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Autore: michi TheRose    16/07/2016    2 recensioni
Il mondo è giunto alla fine, mio padre, Trigon, ha seminato morte e distruzione. I miei amici, i titani della città, sono stati sconfitti, gli unici che avrebbero potuto sconfiggerlo giacciono svenuti a terra. Ora mio padre è davanti a me, sono i miei ultimi attimi prima della mia fine e proprio ora rimembro l'inizio di tutto, rimembro come sono giunta qui, come ho conosciuto i Titans e come sono diventata una di loro... Ora che anche per me è la fine, torno all'inizio di tutto per perire con il ricordo di ognuno di voi che siete stati la mia famiglia: Robin, Cyborg, Starfire, Beast Boy... (accenni di BBRae)
Genere: Generale, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Raven, Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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La distruzione regna sovrana, proprio come nelle visioni che da tempo tormentavano i miei sogni, le mie meditazioni, i miei pensieri.
La fine del mondo, ho sperato per anni di non vederla mai, invece ora è riflessa nella trasparenza delle mie lacrime.
Soprattutto ho sperato per molto tempo di non trovarmi mai dove sono ora.
Mio padre è qui davanti a me, mi scruta dall’alto della sua potenza, si erge al di sopra delle macerie della città.
Siamo faccia a faccia.
Sto tremando.
Ho paura.
Non posso affrontarlo da sola.
Chiamo i nomi dei miei amici, uno alla volta, ma non mi risponde nessuno.
Cerco di smuovere Robin, ma anche lui è sdraiato a terra, pancia sotto con aria esausta dopo aver lottato fino ad ora, dopo avermi protetta, dopo avermi cercata, dopo aver creduto in me.
Adesso anche lui è prossimo a lasciare ogni speranza, anche lui giace svenuto, come tutti gli altri attorno a me. Vederli in queste condizioni mi strazia il cuore, senza di loro nulla ha più senso per me, ho perso tutto.
Una lacrima s’accumula a lato dell’occhio per poi secarmi la guancia e giungere a penzolare dal mento. Un vento caldo spira contro di me, scopre il mio volto in lacrime, ma non ha importanza che la mia identità non sia più celata.
Adesso devo fare la mia ultima mossa, non cadrò senza lottare, e al mio momento, morirò a testa alta.
Penserò a loro, mentre il mio corpo si sgretolerà, come cenere al vento.
Penserò a come abbiano riempito la mia vita di emozioni che non ho potuto provare con loro, ma ho potuto sentire attraverso loro.
Non avrai alcuna soddisfazione, non supplicherò, non mi umilierò… mai!
Ti conosco padre! Pensi che m’inchinerò a te! Non hai capito nulla! Frangar non flectar, mi spezzerai, ma non mi piegherai! Il gioco non finisce finché c’è anche solo una pedina in piedi!
Voglio vedere la tua faccia, voglio che mi guardi negli occhi prima di uccidermi, padre! Sangue del mio sangue! Devi sentirmi perire dentro le vene, voglio che tu senta la mia morte sotto la pelle, sarò il tuo veleno!
Io sono parte di te come tu sei parte di me, padre! Forse te ne sei dimenticato, ma non puoi liberarti di me senza che un po’ dei tuoi poteri svaniscano! Mi hai creata tu! Io sono il vaso di pandora!
Gli occhi di mio padre s’illuminano d’inferno e gli ultimi momenti che mi rimangono da vivere non posso che dedicarli a loro, i miei amici, la mia squadra, la mia famiglia. Avete dedicato l’ultimo giorno della vostra vita a preoccuparvi per me, ed io non posso che ricambiarvi il favore pensando a voi nei miei ultimi secondi.
D’altro canto cos’altro potrebbe fare una bambina?
…Ricordare…
Posso solo ricordarvi, com’eravate quando vi ho conosciuti… e così, forse, la morte sarà più dolce….
