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Autore: HamletRedDiablo    22/04/2009    13 recensioni
Sasuke e Sakura sono troppo diversi per toccarsi: lui un traditore, lei un ninja medico. Ma forse basta una ciliegia per risolvere il problema…
Prima classificata alla seconda edizione del contest sull'Erotismo indetto da Rota23
Genere: Erotico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Sakura Haruno, Sasuke Uchiha
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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Questa fiction si è classificata prima (*______________* ancora non ci credo!) al contest sull'erotismo indetto da Rota23.
Per me è stata una grossa sorpresa, non me l'aspettavo assolutamente *_*
E' la mia prima SasuSaku lemon... spero l'apprezzerete! ^^
Grazie a princess21ssj per i bannerini (splendidi! **) a Rota23 per aver indetto un concorso così bello e per la velocità nel postare i risultati ^^
E complimenti a tutte le partecipanti ^_^ appena possibile leggerò le vostre ficchy, promesso! *W*
Vi lascio alla lettura ^^

-Autore: Red Diablo
-Titolo:
I Can’t Touch You… Or I Can?
-Genere:
Romantico, Erotico
-Rating:
Arancione
-Personaggi e combinazione:
Sasuke/Sakura, ciliegia/dita
-Avvertimenti:
Lemon; One-shot
-Riassunto (facoltativo):
Sasuke e Sakura sono troppo diversi per toccarsi: lui un traditore, lei un ninja medico. Ma forse basta una ciliegia a risolvere il problema…
-Commento (facoltativo):
è la prima storia erotica che scrivo e la prima volta che utilizzo il SasuSaku… mi sono divertita a scriverla e spero che il risultato sia buono. ^_^

 

La soda buccia scarlatta cedette con uno schiocco sotto i suoi denti, inondandole il palato con la polpa morbida e saporita.

La kunoichi dai capelli rosa masticò lentamente la ciliegia, godendosi il suo sapore dolciastro.

Era contenta di poter finalmente gustare qualcosa che non fosse amaro: gli sembrava che ultimamente la sua vita avesse il sapore della stricnina.

Naruto era partito, Tsunade-sama la massacrava tutto il giorno con i suoi allenamenti, e l’aria al villaggio si era fatta gelida e immobile da quando…

Un’improvvisa diga sbarrò il flusso dei suoi pensieri.

Inutile.

Non riusciva neppure a pensarlo.

Si servì di un’altra ciliegia dal paniere, accantonando quel pensiero fastidioso ai limiti della mente.

Da quando Sasuke li aveva abbandonati.

Scosse la testa, serrando bruscamente i denti.

Le mascelle si contrassero con troppa forza: non si limitarono a spezzare il frutto, ma sbriciolarono persino il seme, spruzzandole in bocca il suo sapore acido.

La kunoichi sputacchiò schifata il nocciolo amaro, mandando al diavolo la cattiva sorte che sembrava non avere niente di meglio da fare che perseguitarla giorno e sera.

-Sakura che mangia le ciliegie, che originalità!- la canzonò una voce roca, con un’ironia fredda e senza allegria.

La ragazza lanciò un’occhiata all’altro occupante della stanza. Sasuke, come evocato dai suoi pensieri, era apparso nel rettangolo della finestra aperta.

L’Uchiha aveva abbandonato il villaggio… ma per un qualche motivo che lei non riusciva a capire, continuava a venirla a trovare, tutte le sere.

Per questo quella finestra aveva sempre le imposte spalancate.

-Non dovresti essere qui- borbottò, per nulla sicura delle sue parole.

Sasuke le indirizzò uno sguardo furfantesco.

-Allora perché non mi dici di andarmene, Sakura?- la provocò.

L’Haruno gli diede la schiena con un gesto stizzito, tornando a concentrare la sua attenzione sul cesto ricolmo di frutti cremisi.

Era furbo, maledettamente furbo.

Sapeva che lei non gli avrebbe mai chiesto di andarsene.

