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Autore: BebaTaylor    19/07/2016    0 recensioni
Avete presente quegli amici che nonostante la distanza, i litigi, i giorni, settimane — o addiritura mesi— di silenzio ogni volta che si ritrovano è come se si fossero visti il giorno prima?
Il rapporto fra Nick e Lynn è così.
Degli strani sogni, un improvviso trasferimento in un altro continente, un vecchio locale, una padrona di casa impicciona, degli amici che sanno ancora prima che tu intuisca qualcosa...
Come evolverà il rapporto fra Lynn e Nick?
Capiranno quello che gli altri hanno capito prima di loro?
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nick Carter, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Niente di quanto narrato in questa fanfiction è reale o ha la pretesa di esserlo. È frutto della mia fantasia e non vuole assolutamente offendere la persona in questione. I personaggi originali appartengono alla sottoscritta.


Hummingbird

❀❀❀ Quattro ❀❀❀



Nick fissò lo schermo del cellulare. Lynn era a Shanghai da dieci giorni, otto ore e diciotto minuti; gli sembrò folle contare persino le ore e i minuti dal momento in cui Lynn gli aveva mandato un messaggio per avvertirlo che era arrivata sana e salva in Cina, ma non poteva farne a meno, semplicemente non ci riusciva.

Non ci riusciva perché Lynn gli mancava e in certi momenti gli mancava così tanto che era sicuro che avrebbe smesso di respirare.

Lynn aveva postato veramente poco da quando era in Cina: giusto un paio di foto, un selfie e un paio di tweet. Nick sospirò e pensò che non fosse giusto, tutto ciò. Lei era sua amica e adesso non avrebbe più potuto vederla quando voleva. Okay, in passato erano riusciti a non sentirsi e vedersi anche per un paio di mesi, ma la colpa era del lavoro: lui in tour e lei presa con la gestione degli ospiti al Sea Star.

«Il ristorante.» mormorò, pensando a quel locale che lei gli aveva fatto vedere qualche settimana prima. Si domandò che fine avrebbe fatto, se Lynn, una volta tornata — perché sarebbe tornata, vero? — lo avrebbe aperto. Si disse che l'avrebbe aiutata, avrebbe pubblicizzato il suo locale su twitter così tante volte da farsi dire di smetterla.

Sospirò — di nuovo — e si chiese perché continuasse a pensare a Lynn quando accanto a lui c'era Lauren.

Lauren era la sua fidanzata, convivevano... che bisogno c'era di pensare a un'altra ragazza?

"Lynn è mia amica." pensò.

Lynn. Lynn. Lynn.

Ripensò a quello che gli aveva detto AJ: "Sei confuso.", e si rese conto che lo era. Lasciò perdere il cellulare e strinse la testa fra le mani.

Lynn. Lynn. Lynn.

«Lynn...» soffiò e si rese conto — così all'improvviso che quasi cadde in avanti, di quello che intendeva il suo amico — di quello che aveva sempre cercato di negare, persino a se stesso: quello che provava per Lynn andava oltre a un'amicizia, seppur profonda.

E, con un gemito strozzato, si rese conto che era troppo tardi.

Aveva perso Lynn.

***

Lynn sospirò e fissò fuori dalla finestra, saltando da un grattacielo all'altro, guardando il cielo grigio per lo smog. Da qualche parte, oltre quel cemento, c'era l'oceano. Ormai era quasi un mese che era lì. Ventotto lunghi giorni.

La California le mancava terribilmente, un dolore sordo che le stringeva il cuore in una morsa. Odiava quel posto, lo odiava con tutto se stessa. Odiava lo smog, odiava tutto quel grigio, detestava quelle spiagge, non sopportava le abitudini cinesi e odiava dover ricorrere al dizionario per qualsiasi cosa. Voleva tornare a Los Angels, nel suo appartamento, sul piccolo terrazzino da cui poteva ammirare il parco pubblico poco lontano. Voleva uscire e correre senza dover fermarsi ogni tre metri per tossire a causa dell'inquinamento. Voleva inspirare l'odore di salsedine che tanto amava, voleva uscire e bersi un succo di frutta e mangiare un toast, seduta all'aperto ma non poteva.

