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Autore: LadySissi    16/07/2016    0 recensioni
"Era il pomeriggio ormai inoltrato di un venerdì di febbraio. Durante la notte era caduta altra neve; un sottile strato, più fresco dei precedenti, ricopriva il ghiaccio che non accennava a sciogliersi già da diversi giorni. Di conseguenza, anche il cielo notturno aveva assunto delle sfumature violette. Non era uno spettacolo frequente in pianura; poteva capitare, al massimo, un paio di volte ogni inverno, di più se la stagione era particolarmente rigida. Ma ormai erano quasi dieci giorni che la città era stretta in una morsa di gelo. E proprio in questo periodo, pensò."
Certe persone faranno sempre parte di te, anche se sei costretta a lasciarle andare.
Questa è la storia del viaggio di una ragazza, grazie a loro e dopo di loro.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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NOTA AUTORE: Cari lettori, ecco a voi il terzo e penultimo capitolo di questa raccolta, forse il più difficile da scrivere per me. Grazie a quanti hanno letto finora. Se vi va, lasciate pure un commento.
Vi ringrazio anticipatamente per la vostra attenzione :-)


 

I WISH YOU WOULD
(Novembre 2015)



 

(Citazioni tratte da: I wish you would, Taylor Swift)

Sono le 2 di notte, nella tua macchina

finestre giù, oltrepassano la mia strada, iniziano i ricordi

dici che è nel passato, perché ora pensi che io ti odi

immagino che tu ancora non sappia quello che non ho mai detto


 

La macchina era gelida, e non si sarebbe scaldata in quel breve tragitto che l'aspettava. Era quasi Dicembre ed il freddo era calato da tempo.
 

Pensò che sarebbe stato difficile, da quel giorno in avanti, lavorare nella vecchia casa della nonna P. La temperatura, in quei locali vecchi ed umidi, era già fredda da Settembre, e non c'erano dubbi che, nelle prossime settimane, si sarebbero raggiunte delle temperature polari.

Negli ultimi mesi, aveva imparato a fare la pace con quella casa, che, da luogo magico dell'infanzia, si era trasformata a poco a poco in un luogo sempre più triste ed abbandonato.

Dopo oltre cinque mesi non aveva ancora imparato a venire a patti, però, con il senso di solitudine e di doloroso stupore che la accompagnava.

 

A volte si chiedeva se la nonna P. potesse vederla. Il più delle volte si divertiva ad immaginare i suoi commenti taglienti e le osservazioni che, mentre lei era in vita, l'avevano fatta perfino soffrire. Non avrebbe mai pensato che le parole che in passato le avevano procurato tanta rabbia l'avrebbero fatta sorridere un giorno.
 

Se solo lei l'avesse potuta sentire, non avrebbe fatto altro che ripeterle con tutte le sue forze che non la odiava.

Non avrebbe mai potuto farlo, nonostante la loro strada fosse stata irta di ostacoli.


 

Il rapporto con nonna P. non era mai stato facile, fin dalla prima infanzia. La nonna aveva un carattere difficile e capriccioso che rendeva difficile a molti starle vicino. Lei era poco più che una bambina, ma comprendeva che alcuni atteggiamenti della nonna non erano propriamente ordinari.

Il tentativo di metterla in rivalità con il fratello la spiazzava; la difficoltà che mostrava nel condurre i suoi compiti quotidiani era insolita; il suo dosaggio di pillole, infine, era a dir poco allarmante.

 

Passati gli anni dell'adolescenza, aveva iniziato ad informarsi, a fare collegamenti e, infine, ad arrivare alla verità. Aveva capito che la nonna P. aveva sempre sofferto di una malattia denominata depressione, e che faticava ancora ad uscirne.

Aveva provato a lungo ad andare d'accordo con lei come faceva con gli altri nonni, a comprenderla e ad accettarla. Tuttavia, anche a 14, 16, 18 anni le risultava difficile digerire le sue critiche gratuite, il suo sguardo giudicante, i suoi tentativi di manipolazione.
 

Quanto aveva criticato l'attenzione che sua nonna riservava sempre e solo all'apparenza! Tutto, per lei, si riduceva ad una mera questione di immagine. Le uniche sue preoccupazioni erano l'aspetto fisico della nipote, che cosa avrebbero pensato gli altri di lei, come lei stessa avrebbe potuto vantarsi con le altre signore.

Spalleggiata dal nonno, lei si era sempre fieramente opposta a questi suoi ossessivi controlli e soprattutto all'esposizione in pubblico (non era certo una scimmia ammaestrata!).


 

Il momento più difficile del loro rapporto era stato circa cinque anni prima, nel periodo coincidente con la malattia del nonno.

In quell'occasione, sua nonna P. aveva dimostrato una freddezza che l'aveva sconcertata.

