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Autore: Tilpion    15/07/2016    0 recensioni
Sette personaggi si risvegliano in un sotterraneo. A un certo punto vengono aggrediti da sei orchetti, ma questo è solo l'inizio di qualcosa più grande. Attenzione: Il primo capitolo è in italiano un po' arcaico, perciò se non lo sopportate, vi conviene passare al successivo.
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna, Shonen-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ma dico, questi rozzi esseri che mi circondano riusciranno mai ad avere un minimo di classe? E’ altamente frustrante questa situazione: trovarsi con una comitiva di gente, una più bifolca dell’altra. Spero solo che con la mia presenza impareranno qualcosa, per esempio come si può farsi ubbidire o convincere gli altri di essere una soggetto veramente speciale e fantastico solo con la presenza. Perlomeno questi bruti una funzione utile ce l’hanno: far strage di nemici, affinché io possa appropriarmi dei loro averi. Del resto tutti le persone con un briciolo di stile hanno un seguito e dovrà pur essergli utile a qualcosa. Certo è un ben strano gruppo: un sudicio nano costantemente dietro a disdicevoli abitudini, un elfo botanico con una smania per gli animali assolutamente indecorosa, un mezzelfo che dice di essere di stirpe regale, ma non ha fatto niente per dimostrarlo, con il volto sfregiato, un volgare ladro di cui non ho ancora capito l’utilità, anche se almeno è più sveglio degli altri e non si perde dietro a comportamenti moralmente corretti e infine un citrullo che blatera di bontà e legalità. Uno più rozzo dell’altro.
Ahi! Maledizione a queste miserabili rune, ogni volta che penso qualcosa che non sia pieno di buone intenzioni, ho fitte alla testa. Purtroppo mi conviene mantenere il contatto con il drago poiché sto imparando cose assai interessanti. In ogni modo, ci allontanammo dalla locanda il mattino presto, disgustato dal trambusto della notte. Dovetti sopportare a lungo il nano che continuava a bofonchiare contro la figura che aveva visto scappare. Comunque arrivammo al villaggio. “Finalmente” pensai “speriamo che ci sia qualcosa di utile per far fruttare i proventi del mio bottino conquistato”. Rimasi immediatamente deluso: era un povero villaggio di pezzenti con poche case malandate e una ridicola palizzata di legno come difesa. “Orsù, è andata così per stavolta; la prossima cercherò una luogo più decente”. Entrammo e notai che si erano pure dimenticati di lasciare una guardia sulla torre d’ingresso. Vedemmo in mezzo alla strada un uomo che parlava e per il resto la strada era deserta. Mi accostai a lui e dissi “Mi dica buonuomo, in che posto ci troviamo, di grazia?” “Un attimo, devo finire di parlare con lui” rispose indicando un punto vuoto davanti a sé. “Magnificamente! Oltre che sono con un gruppo di cenciosi in un villaggio squallido, gli abitanti sono degl’imbecilli. Che situazione ridicola!” “Grazie mille, buonuomo!” “Noblesse oblige, sopporterò anche questo”. Proseguimmo verso la piazza e, con mia somma frustrazione, rividi la scena precedente: poche e sparute persone la cui gran parte parlava con l’aria. La cosa cominciava a impensierirmi; poiché capita di imbattersi nello scemo del villaggio, ma un intero paesino ammattito è un fatto altresì curioso e vagamente sinistro. Certo è risaputo che i villici hanno uno scarso acume, a differenza di certi individui che nascono superiori, tuttavia una situazione di totale assenza di intelletto era grave persino per loro. In ogni modo optammo di andare verso quelle che parevano bottegucce che producevano squallidi utensili per clienti privi di qualsiasi raffinatezza, che non pensano ad altro che a riempirsi la pancia. Che squallore! Le inusuali stravaganze aumentarono. Infatti i vari laboratori erano deserti, mentre gli abitanti ci avevano assicurato che i loro proprietari erano presenti. Non si erano smentiti i mentecatti. Pensai che giustamente avrei potuto usufruire delle cianfrusaglie incustodite, ma con simili moralisti nei paraggi era sconsigliabile, giacché si avrebbero cominciato discorsi ampollosi e tediosi sul rispetto della legge ed altri simili sciocchezze. Non valeva neanche intavolare una qualsiasi sorta di discussione. Sarebbe stato fiato sprecato. I miei cosiddetti gregari si erano accorti delle stranezze, non avrei mai creduto che fossero così perspicaci, e arrivarono alla brillante e inaspettata conclusione che bisogna scoprire il perché di ciò. Niente da dire, sono finito in una congrega di maghi e saggi. In ogni caso ci avviamo verso il municipio cittadino. “Abbisogna che li magistrati ricevano lo avviso di cotali stranezze!” affermò il citrullo. Oserei affermare che fu la stessa madre a farlo cadere dal seggiolone per fargli battere la testa e reiterò il processo. Arrivati all’edificio con nonchalance mi posi davanti alla porta per primo. Non c’era neanche da discuterne: chi e se non io, l’unico dotato di fascino, carisma, affabilità, raffinatezza e abilità oratorie, poteva trattare in maniera decente e vantaggiosa con le autorità? Ci aprì un uomo sulla trentina che si presentò come adepto del villaggio. Chiesi di essere ammesso alla presenza della massima autorità cittadina e lui replicò che ci avrebbe portato dal capitano delle guardie. Ci accompagnò su per le scale e ci introdusse in una stanzuccia povera e grezza dove l’unico mobilio era una scrivania in legno scadente vuota. E l’uomo ci esortò: “Capitano ci sono degli stranieri che vogliono parlarvi.”. “Questa sottospecie di guaritore ha inalato troppi fumi di alcol a furia di disinfettare ferite”. Cercai gentilmente di fargli capire a quel povero mentecatto che non c’era nessuno seduto sulla sedia, ma era cocciuto come un somaro; come del resto tutti i campagnoli, sarà un fenomeno di reciproca influenza tra le due bestie. Me ne andai, prima che mi venisse voglia di lanciargli contro a quel baggiano un raggio di gelo, apostrofandolo sottovoce. Mi concessi il divertimento di inchinarmi al capitano prima di uscire, tanto per continuare a prenderlo in giro. Non appena fummo nel quadrato di terra battuta che gli abitanti immagino chiamassero piazza, mi diedi da fare per trovare un interlocutore nel villaggio con un minimo di qualifica da cui ottenere preziose informazioni. In breve, mi fu indicata un palazzotto che dava sulla piazza. Si trattava dell’abitazione dell’unico nobile. “Alfin riuscirò a parlare con qualcuno all’altezza”. Diedi disposizione ai barbagianni che mi seguivano; non persi nemmeno tempo a spiegargli il perché di come si dovevano comportare, come potevano capire anche solo minimamente i concetti di eleganza e di bon ton. Inoltre indossai il mio abito da cerimonia, tanto per sottolineare la differenza oggettiva tra me e gli altri.
