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Autore: yachan    18/07/2016    3 recensioni
Cosa significa "essere se stessi"?
Da bambino non me ne preoccupavo.
Se qualcosa mi infastidiva, mi arrabbiavo. Se qualcosa mi piaceva, lo dicevo.
Ma tutti noi cambiamo nel tempo.
Così come le cose che vogliamo proteggere...
Genere: Commedia, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Doraemon, Hidetoshi Dekisugi, Nobita Nobi, Shizuka Minamoto, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Personaggi: Doraemon - Nobita Nobi - Shizuka Minamoto - Takeshi Goda (Gian) - Suneo Honekawa - Dekisugi Hidetoshi - Jaiko Goda - Hiro Kuroyama - Chika Tanaka - Aki Sasaki - Yoshino Saotome

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Calore, raggi del sole che illuminano le foglie dell’albero, un leggero venticello che muove il fuurin facendo tintinnare la campanella e riempiendo il silenzio di un gradevole suono, aggiunto qua e là dagli svolazzi di uccellini e del loro cinguettio. Due figure sedute su un pavimento di legno protette dall’ombra di un soffitto, mentre i piedi scalzi ciondolano nell'aria scaldati dal sole a pochi centimetri dalla terra. Un ventaglio azzurro lasciato lì affianco a delle fette di cocomero ancora integre, due corpi accaldati dalla temperatura del tardo pomeriggio nonostante l’abbigliamento leggero, qualche goccia di sudore che scivolava sotto il mento. Entrambi con lo sguardo rivolto al cielo azzurro di quell'estate. Una giornata come tante, la compagnia di sempre, eppure... un atmosfera diversa dal solito, un silenzio che pesava quanto un lungo dialogo.

Sospiro. Sguardi che non si incrociano.

  • Quindi, è definitivo...- pronunciò il bambino moro abbassando lo sguardo.

Il robot accanto annuì in silenzio abbassando la testa. L’altro alzò la testa e tornò a guardare il cielo azzurro di quel giorno soleggiato.

  • Suppongo che è inevitabile- disse in tono neutrale, mentre il robot teneva ancora la testa china senza proferire parola. La tristezza trasmessa nelle parole non dette.

Un venticello e il suono della campanella che nuovamente veniva scossa.
Tornò il silenzio.


Un trillo distinto e persistente.
Aprì gli occhi. Il soffitto su di lui e vicino alle sue orecchie un oggetto che si agitava mostrando l'orario.
Si girò con il corpo tra le coperte e con un solo movimento del braccio mise a tacere l’incensante trillo della sveglia.
Tornò il silenzio. Un silenzio opprimente per i suoi ricordi. Si portò il braccio sugli occhi cercando quasi di cancellare i frammenti di quel sogno.
Poi si alzò e si preparò per la giornata che gli aspettava. Con indosso la sua divisa blu con la giacchetta dal colletto alto, si diresse a fare colazione. Suo padre era già uscito per andare al lavoro e sua madre in cucina stava tostando il pane. In silenzio andò a sedersi. Di sfuggita guardò lo spazio accanto alla sua sedia, dove anni prima era sistemata un’altra sedia.
Distolse lo sguardo mentre sua madre gli serviva la colazione. Lei lo notò, ma non commentò e andò a sedersi di fronte a lui per bere la sua tazza di thè caldo. Nessuno dei due fiatò e il silenzio rimase.
Dopo aver mangiato e aver terminato di prepararsi, salutò la madre e uscì di casa. Lei lo guardò chiudere la porta e tornò in cucina a pulire le stoviglie. Si fermò e guardò fuori dalla finestrella. Era in quel giorno di qualche anno fa che la loro famiglia tornò ad essere composta da tre persone. Era in quel giorno che lui se n'era andato lasciando quel vuoto in quella casa.

Let's go in the garden
You'll find something waiting

Nobita camminò percorrendo la stradina che lo avrebbe portato alla scuola. Lo sguardo perso sull’asfalto e la cartella sulle spalle. Sulla stessa stradina passarono dei vecchietti e una bici, il brusio delle voci e il tintinnare del campanello non lo distrassero. Il cielo sulla sua testa era di un bel azzurro.

Right there where you left it
Lying upside down

Ma poi una voce arrivò alle sue orecchie. Si fermò e alzò la testa. Si guardò intorno come cercando l’origine del suono, di quella musica canticchiata da qualcuno.

When you finally find it
You'll see how it's faded
The underside is lighter
When you turn it around

Riprese a camminare, però con una piccola accelerata. Non capì precisamente cosa gli aveva dato l'impulso di farlo, però non si fermò a domandarselo. Non vedendo nessuno in giro, prese un’altra direzione rispetto all'abituale per andare a scuola. Camminò in altre stradine seguendo la voce delicata che non smetteva di canticchiare una canzone lenta e triste.

Everything stays
Right where you left it

Ma quando girò l’angolo, convinto di aver visto un ombra sul muretto di una casa, la voce cessò lasciando solo il rumore delle foglie trasportate dal vento, senza nessuno nei paraggi.
Era tornato il silenzio.

 

DORAEMON AND NOBITA PRESENT:

JUST LIKE YOU

Che significa “essere se stessi”?

 

Cap.5

 

  • Jaiko, è ora di svegliarsi!- arrivò una voce oltre la porta di una stanzetta.

La luce filtrava dalle tendine della stanza illuminando la scrivania, i fogli impilati uno sopra l'altro e il porta penne con un pennino a forma di piuma d'oca, la sua preferita.
Si svegliò con uno sbadiglio e si soffermò rimanendo seduta sul letto. Aveva poca voglia di andare a scuola, aveva lavorato a dei storyboard per tutta la notte e quindi aveva dormito poche ore. Non che fosse la prima volta che faceva la nottata, ma era comunque stancante pensare di andare a scuola e prestare attenzione alla lezione. Fortuna che quella mattina non avevano in programma compiti o esami, quindi la sera prima si era potuta dedicare alle sue storie.
Con poca voglia e trascinandosi in bagno si preparò e indossò la divisa scolastica. La sua era piuttosto semplice rispetto a quelle che vedeva nelle scuole private o che disegnava nei suoi manga. Si era immaginata indossandola una volta entrata nelle medie, ma la verità è che la trovava scomoda, la giacchetta impediva i movimenti del braccio quando disegnava di nascosto in aula e la gonna si stropicciava o si sporcava quando si sedeva per terra mentre disegnava paesaggi, senza contare che moriva di freddo d'inverno con una gonna che arrivava a metà coscia. Ma come facevano le eroine dei manga a portarle ancora più corte?
Prese lo zaino e uscì dalla stanza. Prima di scendere le scale si fermò a guardare la porta della stanza del fratellone. Quella mattina non sarebbe andato a scuola, era andato in ritiro con i suoi compagni per prepararsi per la partita.
Non poteva negare di essersi preoccupata per lui. Suo fratello era del tipo che odiava mostrarsi debole di fronte agli altri e lo nascondeva sparando cavolate solo per mostrarsi superiore. Ma solo chi lo conosceva vedeva il suo lato sensibile e timido. E lei sapeva quanto fosse importante per lui questo torneo, tanto da renderlo nervoso e irascibile.
Però si sentiva tranquilla ora, l'ultima volta lo aveva visto più rilassato e quindi era certa che avrebbe dato il meglio di sé.
Con il sorriso scese le scale e andò in cucina dove la madre le aveva lasciato la colazione mentre lei nel frattempo sistemava il negozio di famiglia. Sentì che stava chiacchierando con qualche vicina a proposito di Takeshi e del torneo.

  • Mamma, io vado!- la salutò da lontano.

  • Sì, a dopo!- le gridò di rimando.

Uscì di casa e si diresse alla scuola con i pensieri rivolti a suo fratello e alla partita. Pochi minuti dopo riconobbe un ragazzo uscire da una stradina con uno sguardo smarrito e perplesso.

  • Nobita-san?

Il moro si voltò verso di lei e le sorrise.

  • Jaiko, ciao.

La ragazza lo raggiunse e si mise al suo fianco.

  • Che stavi facendo?- chiese curiosa. Lui solo alzò le spalle.

