si volsero verso il sentiero.
 
Il vecchio cimitero era come lo ricordava, sebbene ci fosse andata solo poche volte nella sua giovinezza. Forse c’era qualche sepoltura in più, ma le due povere tombe, una accanto all’altra, erano sempre le stesse. Qualche ramo in più, l’erba secca attorno, facevano malinconia e tristezza.
La soldatessa si chino accanto a quella di sua madre e levò una brutta erbaccia. Pensò che avrebbe dovuto parlarne a suo nonno, magari le avrebbe dato una sepoltura più degna. Ripensò a quel viso malinconico, devastato dalla tisi… provò dolore, ma durò poco. Era un dolce e triste ricordo che spariva piano piano: aveva smesso di soffrire.
Poi, finalmente, volse lo sguardo a quell’altra.
Berthold Hawkeye 1860 – 1905
Rimase lì a fissarla con aria apatica, mentre la sua mente rimuginava tutto il dolore e la sofferenza che le aveva provocato quella persona che una volta aveva chiamato padre. Gli disse tante cose mentalmente, tutte quelle cose che una ragazzina spaventata non aveva la forza di dire.
Ma ora c’era la soldatessa, la donna.
E i suoi ultimi pensieri, prima di lasciar andare del tutto quella scomoda figura, furono i seguenti
 
E ora sono qui, la quarta ed ultima volta davanti alla tua tomba, papà.
E’ passato tanto tempo: quei due ragazzi che c’erano al tuo funerale sono cresciuti tantissimo e sono riusciti a cambiare il mondo, come avevano sempre voluto.
Non è stato facile e ci è costato tanto dolore e sacrificio, ma ora possiamo guardarci negli occhi e dire che ce l’abbiamo fatta. Persino Ishval sta risorgendo dalle sue ceneri… come la fenice, quell’uccello di fuoco che tanto ispirava la tua alchimia. Ma non è stata l’alchimia a far rinascere quel paese: è stato lo sforzo di decine di persone che ci hanno creduto. C’era anche lui, certamente, ma non è stato per le sue fiamme che io e gli altri l’abbiamo seguito… l’abbiamo fatto perché è una persona eccezionale che non ha mai smesso di sognare e credere, anche quando sembrava impossibile; anche quando tutto il mondo sembrava contro di lui.
Ed, inoltre, sai una cosa, papà? Quest’ultima volta che vengo a trovarti lo faccio con la consapevolezza di non essere sola. Ora ho una famiglia. E non è fatta di legami di sangue… la nostra storia ha dimostrato che a volte questi valgono ben poco.
No, sono semplicemente gli uomini della mia squadra. Vuoi sapere i loro nomi? Roy, Jean, Heymans, Vato, Kain e Black Hayate… persino un cagnolino ha avuto più considerazione per me.
Avresti molto da imparare da loro, caro papà. Impareresti che per cambiare la vita di una persona basta davvero poco, semplici gesti quotidiani che ti fanno sorridere. Mi rammarico: tu non sai cosa vuol dire sentire l’odore rassicurante di una sigaretta, o quello di roba da mangiare che viene puntualmente offerta. Non hai mai visto un sorriso sincero in una persona che ti porge un libro o quello imbarazzato di un ragazzo che ha portato di nascosto in ufficio un cucciolo trovato sotto la pioggia. 
Non sai cosa vuol dire preoccuparsi davvero l’uno per l’altro.
Avresti potuto trovarle in me cose simili, non sai quanto l’avrei voluto, ma non me l’hai permesso. 
Ma con loro è diverso: per loro sono importante e non una persona indesiderata.
Tu non desideravi altro che la tua alchimia. 
Non hai voluto accettare nemmeno che nei suoi occhi brillassero tanti ideali che andavano al di fuori di essa.
Ma l’alchimia per lui non è tutto, anzi, è forse l’ultima delle sue priorità.
Lui non sarà mai come te, Berthold Hawkeye. 
E non hai idea di quanto questo mi renda felice. 

 
Perché adesso lei era felice e guardava al futuro ed era questo che contava.







____________________
E finalmente siamo arrivati alla fine di questa sofferta long su Riza.
La facciamo finire dove era iniziata tutta la sua storia, in quel sperduto angolo di mondo dove si era piano piano affacciata alla vita, supportata da figure come la signorina Elliot e l'allievo venuto da lontano. Ne è passata di acqua sotto i ponti da quegli anni, vero?
Adesso Riza è soldatessa, è donna, è sicura di sè: stare davanti a quella tomba non la mette più in soggezione e così si affranca del tutto dalla figura paterna che tanto l'ha tormentata. Quell'ultimo pensiero l'ho recuperato dalla mia one shot In front of the grave (sì, questa long è stata diverse volte un copia ed incolla di vecchie storie, ma non è colpa mia se Riza era già stata trattata da altri punti di vista e la mia spropositata coerenza u.u)

Bene, che altro dire?
Vi ringrazio sentitamente per avermi seguito anche in quest'avventura: ringrazio chi l'ha recensita (in particolare Green Star, xingxhan, Alsha e narclinghe, ormai mie affezionate lettrici), chi l'ha seguita/ricordata/preferita e così via. Chi vuole lasciare anche una breve recensione finale mi farà davvero piacere :)

Per il resto, chi segue la mia pagina fb (che trovate nel mio profilo), sa già che a settembre ho intenzione di far partire l'atteso seguito di Un anno per crescere, quindi tornerò bella attiva dopo le vacanze.

Un saluto a tutti
Laylath




 
  
Leggi le 5 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Full Metal Alchemist / Vai alla pagina dell'autore: Laylath