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Autore: ValeriaLupin    17/07/2016    8 recensioni
La morte di Harry scuote gli animi di tutta la comunità magica. Il Prescelto, colui che ha salvato l'intero Mondo Magico dal mago più oscuro di tutti i tempi, morto nella notte, poco prima che il sonno lo cogliesse.
La sua scomparsa farà tornare a galla segreti, ora solo ripugnanti ricordi di un metallo freddo... confessioni che, dopo anni, Ron e Hermione si fanno in una notte senza luna, con le labbra bagnate di lacrime, Whisky e promesse.
Principalmente Ron/Hermione, ma anche un pizzico di Hermione/Tom ispirata a un pacchetto di RosmaryEFP nel contest "All Together Contest - II edizione".
Partecipante al "Drink me!Contest" indetto da Rallienbow sul forum di EFP e al contest "Storie sotto l'ombrellone" indetto da maqry_126 sempre sul forum.
Genere: Angst, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ginny Weasley, Hermione Granger, Lily Luna Potter, Ron Weasley | Coppie: Ron/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Gelido metallo ingannatore
 
La finestra era aperta sulla vasta campagna inglese, dominata da un cielo in lutto, senza luna né stelle. Le imposte spalancate permettevano l’entrata a un’aria pungente di fioritura: galleggiava sospinta dal vento tiepido, scivolando fra le lenzuola come una nebbia umida che solleticava la pelle, ormai matura.
La primavera era agli albori; la pioggia cadeva con meno frequenza, nell’aria si sentiva l’odore del lillà e di pesche mature e i capelli striati di grigio di Hermione emanavano una fragranza dolce al latte di mandorle. Eppure quella fusione di aromi non riuscì a sopraffare il tanfo lieve, un lezzo di morte che si era incollato alla pelle di entrambi come uno strato di sudore freddo. Era il ricordo fresco di un corpo rigido, gelido e cereo.
Avvertivano il tocco di una mano morta, un’agghiacciante mano fantasma che carezzava i capelli, viranti al bianco, e la nuca e le braccia strette ai fianchi, facendo prudere loro ogni parte del corpo. Rabbrividivano, le mani intrecciate a cercare conforto.
Abbassavano le palpebre, cercando riposo, solo per poi riaprile di botto sul soffitto, svegliati dallo schioccare di un vento nero nella mente. L’oscurità li rendeva ciechi a occhi sbarrati, ma riuscivano a vederli: i tratti placidi di un cadavere dipingersi in quel mare di carbone.
Due fari verdi incastonati come smeraldi nel volto nero della morte.
“Pensavo l’avrei ricordato da vivo” pensò Ron, senza sapere che quell’immagine sarebbe sempre stata limpida nella loro memoria fino alla fine dei loro giorni. Hermione, invece, stringeva la mano di suo marito con quella consapevolezza a succhiarle coraggio e forza.
Bastava quel contatto, spasmodico e sudaticcio, per dirsi che sarebbe passato, che sarebbero tornati a dormire, persino senza sognarlo, che era facile capire quel dolore che li stringeva entrambi come una mano alla gola. Non apparteneva solo a loro, di questo erano certi, era presente negli occhi lucidi, nelle mani colte dal tremito, nelle guance gonfie di pianto e incredulità di cui la giornata appena trascorsa era stata gremita.
«Ti amo» le sussurrò Ron, con ancora tracce del tono imbarazzato che non aveva mai completamente perso. Hermione ne sorrideva ogni volta, persino in quel momento.
«Anch’io» mormorò, accarezzandogli un braccio «Andrà tutto bene».
Il funerale sarebbe andato bene, certo. Sarebbero accorsi in molti: amici, parenti e curiosi a dare l’ultimo saluto al Prescelto. La morte lo aveva chiamato a sé durante la notte, senza apparente motivo. Ginny aveva dormito affianco al suo cadavere, ignara e felice della serenità conquistata. Il mattino dopo, le sue urla avevano svegliato Lily Luna, l’unica che ancora non abbandonava la casa materna. Quando anche loro, dopo aver appreso la notizia da una lettera, si erano Materializzati in casa Potter con il cuore in gola, avevano potuto vedere il corpo freddo di Harry ancora avvolto dalle coperte calde, avevano assistito all’atmosfera straziante e agli occhi del loro migliore amico tristemente aperti e inespressivi.