  • Niente.

Jaiko lo osservò mentre camminavano, pareva più silenzioso del solito e con la mente assorta in qualche pensiero. Ma evitò di chiedere, qualcosa le diceva che era meglio restarsene in silenzio.
Arrivati all'ingresso della scuola, i due si salutarono per andare ognuno alla propria classe che si trovavano in due piani diversi. Lei continuò a osservarlo mentre Nobita si allontanava, poi si voltò e si diresse in classe prima di essere sgridata dal professore.
Nobita stava percorrendo il corridoio con la mente concentrata sulla lezione della prima ora. Non ricordava se la sera prima aveva messo il quaderno dentro lo zaino.
Sentì poi un chiacchiericcio provenire dalla sua classe, si avvicinò e vide i suoi compagni parlare tra di loro. E anche altri alunni sbirciare da fuori.
Si fece largo tra i curiosi e si avvicinò a Hiro che era in uno dei banchi in fondo alla classe e che guardava disinteressato fuori dalla finestra.

  • Che sta succedendo?- chiese Nobita al biondino.

L’altro rispose facendo solo un cenno ai primi banchi. E lì lo notò, un ragazzo che non faceva parte dei suoi compagni di classe e di cui poteva solo vedere le spalle. Non fece in tempo ad avvicinarsi, che il professore entrò in classe facendo tacere tutto il chiacchiericcio. Tutti si precipitarono al loro banco, mentre l’insegnante si dirigeva alla sua cattedra e prendeva il registro dei studenti.
Era un uomo sui trent'anni, capelli neri quasi sempre spettinati, un po' di barba, fumatore accanito e con l'andatura ricurva quasi fosse un vecchio. Il suo viso mostrava senza problemi la sua solita poca voglia di essere lì in quel momento.
L'insegnante Tsutomu non era precisamente quel genere di insegnante di cui una scuola andasse fiera, faceva svogliato il suo lavoro e non sembrava nutrire interesse nella nuova generazione di studenti. Talvolta arriva anche tardi o si dimenticava di correggere i compiti. Non seguiva tanto i regolamenti e le norme della scuola, e non era ben visto dai suoi colleghi che al contrario erano molto diligenti.
Tsutomu era l'esatto opposto del significato del suo nome: lavoratore. Si diceva che in passato fosse stato un ragazzo brillante e pieno di talento, ma tutto quell'entusiasmo era come scomparso negli anni, rifiutato da scuola più prestigiose e arrivando infine a essere accettato in quella scuola come ultima opzione. Ma non si poteva dire che insegnasse male, anzi le sue lezioni seppur infarcite di commenti sprezzanti sulla società moderna erano interessanti, anche se aveva un modo di approcciarsi che forse intimidiva gli studenti. Era un insegnante fuori dalla norma, non c'era dubbio, ma non per questo la scuola l'aveva mandato via.
Come ogni mattina era entrato in classe senza prendersi il disturbo di guardare la classe e con in mano il registro cominciò a dettare i cognomi. A turno gli alunni rispondevano, ma dopo qualche cognome si fermò.

  • Oh già, il nuovo...- al contrario degli altri, aveva prestato poca attenzione al nuovo studente seduto nella prima fila, e borbottando tra sé alzò lo sguardo- Sei tu, no?- lo guardò e l'altro annuì- Per quanto poco mi interessi, la prassi vuole che vieni qui a scrivere il tuo nome e parlare di te ai tuoi compagni.

Il ragazzo si alzò in piedi e con modi silenziosi si posizionò vicino al professore, facendo crescere la curiosità degli alunni.
Da seduto non si notava, ma era molto alto e magro. Probabilmente era il più alto della classe se non curvava le spalle e la testa. Aveva i capelli castani un po' lunghi legati in un codino, occhi fini e uno sguardo timido.
Con la penna scrisse sulla lavagna bianca il nome completo Mori Yukio. Si girò completamente verso la classe.
Nobita lo osservò con interesse perché aveva l'impressione di averlo già visto da qualche parte.
A parte Hiro, anche il resto della classe aveva gli occhi puntati su di lui e l'orecchio in ascolto per il suo discorso, ma dal ragazzo non uscì parola.
I compagni si guardarono tra di loro perplessi, perché non provava a dire qualcosa? Era così timido da non riuscire a spiaccicare una parola?

  • Commuovente, già- commentò d’improvviso l’insegnante con voce annoiata dopo qualche minuto di totale silenzio- Tante informazioni potrebbero turbare i tuoi compagni- una risatina scappò tra i ragazzi. Poi si grattò dietro la testa come ricordando qualcosa- Ah sì, mi era sfuggito di dire che Mori non parla, ma dubito che ci sia altro che dobbiate sapere di lui. Puoi andare a sederti Mori- detto questo si voltò e iniziò la sua lezione.

Tra gli studenti iniziò uno scambio di parole sul nuovo arrivato, senza che l'altro ne fosse in qualche modo turbato o infastidito.
Nobita vide Saotome seduto qualche banco più avanti roteare gli occhi con fastidio, mentre Sasaki seduta nella fila affianco sorrideva emozionata. Chika osservava il nuovo arrivato con poco interesse, Hiro al contrario era distratto guardando fuori dalla finestra come al suo solito.
Dopo qualche minuto a Nobita tornò in mente dove aveva visto il ragazzo. Il giorno prima era vicino al campetto di baseball e gli aveva restituito la pallina. Ora capiva perché non aveva salutato, né risposto a Gian.

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  • Tra tutti i compiti del mio ruolo, questo è il più noioso- commentò infine Saotome al moro dopo che la lezione era terminata- Perché perdere tempo a mostrargli la scuola a questo ragazzo? Non parla neanche, che interesse avrei nel fare amicizia con lui, sarebbe solo una noia e poco utile.

  • Perché è appunto un tuo compito- disse Nobita osservando un metro più in là il nuovo ragazzo che attendeva- E poi ci è stato chiesto dall'insegnante.

  • Bah, facile per lui scaricare le responsabilità, io ho altri impegni che stare qui.

  • Non vorrai mica andartene.

  • Perché no? Non c'è nessuno che controlla e certamente lui non andrà a fare la spia- fece un sorrisino divertito.

  • Ma non sa orientarsi nella scuola, non conosce nessuno e non è neanche di questa città- insistette Nobita, anche se sapeva che era inutile con Saotome.

  • Mica devo fargli da balia. Se tanto ti fa pena, perché non te ne occupi tu?- ma prima che Nobita potesse replicare, l'altro aveva già afferrato il suo zaino in spalla- Ottimo, sapevo di poter contare su di te, Nobi.

Nobita e Mori rimasero gli unici in classe, gli altri se n'erano andati a casa o ai vari club. Il moro sospirò toccandosi la testa, Saotome come al solito faceva come gli pareva disinteressandosi dei reali compiti di un rappresentante. Poi si voltò a guardare il ragazzo che aveva atteso con pazienza in un angolo dell'aula. A vederlo così, sembrava un ragazzo tranquillo e innocuo.

  • Eh, piccolo cambiamento di programma- fece lui ridacchiando impacciato- Sarò io a farti visitare la scuola. Mi chiamo Nobi Nobita e sono il vice rappresentante. Se hai qualcosa da chiedermi, me lo puoi dire- poi pensò alla gaffe e cercò di correggersi- Err, intendevo che...

Prima che potesse continuare, l'altro aveva già scritto qualcosa su un taccuino e glielo stava mostrando.
“Grazie, lo farò”- gli sorrise.
Nobita lo guardò sorpreso e più tranquillo, almeno ora sapeva come comunicare con lui.

  • Bene, iniziamo allora.