Fummo introdotti in casa da un servitore. Constatai che era ammattito come tutti gli altri abitanti. Il nobile ci accolse con garbo e la stanza in cui ci trovavamo era ben arredata, anche se un po’ provincialotta. Dopo i convenevoli, cercai di impossessarmi di tutte le possibili informazioni, cosa che risultò estremamente difficoltosa, a causa degli importune, deficienti, inutili e continue interruzioni del signor Bontà e Giustizia. Per cercare di farlo tacere ricorsi a vari ceffoni sulla nuca e “Stai zitto”. Alla fine riuscimmo ad ottenere poco. Non capisco neanche come facemmo, anzi no, lo so: c’ero io. Scoprimmo che tutti i cittadini, nobile compreso, erano così da più di un mese. A quel punto ci ritirammo in una stamberga da quattro soldi, l’unica ovviamente. Non capivamo cosa stava succedendo ma l’avremmo scoperto a breve. Chiedemmo a quello che pareva il proprietario una stanza e un tavolo a cui mangiare. “ Mi spiace, ma siamo pieni, come potete vedere”, tutti i tavoli erano completamente vuoti. “Dannato pezzente cerebroleso, che tu possa rimanere nella tua infimità”. Cominciavo a pensare che tutto fosse una specie di complotto o scherzo solo per sfibrare la mia mente superiore che mal sopporta simili rozze e stupide stramberie. Ad ogni modo ci dirigemmo al piano di sopra, quello delle camere. Il ladro decise di aprire alcune porte, giusto per passare il tempo. E constatammo un fatto molto strano tutte le stanze erano occupate da gente che dormiva, a parte la nostra. Ripensandoci, mi sovvenne che l’oste aveva affermato che la nostra stanza fosse l’unica rimasta libera. Comincia a nutrire dei sospetti. Tentammo di svegliare uno dei tizi, ma non ci fu verso per svegliarlo. Reiterammo il processo ad altri inquilini, ma il risultato fu il medesimo: continuavano a russare indecorosamente. A quel punto ci riunimmo e dopo attente deduzioni, elaborate da me medesimo, arrivammo alla conclusione che metà della città dormiva e l’altra parte era in preda ad allucinazioni che gli facessero credere che tutto fosse normale. A quel punto io e il botanofil iniziammo a sondare i paraggi con i nostri poteri in cerca di una possibile fonte di quel maleficio e la individuai nord del villaggio, poco lontano dalle mura. Ci riposammo la notte, così che il mattino dopo ci dirigemmo verso il luogo da me indicato. Procedendo in tal maniera, ci ritrovammo davanti a una specie di enorme buco nel terreno, “Percepisco una grava presenzia in codesto loco” disse il citrullo. “Sempre ovvio non cambierà mai”. Caricai la mia balestra per dare man forte dalle retrovie. Non si rischia di perdere l’elemento migliore mandandolo in prima linea; è contro qualsiasi concezione strategica. Oltre al fatto che non volevo rischiare la vita del mio famiglio. Ah, già non ve ne ho accennato. E’ una donnola veramente intelligente che prende tutta dal suo padrone ed è particolarmente intelligente, a differenza di certe gente che mi circonda. In ogni modo, lo zoofilo evocò dei globi di luce fluttuanti e li mandò dinnanzi a noi. Ci addentrammo nel tunnel e subito fummo attaccati da una creatura umana dalla vita in su, mentre il resto era un ammasso di carne informe. Subito tutti si slanciarono con furia omicida su di lui, menando fendenti ed scagliandoli contro varie magie verdognole. Peggio dei barbari. Perfino il gufo di compagnia del fitofilo era impegnato con un corvo grosso ed orrendo, con brandelli di carne scoperti e gli occhi di fuoco. Io, da ottimo stratega quale sono, notai subito una figura scura e slanciata poco dietro il mostro: un drow. “Sicuramente il mago che l’ha evocato”. Nonostante la barriera difensiva che aveva evocato lo abbattei in due colpi e immediatamente i nostri avversari scomparvero. In fondo al tunnel c’era un giaciglio. Frugammo e prendemmo i pochi spiccioli che c’erano. Un’altra scabrosa situazione risolta brillantemente da me. Ritornammo al villaggio tutti soddisfatti. Appena entrati, vidi un villico da solo e gli chiesi: “Plebeo, come…” “Un attimo, che sto parlando con lui” indicando il vuoto. “Cosa?!?”. La maledizione non era stata spezzata.
   
 
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