La morte l’aveva preso poco prima del sonno, forse.
Lo sapevano, Ron e Hermione, sapevano che quei mormorii soffiati nella quiete della loro casa vuota non servivano a niente, perché le parole sono flebili e le labbra si distorcono e le voci s’incrinano e i rispiri si spezzano. Parlare è troppo difficile, in certi momenti.
Le parole si tramutano facilmente in pianto e, con gli occhi rossi, al mattino, sarebbe stato difficile convincere figli e nipoti che non c’era bisogno di piangere, che Harry non avrebbe voluto lacrime perché aveva vissuto abbastanza, certamente più di quanto si aspettasse, e gli ultimi anni erano stati i più belli della sua vita. Non si era mai sentito così accettato, ammirato e amato dalle persone che lo circondavano né mai aveva potuto evitare che eventi pericolosi e fuori dalla sua portata lo toccassero da vicino, infondo c’era sempre stato dentro fino al collo. Quei pensieri erano rassicuranti, in parte.
“La Morte l’ha sfiorato troppe volte, si è presa la sua rivincita” pensò amaramente Hermione.
Si bearono del silenzio che, assieme alle lenzuola soffocanti, li avvolgeva, così vicini da riuscire a catturare il calore dell’altro, sentendolo scorrere nelle vene come un antidoto all’amarezza. Hermione ascoltava il respiro regolare di Ron, sperando l’avrebbe cullata nel sonno, invece quei respiri divennero singhiozzi a spezzare la quiete.
Hermione si avvicinò, cercò di abbracciarlo da dietro, convinta di capirlo, di sentire quello che lo costringeva a versare lacrime su un ricordo troppo vivido.
Lei aveva pianto vedendo il cadavere di Harry giacere inerme sul letto, a casa Potter, Ron invece si era limitato a tremare. Voleva mostrarsi forte, dare a tutti una spalla valida cui ancorarsi. Anche mentre piangeva sul suo petto, quella stessa mattina, era consapevole del fatto che durante la notte sarebbe vacillato e sarebbe caduta, davanti a lei, quella maschera temporanea che lui credeva di dover indossare.
Gli occhi lucidi di Hermione brillarono nel buio della camera, mentre Ron si divincolava dal suo tocco. Si alzò, asciugandosi il viso con una mano e premendosi le dita sulle tempie, a palpebre socchiuse.
Lei non sapeva che erano lacrime di colpe mai confessate, ma, in quel momento, capì che erano molto più di un semplice sfogo.
«Ron…». Hermione, preoccupata, lo vide uscire dalla camera. Decise di seguirlo, malgrado, al buio, non riuscisse a vedere granché. Di colpo la luce del bagno si accese, Hermione lo vide entrarvi e lo raggiunse, i piedi scalzi che lasciavano aloni sul parchè.
Si stava lavando il viso, massaggiandosi le tempie e il cranio e guardandosi allo specchio con disgusto. La barba rossiccia tagliata corta non sembrava che dipinta sul suo mento appuntito e sulle guance magre spruzzate da lentiggini, il viso, più pallido del solito, era solcato, qua e là, da qualche ruga giovane. Hermione era convinta che, da quando lo aveva conosciuto, Ron era diventato sempre più affascinante: i segni dell’età avevano reso più avvenente la sua figura, da sempre molto goffa.
«Che sta succedendo?» lo chiese con decisione, ma Ron non fece che voltarle le spalle.
«Tu non… capisci» disse tra i denti, l’espressione infuriata che prendeva il posto di quella schifata. «Tu, tu non sai…» continuò, balbettando, mentre percorreva il corridoio alla cieca. Hermione, sempre a qualche passo da lui, assunse un cipiglio infastidito.
«Spiegami, allora!» A quelle parole, Ron si fermò di colpo, nel mezzo della cucina, lo sguardo basso e ancora gli zigomi ricoperti d’ispida peluria rossiccia bagnati quanto i capelli e la fronte alta. Riprese a muoversi dopo qualche secondo, con calma improvvisa. Aprì uno stipo della cucina e recuperò una bottiglia di Whisky Incendiario e un bicchiere, poi esitò.
