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Autore: Crateide    18/07/2016    2 recensioni
Sarah ha diciotto anni e il Labirinto ha per lei, ora, solo le sembianze di un sogno immaginifico...
"Sarah si mise in piedi e, lentamente, si spogliò. Socchiuse gli occhi, mentre la stoffa dell’abito le sfiorava la pelle come una carezza, e nella sua mente riappariva il volto dell’uomo con cui aveva sognato di ballare. Ah, quanto avrebbe voluto rivederlo anche solo per un istante! Quanto avrebbe voluto parlarci, chiedergli il suo nome!
- Sarah!
La voce del padre al di là della porta la riscosse, richiamandola bruscamente alla realtà.
- Sì?
- È arrivato il signor O’Connor.
Sarah rise fra sé. Suo padre era estremamente geloso e poteva solo immaginare a quale interrogatorio aveva sottoposto il povero Colin.
- Arrivo! Scendo fra un attimo!"
Genere: Angst, Sentimentale, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jareth, Nuovo personaggio, Sarah
Note: Lime, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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‘Cause you’re a sky, ‘cause you’re a sky full of stars

I wanna die in your arms

‘Cause you get lighter the more it gets dark

I’m gonna give you my heart

- A sky full of stars, Coldplay -

 

 

 

 

 

 

All’ombra di una frusciante quercia, Sarah leggeva uno dei suoi amati romanzi.

Il vociare confuso degli studenti intorno a lei non la infastidiva, tanto era persa nella lettura, in quel mondo fantastico in cui amava rifugiarsi quando la realtà diveniva un carico troppo pesante da sopportare.

E, si sa, all’ultimo anno di liceo, con il diploma alle porte, la realtà diventava una spaventosa dittatrice. Una regina di Cuori pronta a tagliare teste.

Sarah aveva appena voltato una pagina, quando un’ombra la oscurò, costringendola a risollevare gli occhi dal mare placido di parole fra le quali stava dolcemente naufragando.
- Ciao!

Sbatté ripetutamente le palpebre, incredula. Di fronte a lei, con una mano nella tasca dei jeans e l’altra a reggere la spallina dello zaino, c’era Colin O’Connor, il quarterback della squadra di football. Il giovane alto, moro e sogno proibito di studentesse introverse come Sarah, le aveva appena rivolto la parola e lei era rimasta imbambolata a fissarlo, con la bocca semiaperta.
- Ci-ciao – rispose – posso aiutarti?

“Posso aiutarti?! Ma che ti viene in mente?”.

Colin le si sedette di fronte, mentre il respiro del vento faceva tremare le foglie della quercia, diffondendo nell’aria una melodia sommessa.

Lo vide fissare l’erbetta sotto di sé, assorto, come se non riuscisse a trovare le parole da dire. Infine, risollevò gli occhi dalle iridi scure come la notte e li puntò nei suoi, catturandoli.
- Verresti al ballo di fine anno con me?

Sarah boccheggiò.

Abbassò gli occhi sul libro che stringeva fra le mani e si chiese se non stesse solo sognando.

La giovane, al ballo, non ci aveva nemmeno mai pensato. Era più che sicura che nessuno avrebbe mai invitato una come lei, che passava tutto il suo tempo nel mondo della fantasia, fra libri e balocchi.
- Scusa, forse hai già qualcuno...
- No! – urlò – non ho nessuno. È solo che non me l’aspettavo.

Le sopracciglia di Colin s’incontrarono sulla fronte abbronzata.
- E perché mai? – le chiese di rimando.

Sarah iniziò a sudare. Come spiegarglielo?
- Beh, perché tutti noi... intendo, noi studenti... pensavamo che avresti invitato Brittany, la capo cheerleader – distolse lo sguardo, in imbarazzo – non di certo me.
- Io invito chi mi pare – ribatté il giovane – ma se non vuoi...

Sarah deglutì. Strofinò le mani sudate sui jeans e annuì, sorridendo.
- No, per me va bene. Voglio dire, accetto – disse.