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Stringeva a sé il violino nella sua custodia con lo sguardo basso e camminava a passo spedito fuori dall'edificio scolastico, la gonna della divisa e i due codini mossi dal movimento dei suoi passi frettolosi. Le labbra erano serrate in un intento di non dare sfogo alle lacrime per la frustrazione.
Non era stata un granché come esibizione, la sua insegnante l'aveva criticata nuovamente. Era il suo secondo anno, avrebbe dovuto mostrarsi più brava delle nuove arrivate. E invece continuava a stonare e a sbagliare gli accordi. Logico che poi le lasciavano solo piccole parti negli spartiti.
Dekisugi diceva che era solo questione di impegnarsi di più, ma anche dicendo così non l'aiutava a sentirsi meglio. Lui in breve tempo aveva ricevuto elogi dai professori per i suoi profitti nello studio e nelle attività extrascolastiche. Non era da sorprendersi, era stato così anche alle elementari e medie.
Continuò a camminare non sapendo in realtà dove andare e dove trovare consolazione. Si sentiva demoralizzata, ma non voleva certo andare da Dekisugi, che figura ci avrebbe fatto?
Dei rumori di mazza, si fermò e guardò in avanti. Poco più avanti c'era il campo da baseball, Takeshi doveva essere con i suoi compagni ad allenarsi. Era ancora una riserva, ma quell'anno diceva che avrebbe mostrato all'allenatore il suo talento e lo avrebbero incluso nella squadra. Era così sicuro di sé nelle sue parole che ce l'avrebbe fatta.
Anche Suneo non faceva che ripetere gli elogi che riceveva per i suoi disegni e che di questo passo sarebbe diventato un giovane stilista con offerte di assunzione nelle migliori case di moda.
Sospirò, sembrava che ai maschietti andasse meglio che a lei.
Poi lo notò, una figura sul prato vicino al campo da baseball. Era sdraiato sotto ad un albero, in un punto poco in vista, quasi riparato dall'ombra delle foglie.
Si avvicinò e lo riconobbe, con quella sua caratteristica posa durante la siesta, e quello sguardo spensierato e profondamente addormentato.
Certe cose non cambiavano, anche per uno come Nobita.
Sorrise e si avvicinò lentamente a lui, sedendosi affianco con le ginocchia piegate e la gonna piegata in modo che non si stropicciasse. Lo guardò da vicino, erano studenti delle superiori al secondo anno, i loro cambiamenti si stavano già notando qualche anno prima. Dekisugi e Takeshi erano stati i primi ad avere un cambio fisico visibile, Suneo e Nobita invece un po' più tardi. E nell'osservare in quel momento Nobita, si chiedeva se lui stesso se ne fosse accorto. Ma ne dubitava, da bambino erano uno che capiva le cose in ritardo e preso com'era con i suoi impegni forse non si era soffermato a pensarci. Dall'inizio delle superiori erano in classi diverse, e di occasioni per parlare non c'erano quasi mai, solo un saluto frettoloso prima di vederlo scattare via per i corridoi della scuola avanti e indietro, non sapeva neanche come se la cavasse da solo in una classe nuova. E quelle volte che lo vedeva passare per i corridoi gli sembrava più dimagrito e sciupato. Non era l'unica ad averlo notato, anche Dekisugi aveva fatto un commento al riguardo.
Già dai tempi delle medie lo aveva visto più concentrato a fare le cose, tante le volte che dava buca alle uscite in gruppo. Ed era quasi ammirabile il suo impegno, lui che aveva sempre avuto problemi di concentrazione e poca voglia di impegnarsi. Vederlo così determinato le dava sempre conforto, la fiducia di potercela fare anche lei.
Però... non poteva evitare di sentire che qualcosa non andava. Era solo una sensazione, che poi scompariva quando lo vedeva sorridere spensierato, come se niente lo preoccupasse, come se ogni ostacolo non gli facesse paura, come se... Nobita fosse un'altra persona.
Sospirò e guardò il cielo tra le foglie dell'albero.
Un'altra persona... Già, non smetteva di pensare che tra di loro si fosse creata una distanza dai tempi delle medie.
E anche ora che dormiva tranquillo senza accorgersi di lei che era affianco, Nobita pareva nascondere i suoi pensieri.
Ciononostante...
Sorrise e tornò a guardarlo. Con la mano gli accarezzò dolcemente i capelli neri spostando qualche ciuffo che gli ricadevano sugli occhiali.
anche averlo vicino così, la faceva sentire bene. In cuor suo sperava che con il tempo avrebbe ritrovato l'amicizia che li aveva legati da bambini.

  • Do...- Shizuka bloccò la mano e trattenne il respiro sentendolo mormorare qualcosa nel sonno- … raemon...

 

  • Minamoto? Mi stai ascoltando?

La voce esterna la svegliò dai suoi ricordi riportandola nel presente, due anni dopo.
Davanti a lei aveva l'insegnante di musica in piedi e intorno un gruppetto di studenti con in mano uno strumento musicale, tutti che si erano fermati quando la donna aveva cercato di richiamare l'attenzione di Shizuka.

  • Oh... mi scusi- fece lei vergognosa. Da quanto si era distratta?

  • Dicevo...- fece la donna mentre riprendeva a camminare tra gli studenti- È importante che impariate bene questo brano, nei minimi dettagli. Come già saprete quest'anno la nostra scuola parteciperà al concorso di musica e dobbiamo dare una buona impressione ai giudici. Nei anni precedenti la nostra scuola si è distinta con premi e riconoscimenti ai concorsi musicali, quest'anno non possiamo essere da meno. Voglio che vi concentriate su questo obiettivo e vi dedichiate a riprovare più volte finché l'esecuzione non sarà perfetta- gli studenti annuirono convinti- Bene, per oggi può bastare così. Potete andare.

I ragazzi si alzarono dalle sedie, sistemarono i loro strumenti nelle loro custodie e gli spartiti negli zaini e poi un po' alla volta uscirono dall'aula chiacchierando tra di loro. Shizuka fece lo stesso, ma quando fece per raggiungere la porta, l'insegnante le si avvicinò.

  • Minamoto ti vedo distratta alle esercitazioni, qualcosa non va?

  • No, niente.

  • Bene, perché quest'anno contiamo su di te per avere un buon risultato al concorso. Hai fatto notevoli miglioramenti in questi anni, ti sei sforzata e ti è stata data una parte importante nello spartito- le appoggiò una mano sulla spalla- Mi raccomando.

Shizuka annuì, era cosciente della responsabilità che le era stata data. Rispetto a due anni prima, che le veniva data qualche piccola parte da suonare, questa volta aveva pezzi da solista. La donna le sorrise e se ne andò.
Shizuka rimase da sola lì dentro quell'aula deserta.
Sospirò e riaprì la custodia del violino. Lo estrasse e prese l'archetto. Appoggiandolo delicatamente sulla spalla e rimanendo in piedi, iniziò a suonare un brano.

Voglio molto bene a Shizuka-chan… Per me è più importante di qualsiasi cosa.

Credo che... sia meglio di no.

I miei sentimenti? Non credo che tu conosca realmente i miei sentimenti per poter dire qualcosa!

Era inutile. Più cercava di non pensarci, più finiva per ricordare. Ogni parola continuava a girarle per la testa senza però darle un senso. Perché? Perché ci stava così male? Perché non poteva smettere di pensare a lui?
Perché lui aveva sempre fatto parte della sua vita, era questo che la sua testa le diceva, perché qualsiasi cosa avesse fatto per cancellarlo dai ricordi, lui non se ne sarebbe andato.
Guardò fuori dalla finestra, c'era un bel tempo. Anche quel giorno di alcuni anni prima c'era lo stesso tempo.

 

Si guardò intorno. Non lo vedeva da nessuna parte. Da quando avevano consegnato i diplomi delle elementari, era scomparso tra il tumulto di studenti e genitori in festa. 
Era stata una celebrazione commuovente, lo stesso insegnante non aveva potuto evitare le lacrime nel vedere tutti i suoi studenti venire promossi. Aveva pure confessato che aveva temuto seriamente per Nobita, ma con sua grande sorpresa si era dovuto ricredere. Nobita gli aveva sorriso imbarazzato a quelle parole, mentre l'insegnante gli dava qualche pacca sulla spalla.
Il sorriso di Nobita era stato quello più tranquillo e sereno, seduto composto insieme agli altri, mentre il resto della classe versava qualche lacrima o esultava durante il discorso della consegna. E nel frattempo che lei, Gian e Suneo si erano soffermati a parlare con i compagni di classe che non avrebbero più rivisto, Nobita si era allontanato indisturbato dalla folla.
Non aveva potuto evitarlo, una sensazione di inquietudine l'aveva spinta a cercarlo tra gli studenti e uscire dalla palestra dove si era tenuta la consegna dei diplomi.
E guardandosi intorno, aveva scorto Gian e Suneo d'altra parte della scuola fare altrettanto.