«Ne vuoi anche tu?» chiese indicando col capo la bottiglia semivuota. Hermione si limitò a scuotere il capo, in senso di diniego, accomodandosi al tavolo della cucina.
Ron chiuse lo sportello con un gesto stanco e, posando bottiglia e bicchiere su un treppiedi, si sedette alla poltrona bordeaux al suo fianco. Accarezzando il bracciolo foderato di pelle, si versò due dita di liquido ambrato. All’inizio vi bagnò solo le labbra come, del resto, faceva ogni volta.
“Certe cose non possono cambiare” pensò Hermione, mentre osservava suo marito assaporare il suo alcolico preferito. Ron soleva dire di amarlo, in verità, ma Hermione aveva sempre avuto l’impressione che tale sentimento non fosse minimamente legato al gusto.
Sospettava che inizialmente lo bevesse solo perché poteva, perché era adulto e nessuno avrebbe potuto vietarglielo, tantomeno sua madre. Col tempo, ci aveva preso l’abitudine e, malgrado bevendolo a volte storcesse le labbra, una bottiglia di Whisky Incendiario non mancava mai in casa Weasley.
«Avrei voluto dirtelo tante volte, ma non ne ho mai avuto il coraggio» la voce di Ron tremava, lo sguardo di Hermione era attento. Ogni sua parola sembrò appartenere a una lingua differente, depurata da conformismi e mezze verità. Era un idioma ricco di onestà, proveniente dal cuore e difficile da parlare.
Nel corso lento della notte, la bottiglia si andò svuotando goccio dopo goccio e frase dopo frase. Le disse ogni cosa, tutto ciò che aveva preferito tenersi per sé per tutto quel tempo. Le raccontò di un periodo remoto e indimenticabile, quando le parole erano poche e le speranze anche, quando tre adolescenti sentivano sulle spalle il peso della salvezza di un mondo che non avevano idea di come salvare. Si sentivano abbandonati e persi in quella marea di merda nella quale avevano sempre brancolato come dentro una bolla impermeabile che, ora però, era scoppiata. Fra loro si era insidiata la diffidenza, la disillusione, dissapori che li rendevano sempre più aspri e soli, malgrado concretamente così vicini l’un l’altro.
«Il medaglione… quando lo indossavo, mi sussurrava cose… mi metteva in testa dubbi, rafforzava le mie incertezze» e il metallo gelido bruciava contro il suo petto.
È da stamattina che parlano, da qualche minuto hanno iniziato anche a ridacchiare. Hermione ha alzato lo sguardo in quello di Ron, sembra perplessa quando scorge l’irritazione, la gelosia nei suoi occhi chiari, ma forse non quanto dovrebbe esserlo. “Infondo, vogliono sbarazzarsi di me, sarà questo il motivo: sono troppo geloso” pensa Ron e il metallo sul suo petto sembra sussurrargli che ha ragione a temere. “È sempre stato migliore di me, a Quidditch, a scuola, persino con le ragazze…”.
Hermione stringe un braccio di Harry, gli dice qualche parola sbarrando gli occhi con un enorme sorriso spontaneo e improvviso. A Ron bruciano le mani, formicolano le dita, per qualche secondo immagina di avvolgerle attorno al collo del suo migliore amico. Qualcosa gli fa persino alzare le braccia verso di lui, anche se è distante.
Il medaglione sibila contro il suo petto, facendolo irrigidire a ogni parola. Dice che, quando avverte il calore del petto di Hermione, riesce a vivere i suoi sogni e a percepire i suoi sentimenti per Harry. E per lui, così insignificanti e tiepidi che non sembrano neanche di amicizia. Il metallo brucia e Ron capisce.
“Mi prendono in giro. Per loro, è un gioco che fa ridere” pensa, mentre li osserva ancora sogghignare, lanciandogli qualche occhiata di compatimento. È crudele, questo sibilo che gli tinge di rosso la vista, ma è la verità. Verità che s’insinua nella sua mente, ormai anche quando il medaglione non si appropria del suo petto, la voce torna di frequente e lo incita a prenderlo. Ron prova quel brivido e, improvvisamente, il desiderio di sentire sulla pelle il suo gelido tocco metallico è intenso e incontrastabile. “L’unico amico che mi è rimasto”.
