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Autore: EqualLove    16/07/2016    3 recensioni
«Sono venuto a salutare» disse lui, con un’alzata di spalle. «Visto che non c’eri ho pensato di aspettarti». Visto che Ginny non dava nessun segno di voler parlare, Harry continuò: «Perché non mi hai detto che saresti partita con la squadra, domani?»
Ma la ragazza continuò a fissarlo, la bocca serrata, facendo chiaramente capire di non voler rispondere.
«Ho letto la notizia sulla Gazzetta del Profeta, stamattina» disse Harry. «Ho pensato che me lo avresti detto tu».
«Perché avrei dovuto?» chiese la ragazza, aggrottando la fronte.
Genere: Drammatico, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ginny Weasley, Harry Potter | Coppie: Harry/Ginny
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Aspettare



Una musica assordante arrivava dalla finestra aperta di una casa nel centro di Londra. Chi passava di lì avrebbe pensato ad un’ennesima festa organizzata da adolescenti scatenati, dove sicuramente sarebbe circolata una gran quantità di alcool e droga. Nessuno, neanche la persona più fantasiosa del mondo, avrebbe mai potuto pensare che all’interno della casa, chi festeggiava era una squadra di Quidditch, uno sport magico che si giocava su scope volanti.
Le Holyhead Harpies avevano deciso di organizzare una festa per la loro partenza che sarebbe avvenuta l’indomani pomeriggio. Stava per iniziare una nuova stagione di Quidditch e le Holyhead Harpies erano tra le candidate per il primo posto. Dalle ultime competizioni di Quidditch, la squadra aveva fatto alcuni cambiamenti che riguardavano sia la scelta di nuove scope da corsa – la Firebolt Cinque – sia il reclutamento di una nuova giocatrice: Ginevra Weasley.
Secondo la Gazzetta del Profeta Ginny era una presenza considerevole in campo: era una Cacciatrice molto brava e la maggior parte dei goal venivano fatti da lei, ma, visto che il giornale cerca sempre di mettere in cattiva luce i soggetti di cui scrive, la ragione di questa bravura deriva dal fatto che Ginny fosse davvero una bella ragazza che non faceva altro che distrarre il portiere e riuscire, di conseguenza, a segnare.
Ovviamente tutta questa cattiva pubblicità non toccava minimamente la ragazza, che quella sera era troppo impegnata a festeggiare per dare importanza ad altre cose.
Nonostante la guerra da poco terminata aveva portato molto dolore nella vita di Ginny, ogni giorno lei si ripeteva che l’unica cosa che potevano fare tutti era quella di andare avanti. I primi giorni erano stati una vera tortura, ma già dopo tre mesi le cose stavano piano piano migliorando. Il senso di colpa dei sopravvissuti per non essere riusciti a salvare altre persone era sempre presente, ma ormai la gente non restava più a rimuginare su quello che avrebbe e che non avrebbe dovuto fare.
Quindi, dopo essersi diplomata ad Hogwarts, Ginny partecipò alle selezioni per la squadra irlandese delle Holyhead Harpies e dopo essersi distinta per tutta la durata delle selezioni, il capitano e battitore Gwenog Jones andò a farle i complimenti e a comunicarle immediatamente la sua entrata in squadra. Fu molto felice per la sua ammissione, anche perché nella squadra c’era già Angelina Johnson, una ex studentessa di Hogwarts con la quale aveva già giocato durante il suo quarto anno nel ruolo di Cercatrice e c’era già una sorta di chimica fra le due, quindi il successo era garantito. Dopo giorni e giorni di allenamenti, con il sole o con la pioggia, finalmente il giorno dopo sarebbero partite per il Torneo Nazionale. La loro prima partita si sarebbe tenuta i primi giorni di agosto contro i Tutshill Tornados.
Gwenog aveva avuto la brillante idea di organizzare una festa solo per loro sette nella sua casa nel centro di Londra, in modo da ‘dare sfogo alla loro felicità”.
«Tutte qui per una foto di gruppo» gridò ad un certo punto Angelina, sovrastando la musica altissima.
Far in modo che sette ragazze uscissero tutte bene in una foto era un’impresa ardua, quindi da ‘foto di gruppo’ si passò ad ‘album fotografico’ visto che vennero scattate una ventina di fotografie, con la macchina fotografica comprata da Valmai Morgan, una delle cacciatrici insieme a Ginny ed Angelina.