  • Dici che era strano oggi?- ripeté Gian perplesso alle parole preoccupate di lei.

  • A me è sembrato sempre il solito- commentò Suneo- Infatti è arrivato persino tardi alla cerimonia.

  • Però perché andarsene così?- insistette lei.

  • Forse è solo andato in bagno- ipotizzò Gian, però dal suo sguardo non sembrava tanto convinto, così come Suneo che pareva pensieroso.

  • Avete notato che manca qualcuno?- fece il bassino- Ero convinto che ci sarebbe stato almeno oggi.

  • Forse era talmente sorpreso che è svenuto prima di venire- ci scherzò su Gian cercando di non darci peso- Comunque stavamo appunto cercando Nobita per chiedergli di organizzare un viaggio avventuroso prima dell'inizio della scuola.

  • Non può essere andato tanto lontano, i suoi genitori sono ancora qui.

I tre si unirono nella ricerca, ma non ci misero molto che individuarono una figura di spalle vicino alle mura della scuola. Aveva lo sguardo rivolto al cielo e non pareva essersi accorto del loro arrivo concentrato com'era. Nella sua mano stringeva un cilindro che conteneva il diploma.
Si fermarono a pochi passi da lui e lo guardarono in silenzio. In effetti non sembrava comportarsi come al suo solito. Ma prima che uno dei tre potessero aprire bocca per domandare, Nobita li anticipò.

  • Se n'è andato- disse con voce tranquilla senza voltarsi- È tornato a casa sua, nel ventiduesimo secolo.

  • M-ma come... quando... ?- fecero i tre increduli intuendo a chi stesse riferendosi.

  • Qualche settimana fa. Si scusa di non aver potuto salutarvi di persona, ma non se la sentiva. Gli sarebbe piaciuto essere qui oggi, ma va bene lo stesso.

  • Qualche settimana fa? Perché non ce l'hai detto prima?- chiese lei sorpresa e delusa dal silenzio che aveva mantenuto in tutto quel tempo, senza mai mostrare qualche cambiamento.

Il bambino si girò lentamente verso di loro e li guardò. Non c'erano segni di pianto o tristezza, aveva solo un gran sorriso. Il che sorprese non poco loro tre che avevano i visi bagnati dalle lacrime.

  • Mi dispiace, ho preferito aspettare dopo il diploma- ammise lui, poi aggiunse sempre con tono calmo e sereno- Mi ha detto di dirvi che vi ringrazia per i momenti passati con lui ed è certo che darete il meglio di voi per andare avanti.

 

Socchiuse gli occhi.
Andare avanti... è quello che avevano fatto tutti da quel giorno. Più di tutti Nobita. Aveva taciuto sulla partenza di Doraemon per permettere a loro di diplomarsi con serenità, e si era tenuto dentro le sue emozioni mostrando un sorriso spensierato. Non aveva dato segni di cedimenti davanti a loro, né quel giorno né più avanti. Era come se si fosse incamminato per primo lungo il sentiero della crescita.
Andare avanti... così facile a dirsi, ma così complesso farlo. Perché in realtà non ci si lascia indietro il passato, ma ci segue come l'ombra dei propri passi e ogni istante ci ricorda che è lì con noi. Ed è così che tornano a galla quei ricordi della fanciullezza, di lei da bambina a giocare con i suoi amici e la presenza costante di un robot blu e bianco.
Doraemon non era più tornato, neanche una sola volta in occasioni speciali, né si era fatto sentire con loro. E per quanto Nobita sembrasse tranquillo e per niente malinconico, lei aveva potuto vedere di sfuggita i sentimenti che ancora lo legavano al suo amico. Quei brevi momenti come quel pomeriggio di due anni prima passato ad osservare con dolcezza il viso addormentato del ragazzo e ad ascoltare triste quei sussurri sfuggiti dalla sua bocca. Con la sensazione di aver origliato un segreto privato del ragazzo.

  • Ciao- salutò una voce e aprendo gli occhi vide Dekisugi entrare dentro l'aula e socchiudere la porta dietro di sé- Pensavo che eri già andata a casa.

  • Mi sono dilungata un po'... e tu?

  • Oggi ho terminato prima con il club e stavo tornando a casa- si appoggiò al banco- Facciamo la strada insieme?

Shizuka annuì e fece per mettere via lo strumento.

  • … e qui abbiamo l'aula di musica.

Sussultò nel momento che sentì un'altra voce e dei passi vicini. Si voltò di scatto con in mano ancora il violino e vide entrare dalla porta lasciata semi aperta due ragazzi. Uno dei due si fermò nel momento che si accorse della presenza di qualcuno all'interno. I loro sguardi si incrociarono inevitabilmente.

  • Oh... scusatemi, non sapevo che...- fece il moro come retrocedendo imbarazzato.

  • No, aspetta!- disse subito lei di getto, facendo fermare il ragazzo che la guardò sorpreso. Lei stessa si accorse di aver esagerato e con discrezione cercò di regolare il suo tono- Avete bisogno dell'aula?

  • No, stavo solo mostrando la scuola al nuovo arrivato- spiegò Nobita timido come evitando di guardarli- Non volevo disturbare...

  • Ne avevo sentito parlare. Quindi sei tu- disse Dekisugi avvicinandosi ai due maschi- Piacere, mi chiamo Hidetoshi Dekisugi, sono il rappresentante della classe 4-2.

L'altro però non rispose e scarabocchiò sul taccuino.
“Piacere, sono Mori Yukio”

  • Purtroppo non parla- spiegò Nobita di fronte allo sguardo perplesso dell'altro moro.

  • Capisco- annuì e sorrise al ragazzo alto- Ti troverai bene nella nostra scuola, Mori. Sei in buone mani con Nobita- poi si voltò verso Shizuka- Andiamo?

La ragazza che si era distratta guardando con il nuovo arrivato, si risvegliò quasi sorpresa. Annuì afferrando il violino e uscendo dall'aula passando affianco al moro con gli occhiali. Chinò appena la testa, evitando di guardarlo e stringendo a sé la cartella. Il moro fece altrettanto mantenendo lo sguardo fisso in avanti senza voltarsi indietro o seguirla con lo sguardo.
Una volta fuori dall'aula, la ragazza rilassò le spalle e si voltò dietro di sé quando nessuno poteva vederla.
è certo che darete il meglio di voi per andare avanti.
Era facile a dirsi, ma come fare se davanti a lei trovava solo una barriera e silenzio?
Dall'altra parte della stanza un moro tirava un sospiro come allentando la tensione del suo corpo e sedendosi sul primo banco vicino. Poi però ricordò che non era solo e quando alzò lo sguardo vide il ragazzo alto scarabocchiare qualcosa. Curioso, attese finché non gli mostrò il suo taccuino.
“Problemi?”
Il moro negò e cercò di sorridere.

  • Scusami, mi ero distratto- poi volse lo sguardo fuori dalla finestra. Per qualche secondo la sua espressione si rabbuiò vedendo due ragazzi camminare fuori dalla scuola, per poi distrarsi guardando più in là il campo che si poteva intravedere da quella finestra- Ti piace il baseball?- si girò a guardare Yukio con un sorriso- Abbiamo un club di baseball, ma ora non ci sono perché si stanno preparando per le semi finali. Però abbiamo anche tanti altri club sportivi, nel caso.

L'altro negò con la testa e scrivendo.
“Non sono uno sportivo”

  • No? Credevo di sì. Non so se ricordi, ma ieri eri al campetto e ci siamo visti... la pallina che hai preso è quella che avevo colpito...- lo vide scarabocchiare.

“Ricordo. Eri in compagnia. Un fuori campo”

  • È stata una casualità- ridacchiò imbarazzato- Sei rimasto a guardarci tutto il tempo e ho pensato che forse eri interessato al gioco.