La notte sogna Harry e Hermione baciarsi, lì dove erano seduti a ridere il giorno. Incubi conditi di sibili e sussurri maligni. Si sveglia digrignando i denti, le retine macchiate d’invidia e gelosia, e la mano che stringe quel cimelio, in cerca di conforto e parole sincere.
Le notti seguenti Ron si sveglia di soprassalto, impresso nelle palpebre il sangue di Harry sulle pietre dinnanzi alla tenda. Lentamente i sogni sfuggono alla sua mente: Ron vede il sangue ovunque, lo vuole ovunque, il cremisi striscia fuori dalle sue notti e si annida ovunque lui possa vederlo, riversandosi nei suoi pensieri coscienti come un veleno che entra in circolo.
A ogni sorriso non rivolto a lui, il cuore pompa il veleno fin all’estremità del suo corpo, una malattia che cresce celata alla vista e minaccia di impadronirsi completamente del suo volere, soggiogandolo: Ron medita, il piano prende forma e sembianze orribilmente seducenti e troppo, troppo reali.
La notte, il medaglione comincia a privarlo del sonno. Non fa che pensare alla morte da dare al suo migliore amico, immagina il suo sangue scorrere dal cranio rotto, la vita abbandonarlo sotto forma di torrente vermiglio, lasciandogli un pallore accecante. Sorride, con un sorriso che non è il suo. Un sorriso per anni intrappolato che finalmente rivede la luce del sole, una parte di lui sa che è il ghigno di un mostro.
«Poi lo vidi, entrò in uno dei miei incubi. Era lui, nonostante non lo avessi mai visto da giovane, lo sapevo. Forse l’avevo riconosciuto dal modo di parlare, dal modo di persuadere, di ingannare… non lo so» Ron aveva lo sguardo perso mentre parlava «Ricordo perfettamente quella sensazione viscida delle sue labbra che mi sfioravano un lobo nell’invitarmi a raccogliere la pietra più grande, quella più spigolosa. Quella letale, insomma. Quando mi svegliai ebbi l’impulso di strapparmelo di dosso, ma non lo feci» Ron ingoiò le ultime gocce di Whisky, scuotendo la testa con disgusto «Per fortuna litigammo, altrimenti non voglio pensare a cosa sarei stato capace di fare».
I suoi occhi erano lucidi, le mani trasmettevano il tremore al bicchiere ormai vuoto. Le palpebre erano basse, il suo sguardo concentrato al pavimento.
“Ha paura del mio giudizio” si accorse Hermione, ascoltando il vento sibilare. Aprì la finestra, alla quale si era avvicinata mentre ascoltava la confessione di suo marito, passandosi una mano fra i crespi capelli folti e guardando oltre l’orizzonte: il cielo era leggermente più chiaro, quasi quella lingua così onesta avesse sbiadito il nero privo di speranze di quella notte. Si voltò e sorrise, gli occhi tristi e l’incredulità scomparsa.
«Ron» disse, vedendolo con le mani immerse nei capelli «Ron, guardami».
Dopo qualche secondo di esitazione, lui lo fece, il vento gli scompigliò i capelli.
L’aria si era fatta un po’ più fredda. Ron scorse nel suo sguardo qualcosa che fece sorridere anche lui, nonostante le lacrime. «Dovresti disprezzarmi» mormorò senza perdere quel sorriso lieve «dovrei farti schifo».
«Quello da sempre, credimi» rispose lei, poi il sorriso le scivolò via. «Perché me lo dici solo adesso?».
«Una parte di me non osava credere che mi avresti perdonato». “C’è una parte di me, invece, che non ha potuto fare a meno di fidarsi di te”, avrebbe potuto aggiungere, ma qualcosa fece soffocare quelle parole nella gola.
«Perdonarti cosa, Ron? So perfettamente che razza di potere il medaglione abbia sulle persone che lo indossano…» ribatté lei, nei suoi occhi passò un lampo strano. «Mi dispiace solo che tu non me lo abbia detto prima, ma ti capisco» continuò, aggrottando le sopracciglia.
