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Autore: piccolimarcoakajohn    18/07/2016    0 recensioni
Difficile catalogare questo scritto, forse è un racconto ma non ne sono tanto sicuro. Sicuramente è un'immagine che facilita alcuni precisi pensieri giù fino alle conclusioni. Condivido con l'entusiasmo di chi è consapevole della sua efficacia e della sua capacità di stimolare l'immaginazione, nonostante la fragilità insita in quei testi scritti a solo uso personale.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Quando una persona si trova nella condizione di possesso è bene indagare le potenzialità di quegli stessi strumenti,
siano essi composti di carne umana, siano essi dall'animo di silicio e carbonio. E con questa consapevolezza rimango,
fermo, immobile, pallido, ad osservare la mia nuova auto, a volte rossa, a volte gialla, dipende dall'angolo d'incidenza
della luce. Nuova. Un chiaro eufemismo, visto che la trovo sempre parcheggiata nel garage dell'abitazione in cui sono
solito, da più di cinque lustri, ricaricare le energie. Eppure così appare, Nuova. Nuova perché poco usata. Nuova perché
non è ancora stata capace di mostrarmi le sue condizioni limite d'impiego. Al contrario di quella volta che un vento molto
forte ha fattto sbandare il clipper di sette metri autocostruito, con guscio in compensato marittimo dello spessore di otto
millimetri. E quella volta me la sono vista brutta, rischiando la scuffiata. Per fortuna il tutto è accaduto mentre stavo
ammainando il genoa e questo si è subito sgonfiato, facendo perdere forza di spinta al vento. Un'auto e un clipper sono
molto diversi, impossibile porli in equazione. Ma tutto questo è comprensibile. Quale sfortuna accorgersi di possedere
un'auto da circuito e ritrovarsi in un'abitazione isolata, sopra ad una collina sassosa. La posso ammirare, questo è certo, ed
in questo mi da soddisfazione. Eppure appena questa soddifazione, la soddisfazione derivante dalla consapevolezza di avere
qualcosa capace di stimolare l'invidia del più modesto e umile degli uomini. Dicevo, eppure appena questa soddisfazione
diviene forte al punto da trasformarsi in desiderio d'impiego, volontà di sottoporla alle più avverse condizioni capaci però
di farla risplendere ancor più, ecco che mi ritrovo davanti ad una strada in discesa, ripida, scoscesa, ricca di sassi e fosse
di pantano. Come può un'auto da corsa, dall'assetto ribassato, dalle minigonne accentuate, costruita per stare incollata
all'asfalto, per non sbandare in curva, ben aderente, massima efficenza e alta velocità di crociera, come può un'auto simile
risplendere, se appena fuori dal garage in cui è custodita ci si ritrova ad affrontare condizioni in cui il migliore dei risultati è
che ritorni integra in quella comoda rimessa? Come ci si può aspettare che un'auto costruita per il circuito debba affrontare,
prima ri raggiungerlo, un'interminabile serie di asperità degne del top di gamma della Jeep? Come si può accettare, se non
solo pensare, una cosa simile? Come si può, in simili condizioni, non impegnarsi al massimo delle proprie capacità per
togliere ogni singolo sasso, ogni singola asperità, sostituire alla terra solida roccia su cui gettare uno spesso strato di bitume
e polimeri ?  Ma se le compentenze non ci sono, perché non andarsele a costruire oppure se proprio la cosa è impossibile
perché almeno non chiedere aiuto, chiedere qualche favore, stipulare qualche contratto di scambio? Alla fine per prosperare,
il popolo cinese ha dovuto limitarsi, porre un confine entro cui limitare i propri scambi, entro cui limitare il mondo conosciuto
e lo ha fatto nel modo più semplice, quanto difficoltoso, che all'epoca potesse immaginare. Prendi due persone, nate alla
corte dell'imperatore. Che queste siano dotate di arco, fodero e frecce della migliore fattura disponibile. Falle camminare nella
direzione in cui tramonta il sole per il tempo necessario affinché un'uomo allenato possa raggiungere da quel luogo il palazzo
imperiale in un massimo di due mesi. Quindi che una delle due persone tiri un freccia verso nord e l'altra verso sud.
E quest'azione sarà ripetuta dai due uomini fino a che questi non raggiungano il mare. Ogni punto d'arrivo delle frecce sarà
sostitituito da una torre. La distanza più breve tra una torre e la successiva invece verrà segnata sulla terra con un muro.
Il muro sarà largo, alto, robusto e la sua direzione non verrà cambiata nemmeno di fronte alla più forte pendenza topografica.
L'impresa è semplice da elaborare, semplice al punto da non poter essere travisata. Eppure comporta un notevole dispendio
di energie, di tempo e quindi di costo. Il vantaggio che rende il tutto sostenibile, e di fatto ne ha permesso la realizzazione,
è che a quel punto si possa identificare chi sia il nemico e chi l'amico. Da chi ci si debba difendere, con chi invece ci si debba
porre in ottica tollerante, cercando con fatica di mediare le possibili divergenze, i possibili conflitti, impegnandosi di trovare
un punto di accordo. E se questo è stato a suo tempo messo in pratica coinvolgendo un popolo intero, non capisco perché
non possa applicarsi al mio più limitato caso. Il caso di una persona che si ritrova a vivere in un'eremo solitario e impervio e nel 
possedere un'auto da corsa. Che vuole allontanarsi dalla sua dimora solo per il gusto di utilizzare un'auto di cui è stanco
immaginarne le prestazioni, pur assaporandole in sogno. Che quindi è consapevole del fatto che per fare ciò basta che si metta
in testa di lavorare sodo, in modo da favorire il più possibile le condizioni d'esercizio ottimali dell'auto che il caso e l'occasione
gli hanno presentato dinanzi. E questo si ottiene cercando per prima cosa il terreno ottimale, costruendo vicino a casa un piccolo
circuito chiuso, un modello capace di essere applicato alle più varie e variabili condizioni di applicazione. Quindi si inizia alla
costruzione della strada vera e propria. E questo sarà possibile tanto più il modello sarà stato relizzato tenendo conto della
disponibilità dei materiali, delle modalità di impiego e costruzione piuttosto che puntando alla prestazione, al limite massimo di
tolleranza dell'auto, al godimento di guida. E questo è quanto. 
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