L’Uchiha decise di prendere il silenzio dell’ex compagna di squadra come un’autorizzazione ad entrare, e scivolò fluido dal davanzale al salotto, richiudendo dietro di sé la finestra con un rumore ovattato.

L’Haruno si concesse qualche secondo per contemplarlo: era cambiato notevolmente da quando era partito da Konoha.

La mascella si era fatta più pronunciata, quasi per accordarsi con la durezza degli occhi d’ebano e l’immobilità delle espressioni facciali. I capelli corvini erano diventati più ispidi e ribelli, proprio come l’animo del giovane, ormai degenerato nell’acido della vendetta. I muscoli ben definiti erano segnati in più punti dalle conseguenze dei duri allenamenti cui si sottoponeva: sottili cicatrici martoriavano il petto marmoreo, e alcuni lividi scuri interrompevano violentemente il candore dell’epidermide.

Una bellezza scultorea, inselvatichita da ferite ed ecchimosi: era il prototipo perfetto del bello e dannato… anche se Sakura non riusciva a decidere se fosse più bello o più dannato.

Trattenne un sospiro tra i denti.

Lei invece non era maturata per nulla: di fianco a lui continuava sempre a sentirsi inadeguata, come un aborto di fango in confronto ad una statua d’oro.

I suoi lineamenti avevano ben poco della perfezione che vantavano quelli dell’Uchiha, e il suo fisico non era certamente sviluppato come avrebbe gradito:  i suoi occhi iper-critici vedevano il seno troppo piccolo, i fianchi troppo larghi e la pancia troppo gonfia.

Neppure i capelli passavano il suo spietato esame: troppo piatti, troppo secchi, troppo rosa.

Lui sembrava un disegno creato da un angelo… lei invece assomigliava ad un quadro astratto realizzato da un artista daltonico e sbronzo.

Sakura stese le braccia sul tavolo, poggiandovi sopra la testa: si chiedeva davvero cosa spingesse l’Uchiha a tornare da una ragazza insignificante come lei.

Il fruscio dei vestiti del ragazzo la avvisò che Sasuke si stava avvicinando a lei. Il suo cuore reagì istantaneamente a quell’informazione, cominciando a batterle in simultanea nel petto, nelle orecchie e nella gola.

Le dita dell’Uchiha le passarono a pochi centimetri dal viso per poi affondare nella marea scarlatta contenuta nel cestino.

-Come mai ti piacciono tanto le ciliegie?- domandò monocorde lui, afferrandone una e portandosela al viso come se volesse analizzarla.

-Perché… perché sono buone!- scattò la kunoichi, colta alla sprovvista.

Provò l’improvviso desiderio di sbattere la testa contro il muro: perché ogni volta che il suo cuore sprofondava nel delirio decideva di trascinarsi dietro anche il cervello?

L’Uchiha rigirò qualche volta la ciliegia tra le dita prima di distogliere i suoi pozzi di petrolio dal frutto lucido e inchiodarli nei laghi smeraldo della giovane.

Il respiro della kunoichi si arrestò così violentemente da ghigliottinarle la gola, paralizzandola.

-Sakura…- mormorò vellutato l’Uchiha. –Questa sarà l’ultima volta-

Il cuore stoppò bruscamente il suo furioso tamburellare per sprofondare fino ai piedi, lasciandole il petto vuoto e freddo.

-L’ultima?- ripeté, sbarrando gli occhi smeraldini.

-D’ora in poi non potrò più tornare a Konoha- spiegò lui, riportando le sue iridi nere sulla ciliegia. –Ho già rischiato abbastanza tutte queste volte-

Sakura sentì un enorme masso piazzarsi in gola, bloccandole il respiro. Cercò di deglutire l’enorme ingombro, passando contemporaneamente le mani sui bicipiti: sembrava che una tormenta di neve avesse sostituito il calore che le aveva pulsato nel petto fino a pochi attimi prima.