 «Me ne vergognavo, ecco» rispose Ron fissando il bicchiere fra le sue mani sudate «cioè me ne vergogno ancora, in realtà. E non darò tutta la colpa a quel dannato medaglione, tu non ti saresti fatta abbindolare. Probabilmente neanche Harry».
«Sei sempre stato il più insicuro… come quando litigasti con Harry per la storia del Torneo Tre Maghi» Hermione fece un sorriso un po’ malinconico e un po’ infuriato al ricordo «il medaglione ha sfruttato la tua percezione di essere inferiore agli altri».
Grattastinchi si avvicinò alla padrona, zigzagando tra le sue caviglie con fare pacchiano. Hermione rise, lo prese in braccio e lo coccolò, accarezzando il suo pelo fulvo. Grattastinchi fece le fusa, deliziata. “È un po’ come Ron, infondo” quel pensiero la fece ridacchiare.
«Che c’è?» chiese lui, vagamente sulla difensiva. Non gli era mai piaciuto essere deriso, né era capace di sopportare di buon grado frecciatine e prese in giro.
«Pensavo solo che…tutti ti hanno sempre sottovalutato e, delle volte, puoi avere un caratteraccio … In questo somigli un po’ a lei» spiegò, indicando la gatta fra le sue braccia.
«Vorrei poter giustificare con questo, quello che sono arrivato a pianificare, ma non posso… se non fossi stato così debole e suggestionabile e dannatamente stupido…» Ron pareva non riuscire a vedere altro che colpe e il bicchiere vuoto che ancora si rigirava fra le mani, nervoso.
Hermione fece una lunga pausa di silenzio, fissandolo in modo strano. Sospirò e tirò a sé una sedia per poi accomodarcisi e continuare ad accarezzare il gatto con un’espressione un po’ dolente. «In realtà…» esordì, esitando «anch’io ho conosciuto il potere di suggestione del medaglione».
Ron alzò il capo con aria incredula e perplessa. Accarezzò l’idea che stesse dicendo la verità, poi rise. «Non credo proprio».
Le labbra di Hermione si deformarono, disegnando una smorfia che voleva essere un sorriso infastidito. Sembrava più risentita che altro dall’atteggiamento di suo marito, lei gli aveva creduto senza remore dopotutto. «È la verità, la notte in cui lasciasti me e Harry soli nella tenda, avevo pianto e il medaglione sembrava ricordarmi solo che eri fuggito» e il metallo gelido bruciava contro il suo petto.
Hermione guarda davanti a sé, nel vuoto. Vuole dormire e affrontare quell’abbandono quando ne avrà la forza, ma ha paura e la paura le fa spalancare gli occhi. “Dov’è ora?” si chiede, mentre osserva la lieve luce lunare attraversare la tenda e dare vita ai suoi incubi.
Se riuscisse a dormire, ora gli incubi li avrebbe nel sonno… e quelli sono sopportabili. Vede una sagoma scura a qualche passo da lei, lì dove dorme Harry, e al posto di Ron, niente. Neanche un addio che le lasci qualcosa di più che rabbia e amarezza. “Sei così stupido, Ron” pensa intensamente e spera che lui possa sentire quella riflessione così piena di rancore “ma devi tornare, vivo”. Per un attimo le balena in mente l’immagine di Ron spaccato, il sangue che scende lungo il suo braccio come scie di lacrime calde.
Hermione chiude le palpebre, stringe i denti e si asciuga il viso. “Il sonno allevia il dolore,” le diceva sua madre quando da bambina, a causa della carenza di ferro, era stata costretta a fare alcune punture per settimane, finche non si era decisa a cominciare a mangiare la carne “ma la carne lo fa svanire” continuava ogni volta. Il pensiero la fa sorridere per qualche secondo prima che si renda conto che sua madre non avrebbe mai potuto ricordarlo. Si addormenta solo quando la luna scompare oltre le cime degli alberi.
Sogna di porte chiuse e graffi alle pareti, angoscia e anche Harry che l’abbandona.