Il nonno era amatissimo da tutti per il suo carattere, la sua disponibilità, il suo sorriso, la sua dolcezza. Tutti, in segreto o pubblicamente, piangevano il fatto che non ci fosse più niente da fare per lui.

L'unica persona che non sembrava curarsene era proprio sua nonna. Aveva addirittura manifestato la volontà di abbandonare il marito in una struttura ed aveva dichiarato che lei non sarebbe mai più andata a trovarlo.
 

Qualcosa si era rotto in seguito a quelle settimane infernali. In più momenti lei si era chiusa nella sua stanza, covando rabbia nei confronti di sua nonna e meditando di abbandonarla al suo destino e non considerarla più.

Non sapeva che, dopo la scomparsa del nonno, sarebbe iniziata una lunga salita. Un tortuoso percorso che le avrebbe consentito di imparare ad amare di nuovo la nonna.


 

sono le 2 di notte, nella mia stanza

le luci passano, il vetro della finestra, penso a te

dove può essere l'amore? In una via quaggiù

se vuoi correre e nasconderti, lui ti fa voltare

 

Nei primi anni subito dopo la scomparsa del nonno, la nonna si era impegnata alla grande per farsi odiare. Aveva maltrattato la sua famiglia, trattato tutti quanti come dei servitori e risposto con perfidia in svariate occasioni.

Più di una volta lei si era ritrovata a canticchiare, come un mantra, alcune parti di una canzone uscita da non molto: tutto quello che sei è cattiva! E una bugiarda, e patetica, e tutta sola nella vita… e cattiva, e cattiva, e cattiva!

Provava vergogna nel ripetersi questo, ma non poteva più sopportare di vedersi arrabbiata ed in pianto perché, per l'ennesima volta, la nonna le aveva mancato di rispetto e le aveva dato l'impressione di essere un oggetto.

Non poteva più reggere pranzi di famiglia che si trasformavano in litigi senza fine soltanto perché la nonna, in preda ad una della sue crisi, iniziava a recriminare, ad urlare ed a rovinare tutto, aggiungendo al tutto delle fintissime lacrime.

Aveva provato, senza successo, a fare degli sforzi di comprensione.

Poi, non più tardi di un anno e mezzo prima, qualcosa aveva iniziato lentamente a cambiare.


 

Nel corso di un weekend estivo, lei era tornata dallo stage che stava ultimando in quei giorni e, forse spinta dall'assenza dei genitori che in quei giorni erano partiti, aveva deciso di non lasciare sola la nonna e di passare a trovarla.

Nel momento in cui si era seduta di fronte a lei, però, aveva avvertito qualcosa di strano: le domande della nonna si ripetevano, lo sguardo era confuso, l'aspetto assente. Lei era abituata a domande che rasentavano l'interrogatorio, ad uno sguardo indagatore e ad una serie di frecciatine più o meno esplicite: per questo motivo si era tanto stupita di vedere nonna P. in quello stato.

 

Mese dopo mese, la demenza senile era avanzata ed aveva portato ad un graduale peggioramento dello stato di salute generale.

Non le faceva onore ammetterlo, ma lei non era mai stata così bene insieme a nonna P.: il problema mentale in corso, infatti, aveva scacciato quello precedente.

Era come se, per tutto il tempo precedente, ci fosse stato un mostro che occupava testa e cuore della nonna e la spingeva a comportarsi in maniera meschina.

In quel momento, però, il mostro aveva finalmente liberato la “vera” nonna, per quanto debole e fragile.

Finalmente, per quanto inusuale e difficile fosse, stava riuscendo ad avere con nonna P. il rapporto che aveva sempre desiderato.

 

tu hai sempre saputo quali miei tasti toccare

tu mi hai dato tutto e niente

questo folle folle amore ti fa venire correndo

e rimanere lì dove restavi

Vorrei l'avessi fatto, vorrei l'avessi fatto

 

Un anno e molti lavori precari dopo, era di nuovo estate.

Era giugno e lei era riuscita ad andare al mare con la sua famiglia per un weekend.

La quiete ed il relax, tuttavia, erano stati disturbati da una concitata telefonata: sembrava che nonna P. non stesse molto bene e fosse più confusa e svagata del solito.

Mentre passeggiava in riva al mare, lei si trovò a pensare che, per lei, si trattava di un film già visto, in quanto aveva già vissuto il travaglio di una nonna che peggiorava rapidamente.

Benedì il suo ritorno l'indomani mattina. Sentiva che, in qualche modo, la sua presenza fosse richiesta a casa.

 

La mattina successiva lei e la sua famiglia erano in macchina, e stavano quasi raggiungendo casa, quando avevano ricevuto un'altra chiamata.

Non c'era stato niente da fare.

Nessuno avrebbe mai saputo dire che cosa fosse successo.