Si sentiva sola lì a Shanghai. E Jacob non la capiva, non voleva capirla. Aveva lasciato tutto quanto, per lui: il suo appartamento, i suoi amici, il suo lavoro, il suo locale. Nick.

Il pensiero dell'amico la colpì in pieno, come se avesse preso un pugno in piena pancia. Si piegò in avanti, stringendo i pugni con forza fino a sbiancarsi le nocche, morsicandosi le labbra per impedire a quella cosa di uscire. Ma non ci riuscì: la bocca si spalancò e iniziò ad urlare, piegandosi in avanti con il busto, anche le gambe si piegarono, e Lynn finì in ginocchio sul pavimento, senza smettere di urlare. Urlò e pianse, sentendosi stanca e vuota, non capita, non amata, non voluta in quel paese straniero per lei.

Nick. Nick. Nick.

Quel nome le vorticava nel cervello, girando e rigirando, come se volesse farle esplodere la testa. Lynn portò le mani al capo, infilando le dita fra i capelli e posò la fronte sul pavimento mentre un lamento rauco usciva dalle sue labbra. Non aveva più voce.

Si raggomitolò sul pavimento.

Voleva sentire il sole — quello vero, quello caldo e accecante della California — sulla pelle, voleva camminare a piedi nudi sul bagnasciuga e sentire le onde che le lambivano le caviglie, voleva ritornare al ristorante, sorridere e accogliere gli ospiti, voleva scambiare quattro chiacchiere con Marlene.

Invece era lì, in quella minuscola casa, al quindicesimo piano, circondata da cemento e da persone che non la capivano, a partire da Jacob.

Nick. Nick. Nick.

Lynn emise un verso rauco e inghiottì bocconi d'aria; ogni volta che pensava a lui le mancava il respiro. Sapeva che le sarebbe mancato, ma non così tanto.

Voleva tornare a casa e voleva farlo subito.

Nick. Nick. Nick.

Velocemente si alzò, sentendo la testa girare e lo stomaco che si contraeva. Gattonò per un paio di metri, si alzò in piedi, tremando e ondeggiando; si appoggiò a qualsiasi cosa, rischiando di far cadere una sedia, raggiunse il bagno, cadde in ginocchio davanti al water e vomitò, stringendo con forza il bordo in ceramica della tazza. Ansimò e si alzò in piedi, andò al lavandino e aprì l'acqua; alzò il viso, passò il dorso della mano destra sul mento e si fissò, rimanendo quasi sconvolta dal suo riflesso. "Sono io?" si domandò guardando il viso pallido — dov'era finita la sua abbronzatura? —, le labbra secche e screpolate, il piccolo bozzo in un angolo, che minacciava di esplodere in un herpes da un momento all'altro, guardò le occhiaie violacee attorno agli occhi.

Se avesse avuto qualcos'altro nelle stomaco lo avrebbe sicuramente vomitato alla vista di quello che era diventata. Lynn chiuse gli occhi, fece un respiro profondo e li riaprì. Aveva bisogno di Jacob, ne aveva un disperato bisogno. Andò nel minuscolo salottino, afferrò il telefono e il foglio su cui era scritto il numero dell'ufficio di Jacob, lo compose e rimase in attesa, ascoltando l'orribile musichetta. Le rispose una voce femminile, molto squillante e a tratti stridula.

«Salve, sono Lynn Sidle.» si presentò, «Vorrei parlare con Jacob James.»

Dall'altra parte solo parole incomprensibili e Lynn sbuffò, «Sono Lynn Sidle, posso parlare con Jacob James?» ripeté, parlando con lentezza e scandendo bene le parole.

Altre parole incomprensibili, tranne un "Okay, okay". Altre parole incomprensibile, altra musichetta e il telefono suonò libero. Al terzo squillo le rispose Jacob.

«Lynn, a meno che non sia un'emergenza lo sai che non voglio essere disturbato.»

Lynn trattenne un singhiozzo e strinse il telefono, «Vieni a casa per cena?» pigolò, «Per favore.» mormorò, «Andiamo fuori?»