L'altro negò.
“Sono arrivato solo ieri e stavo facendo un giro”

  • Capisco- annuì, poi lo vide guardare l'aula e gli strumenti lasciati in esposizione.

Nobita lo osservò in silenzio, mentre con la coda dell'occhio sbirciava fuori dalla finestra. Dei due ragazzi non c'era più traccia.

  • Proseguiamo?- propose a Yukio. L'altro acconsentì e camminarono per la scuola fino ad arrivare al terrazzo della scuola.

I due si soffermarono a osservare il panorama che offriva la scuola. Da lì Nobita poteva osservare la collinetta dietro le elementari, il suo luogo preferito da bambino, dove nei momenti di sconforto si rifugiava.

  • Immagino che cambiando casa e città nel pieno dell'anno scolastico, non sia stato facile per te. Avrai nostalgia della tua casa e dei tuoi amici.

L'altro negò scrivendo.
“In realtà prima di Nakano, ho cambiato altre tre volte città. Sono abituato”

  • Wow, tre città... al confronto questo quartiere ti sembrerà piuttosto banale e noioso- commentò Nobita ridacchiando.

“Non proprio. A me piace la semplicità”
Yukio sorrise e guardò il cielo. Nobita lo imitò, poi però sentì scrivere e si voltò a guardarlo.
“La ragazza carina di prima... è tua amica?”
Nobita stette in silenzio per qualche secondo, un po' preso alla sprovvista dalla domanda.
“Scusa, non sono affari miei”- rettificò l'altro.

  • Da bambini giocavamo insieme- disse il moro appoggiandosi alla ringhiera del terrazzo e guardando dei uccelli librarsi nel cielo- Nient'altro. Quando rimani per anni nello stesso quartiere, finisci per ritrovare vecchie conoscenze.

Già, dalla sua nascita non aveva lasciato il suo quartiere fino alle superiori. A volte si era chiesto se uno dei ciuski di Doraemon non fosse mai stato riparato, la Cabina dei Desideri, a quest'ora si sarebbe ritrovato addirittura in un altro Stato. Chissà come la sua vita sarebbe cambiata drasticamente. Chissà cosa il destino gli avrebbe riservato. Chissà se lui sarebbe rimasto al suo fianco come gli aveva promesso o si sarebbe incamminato un giorno d'estate.

.:*~*:._.:*~*:._.:*~*:._.:*~*:._.:*~*:._.:*~*:._.:*~*:._.:*~*:.

  • Andiamo a vedere la fioritura dei ciliegi!- fece il verso un biondino come imitando una bambina- Siamo giovani, quante altre occasioni abbiamo per ammirarli insieme?

  • Questa dovrebbe essere l'imitazione di Sasaki?- fece il moro trattenendosi dal ridere per la faccia buffa di Hiro.

  • La fa semplice. È tutto un divertimento per lei- borbottò il biondo- Come fa a emozionarsi per tutto? Mica abbiamo sei anni.

  • Io trovo invece che sia una qualità apprezzabile di Sasaki- Hiro lo guardò torvo- Che?- chiese.

  • Sei anche troppo condiscendente con lei. Potrebbe anche proporre di farci un giro al Monte Fuji domani e tu accetteresti.

  • E tu sei troppo diffidente- replicò Nobita- Che c'è di male nel fare un pic-nic insieme?

L'altro si portò le braccia dietro la testa e alzò lo sguardo disinteressato.

  • Dico solo che non puoi sempre essere gentile e disponibile con tutti...

Nobita lo osservò in silenzio, ma quando fece per rispondere la loro attenzione fu attirata da un ragazzo alto che uscì d'un colpo dal bagno dei maschi, quasi ricurvo con la schiena e appoggiandosi alla porta. I due si fermarono a guardarlo sorpresi, mentre l'altro alzando lo sguardo li notò e sorrise come se niente fosse, con ciuffi di capelli bagnati che gocciolavano sul suo viso.

  • Yukio!- Nobita gli andò incontro agitato- Ma... perché hai la divisa bagnata?- notò che c'era un rivolo di acqua che proveniva oltre la porta- Che è successo?- lo aiutò a sostenersi in piedi perché si scivolava.

L'altro fece per cercare qualcosa su cui scrivere, ma anche il suo taccuino era bagnato. Hiro nel frattempo aveva aperto la porta del bagno lasciando vedere a lui e a Nobita l'interno. Il pavimento era bagnato, c'erano schizzi d'acqua che partivano da uno dei rubinetti, che a prima vista era stato manomesso perché l'acqua non si fermava.
“Piccolo incidente”- scrisse con una calligrafia poco visibile sul foglio umido- “Devo aver rotto il rubinetto”
Nobita guardò il castano e poi il bagno che man mano si stava allagando, con il rischio che filtrasse ai piani in giù. Si rivolse al biondo.

  • Va a cercare il bidello. Io tenterò di bloccare l'acqua nel frattempo.

Il biondo annuì e corse via per un altro corridoio. Per fortuna non c'erano tanti studenti in giro, e quel bagno era poco usato. Nobita si tolse la giacchetta e gliela porse al castano che era zuppo.

  • Yukio, copriti e aggrappati alla parete. Io entro per vedere la situazione.

L'altro ricevette la giacchetta e annuì preoccupato.
Non era semplice come pensava Nobita, mentre tentava di farsi largo nel pavimento scivoloso. Dovette aggrapparsi agli altri lavandini per non cadere giù e mettersi una mano davanti al viso per continuare ad avanzare senza che l'acqua gli impedisse di vedere. Il rubinetto non c'era più, come sradicato dalla potenza dell'acqua. Cercò di raggiungere le manopole del rubinetto, ma scoprì che giravano a vuoto, non c'era modo di fermare il getto d'acqua e lui si stava schizzando tutta la camicia e pantaloni. Provò comunque a diminuire la forza del getto con la mano, un rivolo d'acqua passò tra le sue dita e gli fece saltare via gli occhiali. Stupendo, ora non poteva neanche chinarsi a recuperare gli occhiali, e senza ci vedeva molto poco.

  • Nobita!- sentì la voce di Hiro e di sottofondo la voce di un uomo allarmato.

  • Sono qui!- lo avvertì, e sentì i passi affrettati nell'acqua di due persone. Hiro gli andò vicino per aiutarlo, ma nel giro di pochi minuti l'acqua cessò di uscire.

  • Fatto, ho chiuso il rubinetto centrale- spiegò l'uomo e si guardò intorno- Accidenti, che disastro. Ma come è successo?

Lo avrebbe voluto sapere anche lui, ma in quel momento voleva solo asciugarsi i capelli e la faccia.

  • Ah, Hiro, vedi per caso... ?- non fece in tempo a terminare che un rumore familiare lo zittì.

  • … ops- fece Hiro alzando uno dei due piedi e scoprendo cosa aveva appena pestato- Mi sa che ho appena trovato i tuoi occhiali... o quel che ne resta.

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  • … Quel che mi chiedo è, come siete riusciti a romperlo?- circa un ora dopo erano tornati nel bagno, dove il bidello stava terminando di asciugare il disastro, con il professore Tsutomo per niente felice di quella situazione e dietro di lui i tre ragazzi- Lo avevano da poco sistemato.

“È colpa mia”- scrisse Yukio su un nuovo taccuino- “Loro mi hanno solo aiutato”
Il professore si grattò dietro la testa con un sospiro scocciato, odiava essere di turno a scuola quando succedevano dei casini, perché poi doveva mettersi a riempire scartoffie sull'incidente.

  • Va bene, per ora lasciamo così. Ne riparliamo dopo che ne avrò parlato con il Preside, tornate a casa prima di prendervi un malanno- indicò le loro divise umide e i capelli altrettanto. I tre si guardarono e annuirono.

  • Bah! Secondo me era già difettoso- fece il biondo mettendosi le braccia dietro la testa, mentre camminavano di rientro a casa- Forse neanche era stato sistemato e vogliono addossare la colpa sui studenti.

Nobita ci pensò su, mentre guardava i suoi occhiali rotti. In effetti, gli sembrava strano anche a lui. Era anche vero che il bagno del terzo piano non veniva usato da molti studenti, ma rompersi così, dopo una recente revisione...