«Ragazze, ho una notizia bella e una notizia cattiva» esclama Gwenog, uscendo dalla cucina e andando in salotto. «La notizia cattiva è che il Whisky Incendiario è finito» voci deluse si alzarono in coro dal gruppo di ragazze. «Ma la buona notizia è che c’è molta Burrobirra!»
A quel punto, dalla porta della cucina, arrivarono svolazzando una decina di bottiglie piene di Burrobirra ed atterrarono sul tavolo del salotto.
Andarono avanti per ore e ore ma alla fine, su ordine di Gwenog, la musica si spense.
«Sono le tre del mattino ed è meglio che voi torniate a casa per riposarvi» disse la ragazza. «Vi voglio tutte in forma per domani»
Con un gesto della bacchetta tutte le bottiglie e i boccali sporchi andarono nel cestino e tutte le cose fuori posto tornarono in quello giusto.
«Domani vi voglio qui subito dopo pranzo» stava dicendo Gwenog mentre accompagnava le ragazze alla porta.
Fuori era buio pesto; la sola luce proveniva da una decina di lampioni fiochi e da alcune finestre usciva un bagliore, segno che, nonostante la tarda ora, qualcuno era ancora in piedi.
Dopo essersi salutate le ragazze iniziarono a smaterializzarsi per andare a casa. Ginny fece altrettanto e in meno di un secondo si trovò nel giardino della Tana, completamente buio se non fosse per una luce proveniente dalla finestra della cucina.
Magari è mamma che non riesce a dormire pensò Ginny. Non era raro che si trovasse a tornare tardi da un allenamento e trovasse la madre ancora in piedi.
Ginny decise di rimanere ancora fuori e aspettare che la madre andasse a letto. Non voleva vedere il suo volto sofferente perché Ginny non sarebbe riuscita a resistere e sarebbe scoppiata anche lei a piangere. La morte di Fred era stata un duro colpo per tutti ed era chiaro che la mamma non era riuscita ancora ad andare avanti.
Iniziò a passeggiare lentamente vicino alla riva dello stagno nel giardino, cercando di fare meno rumore possibile, mentre un venticello estivo le sferzava il viso. Ad un certo punto, però, la porta sul retro si aprì.
«Ciao» disse una voce alle sue spalle. Era una voce profonda e maschile, sicuramente non apparteneva alla mamma. Sentire quella voce le fece perdere un battito. Erano mesi che non la sentiva. Era come ritrovare l’ossigeno dopo un lungo periodo di apnea.
Si voltò e guardò il volto del ragazzo. Aveva i soliti occhiali, la solita cicatrice e i capelli più scompigliati del normale. Era esattamente come lo ricordava.
Avrebbe tanto voluto abbracciarlo, baciarlo, dirgli quanto lo amava e quanto gli era mancato. Ma l’unica cosa che le uscì dalla bocca fu: «Che cosa ci fai qui?»
«Sono venuto a salutare» disse lui, con un’alzata di spalle. «Visto che non c’eri ho pensato di aspettarti». Visto che Ginny non dava nessun segno di voler parlare, Harry continuò: «Perché non mi hai detto che saresti partita con la squadra, domani?»
Ma la ragazza continuò a fissarlo, la bocca serrata, facendo chiaramente capire di non voler rispondere.
«Ho letto la notizia sulla Gazzetta del Profeta, stamattina» disse Harry. «Ho pensato che me lo avresti detto tu».
«Perché avrei dovuto?» chiese la ragazza, aggrottando la fronte.
«Beh, perché sono…» ma si bloccò appena in tempo.
«Sei cosa, Harry?» sbottò Ginny. «Dai, continua!»
Ma stavolta fu Harry a restare in silenzio, guardandosi i lacci delle scarpe.
«Ma ti rendi conto di quello che stai dicendo?» chiese la ragazza, a voce un po’ troppo alta. «Praticamente mi ha lasciata qui, non ci parliamo da mesi e tu vuoi sapere perché non ti ho detto che partivo?!».
Le lacrime minacciavano di sgorgare fuori così come tutto quello che non glia aveva detto in questi mesi. Non ce la faceva più a trattenersi, a fare la parte di quella forte. Stava scoppiano e presto qualcuno si sarebbe fatto male.
«Sei ridicolo, Harry!» esclamò Ginny.