Jacob sospirò, «E va bene.» acconsentì, «Ci vediamo alle sette.» disse e riagganciò.

Lynn fissò l'orologio e vide che erano le cinque del pomeriggio, aveva tutto il tempo per farsi una doccia.

***

Le sette, quindici minuti e trenta secondi. Trentuno, trentadue...

Lynn sbuffò. Jacob era in ritardo. Un'altra volta. Lei veniva sempre dopo.

Afferrò il telefono e compose il numero di cellulare del ragazzo, dicendosi che magari era bloccato nel traffico.

«Stavo per chiamarti.» esclamò lui quando rispose, «Scusami, ma c'è una riunione.»

Lynn gemette, «Ma me l'avevi promesso.» esclamò, arrabbiata.

«Vai da sola.»

«Io volevo andarci con te!» strillò lei, la voce ancora rauca.

«Lynn... non fare così.» la rabbonì lui, «Andiamo un'altra volta.» aggiunse.

«Lo hai detto anche l'altra sera.» gli ricordò Lynn, «Me lo dici sempre ma ci fosse stata una volta in cui sei tornato in orario!» sbottò. «Prometti sempre che tornerai per cena, che andremo al ristorante e poi ti rimangi tutto!» gridò.

«Su, Lynn, non fare la bambina.» disse lui, «Ci vediamo più tardi.» aggiunse e riattaccò.

Lynn fissò il telefono e desiderò buttarlo dalla finestra — peccato che non si potesse aprire.

Frugò nella borsa, estrasse il porta tabacco e si rollò una sigaretta, fregandosene se in quel palazzo ci fosse divieto di fumare in casa.

Lavoro, lavoro e ancora lavoro. Erano lì da tre settimane e Jacob aveva passato più tempo in ufficio che a casa, senza capire che Lynn aveva bisogno di lui. Ripensò a quel giorno, quando Nick le disse che Jacob era un idiota. Era vero, Jacob era un idiota. E anche stronzo menefreghista.

Mentre aspirava la seconda boccata, si alzò in piedi, andò nella stanza da letto e aprì l'armadio, fissando le sue due valigie e il borsone riposti ordinatamente.

Le prese e portò tutto sul letto, le aprì e si bloccò, chiedendosi se fosse la cosa giusta da fare, quella di fuggire. Tanto a Jacob non importava nulla di lei, altrimenti a quell'ora sarebbe stato a casa.

Tornò in salotto. Prima di tutto doveva trovare un aereo. Aprì il portatile, già connesso al wifi e fissò la schermata di Twitter.

Nick. Nick. Nick.

Chiuse la pagina e aprì quella della compagnia aerea. Non c'era un aereo diretto per Los Angeles ma alla fine Lynn trovò una soluzione, anche se avrebbe dovuto girare un po': prima tappa Tokyo, poi scalo in Messico, poi Jacksonville. Florida.

Nick, Nick, Nick.

Lynn scrollò la testa, dopo la tappa in Florida c'era quella a San Antonio e, finalmente, San Diego. Da lì avrebbe affittato un auto. Ma prima, ma prima c'era una persona da chiamare. Prese di nuovo il telefono e compose il numero, ricordandosi all'ultimo di aggiungere il prefisso internazionale e dovette cercalo con Google perché non se lo ricordava.

***

Lynn fissò l'appartamento. Era tutto in ordine. Guardò l'orologio, che le diceva che mancavano venti minuti alle undici di sera. E Jacob non era ancora tornato. Con un sospirò guardò la lettera che aveva lasciato sul tavolo, chiuse la porta e s'infilò nell'ascensore. Una volta a piano terra gettò le chiavi nella casella della posta e andò verso il taxi che l'attendeva davanti al portone — si era quasi messa a piangere quando chiamando il servizio taxi aveva sentito una voce che parlava in inglese.

«Pronta, signorina?» domandò il tassista e Lynn quasi svenne: parlava inglese anche lui!

«Sì, grazie.» disse e sorrise mentre l'uomo infilava i bagagli nell'auto.