Colin batté le mani sul terreno umidiccio e le rivolse un radioso sorriso.
- Perfetto, allora! Ti verrò a prendere alle 8, va bene?
- Un momento! – lo trattenne – quando c’è il ballo?
- Sabato.
- Questo?

Il giovane sollevò un sopracciglio, mentre si rimetteva in piedi e si ripuliva i pantaloni.
- Non lo sapevi? – le chiese, sarcastico – ma dove vivi? Non si parla d’altro a scuola!
- Sono un po’ distratta – si giustificò lei – sai, gli esami che si avvicinano...
- Per una sera non dovrai pensarci. Ti farò dimenticare ogni cosa e ti divertirai un mondo! – e, allontanandosi, soggiunse – a sabato, Sarah! Sono certo che sarai bellissima!

Sarah si alzò, stringendo al petto il libro che stava leggendo poco prima che il suo piccolo mondo venisse scombussolato. Una folata di vento le sparpagliò i capelli sulle spalle minute, mentre un leggero rossore le imporporava le guance pallide.
- A sabato... – sussurrò.

In quel momento, il grido stridulo di una civetta si levò alto nel cielo cinerino.

 


*  *  *

 

 

Durante le lezioni pomeridiane, il cuore continuava a batterle all’impazzata nel petto.

Dopo l’invito di Colin, non era riuscita a riprendere con la sua lettura, che aveva abbandonato in fondo allo zaino bianco dal quale non si separava mai.

Mentre gli insegnanti parlavano, la sua mente vagava. S’immaginava nel suo abito preferito, fra le braccia di Colin, volteggiare fra la folla accaldata di studenti. Sognava il suo sguardo perso in quello del ragazzo e, alla fine, le loro labbra che s’incontravano in un casto bacio.

Sarah sospirò. Anche se non era innamorata di Colin, non c’era nulla di male nel sognare di esserlo, no? E poi – si diceva – magari dopo la sera del ballo si sarebbero davvero innamorati l’uno dell’altra...
- Tu cosa ne pensi, Lancillotto? – chiese al suo peluche preferito, muovendolo a destra e a sinistra, chiusa dentro al bagno del liceo – mi innamorerò oppure scoprirò che il principe è in realtà un rospo?

Sarah non si separava mai dal suo balocco preferito, tant’è che aveva sempre un posto speciale nel suo zaino, dove parevano convivere in pace la realtà scolastica con quella fantastica.
- Ma vi rendete conto?!

Una voce che conosceva fin troppo bene la fece trasalire. Il suo cuore perse un colpo.

“Brittany!” pensò, portandosi con i piedi sul water per celare la sua presenza.
- Invece di invitare me, che sono la ragazza più bella della scuola, Colin ha intenzione di portare al ballo quello sgorbio asociale! – sbraitò la ragazza.

Sarah sentì il sangue ribollire nelle vene. Sapeva di non essere bellissima come Brittany, di non avere dei fluenti capelli biondi né un fisico atletico, ma era certa di non essere lo sgorbio di cui parlava quell’arpia.
- Su, calmati Brittany – le disse Tiffany, l’inseparabile migliore amica – sono certa che Colin la scaricherà all’ultimo momento.
- Invece no, non lo farà! Lo conosco bene! Lui mantiene sempre le promesse fatte...

Tump.

Sarah si sentì morire, mentre i suoi occhi si posavano sul libricino rosso che le era caduto dallo zaino aperto.
- Cos’è stato? – chiese Tiffany.
- C’è qualcuno? – le fece eco Brittany – sai che non è bello origliare le conversazioni altrui? Su, vieni fuori!

A quel punto, ormai scoperta, Sarah scese dal WC e aprì la porta grigia, trovandosi davanti le due cheerleaders che, nel vederla, divennero rosse come pomodori maturi.
- Non dite niente – disse, raccogliendo il libro e ripulendolo con la manica della maglia grigia – non era mia intenzione origliare, ero qui a leggere.

Brittany fu la prima a riprendere contegno. Alzò il mento e la squadrò da capo a piedi con quei suoi odiosi occhietti azzurri.
- Avrei avuto il coraggio di dirtelo anche in faccia – replicò, altezzosa.