  • Di qua- Nobita si sentì afferrato dal braccio, evitando di poco di andare a sbattere contro il palo della luce.

  • Uh... grazie- disse Nobita sorpreso, visto che senza occhiali non aveva visto l'ostacolo.

In realtà non si era anche accorto della lattina che era per terra sul suo cammino. Hiro fece una smorfia spostandolo nuovamente di lato in tempo per evitarlo.

  • Che fastidio. Meglio che tu stia al centro, almeno sono certo che non andrai a sbattere da nessuna parte- Nobita lo guardò offeso, anche se in realtà non sapeva se si era voltato nella direzione giusta o stava guardando una vecchietta camminare.

  • Prego? Ti ricordo che sei stato tu a rompere i miei occhiali- fece lui sarcastico e aggiunse- E non è la prima volta.

  • C-che! Colpa tua che ti metti a fare cose inutili!- replicò il biondo cercando di nascondere il senso di colpa- Perché non te ne sei rimasto fuori!

  • E tu perché non guardi dove cammini!

  • Io ci vedo benissimo, sei tu che sei cieco come una talpa!

  • Ah, vallo dire ai miei occhiali rotti!

“Mi dispiace, siete stati coinvolti per la mia goffaggine”- scrisse Yukio con espressione mortificata, tentando di mettersi in mezzo ai due litiganti.

  • Non devi scusarti, non è colpa tua- disse subito Nobita, anche se in realtà stava parlando con una cassetta della posta- È stato un incidente, a chiunque sarebbe potuto accadere.

  • A me non sarebbe accaduto- commentò Hiro con lo sguardo altrove, per poi ricevere una gomitata sul fianco dal moro. In quello non aveva bisogno degli occhiali per fare centro.

  • Non badare a quello che dice lui- disse tranquillo Nobita a Yukio, mentre alle sue spalle il biondino si toccava il fianco dolorante- Piuttosto perché ti trovavi in quel piano? Di solito usiamo il bagno del secondo piano.

“Mi ero perso”- scrisse con imbarazzo.
Giusto, era nella loro scuola solo da pochi giorni, non era così strano infatti.
I tre ragazzi continuarono a camminare fino ad un bivio di una stradina. Yukio fece il gesto che avrebbe preso un altro sentiero e si tolse la giacchetta di Nobita dalle spalle per consegnarlo.
“Grazie”- fece un breve inchino.
Nobita afferrò la giacchetta nella mano e rimase a fissarlo, mentre il castano salutava e dava le spalle.

  • Yukio!- Nobita lo chiamò all'ultimo- Domani pensavamo di andare a vedere la fioritura dei ciliegi, ti andrebbe di unirti a noi?- il castano si voltò a guardarlo sorpreso. Nobita gli sorrise- Dai, ti piacerà.

L'altro sembrò per qualche istante incerto, poi lentamente annuì.

  • Bene, allora a domani!- lo salutò con la mano ancora afferrata alla giacchetta.

Quando Yukio sparì dietro l'angolo, Nobita e Hiro ripresero a camminare.

  • Non c'è bisogno che mi accompagni- disse il moro, sentendo l'altro camminare affianco- Ce la faccio a raggiungere casa mia.

  • N-non ti sto accompagnando!- precisò l'altro con un leggero nervosismo.

  • E allora perché non hai girato all'altro incrocio per tornare a casa?

  • Semplicemente sto facendo un'altra strada, una scorciatoia, tutto qui.

  • Piuttosto lunga come scorciatoia- commentò l'altro ironico.

  • Ahhh, vuoi farla finita!- grugnì Hiro e guardò dall'altro lato infastidito. Nobita si limitò a ridacchiare divertito.

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  • Due giorni, così tanto?- fece amareggiato il ragazzo alla madre.

  • E che ti aspettavi? Mica lavorano nei giorni di festa, e non abbiamo occhiali di riserva visto che li avevi rotti- commentò la madre con rimprovero- Te l'avevo anche detto di stare attento con quel paio di occhiali.

Il ragazzo sospirò, ma non poteva farci più di tanto. Anche se ci vedeva poco, era ancora in grado di orientarsi. Quindi poteva resistere per due o tre giorni.
Terminò di fare colazione e andò a prendere la sua borsa sportiva a tracolla. Quel giorno non c'erano lezioni perché era festivo, ma chi aveva un club o semplicemente era impegnato con dei preparativi, ci andava. Lui era uno di quelli, insieme a Satoshi.
Uscì di casa sbadigliando, era ancora mattina presto. Una volta terminato a scuola, aveva in programma di incontrarsi con gli altri al parco. Sasaki e Chika si sarebbero avviate prima per cercare il posto.

Let's go in the garden
You'll find something waiting
Right there where you left it
Lying upside down

Si fermò. Quella strofa cantata... dove l'aveva sentita? Forse, qualche giorno prima?

When you finally find it
You'll see how it's faded
The underside is lighter
When you turn it around

Cercò di seguire il suono della voce accelerando il passo, come aveva fatto la volta precedente, però si era dimenticato di non avere gli occhiali. Arrivò solo a vedere una figura sopra il muretto prima che la voce si spense bruscamente.

  • Ah, aspetta!- fece per avvicinarsi, ma trovò prima un ostacolo sul suo cammino. Cadde all'indietro dopo lo scontro.

  • Ahi, e sta attento dove cammini!- disse una voce che riconobbe come familiare.

  • Yaiko?

  • … Nobita-san?- fece la voce di lei sorpresa- Sei tu? Non ti avevo riconosciuto senza occhiali.

Vide la figura di Yaiko chinarsi per aiutarlo a mettersi in piedi.

  • Hai visto chi era?- chiese subito lui.

  • Chi?

  • La persona che stava cantando.

  • Non ho visto né sentito niente. Avevo la musica nelle orecchie.

  • Oh.

  • Comunque, perché sei senza i tuoi occhiali?- chiese lei incuriosita.

  • È una lunga storia- ridacchiò a disagio- In ogni caso, dovrò abituarmici per almeno due giorni.

  • Oh- Yaiko rimase in silenzio a osservarlo- E come farai?

  • Anche senza i miei occhiali, posso muovermi tranquillamente. Stavo appunto andando a scuola- fece il moro tranquillo senza accorgersi che si stava dirigendo in un cantiere aperto.

Yaiko non sapeva se mettersi a ridere o impietosirsi della situazione. Optò per la seconda.

  • D'accordo- lo afferrò per la mano per trattenerlo prima di dover chiamare un ambulanza- Ti guiderò io per stamattina.

  • Eh?- ma non fece in tempo a reagire che si sentì trascinato dalla mano di Yaiko- Ma non ce n'è bisogno e poi non stavi andando da qualche parte?

  • Devo andare anch'io a scuola, per il club. Quindi non è un disturbo.

E dicendo così, la ragazza guidò Nobita verso la scuola tenendo ben salda la mano alla sua. Il ragazzo si sentì un po' imbranato nel dover dipendere da lei per potersi muovere, non è che fosse così cieco... o sì? Bastava già Hiro a farlo sentire inutile senza occhiali.
Certo era che, anche con gli occhiali aveva la tendenza a farsi male scontrandosi o inciampando.

  • Notizie di Gian?- chiese dopo qualche minuto.

  • L'ho sentito ieri, era molto preso. Tornerà dopodomani.

  • Capisco, quindi si perderà la fioritura dei ciliegi- e forse era un bene per tutti, visto che il ragazzo aveva la pessima abitudine di cantare facendo scappare tutti quelli venuti per i ciliegi.

  • Sì, ma è naturale visto che la partita è domani. Mi piacerebbe andare ad assistere a questo incontro per fare il tifo, però me lo ha impedito- aggiunse con un tono deluso- Vuole che io venga solo alla finale.

  • Penso che voglia solo che ti dedichi ai tuoi impegni, invece di farti perdere tempo raggiungendo lo stadio che è distante.

Yaiko si fermò e si girò a guardarlo. Lo capì perché aveva smesso di trascinarlo.

  • Tu credi che, mio fratello... ?