Fissò con un sorriso il paesaggio che scorreva fuori dal finestrino, felice di tornare a casa.

Casa.

Nick. Nick. Nick.

Scosse la testa e si concentrò sul viaggio, sarebbe rimasta in giro per quasi ventiquattr'ore ma non le importava, avrebbe fatto una sosta anche al Polo Nord se fosse servito per tornare a casa.

Quando entrò nel terminal sorrise ancora di più, quando posò le valigie sul nastro trasportatore e pagò il sovrapprezzo e fissò i bagagli venire inghiottiti si sentì quasi a casa.

Salutò allegramente gli addetti ai controlli, comprò qualcosina al duity-free e prese un cappuccino al bar.

Si trattenne dall'urlare di gioia, quando prese posto sull'aereo, accanto al finestrino, infilò la rivista che aveva comprato nella tasca del sedile di fronte a lei e si sistemò meglio, allacciò le cinture mentre un solo e unico pensiero girava nella sua mente: "Casa."

***

Lynn si accasciò su una delle scomode seggiole e sospirò stropicciandosi gli occhi, sentendo tutta la stanchezza accumulata cascarle addosso come un masso pesantissimo.

Non aveva la forza neppure per mettersi composta, figuriamoci se l'avesse trovata per andare al banco e affittare un auto e poi guidare per due ore e passa fino a Los Angeles.

Magari avrebbe potuto fermarsi nell'albergo dell'aeroporto. Aprì gli occhi e sbadigliò, fissò il bar di fronte a lei, si alzò in piedi e spinse il carrello fino allo sgabello più vicino. Ordinò un cappuccino e posò le braccia sul tavolo e sperò di non cadere, perché sarebbe stato imbarazzante e doloroso.

Udì una voce familiare ma non ci badò più di tanto e alzò solo la testa e biascicò un grazie quando la cameriera le mise davanti la tazza con il cappuccino. Pagò e la guardò andare via, sentendo ancora quella voce familiare.

«Lynn?!»

Lei si voltò, trovandosi davanti Aaron, che la fissava, sorpreso. «Eh, già.» commentò e infilò in bocca il cucchiaino pieno di schiuma di latte.

«Sei tornata?» domandò lui.

«Già.» ripeté lei, «Sì.» disse e fissò Aaron ordinare un caffè e sedersi davanti a lei.

«Nick sarà felice.» sorrise Aaron, «Anche se non mi ha detto nulla...»

«Non lo sa.»

«Non lo sa?!» fece lui, «C0sa... perché?»

«È stata una decisione impulsiva.» replicò lei scrollando le spalle, «Ho avvertito solo la padrona di casa... il mio appartamento è ancora libero.» sorrise.

Aaron annuì, «Sì... ma perché?» domandò.

Lynn deglutì un sorso di cappuccino, «Non mi trovavo bene.» disse. «È meglio che mi cerchi un albergo.» sbadigliò.

«Posso accompagnarti io a casa.» disse Aaron e lei lo fissò, guardò il suo sorriso e sorrise anche lei, «Se vuoi.» aggiunse, «Terence è andato a prendere un auto in affitto, e dobbiamo andare a Los Angeles... non è un problema accompagnarti.»

Lynn sorrise, «Oh, grazie.» disse, «Accetto volentieri il passaggio.»


«Jacob mi aveva promesso che per le sette sarebbe stato a casa,» raccontò Lynn una volta dentro la berlina «ma alle sette e un quarto mi ha detto che aveva una riunione...» sospirò, «Così ho deciso di andarmene.» scrollò le spalle evitando di dire che c'era un'altra ragione per cui era scappata.

Nick. Nick. Nick.

«E lui non ha detto nulla?» domandò Aaron girandosi sul sedile e guardandola, Lynn distolse lo sguardo, puntandolo fuori dal finestrino.

«Abbiamo litigato. Ci siamo insultati e l'ho lasciato.» rispose, «Fine del discorso.» tornò a guardare Aaron e gli sorrise per poi sbadigliare.