-Capito- comunicò, atona. –Quindi tanti saluti e tanti baci-

Di nuovo il desiderio di rompersi la testa contro le pareti: possibile che i suoi neuroni non sapessero fare altro che produrre cavolate?

Un lampo di malizia guizzò negli occhi dell’Uchiha.

-Baci?- chiese, poggiando un gomito sul tavolo in modo da trovarsi con il viso alla stessa altezza di quello della kunoichi. –Baci dove?- insistette, facendo rotolare la ciliegia tra le dita.

La ragazza si trattenne a stento dal sussultare: il suo cuore reagì immediatamente alla vicinanza del giovane, risalendo in un lampo dai piedi allo sterno, e riprendendo a battere come un pazzo.

-In faccia- rispose lei; se quello stupido muscolo avesse continuato a picchiare con quel ritmo, le avrebbe sicuramente spezzato una costola.

-In faccia dove?- si ostinò lui, avvicinandosi impercettibilmente.

-Sulle… guance?- tentennò la ragazza.

Un sopracciglio del moro scattò verso l’alto.

-Sei rimasta ai tempi dell’accademia, Sakura…- la prese in giro con la sua consueta freddezza.

-Allora… in fronte?- tentò di nuovo la kunoichi.

-Come ai malati per misurare la febbre- le fece notare lui.

Sakura lo fissò confusa: dato che l’Uchiha aveva mantenuto inalterata la sua espressione impassibile, non riusciva a capire se le sue risposte lo divertissero o lo irritassero.

-Sul naso?- provò di nuovo.

-Sul naso?- le fece eco lui, alzando le sopracciglia con fare arrogante.

-Dove ti pare!- sbottò lei, ormai prossima all’esaurimento: l’eccessiva vicinanza dell’Uchiha, contornata da quella fastidiosa sequela di domande, aveva un brutto effetto sfibrante sui suoi nervi.

-Dove mi pare…- meditò lui, gustandosi le parole come un gatto che si lecca i baffi prima di avventarsi sul topolino. –Mi piace questa cosa dei baci dove voglio io…-

Fulmineo, l’Uchiha accostò il viso a quello della kunoichi.

Sakura avvertì il rossore impadronirsi violento delle sue guance: poteva sfiorare con il suo il naso del ragazzo, poteva avvertire il suo respiro sulla pelle, poteva specchiarsi nelle iridi di pece…

Qualcosa toccò la sua bocca, ma non erano le labbra del giovane: era la ciliegia, che l’Uchiha le teneva premuta sulle curve scarlatte con due dita.

-Spiacente, Sakura- si rammaricò lui, allontanando il viso. –Noi non possiamo avere legami… lo sai questo, no?-

La ragazza scartò di lato con il viso, maledicendo la sua idiozia: figurarsi se il grande Sasuke Uchiha si sarebbe abbassato a baciare una misera ragazzina come lei!

La rabbia si condensò in lacrime brucianti agli angoli degli occhi, che la kunoichi rispedì indietro a far compagnia al groppo che le annodava la gola.

-Certo- ringhiò lei, nascondendosi dietro la tendina rosa dei capelli. –Perché noi siamo nemici-

-Esatto…- asserì lui. –Per questo non possiamo legarci tra noi…-

Le azioni del giovane discordavano però dalle sue parole: allungò una mano verso il viso contratto di rabbia della ragazza e, con una leggera pressione sulla guancia levigata, la costrinse a voltarsi.

Sakura lo fissò con occhi lucidi di lacrime trattenute, mentre avvertiva i polpastrelli dell’Uchiha carezzarle con rude gentilezza gli zigomi.

Quelle non erano dita adatte a portare gli anelli dell’amore eterno, né ad essere annodate dal filo rosso del destino: erano le dita di un vendicatore, idonee a stringere armi e macchiarsi di sangue.

L’Haruno spostò lo sguardo sulle sue mani: le sue dita invece erano lunghe, affusolate, nate per ricucire ferite e somministrare medicinali.