Semplicemente nonna P. se n'era andata, forse capendo quello che le stava succedendo.

Lei aveva sempre voluto decidere e controllare tutto, e così era stato anche alla fine.

Proprio dopo averle dato tutto il suo meglio, era riuscita, per l'ennesima volta, a lasciarla senza niente.


 

Tutto quello che era in grado di ricordare in seguito di quel giorno era stata una continua e piuttosto futile corsa.

Una corsa all'ospedale, e poi a casa propria, ed a casa dei nonni.

Una corsa per agguantare il telefono che continuava a suonare, e per richiamare a sua volta altre persone che non facevano altro che chiedere “ma come? Ma perché?”

Una corsa con il cuore in gola, un mal di testa che la tormentava, un velo di lacrime che le appannava la vista ed un buffo abito a fiori anni '60 che non riusciva a togliersi dal mattino, o che forse non voleva togliere, perché sua nonna non avrebbe mai sopportato sua nipote che riceveva le condoglianze vestita male.

Spesso, quando si vive un lutto, si dice che i giorni immediatamente successivi al decesso sono i giorni “da dimenticare” e “da non rivivere”.

Per lei non era stato così.

Ogni volta in cui, ancora, a distanza di mesi, si sentiva perduta, ripensava, fino al minimo particolare, a quei tre giorni così frenetici.

Le sue telefonate sul divano agli amici del coro, mentre dava la triste notizia e chiedeva una mano per la funzione.

La mattina piovosa che era rimasta da sola sotto la tettoia della casa dei nonni, aspettando eventuali visite.

Le serate a chiacchierare con suo fratello, che non si sarebbero ripetute per mesi.

Quelli, in un certo senso, erano stati gli ultimi momenti insieme a sua nonna, e lei li avrebbe conservati.

 

vorrei che tu fossi tornata

vorrei non aver mai attaccato il telefono come ho fatto

vorrei che tu sapessi che non ti dimenticherò finché vivo

vorrei che tu fossi qui, ora, va tutto bene, ti auguro ogni bene

vorrei che tornassimo indietro e ci ricordassimo perché stavamo litigando

vorrei che sapessi che mi manchi troppo per essere ancora arrabbiata

vorrei che tu fossi qui, ora, va tutto bene, ti auguro ogni bene


 

Il ritornello delle sue giornate era stato a lungo il rimpianto.

Le dispiaceva non aver potuto salutare nonna P. e non essere stata presente quando se n'era andata.
 

Provava rimorso all'idea di tutti i pensieri maligni che aveva formulato nei suoi confronti, specie quando il nonno se n'era andato.
 

Era arrivata a ripensare con fastidio persino a quelle volte in cui era al telefono con lei ed aveva allontanato l'apparecchio da sé per “lasciarla parlare” e non dover sopportare le sue continue lamentele.
 

Quello che però non la lasciava proprio in pace era la sensazione di aver conosciuto la vera nonna P. solo, forse, alla fine, proprio per via dei problemi depressivi che l'avevano tormentata.
 

Come aveva sentito dire in una canzone, le succedeva di pensare: “avrei voluto averti veramente, e non sentirmi dire che non posso farci niente.”


 

Quando si parla di “cari estinti”, si parla sempre a loro come persone eccezionali, comprensive, dolci, affettuose.

Tutti sono sempre pronti a ricordare quella zia così generosa, quella nonna così speciale, quell'anziano parente così gentile.

Cosa succede, però, quando la persona che ci ha lasciato è stata per tutta la vita fragile, difficile, scorbutica, persino insopportabile?

Questa era la domanda che l'aveva a lungo tormentata.

 

Per quanto però ci riflettesse, non c'era una vera risposta.

L'amore ha tante forme, ed una di esse è il legame tra due persone che non riescono ad andare d'accordo, ma non possono comunque stare lontana l'una dall'altra.
 

Nonostante le discussioni, la rabbia e le molteplici delusioni, non avevano mai potuto fare a meno di cercarsi.
 

Al funerale, qualcuno le aveva detto che nonna P. non faceva altro che parlare di lei.
 

Pensandoci bene, anche lei parlava spesso di nonna P. A volte la prendeva garbatamente in giro, rideva di alcuni suoi modi di fare, ma non poteva fare a meno di nominarla.
 

Erano due persone diversissime e chiunque avrebbe potuto scommettere che sarebbero scappate l'una dall'altra il prima possibile.
 

Invece, nonna e nipote non avevano fatto altro che correre l'una verso l'altra fino all'ultimo giorno.

 

le 2 di notte, eccoci qui

vedo il tuo volto, sento la mia voce nel buio

dove può essere l'amore? In una strada laggiù

immagino che tu volessi correre e scappare, ma lui ci ha fatto voltare indietro.

 

 

 

 

  
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