«Okay.» replicò lui e si voltò di nuovo, capendo che non Lynn non gli avrebbe voluto dire più nulla. Quando si girò, una manciata di secondi dopo, Lynn si era addormentata.


Lynn si risvegliò quando l'auto imboccò la via di casa sua. "Casa mia." pensò con uno sbadiglio e stirò le braccia, toccando il soffitto dell'auto.

Nick. Nick. Nick.

«Quanto ho dormito?» chiese.

«Un paio d'ore.» rispose Aaron e la guardò con un sorriso.

«Okay.» borbottò lei e sorrise quando Terence si fermò. Saltò giù dall'auto portando con sé la borsa che aveva usato come bagaglio a mano, si avvicinò al portoncino d'ingresso e si chinò, toccò la grata e afferrò il mazzo di chiavi che Marlene aveva messo lì per lei.

Scosse le chiavi e prese quella del portoncino, la infilò nella serratura e girò, sorridendo nel sentire quel "click" tanto familiare. «Primo piano.» disse girandosi verso i due ragazzi, «Non c'è l'ascensore, mi dispiace.»

«Non importa, Lynn.» esclamò Aaron.

Lei si voltò e salì i gradini quasi di corsa, aprì la porta dell'appartamento e accese la luce, inspirando il profumo di fiori - fiori?

Guardò il tavolo e vide una grande ciotola di cristallo piena di pout-purri e sorrise, si accorse che non c'erano più i teli che aveva usato per ricoprire i mobili.

«Dove le mettiamo?»

Lynn si voltò verso Terence, «Lasciatele pure vicino al divano.» rispose. «Grazie.» esclamò abbracciandoli entrambi, anche se Terence lo conosceva appena - lo aveva visto due o tre volte - «Se domani... bhe, se oggi pomeriggio siete ancora in città vi offro l'aperitivo.»

«Non è necessario.» esclamò Aaron.

«Oh, non fare il guastafeste.» borbottò lei, «Ti chiamo verso le quattro, okay?»

Aaron si limitò ad annuire, sapendo che sarebbe stata una causa persa in partenza, «Va bene.» disse, «Ci vediamo.» aggiunse tornando alla porta.

Lynn li fissò oltrepassare la soglia e afferrò il braccio di Aaron, sentendo sotto le dita la stoffa liscia e fresca della maglia a maniche lunghe. «Aaron,» soffiò «non dirlo a Nick.»

Nick. Nick. Nick.

«Per favore.»

Aaron la fissò e annuì, non capiva perché non dovesse dire a suo fratello che Lynn era tornata ma sei lei non voleva non avrebbe detto nulla — poi capì, lo intuì, perché non dovesse dire nulla — e sorrise, «Va bene.» disse.

«Grazie.» soffiò lei, «Ci sentiamo.» aggiunse, fissò i due scendere le scale e chiuse la porta, si appoggiò con la fronte e sospirò. Si staccò da essa e si girò, avanzò di un paio di metri e fece capolino in cucina e si bloccò alla vista di un pacco di pane a fette e una confezione di cereali con pezzetti di cioccolato — i suoi preferiti — accanto alla macchina del caffè. Si accorse che c'era anche un pacco di caffè.

Sorrise. Era stata Marlene.

Aprì il frigo, fissò i limoni, i pomodori e il cespo di insalata già pulita, i barattoli di maionese e salsa rosa, la confezione di cordon bleu, la bottiglia di latte e quella del succo d'arancia. Chiuse lo sportello e andò in bagno, lo usò e scoprì che Marlene aveva pensato proprio a tutto: il rotolo di carta igienica era al suo posto e su lavandino faceva bella mostra di sé la confezione di sapone liquido.

Marlene era come una seconda mamma. A quel pensiero le vennero in mente sua madre e suo padre, che vivevano ancora in Florida, avrebbe dovuto chiamarli e avvertirli, prima che lo facesse Jacob.

Uscita dal bagno salì velocemente i gradini che portavano al soppalco e fissò il letto con le lenzuola pulite.