  • Gian non perderà- la anticipò prima che terminasse la frase, come se intuisse il suo stato d'animo- Lo so, lo conosco da anni per esserne così convinto. Qualsiasi sia il risultato, non dubitare che darà il suo meglio per arrivare alle finali.

Lei sembrò tranquillizzarsi e sorrise. Suo fratello era fortunato ad avere amici così.

  • Farai il tifo per mio fratello?

  • Ovvio- rispose deciso, ma poi sentì la ragazza ridacchiare. Lui la guardò perplesso come aspettandosi una spiegazione. Lei però si voltò e tornò a guidarlo tenendolo per mano.

  • Non importa. Siamo quasi arrivati.

In breve sentirono le voci di ragazzi e passarono per il cancello della scuola lasciato aperto. C'erano gruppi di alunni che si esercitavano a calcio nel campo d'erba o basket in palestra, e alunne che si prendevano cura dei fiori all'esterno. Altri studenti dovevano essere all'interno dell'edificio nei loro rispettivi club.

  • Ti lascio qui, devo prima fare un salto in palestra- disse lei lasciando la sua mano- Riesci a salire le scale?

  • Per chi mi hai preso?- sbuffò lui offeso incrociando le braccia. Yaiko rise, prima di andarsene.

Nobita sbuffò nuovamente, aveva l'impressione che la ragazza non gli credesse affatto. Così poco affidabile appariva? Entrò dentro la scuola e andò a cambiarsi le scarpe.

  • Nobita?- fece una voce dietro di lui.

  • Suneo, anche tu qui?

  • Non mi sbagliavo, eri tu- fece l'altro guardandolo con sospetto, per poi sentirlo mormorare- Quindi prima, lei era... ?- ma cambiò rapidamente discorso- Che hai fatto? Porti le lenti a contatto ora?

  • No, i miei occhiali si sono rotti.

  • Come al solito, quindi- commentò per niente sorpreso e prese anche lui le sue scarpe scolastiche- A vederti, non sembri neanche tu, hai quasi l'aspetto di un ragazzo sveglio.

  • I tuoi complimenti sono sempre così gradevoli- commentò sarcastico Nobita, per poi entrare nell'atrio della scuola.

  • Eh, Nobita- lo chiamò Suneo.

  • Che c'è ora?- fece scocciato. L'altro gli andò vicino, seppur più basso di lui, lo afferrò per la testa e gliela girò a destra.

  • Di là sono le scale. Ammesso che non vuoi finire nello sgabuzzino del bidello. L'aspetto da sveglio è solo apparente.

Nobita sbuffò imbarazzato e gli fece la linguaccia prima di andarsene.

.:*~*:._.:*~*:._.:*~*:._.:*~*:._.:*~*:._.:*~*:._.:*~*:._.:*~*:.

Un brusio di voci, il corridoio era deserto, c'erano solo tre ragazzi davanti a uno studente quasi più alto di loro, però con la testa china come se fissasse il pavimento.

  • … hai capito? Non vogliamo più ripetertelo- fece uno dei tre con tono di voce arrogante.

  • La colpa è tua, non pensare di coinvolgerci- quello al centro gli puntò il dito sul petto quasi spingendolo, l'altro non fiatò- Una sola parola con i professori o qualche amico, e lo verremo a sapere subito.

  • Parola?- il terzo a sinistra sbuffò in un risatina- Ma se è muto. Figurati avere dei amici.

  • Comunque sia, peggio per te. Avresti dovuto restartene a casa, le persone strane non devono mischiarsi con quelle normali.

  • Già, che figura ci farebbe la scuola? Tornate da dove sei venuto- sempre quello al centro gli diede una spinta sulla spalla- Sai, mi danno sui nervi le persone strane come te. Perché non parli, ti hanno tagliato la lingua?

Ma il ragazzo rimase ancora in silenzio, e tenne lo sguardo basso, senza però tentare di ribellarsi o divincolarsi dai tre. Semplicemente se ne restava in piedi ad ascoltare le loro parole.

  • Perché non gli diamo un'altra lezione? Giusto per imprimergli la lezione- ridacchiò quello di destra.

  • Sì sì- annuì quello di sinistra emozionato- La testa nel water, che dite? La prima volta è stato divertente. O potremmo fargli assaggiare lo strofinaccio dei pavimenti.

  • E sia- il centrale afferrò bruscamente il ragazzo per il braccio, ma prima che potesse trascinarselo indietreggiando, sentì qualcosa sbattere contro la schiena. Si voltò subito.

  • Ops, sono andato a sbattere...- fece la voce contro cui si era scontrato. Era un ragazzo dai capelli neri, più basso rispetto ai quattro ragazzi- Che sbadato, senza occhiali ci vedo poco- disse con una risatina, ignorando lo sguardo truce dei tre ragazzi maggiori.

  • E tu chi diavolo sei? I novellini dovrebbero stare in un altro piano!

  • Oh, Yukio!- Nobita lo salutò allegro ignorando nuovamente i tre- Ti stavo cercando, ha chiamato il professore, vuole parlarti.

  • Ehi, ti ho fatto una domanda!

  • Io so chi è- intervenne quello di sinistra schioccando le dita- È Nobi della 4-3, quello che va sempre con quel biondino, ricordi? L'ho visto anche insieme al genietto di Hidetoshi.

  • Amico di Hiro, eh?- lo fissò, mentre il moro cambiava l'espressione con una più seria e stringendo i pugni. I due si fissarono per qualche secondo lanciandosi sguardi di sfida.

  • Ehi, lo sai che dovresti portare rispetto per quelli più grandi di te?- fece quello di destra vedendo come il moro stava sostenendo lo sguardo con il suo compagno di classe. Poi però vide il compagno lasciare andare il braccio del ragazzo.

  • Sei fortunato ragazzo, oggi non sono dell'umore. Ma ti consiglio di procurarti un paio di occhiali, prima di finire nuovamente in situazioni pericolose- poi lanciò uno sguardo a Yukio che aveva alzato lo sguardo- E lo stesso vale per te.

Poi i tre se ne andarono via, lasciando solo Nobita e il ragazzo.

  • Fiuu, che sollievo- disse il moro toccandosi il petto, una volta che i tre ragazzi se ne andarono- Stai bene?

L'altro annuì, tenendo la testa china.

  • Certo che quelli di quinta sono delle teste calde come al solito- sbuffò- Be', fortuna che sono salito qui per caso- ridacchiò, omettendo il fatto che aveva sbagliato piano per colpa della sua poca vista- Non sapevo che eri venuto a scuola. Tranquillo, non ti ha chiamato nessun professore. Scendiamo giù?

Il ragazzo non rispose, ma lo seguì. Nobita però si fermò prima di arrivare alle scale, dandogli le spalle.

  • … dovresti dire la verità al professore- disse con tono serio e si girò solo per leggere cosa stava scrivendo Yukio. Dovette sforzarsi un po' per leggere.

“No, non è necessario”

  • Hai intenzione di subire le loro prepotenze?

“Sono abituato. È la stessa storia anche nelle altre scuole. Me la caverò”
Nobita lo osservò inquieto. Una figura si sostituì a quella di Yukio, un bambino con maglietta gialla e pantaloncini blu, la testa china e il braccio piegato sugli occhi in lacrime.
Istintivamente lo afferrò per le spalle facendo sussultare Yukio. Lo sguardo severo puntato sul castano, come trattenendosi di dire qualcosa. Poi però allentò la presa e la sua espressione tornò calma.

  • D'accordo, come vuoi- abbassò lo sguardo con un sospiro. Tornò a guardarlo deciso- Ma... non sei solo. Non più- lasciò andare le spalle e sorrise triste- Te lo prometto.

Yukio strinse le labbra guardandolo con occhi lucidi. Annuì lentamente, nascondendo la sua espressione mortificata.

  • Andiamo. Più tardi ci aspetta anche il pic-nic- si voltò facendogli cenno di seguirlo, ma l'altro lo bloccò afferrandolo per il braccio. Nobita lo guardò sorpreso con ancora il piede sospeso in aria.