Sarah sollevò un sopracciglio, sorridendo sarcasticamente.
- Ah sì? – chiese – e come mai non l’hai fatto? Sabato è domani.

Brittany divenne paonazza.
- Tu, sgorbio... – cercò di avventarsi contro di lei, ma Tiffany l’afferrò saldamente per le spalle e la trattenne.
- Non ne vale la pena. Tanto Colin la scaricherà.

Sarah scrollò le spalle.
- Fra me e Colin non c’è nulla, per cui non vedo perché ti preoccupi tanto, Brittany – disse – mi ha invitata al ballo di fine anno, non mi ha chiesto di sposarlo e fuggire via con lui.
- Ti piacerebbe!
- A dire la verità, no. Non scapperei mai con qualcuno che non conosco.
- E lui non scapperebbe mai con una sfigata nerd come te!

Sarah sospirò e, nonostante avesse voluto raccogliere la provocazione, volse le spalle e andò via sbattendo la porta dietro di sé. Quella Brittany era davvero insopportabile!

 


*  *  *

 

 

Se tre giorni prima era entusiasta dell’invito di Colin, a poche ore dal ballo si era ritrovata sdraiata a pancia all’insù sul proprio letto a contemplare il soffitto bianco, meditando.
- Non avrei dovuto accettare – mugugnò mestamente, stringendosi le braccia intorno al busto come se la stanza fosse diventata fredda tutto ad un tratto – non so nemmeno ballare...

Sarah si sollevò sui gomiti e osservò il bellissimo abito bianco che aveva deciso di indossare. Con lo sguardo scivolò sul busto e sull’ampia gonna di taffetà, per poi risalire sulle maniche e le larghe spalline a sbuffo.

Si immaginò con quella meraviglia addosso, ritrovandosi a sorridere, emozionata, e pensando che tutte le ragazze presenti l’avrebbero invidiata. Nessun’altra avrebbe mai potuto indossare un abito più bello di quello, che lei stessa aveva cucito quando aveva sedici anni.
- I’ll place the sky within your eyes... – canticchiò fra sé, ricordando ancora le parole della melodia che aveva accompagnato quel sogno immaginifico.

Sarah si mise in piedi e, lentamente, si spogliò. Socchiuse gli occhi, mentre la stoffa dell’abito le sfiorava la pelle come una carezza, e nella sua mente riappariva il volto dell’uomo con cui aveva sognato di ballare. Ah, quanto avrebbe voluto rivederlo anche solo per un istante! Quanto avrebbe voluto parlarci, chiedergli il suo nome!
- Sarah!

La voce del padre al di là della porta la riscosse, richiamandola bruscamente alla realtà.
- Sì?
- È arrivato il signor O’Connor.

Sarah rise fra sé. Suo padre era estremamente geloso e poteva solo immaginare a quale interrogatorio aveva sottoposto il povero Colin.
- Arrivo! Scendo fra un attimo! – rispose e si mise davanti allo specchio, infilando fra i capelli corvini e cotonati una coroncina d’argento.

Quando fu finalmente pronta, fece un giro completo su se stessa e sorrise ai suoi giocattoli.
- Allora? – chiese loro, come se avessero potuto risponderle – come sto?

Fu in quel momento che si accorse che all’appello mancava Lancillotto.
- Oh, Toby! – disse – quando imparerà che deve chiedermi il permesso, prima di prendere i miei giocattoli? Va bene, domani mi sentirà!

Si avviò verso la porta, ma appena mise la mano sulla maniglia, si arrestò. Tornò indietro e prese la borsetta d’argento, infilandovi dentro un lucidalabbra, le chiavi di casa e il suo libricino rosso portafortuna.

Una volta per le scale, guardò in basso e sorrise ad un Colin bello da mozzare il fiato.
- Eccomi, perdona l’attesa – disse.