Lo stomaco le brontolò, così tornò di sotto, aprì il mobile sopra il lavandino e prese una piccola teglia, ci mise dentro i due cordon bleu, infilò il tutto in microonde e lo avviò. Si preparò una piccola insalata, aprì il barattolo di salsa rosa e portò il tutto in salotto, insieme alle posate; accese la tv.

Mtv.

Nick. Nick. Nick.

Lui era come un tarlo che si divertiva a torturarla, entrandole dentro e costringendola a pensare a lui. Sospirò e scosse la testa, imponendosi di toglierselo dalla testa. Ma non ci riuscì, neppure quando suonò l'allarme del microonde.

E neppure mentre si faceva la doccia o quando si infilò fra le lenzuola pulite o quando chiuse gli occhi e si addormentò.

E nemmeno quando sognò.

Nick. Nick. Nick.

***

Lynn attraversò il parcheggio, stringendo al petto il sacchetto della spesa. Si bloccò quando vide le tre figure avanzare verso di lei; si domandò se l'avessero vista, se l'avessero riconosciuta e se avrebbe fatto in tempo a girarsi e allontanarsi.

«Lynn!» si sentì chiamare. «Lynn.»

«AJ... ciao.» mormorò lei girandosi.

«Sei tornata.» disse Rochelle.

«Eh, già.» commentò Lynn.

«È successo qualcosa?» domandò AJ e Lynn notò una nota di preoccupazione nella voce.

Lynn scrollò le spalle, «Niente di che.» disse, «Io e Jacob non andavamo più d'accordo.»

Gli altri due annuirono. «E Nick?» chiese Rochelle, «Sarà contento.» disse.

Lynn deglutì, «Ecco... Nick non sa ancora nulla.» rispose distogliendo lo sguardo.

«Non lo sa?» fece AJ, «E perché?»

Lynn scrollò le spalle, «È che... che... niente, non ho ancora trovato un minuto di tempo per avvertirlo.» si giustificò. Parlò con loro per un paio di minuti, poi Ava iniziò a piagnucolare e così Rochelle la prese in braccio e iniziò ad andare verso l'auto.

«Stammi bene, Lynn.» disse AJ dandole una pacca sulla spalla.

«Anche tu.» sorrise lei, «Ascolta... puoi non dirlo a Nick, se lo vedi?»

Lui la fissò per un'istante, non capendo il perché di quella richiesta, annuì, «Come vuoi.»

«Grazie.» disse Lynn, «Devo andare, ci vediamo.» borbottò e si allontanò velocemente.

Non voleva che Nick sapesse perché voleva far chiarezza dentro di lei prima di incontrarlo.

Aveva paura che lui l'avesse dimentica, che non la volesse più come amica, che fosse arrabbiato con lei.

Nick. Nick. Nick.

***

Nick fissò Lynn, guardandola entrare in casa, il giornale arrotolato sotto al braccio e si sentì deluso: non gli aveva detto di essere tornata e si domandò il perché di ciò. Voleva evitarlo? Non lo voleva più vedere? Non lo voleva più come amico? Non gli voleva più bene?

Gemette e sospirò, dicendosi che sarebbe stato terrificante. Lynn gli era mancata, gli era mancata così tanto da non farlo dormire, da farlo andare ogni mezz'ora sul profilo Twitter della ragazza, per controllare se avesse scritto qualcosa, solo per sentirla più vicina.

Ma adesso... Lynn era tornata e non gli aveva detto nulla, aveva dovuto scoprirlo da Ava. Da Ava! Neppure AJ e Rochelle glielo avevano detto e ciò lo aveva deluso molto. Anche Aaron lo sapeva e anche lui aveva taciuto.

Nick strinse le labbra, indeciso su cosa fare: andare da Lynn e dirle che sapeva tutto e che era deluso — arrabbiato — perché non gli aveva detto nulla o tacere e rimanere con i dubbi?

Non si accorse di essersi avvicinato all'abitazione e di aver premuto il dito sul campanello finché non sentì la voce di Lynn: «Nick!»

«Sei tornata.» disse lui.

«Sali.» mormorò lei e Nick udì il bip del portone che si apriva, così entrò e dopo pochi secondi fu davanti alla porta di Lynn.