“Le scale”- gli fece cenno sotto i suoi piedi. Nobita non si era accorto di aver raggiunto i primi gradini, convinto di camminare ancora sul corridoio.

  • Ops- ridacchiò imbarazzato. Sperò di riavere al più presto il suo paio di occhiali.

.:*~*:._.:*~*:._.:*~*:._.:*~*:._.:*~*:._.:*~*:._.:*~*:._.:*~*:.

  • Wow, sono davvero uno spettacolo- fece un biondino alzando lo sguardo ai rami degli alberi tinti di rosa. Si sentì però guardato dal gruppetto che era seduto come lui su una tovaglia lasciata sull'erba- Che?

Gli altri ridacchiarono tra di loro.

  • Ma come, non avevi detto che non avevamo sei anni?- commentò Nobita. Il biondino storse il naso e prese un bicchierino di succo, bevendolo d'un sorso.

  • Piuttosto mi sorprende che tu non lo stia festeggiando con il tuo ragazzo- disse Hiro rivolto a Sasaki.

La ragazza si rabbuiò d'improvviso. Nobita si agitò e guardò con rimprovero il biondino, ma l'altro non capì.

  • Non è voluto venire...- spiegò lei con voce triste.

Nobita la guardò dispiaciuto, sapeva che che Saotome era ossessionato con l'essere il primo della scuola, a costo di trascurare le persone. Avrebbe voluto dire qualcosa, ma Yukio scrisse qualcosa.
“Il sentimento con cui hai scelto il posto e i preparativi, lo posso sentire chiaramente. Sono certo che un giorno anche quel ragazzo lo potrà sentire”
Sasaki lesse e lo guardò compiaciuta. Tornò a sorridere. Mentre Hiro cercava di farsi spiegare il significato da Chika.

  • Giusto, che importa! Peggio per lui, non sa cosa si perde!- disse allegra mentre alzava il bicchiere.

Il gruppetto tornò a risollevarsi.

  • Ammetto che anch'io non ero tanto convinta- disse Chika osservando la gente che festeggiava sotto altri alberi ballando e cantando- Avere tutta questa gente intorno che si rende ridicola, nonostante la loro età, pensavo che mi avrebbe seccato- si strinse le gambe tra le braccia con espressione tranquilla- Ma ora che sono qui, non mi sento così incomoda.

  • Esatto, esatto- annuì Sasaki allegra appoggiandole una mano sulla spalla- È perché siamo tutti insieme che riusciamo a goderci questo momento.

Nobita sorrise divertito guardando l'intento di Chika di nascondere un sorriso. Era contento che Sasaki facesse parte del loro gruppo, era come una ventata di allegria e spontaneità, e male non poteva fare a Chika che reprimeva le emozioni. Yukio e Hiro si stavano distribuendo dei onigiri e versando del thè con aria allegra. In un primo momento aveva temuto che con il temperamento di Hiro non avrebbe interagito bene con Yukio che non si poteva esprimere con la voce, ma si era dovuto ricredere. Yukio aveva un modo di fare dolce e comprensibile, e soprattutto non assillante, per cui il biondino non aveva niente da ridire.
Un petalo cadde nel suo bicchiere che teneva in mano. Nobita alzò lo sguardo nel momento che altri petali rosa cadevano dall'albero. Gli altri lo imitarono.
Un ricordò tornò alla sua mente e quando abbassò lo sguardo al posto dei suoi compagni delle superiori, si ritrovò circondato da tre bambini di sei anni. Tutti con espressione divertita e estasiata davanti al pic-nic improvvisato e alle leccornie servite. Il più grosso fece per per divorarsi tutto, mentre quello più basso cercava di salvare almeno il suo piatto, mentre la femminuccia gustava un boccone alla volta le pietanze deliziata a ogni nuovo sapore. Lui voltò lo sguardo alla sua sinistra per incontrarsi con una persona seduta affianco. Tutto blu, testa rotonda e liscia, naso rosso e baffi lunghi. Questo si girò per guardarlo e gli dedicò un sorriso dolce.

Sei felice Nobita-kun?

Sussultò impressionato ingrandendo gli occhi e stringendo il bicchiere che aveva in mano, però appena tentò di muovere la bocca che era serrata, l'illusione scomparve facendolo tornare al presente. Tornò a guardare il gruppo che stava chiacchierando come se niente fosse. Abbassò lo sguardo, per fortuna nessuno si accorto di quel suo momento di smarrimento. Ma quando fece per appoggiare il bicchiere, incrociò lo sguardo di Yukio che aveva di fronte. Da quanto lo stava guardando?
L'altro mosse la testa di lato e gli sorrise malinconico.

  • Oh, ora che ci penso- fece Sasaki frugando nella sua borsa- Abbiamo portato anche una radiolina. Che ne dite di improvvisare un ballo?

  • Non se ne parla, non so ballare- dissero subito Nobita e Hiro negando con la mano. Yukio si limitò a scuotere la testa.

  • Dai, mica dovete essere dei ballerini. Potremmo fare una sfida tra femmine e maschi.

  • Vero, vero, mostrateci cosa sapete fare- si aggiunse Chika con un sorrisino- Non sarete mica dei codardi?- Hiro la guardò indispettito e si alzò in piedi trascinando Nobita e Yukio per il braccio.

  • E sia! Mostriamogli cosa sappiamo fare!

  • Che?!- esclamò Nobita. Yukio si limitò a fare un espressione preoccupata.

  • Andiamo, non possiamo certo essere peggio di Chika- commentò Hiro ai due maschietti.

  • Ti ho sentito!

  • Pronti? Iniziate!- Sasaki accese la musica e i tre iniziarono a muoversi seguendo il ritmo.

Le due ragazze li fissarono mute per qualche minuto, mentre i ragazzi muovevano braccia e gambe con impegno e stili diversi.

  • Come... come si può definire questo...?- fece Sasaki chinando la testa e tremando, ugualmente fece Chika.

  • Pe... penoso!- non riuscirono più a trattenersi e scoppiarono a ridere. I maschietti sbiancarono.

  • Che!- disse il biondo offeso- Non è vero!

  • Ma come vi muovete? Manco foste dei robot o dei vecchietti di ottanta anni- rise Chika.

  • E le vostre espressioni? Vi siete visti allo specchio? Sembrate un trio di comici- Sasaki si rotolava dalle risate.

  • Eh, in effetti...- ridacchiò imbarazzato Nobita e incrociò lo sguardo di Yukio che era rosso dalla vergogna.

Eppure non gli sembrava essere andato così male, ma del resto non aveva mai realmente ballato. Almeno era di consolazione che non era l'unico negato. Vide il biondino sbuffare e sedersi a terra. Odiava perdere.

  • Andiamo, vediamo come ballate voi!- disse Hiro- Sono sicuro che non siete migliori di noi.

Le due ragazze si alzarono e accesero la musica. I tre ragazzi si zittirono mentre Sasaki volteggiava allargando le braccia sporgendosi un po' dal suo spazio e colpendo Chika. L'altra fece una smorfia, ma quando tentò di fare qualcosa simile a un passo di danza, finì per inciampare e andare addosso a Sasaki. Entrambe caddero a terra.

  • Come dire...- fece Nobita incerto guardando Yukio e Hiro. I tre fecero allo stesso tempo il segno del pollice in giù con espressione seria e distaccata.

  • Ma sempre meglio di voi!- risposero Chika e Sasaki arrossite dalla vergogna.

Poi i cinque scoppiarono in una risata e ripresero a festeggiare sotto l'albero di ciliegio.
Nobita riprese il suo bicchiere e tornò a guardare i petali del ciliegio. Sorrise. La radio rimase accesa.

Let's go in the garden
You'll find something waiting
Right there where you left it
Lying upside down

When you finally find it
You'll see how it's faded
The underside is lighter
When you turn it around

Everything stays
Right where you left it
Everything stays
But it still changes

Ever so slightly
Daily and nightly
In little ways
When everything stays 


NB: Testo in inglese della canzone di Marceline (Adventure Time) intitolata Everything stays. Non c'era una traduzione in italiano che rendesse in pieno il testo, quindi l'ho lasciato in inglese.

   
 
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