Il giovane tossicchiò e ricambiò il sorriso.
- Sei bellissima – rispose – non preoccuparti.
- Vogliamo andare?
- Certo.
- Un momento! – li trattenne la matrigna di Sarah, che aveva fra le mani un’istantanea – fatevi una foto, su! Così ricorderete questa serata, in futuro.
- La ricorderemo senz’altro – rispose Colin, cingendole il vita con un braccio – ci può giurare, signora.

Sarah avrebbe voluto chiedergli in che senso, ma si ritrovò a sorridere come un’ebete, troppo emozionata per ciò che stava per vivere.
- Bellissimi! – commentò la matrigna, guardando la foto – la conserverò gelosamente.

Sarah arrossì e abbassò lo sguardo. Il suo cuore era un tripudio di emozioni!
- Ma coraggio, adesso andate! – li esortò la donna.

Durante il tragitto in limousine, Colin fu più silenzioso del solito. Si limitava a sorriderle cordialmente, per poi volgere il capo al finestrino e nasconderle l’espressione del volto.
- Qualcosa non va? – gli chiese, mentre l’auto faceva l’ultima curva e si fermava davanti al liceo – sei un po’ strano.
- Nulla, Sarah. Vogliamo andare? Aspetta che ti apro la portiera...

Sarah si dispose all’attesa e quando finalmente scese, sentì le gambe cederle. L’emozione era talmente forte, che avvertiva chiaramente il cuore cozzare contro le ossa del petto, impazzito. Come sarebbe stato entrare con Colin? Avrebbero ballato un lento? Sarebbero stati incoronati re e reginetta della serata?

Inspirò rumorosamente, nel tentativo di riprendere l’aria che pareva fuggire via.
- Qualcosa non va? – le chiese Colin.
- Oh no, tutto bene – gli rispose – sono solo... emozionata, ecco. È il primo ballo a cui partecipo.

Il ragazzo le tese un braccio e le rivolse un sorriso che pareva più simile ad un ghigno divertito. Sarah si appoggiò a lui con mani tremanti e prese a camminare, seguendolo fra la folla di studenti che si accalcava all’ingresso.

Tutti gli occhi erano fissi su di lei, che si sentì dannatamente a disagio. Essere al centro dell’attenzione non era poi così bello come l’aveva immaginato! C’era qualcosa che non andava, lo intuiva dagli sguardi rapaci che alcuni fra i suoi coetanei le stavano rivolgendo. Sarah si sentì improvvisamente come un topolino fra gli artigli di un’aquila.
- Ma che succede? – sussurrò a Colin, sforzandosi di sorridere.

Il ragazzo, però, non rispose e la scortò al centro della pista, per poi lasciarla sola e accostarsi a Brittany.
- Buonasera Sarah la Svitata – le disse la ragazza, avvolta in un tubino nero che risaltava le sue invidiabili forme.

Sarah si guardò intorno come in cerca di aiuto, ma tutti erano intenti ad osservarli, bisbigliando fra loro. Deglutì, ripetendo a se stessa che quello doveva trattarsi solo di un incubo.
- E così lo scherzo è riuscito! – disse Colin.
- Qu-quale scherzo? – gli chiese lei in un sussurro. Le lacrime le appannarono la vista e resero la stanza melliflua.
- Credevi davvero che Colin ti avrebbe invitata al ballo? – ribatté Brittany ironicamente, scuotendo il capo dorato – che sciocca!
- Perché non avrebbe dovuto?
- Perché tu sei una perdente. E adesso lo sanno tutti!

Sarah si asciugò gli occhi, mentre i volti sorridenti dei presenti vorticavano tutt’intorno a lei, deformandosi in smorfie grottesche.

Fece per correre via, quando Colin le mostrò il suo amato Lancillotto.
- Credo che questo sia tuo, sfigata – le disse – l’ho trovato nel tuo zaino durante l’ora di chimica...
- Lancillotto! Ridammelo!

Si protese in avanti, ma prima che potesse fare alcunché, Colin decapitò senza alcuna pietà l’orsacchiotto. Sarah sentì il proprio cuore lacerarsi come la stoffa del peluche, mentre un singhiozzo le sconquassava il petto.
- Ma che bel vestito, mia cara! – le disse a quel punto Brittany, avvicinandosi a lei – che peccato sarebbe se si sporcasse! – e le lanciò addosso il bicchiere di punch che stringeva nella mano e che andò a macchiare irrimediabilmente l’abito.