«Sei tornata.» disse lui entrando, fissò gli scatoloni che ingombravano il salotto e poi fissò Lynn.

«Già.» commentò lei, «Mi sei mancato.» sorrise.

Nick sospirò, «Non mi hai detto nulla.» esclamò.

Lynn scrollò le spalle, dicendosi che, prima o poi, quella conversazione sarebbe dovuta accadere. «Sono appena arrivata...» si giustificò, «Vuoi del caffè?» domandò, sperando di cambiare argomento.

«Però a AJ lo hai detto...»

Lynn si girò lentamente, «Cosa?» pigolò e fissò Nick, desiderando che non si arrabbiasse. «Cioè?»

«Ho incontrato AJ, prima.» rispose lui, «E Ava mi ha detto che la zia Lynn era tornata...» spiegò, «Quando pensavi di dirmelo?» sbottò.

«Ah.» commentò Lynn sollevando la caraffa del caffè che aveva preparato una mezz'ora prima, «Io...» pigolò accorgendosi che la mano le tremava. Inspirò a fondo, strinse la tazza e la riempì di caffè, sperando di non far cadere nulla. Sperò che Nick non si arrabbiasse.

«Tu cosa?» chiese Nick stringendo i pugni, «Sei tornata da una settimana!» gridò, facendo sobbalzare Lynn che si girò di scatto per fissarlo. «Quando pensavi di dirmelo, eh? Fra un mese?»

«Nick...» pigolò Lynn, «Non urlare, per favore.» mormorò, «Te lo avrei detto, giuro.»

Lui le si avvicinò e Lynn indietreggiò, sentendo la maniglia del mobile premerle contro il sedere, «Quando?» chiese, «Quando, Lynn?»

«Presto.» rispose lei e inspirò, «Nick... ho avuto cose a cui pensare.»

Nick strinse le labbra e fissò Lynn, tremante dalla paura, «Non volevo urlare.» si scusò, «Ma dovevi dirmelo.» disse, «Perché?» chiese, «Perché AJ sì e io no?» domandò cercando di mandare giù il groppo di delusione che gli stringeva la gola.

«L'ho incontrato per strada!» sbottò Lynn agitando le braccia, afferrò la tazza e bevve un sorso. «Non l'ho mica invitato a prendere un tè!» si giustificò. «Nick...» sospirò, «Scusa.»

«Potevi chiamarmi!» esclamò lui, «Mandarmi un messaggio, passare da casa... e invece niente.»

«Mi dispiace...» mormorò Lynn, sentendo le ciglia bagnarsi di lacrime. «Anche Aaron... l'ho incontrato in aeroporto.»

«Aaron?» Nick socchiuse gli occhi, «Anche lui lo sa?»

Lynn aprì la bocca, «Ci siamo incontrati a San Diego e mi ha offerto un passaggio a casa.» spiegò.

«Potevi chiamarmi.» sospirò Nick, «Potevi dirmelo e sarei venuto a prenderti.»

«Non ci ho pensato.» si giustificò lei. «E comunque... non ti sei chiesto perché sono tornata a casa?» domandò, «No, tu sei venuto qui solo per il tuo stupido orgoglio ferito!» gridò.

Nick. Nick. Nick.

Nick spalancò la bocca. «Io...» disse e si accorse che Lynn aveva ragione: non si era chiesto perché Lynn fosse tornata, si era solo arrabbiato perché lei non gli aveva detto nulla. «Scusa.» sospirò passandosi la mano destra sul viso. «Perché sei tornata?» domandò.

«Perché Jacob è un coglione.» rispose lei.

"Questo lo sapevo già." pensò Nick ma non lo disse, «Capisco.» esclamò, «Perché avete litigato?»

Lynn sorseggiò il caffè, accorgendosi solo allora di non averlo zuccherato. Rimediò subito, aggiungendo anche un po' di latte. «Perché era sempre al lavoro e io sempre a casa, da sola.» rispose, «Me ne sono andata perché mi aveva promesso di essere a casa per cena e che saremmo andati al ristorante, invece ha preferito rimanere in ufficio. Quando mi sono lamentata mi ha detto di non fare la bambina.» spiegò, «Così ho fatto le valigie, gli ho lasciato una lettera in cui gli dicevo che se mi lasciava sempre sola tanto valeva che tornassi qui.»