Do uno sguardo alle macerie della mia città, quella che ho protetto per tanto tempo per espiare il peccato a cui sono stata destinata da quell’antica profezia. Rivedo un vicolo, a me familiare… ricordo che fu proprio lì che tutto cominciò… do infine uno sguardo a Robin, ancora immobile sotto la mia mano, poggiata sulla sua spalla e ricordo che fu lui il primo con cui ebbi il coraggio di rivolgere parola….
 
 
 
"Siamo giunte!" avverte mia madre;
"ti ringrazio madre per avermi accompagnata! Da qui in poi me la caverò da sola!" rispondo ormai fuori dal suo portale;
"sarai per sempre la benvenuta ad Azarath, figlia mia! Ti lascio un volume sulle arti magiche, dentro c’è tutto quanto ti manca ancora da imparare sui tuoi poteri!" afferma porgendomi un vecchio libro di circa 2000 pagine;
"mi sei stata di grande aiuto in questi anni, Arella! Ho imparato molto e spero di fare del bene, per quanto mi sarà possibile!";
"mantieni il controllo e andrà tutto bene!";
Mia madre rientra nel tunnel dimensionale, mentre io indosso degli indumenti della gente di qua, quali dei jeans attillati lunghi fino alla caviglia, scarpe da ginnastica, una canottiera blu e una felpa nera.
Mi copro buona parte del volto con il cappuccio di quest’ultima e con il grosso libro stretto al petto, mi mischio alla gente normale che passa rada per le strade nell’ora notturna.
Cerco di imitare la loro spontaneità, quando, passando davanti ad una pizzeria, mi blocco vedendo una stramberia di cui i monaci di Azarath non mi avevano mai parlato.
Rimango a fissare, dal vetro che mi separa dagli interni, un ragazzo completamente verde che indossa abiti parecchio colorati e una maschera, che ne risaltano la carnagione. Pare essere adorato dalle frequentatrici del ristorante, le quali sembrano essere di gonnella facile.
Rimango colpita dai suoi grandi occhi color di smeraldo, più che da ogni altra stranezza verdolina sul suo corpo, come le orecchie appuntite.
Sembrerebbe che le anormalità qui siano bene accette, ma questo non mi esorta a mostrarmi, siccome quel ragazzo non rappresenta assolutamente una minaccia, anzi, a primo impatto, lo definirei…dolce.  
Alzo un sopracciglio nel vederlo soddisfatto delle conquiste facili come quelle che ha attorno e non appena, d’un tratto, si volta nella mia direzione io distolgo lo sguardo, fortunatamente mascherato dal cappuccio.
Proseguo stringendo il libro al petto.
"Pff!" è il mio commento freddo nel udire i suoi pensieri allettati da tanta bassezza delle sue ‘fans’.
Me ne vado scuotendo la testa, infischiandomene dell’insulto alla dignità femminile che costituiscono quelle ridicole. Quel tipo piuttosto, era verde, ma era l’unico, anche i personaggi che incontro al bar poco dopo la pizzeria non hanno quel colorito di pelle così bizzarro.
Eppure era così pieno di vita, così fiero di essere se stesso, nessuna insicurezza, sembrava un giocherellone, non credo che ci andrei mai d’accordo.
Malgrado ciò avrei voluto parlargli, solo per sapere, come fosse diventato di quella tonalità. Inoltre, anche se i suoi pensieri non erano dei più intelligenti, non c’era malizia verso quelle ragazze e poi avrei voluto vedere il suo volto da vicino.
Pura curiosità che mi farò passare senza alcuna difficoltà.
Proseguo la passeggiata serale e sfilo con calma e silenzio di fronte al bar, facendo gli affari miei anche se riesco a sentire le emozioni di tutti e quelle di alcuni non sono esattamente il massimo.
Ci sono: curiosità, verso la mia persona incappucciata; disorientamento per l’aspetto mascolino datomi dalla felpa, ma smentito da altri particolari femminei; diffidenza, perlopiù delle donne presenti; perversione, per le mie natiche e le mie labbra chiare.