Sarah non si trattenne e scoppiò in lacrime, girando sui tacchi e correndo via lontano, fra le risa divertite e maligne dei presenti.

Corse fuori, addentrandosi nel boschetto che costeggiava il liceo, incurante dei rami che le graffiavano la pelle candida, che le strappavano il vestito, che la ghermivano come unghie affilate.

Giunta nel parchetto che frequentava da piccola, si abbandonò sul prato rorido sotto i raggi impietosi della Luna e scoppiò in un pianto liberatorio.

Perché erano stati così cattivi con lei? Come avevano potuto trattarla in quel modo ignobile? Con che coraggio si sarebbe ripresentata a scuola? Quello che per lei doveva essere un sogno, si era trasformato in un incubo!

Sarah prese la propria borsetta e la aprì per cercare un fazzoletto, quando la sua mano sfiorò il libricino rosso che custodiva con tanta gelosia. Se lo stinse al petto, là dove il suo cuore palpitava dolorosamente.
- Almeno non hanno rovinato anche te – sussurrò.

Un frullo d’ali risuonò alle sue spalle, inaspettato e improvviso, catturando la sua attenzione. Sarah si volse di scatto, trovandosi di fronte un uomo di una bellezza così particolare, da sembrare soprannaturale. Pareva uscito da uno dei romanzi che amava tanto leggere.

I capelli biondi rilucevano alla luce della Luna come tante pagliuzze dorate e gli occhi azzurri splendevano come gemme preziose sul viso pulito. Anche se le stava sorridendo, qualcosa dentro di lei la mise in guardia.
- Come mai una fanciulla graziosa come te sta piangendo tutta sola? – le chiese con una voce che incantava. Pareva il canto di mille usignoli e al tempo stesso lo strepito improvviso di uno stormo di corvi.
- Io... nulla – rispose.
- Mia cara Sarah, è impossibile mentirmi, dovresti saperlo.
- Come conosci il mio nome?

Gli occhi dell’uomo brillarono di una strana luce.
- Ma come... ti sei già dimenticata di me, Sarah?

Sarah strabuzzò gli occhi, incredula.
- Tu sei l’uomo del mio sogno! – disse e arrossì fino all’attaccatura dei capelli.
- Sogno? – in un battito di ciglia, l’uomo le fu accanto – e chi l’ha detto che si è trattato di un sogno?
- Chi sei? Come hai fatto...?
- Dovresti saperlo, Sarah. Ricorda! L’età adulta non può aver cancellato ciò che abbiamo vissuto insieme...

 

There's such a sad love

Deep in your eyes.

A kind of pale jewel

Open and closed

Within your eyes...

 

Sarah si sentì confusa. La melodia del suo sogno diveniva quasi palpabile nell’aria fresca della sera. Risuonava nella sua mente e intorno a lei, come se il mondo stesso avesse preso a cantarla.

L’uomo le apparve di nuovo accanto e le sfiorò una mano, portandosela alla guancia. Sarah chiuse gli occhi e si lasciò cullare dalla melodia...

 

There's such a fooled heart

Beatin' so fast

In search of new dreams.

A love that will last

Within your heart.

I'll place the moon

Within your heart


- As the pain sweeps through – cantò l’uomo, prendendo ad ondeggiare e carezzandole il ventre piatto con la mano guantata di nero –
Makes no sense for you. Every thrill is gone. Wasn't too much fun at all, but I'll be there for you. As the world falls down!

Senza quasi rendersene conto, Sarah si ritrovò a volteggiare sull’erba, stretta allo sconosciuto. Intorno a lei, la musica diveniva sempre più forte, la ubriacava come il più pregiato dei vini.

I suoi occhi vennero catturati da quelli dello sconosciuto, che le sorrideva con un sentimento che non era in grado di decifrare. Nostalgia? Gioia? Rammarico?

Cos’era?

 

I'll paint you mornings of gold.