«Ho sbagliato tutto, okay?» disse Harry. «Avrei dovuto fare le cose diversamente, lo ammetto. Ma cerca di capirmi. Avevo bisogno di un po’ di tempo per pensare».
«E io te l’ho dato il tempo. Ti ho dato tutto il tempo di cui avevi bisogno». Ginny stava esplodendo e non ce la faceva più a trattenere quello che aveva dentro. «Ti ho aspettato. Ancora!» Le lacrime stavano iniziando a scendere e lei non avrebbe fatto niente per trattenerle. Non più. «Ma tu non hai mai dato segno di voler fare qualcosa. Avevo bisogno di te, Harry»
Harry smise di guardarsi le scarpe e la fisso negli occhi lucidi di lacrime.
«Ti avevo detto di aver bisogno di tempo per stare da solo, Gin!» esclamò il ragazzo. «Ti avevo chiesto di aspettarmi e tu hai detto che l’avresti fatto!»
«E l’ho fatto, Harry, l’ho sempre fatto! E lo sto ancora facendo!» sbottò la ragazza. «Non ho fatto altro che aspettarti: ho aspettato sei anni perché tu ti accorgessi di me; ho aspettato un anno intero sperando che stessi bene e aspettando che tu tornassi da me e ora sto aspettando un tempo indeterminato perché tu possa riprenderti da tutto quello che ti è successo. Ma sappi, Harry, che non è stato difficile solamente per te».
Ormai le lacrime scendevano a fiotti dagli occhi di Ginny.
«Ho perso mio fratello, ho perso un sacco di amici e due delle persone che più volevo bene nella mia vita. Ma sapevo che tu saresti stato al mio fianco e mi avresti aiutata ad andare avanti! E invece tu che fai? Mi chiedi tempo. Ed io te l’ho dato perché sapevo che ne avevi bisogno. Ma sono passati anni… quanto altro tempo dovevo aspettare?» disse Ginny. «Non pensi di avermi fatta aspettare abbastanza?»
Queste parole colpirono Harry dolorosamente. Ginny aveva ragione, lui non le aveva mai dimostrato niente. Non negli ultimi anni, almeno.
«Eri così felice, ultimamente. Con la squadra e tutto» disse Harry, dopo un lungo silenzio. «Non pensavo che avessi bisogno di me. Ti ho fatta soffrire abbastanza e non volevo rovinare la tua felicità».
«Tu non avresti rovinato la mia felicità, anzi…», Ginny lo guardò dritto negli occhi e pensò a come fossero belli. «Per tutto questo tempo hai avuto Ron o Hermione con cui confidarti, che ti aiutassero a superare tutto. L’avete fatto a vicenda» continuò Ginny, più calma. «Io non ho avuto nessuno, oltre ad una famiglia completamente sconvolta. Quelle selezioni mi hanno cambiato una vita che ormai faceva schifo».
«E c’è ancora posto per me, in questa vita?» chiese Harry all’improvviso.
Ginny, che fino ad allora non aveva fatto altro che aspettare quelle parole, disse: «Non lo so».
Harry tornò a guardare a terra. Si aspettava quelle parole ma erano comunque troppo dolorose.
«Forse non mi crederai, Gin, ma non ho fatto altro che pensare a te in tutti questi mesi» disse Harry. «E non so neanche io qual è il vero motivo per cui non sono corso da te appena Voldemort è morto».
«Forse perché sei un idiota senza speranze?» chiese Ginny, con l’ombra di un sorriso.
Harry torno a guardarla e disse: «Sì, forse è per questo. Però sappi che questo idiota di ama da impazzire. E se ancora mi vuoi, sarò io ad aspettare che tu sarai pronta».
«Ti amo anche io» sussurrò Ginny.
Harry le si avvicinò e la baciò. In quel bacio c’erano tutte le giornate trascorse sulla riva del Lago Nero, c’erano tutte le notti passate insieme nella Stanza delle Necessità, tutti i baci rubati fra una lezione e l’altra.
«Sai una cosa, Ginny?» chiese Harry, mentre la prendeva per mano e si avviavano verso la Tana. «Quando tornerai dal Torneo non disturbarti a disfare le valige».
Quando Ginny lo guardò con aria interrogativa lui continuò: «Penso starebbero meglio in casa mia, al numero dodici di Grimmauld Place. Sono stanco di aspettare».


  
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