Sakura strinse amareggiata i pugni: erano diversi in tutto, persino in quell’ammasso di falangi, carne ed unghie.

L’Uchiha osservò in silenzio la rosa: aveva dei lineamenti troppo dolci per essere tormentati dalle angosce che lui le infliggeva con la sua presenza o la sua assenza, degli occhi troppo puri per posarsi su feccia traditrice, un animo troppo nobile per scendere nella fossa lurida in cui era sprofondato il suo.

Eppure non riusciva ad allontanare i polpastrelli dal volto di lei.

E pensare che poco tempo prima aveva avuto tra quelle stesse dita il destino dell’Haruno… sarebbe bastato un suo gesto, e lei sarebbe diventata una criminale ricercata pur di seguirlo.

Distolse le dita dagli zigomi della kunoichi e sentenziò:

-Non possiamo toccarci… lo sai, no?-

Sakura annuì, nascondendo il disappunto dietro la lunga frangia rosata.

Sasuke tornò a giocherellare con la ciliegia… e proprio osservando quel frutto un’idea gli balenò nella mente.

Afferrò la ciliegia tra due dita e fece passare la buccia liscia sulla guancia della giovane.

-Sasuke… cosa?- chiese lei, spiazzata.

-Non ti sto toccando- le fece notare lui. –E’ la ciliegia-

Sakura sorrise: il ragazzo non la stava sfiorando direttamente, ma poteva avvertire il calore delle dita di lui a pochissima distanza dalla sua pelle.

-Così va bene- accordò la kunoichi.

Un sorriso scaltro incurvò le labbra dell’Uchiha.

Sakura non riuscì a capire esattamente cosa stesse succedendo: sentì una mano afferrarla da dietro le ginocchia e un’altra poggiarsi in mezzo alle scapole; l’istante successivo la stanza roteò attorno a lei, e si arrestò solo quando la ragazza si ritrovò sbattuta sul divano, bloccata sull’imbottitura morbida dal peso del ninja a cavalcioni sopra di lei.

-Sa-Sasuke…- tartagliò, mentre un enorme allarme rosso e lampeggiante cominciava a strillare nel suo cervello: “Pericolo! Attacco sexy! Dieci secondi alla perdita di ogni facoltà razionale!”

-Tanto vale stare comodi, no?- propose lui, incatenandola con le sue iridi onice.

Sakura boccheggiò a vuoto: era troppo impegnata a seguire lo scontro tra la mente e gli occhi per articolare qualcosa di intellegibile.

“Non dovete fissarvi lì, ma più su!” sberciavano i neuroni rimasti.

“Facile a dirsi!” protestavano le iridi cristalline, ipnotizzate dai muscoli che si intravedevano dai lembi aperti del kimono.

-Ci sei ancora, Sakura?- la richiamò lui, spostando lo sguardo per vedere dove miravano gli smeraldi della ragazza.

-Sì!- lei quasi strillò, riportando bruscamente gli occhi sul viso del giovane.

Sasuke trattenne a stento un ghigno divertito: era incredibile quanto la sua presenza fosse deterrente per l’apparato nervoso della giovane.

Sakura, intanto, si malediceva mentalmente per le sue reazioni esagerate: che bisogno c’era di agitarsi come un’isterica? In fondo, aveva solo un metro e mezzo di bellezza virile allo stato puro messo bocconi su di lei, con i pettorali scoperti dal kimono allentato, il viso che la scrutava dall’alto con quell’aria indifferente e maliziosa al tempo stesso…

“D’accordo, forse sono giustificata” pensò, cercando di ignorare le ginocchia di lui che le premevano ai lati delle anche.

L’Uchiha fece passare il gambo della ciliegia attraverso il foro della zip e, tirando il picciolo, fece scorrere la linguetta di metallo lungo la cerniera: la maglia rossa della ragazza si schiuse come una ninfea.

Sakura avvampò, ritrovandosi con gli orli dell’abito spalancati e il reggiseno in bella vista.