La luna non è ancora tramontata oltre il verde del fogliame, una sagoma nera le si avvicina, mentre lei guarda l’ingresso della tenda, sveglia. “L’incubo è reale” pensa prima che il nero sbiadisca, pian piano che lui entra nello scorcio di luce lunare. Sembra fatto di perla bianca, lucente come una lama e accecante di bellezza.
Gli occhi del ragazzo sono ombre impenetrabili sopra i suoi pallidi zigomi affilati.
È un gioco di luci e tenebre.
Le sfiora il volto con una mano gelida, avvicina il viso di perla al suo e le bacia un angolo della bocca. «Dovresti sorridere». Hermione è immobile, ma sorride quando lui si avvicina ancora. Sorride perché sa che sta per spogliarsi e che la bacerà di nuovo, quel prodotto della sua mente, che l’accarezzerà e le sussurrerà che non ha sbagliato niente.
Anche il suo petto è perfetto: un velo bianco di purezza, violato da screziature di ombre. Al tatto, è come velluto, lucido di pioggia e brillante quanto la luna. Hermione percorre le sue braccia con un dito, come farebbe per assaggiare la freschezza di una fonte, poi cerca di toccargli il viso, ma lui allontana la sua mano.
«Non essere impaziente» dice la voce di ragazzo, con quel sorriso derisorio.
È un crudele gioco di luci e tenebre.
Quasi le ride in faccia, prima di cingerle la vita. Le brucia nel petto e nel ventre quel contatto, nonostante freddo come un metallo. Hermione inspira l’odore del ragazzo; sa di carne e spezie, per far svanire il dolore. Sorride contro il suo collo e lo bacia ancora, prima di vedere i suoi occhi. Sono rossi, occhi di un mostro, labbra di un assassino e quelle venature di ombre baratri di morte e orrore.
È un crudele inganno di luci e tenebre.
«Harry mi ha svegliato» disse Hermione, abbassando lo sguardo su Grattastinchi che ora dormiva ai suoi piedi «ero incredula, quando ho capito». “E lo sei anche tu”. Ron era sorpreso, sbigottito da quanto gli aveva raccontato. “Più o meno la reazione che ho avuto io” si disse, per tranquillizzarsi.
Hermione sapeva che non aveva nulla da farsi perdonare, ma era stato imbarazzante e inquietante al tempo stesso raccontare tutto, ripercorrendo i suoi ricordi ancora vividi nei dettagli. I brividi che l’avevano colta nel ripensarci erano stati incontrollabili.
«Non pensavo fosse possibile» la voce roca di Ron era ancora sconvolta «insomma, se lo ricordi così bene… sembra quasi reale».
«Ma non lo è stato» precisò lei. Ron annuì, gli occhi più fiduciosi. “Fiducia in se stesso” capì Hermione, sorridendogli.
Dopo minuti di silenzio, un angolo della bocca di Ron si alzò improvvisamente. «Sai, sono sempre più felice di aver distrutto quell’aggeggio». In momenti come quello, sembrava più il ragazzo che era stato che l’uomo che era diventato. “Non che ci siano poi tante differenze”, Hermione si alzò e alla pallida luce del nuovo giorno strinse la mano di suo marito, quasi a sancire una promessa. Ron le carezzò dolcemente il dorso spigoloso della mano e le parlò con gli occhi prima che con le labbra aride.
«Resteremo vicini» le promise. «E affronteremo anche questo, insieme».
«Insieme» ripeté lei, sulle sue labbra. “Sanno di Whisky, di lacrime e di promesse” pensò, mentre lo baciava “Un buon sapore”.
 
 

NdA:Ciao a tutti!
Spero che la storia vi sia piaciuta e che vi abbia trasmesso qualche emozione. Sarei felicissima se mi lasciaste qualche recensione, anche breve, anche "ciao, mi è piaciuta" o "ciao, non mi è piaciuta proprio" accetto anche quelle!
Critiche ben accette! Potete anche tirarmi virtualmente pomodori, per quanto mi riguarda :') 

Hermione/Tom  è ispirata a un pacchetto di RosmaryEFP a cui va un ringraziamento speciale e un complimenti per l'originalità. Spero tu possa apprezzare quello che ne è uscito.

Va bene, niente da aggiungere.
Passo e chiudo.
Bacionii! 
(Ancora per poco)Fangirl23

 
   
 
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