Quest’ultima avrei preferito non sentirla, anche perché quattro di loro ora mi stanno seguendo. Impreco pensando che non posso difendermi o rischierei di uccidere qualcuno, ma non posso nemmeno permettergli di farmi del male.
Aumento il passo e loro fanno lo stesso.
"Maledizione!" esclamo e comincio a correre; "mantieni il controllo! Mantieni il controllo!" mi ripeto, perdendo progressivamente il fiato, finché uno non mi afferra, seguito dall’altro.
Perdo l’equilibrio e cado sulle ginocchia.
Fortunatamente il libro non mi scivola dalle mani e non si rovina, ma il cappuccio si leva scoprendo i miei capelli violacei.
I tizi rimangono più colpiti dalla gemma rosso fuoco sulla mia fronte e dalla mia carnagione troppo chiara, per essere di una viva, gli sembro di porcellana e non con torto.
Fortunatamente hanno ignorato gli occhi, il particolare più inumano.
Tuttavia mi trovano attraente e credono di potersi divertire con me.
Mi rialzo e cerco di fuggire, ma l’omone mi trattiene con forza.
Io penso solo a rimettere il cappuccio mentre questo m’immobilizza le braccia frattanto che l’altro cerca di sfilarmi i pantaloni da dietro.
Gli altri due mi spingono in un vicolo cieco e se la ridono chiamandomi ‘bambola’ e dicendo che sarà l’esperienza più bella della mia vita.
Mi sento toccare ovunque, la concentrazione si fa sempre più difficile da mantenere, se perdo il mio baricentro è finita per loro.
"BASTA! SMETTETELA O MORIRETE!" sbraito disperata e qualche scaglia del mio potere comincia a svincolare dalla mia gemma sulla fronte. I tizi non se ne avvedono e mi scherniscono.
sussurro accorgendomi che mi sta sfuggendo di mano la situazione, i miei occhi emettono scintille, si fanno tremendamente minacciosi.
"FERMI!" urla qualcuno distraendoli ed io ne approfitto per sferrare un calcio con tutta la mia forza nei gioielli a quello dietro di me che ha osato scoprirmi.
Un luminare incandescente seca l’aria, svicolando dal mio cappuccio mentre abbasso il capo per non far intravvedere gli stessi occhi di mio padre.
Quattro occhi, cosparsi di fuoco, iniettati di sangue.
Il secondo sconosciuto che mi bloccava gli arti superiori, mi lascia per paura ed io m’inginocchio immediatamente, stringo il cappuccio con entrambe le mani per cercare di acquetare la paura che mi pulsa nelle tempie e m’imbruttisce il viso demoniaco. L’uomo ormai si è accorto che in me c’è qualcosa di estremamente perfido e indietreggia di fronte al rossore proveniente da sotto il mio cappuccio.
Chiudo gli occhi per concentrarmi.
Fortunatamente l’uomo non ha nemmeno il tempo di riflettere su cosa fossi che viene immediatamente tramortito da un gigantesco toro verde che si tramuta in un secondo attimo nel ragazzo verde di prima il quale non esita e sistema a cazzotti gli altri.
Lo stupore sostituisce la rabbia, nel notare che il verdolino è un muta-forma.
Rimango in ginocchio osservandolo in azione di sottecchi finché non riacquisto il controllo.
"c’è mancato poco!" constato inavvertitamente ad alta voce;
Quando ritorna umano, tutto trafelato, mi accorgo che le vesti che portava l’omino verde sono ridotte a pochi stracci strappati mentre l’unica cosa che porta addosso è una divisa viola e nera, probabilmente fatta apposta per le sue metamorfosi, sta attillata al suo corpo asciutto e muscoloso come fosse una seconda pelle.
Mi guarda con quegli occhioni verdi, i capelli dello stesso colore tutti spettinati e con un sorriso ampio e rassicurante da cui spunta un canino appuntito.