Non riuscì a sostenere lo sguardo dell’Uchiha che vagava lento sul suo corpo, esaminando con minuzia il suo fisico.

Chissà come apparivano le sue forme al ragazzo… lei le trovava imbarazzanti, sproporzionate, troppo piccole in certi punti e troppo accentuate in altri; per di più il reggiseno che indossava non era il migliore del suo repertorio…

Trasalì quando la fredda buccia del frutto scese a calcarle la linea della mascella sottile.

Da lì le dita esperte dell’Uchiha fecero rotolare la ciliegia lungo il collo, sulla linea della clavicola, nella conca dello sterno, sul profilo della pancia piatta.

Sakura si aggrappò con le mani al copri divano: sentiva la temperatura corporea salire ad ogni battito del cuore, ad ogni passaggio di quella ciliegia sulla sua pelle, ad ogni tocco appena accentuato delle dita del ragazzo.

Sasuke le indirizzò un’occhiata allusiva prima di portarsi il frutto alle labbra e sfiorarlo con la lingua.

Sakura avvertì un nuovo fremito quando la scorza umida le ridisegnò il bordo tondeggiante dei seni e si insinuò lasciva sotto la coppa del reggipetto.

Era quasi una tortura: sentiva le dita dell’Uchiha incredibilmente vicine alla sua pelle, tuttavia non la carezzavano mai direttamente, separate da quell’ostacolo vermiglio.

E il seducente supplizio non era ancora finito.

Sasuke staccò con un colpo secco il gambo della ciliegia e strinse con delicatezza il frutto tra i denti.

Sakura tremò quando si sentì lambire il lobo dell’orecchio dalla buccia lucida e dalla punta del naso dell’Uchiha in contemporanea; il respiro del ragazzo seguì la carotide e scese a solleticarle lo sterno, facendo fluire lentamente i contorni sferici della ciliegia nell’avvallamento tra i due seni e proseguendo la discesa fino all’ombelico.

Ripassò il disegno degli addominali per poi risalire e ridefinire il profilo sensuale del petto.

-S-Sasuke- ansò, rovesciando la testa all’indietro quando l’Uchiha passò ad accarezzare con la scorza fresca il profilo del collo, per poi posarle con delicatezza la ciliegia sulla bocca.

Sakura schiuse le labbra a contatto con il frutto dolce: la bocca dell’Uchiha era alla distanza di una ciliegia dalla sua.

Era talmente vicino che riusciva a sentire il suo odore stuzzicate stimolarle le papille gustative, come il profumo di una pietanza incredibilmente appetibile.

Desiderosa di accorciare lo spazio che li divideva, Sakura affondò i denti nella ciliegia fino al nocciolo, dimezzando così l’infima distanza.

Le loro labbra entrarono in un contatto superficiale, ancora ostacolato dalla presenza della frutto.

Sasuke imitò la ragazza, morsicando la polpa ancora attaccata al seme.

La successiva mossa dell’Haruno lo colse totalmente impreparato: le dita della giovane si strinsero agli orli dischiusi del kimono, attirandolo con più forza su di sé.

Il giovane fece appena in tempo ad avvertire il pizzo del reggiseno solleticargli la pelle e il morbido contenuto dell’intimo premere contro i suoi pettorali di ferro prima che la lingua della giovane azzerasse ogni altra percezione, introducendosi tra le sue labbra e spingendogli in bocca il nocciolo.

La ragazza scostò il viso quel tanto che bastava per vedere il giovane portarsi meravigliato una mano sulla bocca ancora calda del sapore della kunoichi.

-Non ti ho toccato- evidenziò lei, spostando lo sguardo sulle dita intrecciate al tessuto del vestito dell’Uchiha. –E non ti ho baciato: è stato il nocciolo- argomentò, lanciandogli un sorriso malizioso.

Le iridi del ragazzo scintillarono compiaciute mentre l’Uchiha si rigirava il seme in bocca.

