Charlotte percorse i corridoi del
San
Mungo a passo di Marcia fino a che non arrivò al piano che
ospitava l’obitorio.
Si arrestò all’inizio del corridoio, dopo
aver individuato Adam davanti ad una porta.
Lui le andò subito incontro, con lo
sguardo triste.
“Dimmi che non è vero” riuscì
solo a dire
Charlotte.
Adam la abbracciò e iniziò a sussurrare
“Mi
dispiace, mi dispiace tanto”
La giovane rimase lì, impietrita. Non
riusciva neanche a urlare o piangere.
Aveva perso tutto: suo figlio, sua madre,
la casa dove era cresciuta.
Un dolore e una rabbia cieca si erano
impossessate di lei.
(100 parole)
Aveva
passato l’intera
estate in ufficio, per cercare di scoprire chi avesse ucciso Jeremy,
guidata
dalla sete di vendetta. E alla fine ci era riuscita: aveva Roland Avery.
Era notte fonda, e
aveva programmato di uscire di nascosto da casa di Adam, ma
sfortunatamente l’uomo
l’aveva sentita muoversi nel letto.
“Dove vai?” le
chiese, afferrandola per il polso. Era preoccupato da mesi per il suo
atteggiamento.
“Non costringermi
a mentirti”
“Charl…te ne
pentirai”
La bionda cercò di
ritrarsi ma la presa di lui era ferma.
“Non sembri
neanche più tu” disse Adam deluso
“Non osare
giudicarmi!” sbottò lei “Non sai cosa
vuol dire perde un figlio!”
Lo strattonò e se
andò, sbattendo la porta.
(114 parole)
Ci aveva messo tempo, ma alla fine
Adam l’aveva
aiutata a riprendersi.
L’Accademia le aveva tenuto la mente
occupata e lei si era talmente affezionata ai propri allievi da non
volerli
lasciare andare.
Così quel giorno si trovava di fronte alla
sua nuova squadra, a dar loro il benvenuto ufficiale nel Quartier
Generale
degli Auror.
“Benvenuta squadra 327” iniziò
leggermente
agitata. I discorsi non erano mai stati il suo forte.
“Ora non siete più in Accademia, questo
è
il mondo reale e i pericoli sono all’ordine del giorno ma ho
fiducia in voi, perché
so di cosa siete capaci.”
(99 parole)
Lei
e Adam
abitavano insieme ormai da 5 anni, da quando lei aveva perso casa.
Nonostante questo,
non si vedevano ogni giorno. Colpa del lavoro.
Ma si amavano ogni
giorno.
Adam era rientrato
dal San Mungo sfinito, quel sabato, tanto che si era appisolato sul
divano e
Charlotte stava sfasciando il suo borsone per mettere a lavare il
camice quando
le capitò tra le mani una scatolina di velluto rosso. Era lo
stesso anello con
cui lui le aveva chiesto di sposarlo la prima volta.
Andò subito a
svegliarlo, scuotendogli una spalla.
“E questo che vuol
dire?”
Adam fece
spallucce. “Mah non saprei… forse è una
domanda...”
“Sarebbe scortese
rispondere di nuovo di no” sorrise lei tra le lacrime.
(119 parole)
Quella sera era a cena con
l’intera
famiglia McKinnon. Era sollevata dal fatto che finalmente avessero
smesso tutti
di chiedere a lei e Adam perché non avessero bambini.
Dicevano che non ne volevano. In realtà
era Charlotte che non aveva la forza di affrontare la cosa.
La cena fu tranquilla e la serata allegra.
Dormivano ormai da poche ore quando
vennero svegliati tutti da un rumore infernale, come se qualcuno stesse
bombardando casa.
Charlotte uscì dalla camera a bacchetta
spianata e incrociò Marlene a metà corridoio.
Furono le prime a scendere.
Si trovarono davanti una quindicina di
mangiamorte.
Le due bionde si scambiarono uno sguardo.
Non c’era speranza.
Era la fine.
(111 parole)
Non uccidetemi, ma questa
è davvero la
fine fine.
Che dire? Mi mancheranno davvero tutti i
vostri OC. Ognuno è stato, a modo suo, splendido.
È stato un piacere e un onore per me
scrivere di loro.
Grazie per avermeli affidati.
Baci
H.