"Devi essere nuova di qui! Questo quartiere non è il massimo per girare da sole, specialmente di notte!" mi rimprovera;
Appena lo vedo avvicinarsi, tenendomi inquadrata con quei due smeraldi così amichevoli stringo forte il libro, mi alzo e mi giro di spalle per riallacciare i pantaloni, scesi tanto da far vedere di che colore ho l’intimo a brasiliana.
Sento i suoi occhi addosso, probabilmente mi stanno squadrando dall’alto al basso.
"Bel tatuaggio!" commenta la sua voce in tono scherzoso alle mie spalle, facendomi arrossire sotto il cappuccio. Non lo ringrazio del complimento al corvo nero che porto sui lombi, vergognandomi che lui l’abbia notato insieme al resto.
Abbasso la felpa per coprirmi.
"Stai bene?" chiede, sentendosi in imbarazzo per il mio silenzio e prima che possa sfiorarmi corro via.
"Aspetta! Non volevo offenderti!" mi dice, ma non lo ascolto e mi rifugio nel primo vicolo cieco che trovo, approfitto della mia amata penombra per aprire un portale e scomparire nel buio.
Ricompaio sul tetto di quello stesso palazzo e osservo il cespuglio di capelli verdi dall’alto perdermi di vista e dire che ero strana….
Sorride e si trasforma in un cane verde, annusa il mio odore fino entro il vicolo. Con ciò posso notare che è un ragazzo determinato e molto, troppo curioso per i miei gusti. Attratto da ciò che gli sfugge, da ciò che non comprende, dai segreti ed io ne ho tanti da cui tenere lontano il mondo intero.
Sento le sue emozioni e non mi sbaglio: curiosità, entusiasmo, ingenuità e molta generosità.
"Ti ritroverò, strana ragazza!" esclama; "ormai conosco il tuo profumo, non mi scappi!" conclude con le mani sui fianchi e ritorna da dove era venuto, io posso così prendere un respiro di sollievo.
"Ficcanaso!" è il mio commento leggermente irritato.
Voglio rimanere sola, cerco un posto per la notte, isolato da tutto e lo trovo in una foresta, alla base di una cascata, lontana dalla città. Qui posso riposare sul prato morbido mentre mi godo la vista della città illuminata. Essa presenta un ponte di collegamento con un isolotto che sbuca dall’acqua, un’area verde incontaminata.
La luna, candida e pura illumina tutto di una luce perlacea che si riflette in lamine argentee nell’acqua e rischiara la leggera brezza della cascata rinfrescante. Il suo infrangersi impetuoso è quasi terapeutico per i miei nervi scossi.
Qui posso essere me stessa.
Lascio il libro a terra.
Abbasso il cappuccio e tolgo la felpa.
Mi godo una ventata d’aria fresca che sembra potermi attraversare da parte a parte il petto, ne ricavo una sensazione di sublime piacere. Un connubio di sollievo, purificazione, rinascita, mescolata ad un brivido fastidioso, come fossi stata attraversata da un fantasma e come se la mia anima l’avesse seguito fuori dalle mie scapole.
Mi sento fredda e vuota, ma al contempo rilassata e rigenerata.
Chiudo gli occhi e comincio a levitare, mi porto poi in mezzo allo specchio d’acqua e intraprendo la mia meditazione ripetendo la mia formula.
La luce tenue della luna che m’illumina le palpebre, lo scroscio perpetuo dell’acqua, il vento tra i capelli, mi fanno raggiungere il mio centro e nel mio universo meditato continuo a vedere il ragazzo verde e a rivivere come abbia salvato me, e quei quattro da me…. a come sia stato... dolce.
Inevitabilmente il ripetersi di quella scena solleva gli angoli della mia bocca in quella che sembra profilarsi timidamente come una punta di felicità.
Non ho potuto nemmeno ringraziarti omino verde, spero tu capisca…
Anzi… no…
In realtà spero che tu non capisca mai…
   
 
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