Complice del gioco intavolato dalla giovane, Sasuke rapì nuovamente le labbra della ragazza con le sue, passandole il nocciolo.

Sakura si staccò per riprendere fiato prima di rigettarsi in quell’inseguimento tra seme, labbra e lingue.

Presi com’erano dal ritmo frenetico di quel gioco anticonformista, quasi non si accorsero che le loro mani avevano cominciato a svagarsi in un altro modo, come se reclamassero lo stesso divertimento di cui stavano godendo le bocche: Sakura arpionò con le dita i bordi del kimono di lui, facendoli scendere lungo le braccia dai muscoli ben definiti del ragazzo fino a lasciarlo a torso nudo; le sue mani si deliziarono per qualche istante percorrendo bramose il fisico statuario del giovane, per poi calare verso il basso e cominciare ad armeggiare con la cintura violacea del ninja. Seguendo l’esempio di quelle di Sakura, anche le dita di Sasuke cominciarono a ricercare il loro piacere: corsero dapprima ad abbracciare la schiena della giovane insinuandosi all’interno della maglia aperta, provocando dei fremiti nella kunoichi tramite una sapiente stimolazione della spina dorsale; insoddisfatte, risalirono la pancia piatta della giovane fino a giocare lussuriose con i suoi seni, scostando velocemente l’intralcio del reggipetto; ancora non contente dei brividi che attanagliavano la ragazza ad ogni loro provocazione, scesero lungo i fianchi della giovane per poi scorrere voluttuose all’interno delle gambe sottili di lei, avvicinandosi sempre più a quel luogo inviolato…

Sasuke fu il primo a liberarsi da quella caccia provocante, distanziandosi dalla ragazza in modo da fissare i suoi occhi di carbone in quelli dello stesso colore delle foglie in estate.

-Sakura…- ansimò, risistemando rapido il kimono e la cintura quasi slacciata. –Non possiamo…-

La kunoichi si portò un pugno chiuso alle labbra e vi sputò dentro con discrezione il nocciolo.

Socchiuse con rassegnazione le palpebre, bloccando in gola un sospiro amaro e rimettendo al suo posto il reggiseno, che era salito a farle da sciarpa.

Non era cambiato nulla: lei era sempre quella che correva dietro all’Uchiha come un cagnolino abbandonato, e lui era sempre quello che la rifiutava all’ultimo momento.

-Perché?- domandò lei, colpendolo con le sue iridi ormai prossime alle lacrime. –Perché sei tornato, Sasuke?-

Sarebbe riuscita a rassegnarsi molto prima se lui non si fosse ripresentato ogni sera a farle visita. Il suo cuore sarebbe riuscito a trovare la pace se lui non lo avesse agitato con le sue capatine notturne.

Si era illusa di contare qualcosa per lui, dato che era l’unica nell’intero il villaggio con cui avesse mantenuto un legame… e invece era tutto come quella sera: lei gli aveva gridato tutti i suoi sentimenti e lui aveva liquidato la questione con un semplice “grazie”.

Tutto invariato: lei il corridore stremato, lui la meta irraggiungibile.

L’Uchiha le posò le labbra sulla fronte, scatenando una nuova reazione scalmanata nel sangue di lei, che ribollì feroce nelle vene.

-Non ci arrivi da sola?- mormorò, muovendo le labbra sulla sua pelle candida. –Dannazione, Sakura… eppure lo sai che non sono un tipo loquace…-

La kunoichi non ebbe tempo di replicare: le sue parole s’infransero sulle labbra dell’Uchiha, che cominciarono a stuzzicare le sue senza l’intermediario del nocciolo.

Sakura rimase così spiazzata da quel bacio improvviso che non riuscì a replicare neppure alla successiva affermazione dell’Uchiha:

-Dovrai farti bastare questo-

Il ragazzo notò la mano della giovane, abbandonata vicino ai capelli rosa.

Accostò le sue dita a quelle della kunoichi, fino a che esse furono così vicine da poter sentire il calore reciproco.