I'll spin you Valentine evenings.

Though we're strangers 'til now,

We're choosing the path

Between the stars.

I'll leave my love

Between the stars

 

Sarah danzava tra le stelle.

Costellazioni variopinte la circondavano da ogni parte, mentre la melodia proseguiva e la voce dell’uomo diveniva sempre più famigliare.
- Non avere paura – le sussurrò – finché sarai con me, non ti accadrà nulla di male.

Sarah sbatté le palpebre dalle lunghe ciglia nere. Un nome le si scioglieva sulla lingua, ma non era ancora in grado di pronunciarlo.

Si aggrappò all’uomo, fino a sfiorargli il naso con il suo. Mosse le labbra. Una, due, tre volte. Alla quarta, finalmente, quel nome venne fuori insieme a tutti i ricordi dimenticati.
- Jareth! Tu...
- Sì, Sarah – rispose subito lui, fermando il ballo e restando fra le stelle – io.
- Perché? Perché adesso?
- Perché hai bisogno di me... come io ho bisogno di te – le rispose – all’epoca non potevamo capirlo, tu perché eri troppo piccola, mentre io... beh... ero troppo orgoglioso e cieco per poterlo ammettere, per poter vedere.
- Vedere cosa?

Jareth si allontanò leggermente e le mostrò la sfera di cristallo.
- Che i nostri sogni sono identici, Sarah. Tu sei il mio sogno, come io sono il tuo... per questo ora sono qui.

Sarah guardò all’interno della sfera e vide il Labirinto e la città di Goblin, che per la prima volta avevano il sapore di casa sua.
- Cosa vuol dire? – chiese infine. Aveva la gola secca.
- Che devi scegliere – rispose Jareth.
- Scegliere?
- Se restare qui, in un Mondo che ti ferisce... o venire via con me.

Sarah pensò ai propri cari e la paura di non rivederli mai più le strinse le viscere. Si accostò di nuovo a Jareth, questa volta con più veemenza.
- Ho paura – confessò.

Il re dei Goblin avvicinò le proprie labbra al suo orecchio.
- Non devi, Sarah – le sussurrò, seducente – abbandona questo mondo che non ti apprezza e vieni via con me, dove nessuno, nessuno, ti farà mai più soffrire – si staccò per guardarla nuovamente negli occhi – e dove io ti renderò felice.

Sarah guardò in basso e vide la città allontanarsi. Tornò a rivolgere gli occhi su Jareth, che adesso le tendeva gentilmente la mano.
- Ti rivedrò? – gli chiese.
- No, Sarah – rispose – questa è la nostra ultima possibilità. Il nostro ultimo ballo.
- Tu eri un mio nemico...
- Ero. È un tempo passato.
- Cos’è cambiato?
- Noi – e Jareth, il re dei Goblin, antico nemico, le rubò il suo primo vero bacio, incatenandola a sé.

Sarah dischiuse le labbra per accoglierne la lingua, per abbandonarsi ad un languore mai provato prima. Come un sogno, i ricordi di quella sera svanirono e nel suo cuore ci fu posto solo per la dolcezza di quel bacio.
- Verrai con me?

La visione prese a svanire. Le stelle esplosero intorno a lei come fuochi d’artificio, terrorizzandola. Si sentì precipitare.
- Jareth!
- Sarah, verrai con me?
- Voglio te – il buio la rapì – voglio te, Jareth!
- E me avrai, Sarah... mia dolce, piccola Sarah.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Angolino dell’autrice:

 

Ciao a tutti!

Non chiedetemi da dove abbia preso questa insana idea probabilmente dall’ennesima visione de Il Fantasma dell’Opera, perché non lo so nemmeno io. Ormai è un mese che sono ossessionata dalla colonna sonora del film e stavolta mi ha ispirato questa... ehm... cosa, che spero vi sia piaciuta almeno un pochino, nonostante sia piena di vecchi cliché.

Mi farebbe davvero piacere sapere cosa ne pensate, soprattutto se sto scrivendo cose sensate o solo castronerie.

Grazie per aver letto!

 

Elly

 

 

   
 
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