Ma nessuno dei due osò annullare quella minuscola distanza, perché in quei pochi millimetri erano racchiuse troppe differenze: le sue dita da assassino contro quelle guaritrici di lei, la bramosia di vendetta del ragazzo contro il desiderio d’amore della giovane, i sogni spezzati del moro contro le speranze infondate della rosa…

L’Uchiha fu lesto a scostarsi: Sakura si sentì alleggerita dal suo peso senza quasi rendersene conto.

Il ragazzo si diresse alla finestra e la scavalcò senza dire neppure una parola.

Come sempre, quando Sasuke Uchiha decideva che una conversazione aveva termine non dava modo a nessuno di replicare.

Sakura si accostò alla finestra con la maglia ancora aperta sul reggiseno.

Appoggiò le mani al balcone gelido, mentre la fine brezza serale le faceva venire la pelle d’oca sul ventre nudo.

Ricercò irrequieta un segno della sua presenza nelle vie in ombra, nella vegetazione che le circondava, sui tetti disegnati dai raggi lunari… le sarebbe bastato scorgere un ramoscello spezzato, oppure intravedere il contorno bianco del kimono, o almeno avvertire una nota del suo profumo silvestre…

Nulla.

Se ne era andato. E, questa volta, in modo definitivo.

Sakura abbassò mestamente la testa, avvolgendo le dita alla maniglia della finestra, il varco di vetro attraverso cui lui era passato per farle visita tutte quelle sere…

Le imposte si chiusero con un rumore secco.

 

Un sottile raggio di luce trapelò dalle finestre sporche e si insinuò furtivo tra le palpebre serrate della kunoichi, obbligandola a schiuderle.

Sakura strizzò gli occhi, mugugnando infastidita per quell’intrusione luminosa nel suo sonno.

Si passò una mano tra gli spettinati capelli rosa, coprendosi con le lenzuola che erano scivolate sui fianchi.

Aveva fatto un sogno bizzarro... bizzarro come solo i ricordi possono essere.

Sakura aprì le gambe a compasso, crogiolandosi nel tepore delle coperte.

Una mano si congiunse alla sua, intrecciando le dita.

-Ben svegliata- la salutò freddamente una voce roca.

Sakura sorrise, osservando quell’intreccio perfetto di falangi: le loro dita sembravano nate per restare unite.

La kunoichi si accoccolò al petto del giovane che occupava con lei quel letto sgangherato, avvolgendo con le gambe il bacino di lui.

Era bastato cancellare le differenze che li separavano per far sì che le loro dita si congiungessero, così come i loro destini: Sakura aveva rinunciato al copri fronte di Konoha in favore della stoffa grezza di quel kimono che gridava “tradimento” da ogni piega, e che ora giaceva abbandonato in un angolo assieme a quello del ragazzo.

Aveva seguito Sasuke nel covo di Orochimaru, affermando che il nukenin avrebbe potuto aver bisogno dell’aiuto di un altro ninja medico, oltre a Kabuto, per prendere possesso del corpo dell’Uchiha.

Ovviamente non aveva detto al pallido individuo che avrebbe preferito strangolarsi con le sue stesse mani piuttosto che aiutarlo a portare a termine il suo malsano progetto.

Così come non aveva rivelato a Sasuke che mirava a distoglierlo pian piano dalla sua meta di vendetta.

Ma non c’era fretta.

Lei era Haruno Sakura, e sicuramente, prima o poi, sarebbe riuscita a riportare l’Uchiha sulla retta via.

Perché le loro dita non avevano più motivo di restare separate: ora poteva stringergli la mano, e, tramite quella stretta, poteva ricondurlo sulla strada giusta.

Ma al momento c’era qualcosa di molto più urgente da fare…

-Sasuke?- mormorò, lanciandogli uno sguardo felino.

-Mh?- mugugnò lui.

-Pensavo…- sussurrò lei, maliziosa. -Mi è venuta una gran voglia di ciliegia…-

 

   
 
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