Nick annuì, «Hai ragione.» disse, «Aspetta... lo hai lasciato?» domandò.

Lei annuì. «Sì.»

«Chi altro sa?» domandò Nick, felice che Lynn avesse lasciato Jacob ma ancora offeso perché lei non gli aveva detto nulla. Pensò che avrebbe dato una strigliata ad Aaron appena lo avesse sentito.

«I miei.» rispose Lynn sorseggiando il caffè.

«Potevi dirmelo, però.»

«Nick... non ricominciare.» sospirò Lynn.

«Dovevi dirmelo!» esclamò Nick. «Non lo hai fatto.» mormorò, «Credevo che fossi mia amica.»

«Lo sono!» replicò lei posando la tazza sul tavolo, «Noi siamo amici, Nick.» sospirò, «È solo che...»

«Che hai preferito ignorarmi.» finì Nick per lei.

«No!» esclamò Lynn, «Non te l'ho detto perché.. perché..» si fermò, non riuscendo a trovare le parole per dire quello che provava. "Perché sei importante per me, idiota." pensò.

«Ho capito, Lynn.» Nick scosse la testa. «Non hai voluto dirmelo e basta. Credevo che fossi mia amica.» disse. «Ciao, Lynn.» salutò e si avviò alla porta, sentendosi sempre più triste ogni passo che faceva.

«No, Nick!» gridò Lynn, «Aspetta, non andare via.» esclamò seguendolo, «Nick, aspetta, per favore.» disse seguendo fuori di casa.

Una volta fuori dall'abitazione Nick corse verso la sua auto, ignorando Lynn che lo chiamava piangendo. Gli aveva mentito, anche se non si poteva definire una bugia, quella di Lynn. Aveva omesso. Aveva taciuto su una cosa così importate. AJ e suo fratello lo sapevano e non gli avevano detto nulla. Si sentì tradito anche da loro.

Inspirò a fondo, ignorando il cellulare che squillava e il nome di Lynn che lampeggiava sullo schermo.

Si sentì tradito dall'unica persona da cui sperava di non essere mai tradito, dall'unica persona in cui aveva riposto totale fiducia, quella persona a cui avrebbe affidato la sua vita a occhi chiusi e senza pensarci due volte.

Lynn. Lynn. Lynn.

"Sono innamorato di Lynn."

***

«Nick... per favore, non arrabbiarti con me.» singhiozzò Lynn alla segreteria telefonica, «Io avrei dovuto dirtelo, lo so ma non... io... mi dispiace tanto.» piagnucolò, «Ti prego, scusami.» mormorò, «Nick, siamo amici da così tanto... perdonami, ti prego. Nick, per favore...»

Lynn chiuse la chiamata e singhiozzò, dicendosi che era tutta colpa sua, che aveva deluso Nick, che avrebbe dovuto dirglielo subito, immediatamente, appena era rientrata in casa.

Invece aveva taciuto, costringendo a fare la stessa cosa ad Aaron e AJ. Ed ora Nick non le parlava più. Era passata una settimana e Nick non rispondeva né alle chiamate né ai messaggi.

«È colpa mia.» mormorò stringendo le ginocchia al petto. «Sono una scema.» sussurrò sentendo la mancanza di Nick.

Pianse fino ad addormentarsi sul divano, mormorando il nome di Nick nel sonno.

***

Nick ascoltò per l'ennesima volta il messaggio — uno dei tanti — che Lynn aveva lasciato in segreteria. Una parte di lui gli urlava, lo implorava di perdonarla, di dimenticare che non gli avesse detto nulla. Ma non ci riusciva, era più forte di lui. Non riusciva a dimenticare che lei lo avesse ignorato, non dicendogli una cosa così importate come aver lasciato Jacob ed essere tornata a casa.

Voleva perdonarla, solo non ci riusciva. Inspirò a fondo e gettò il telefono dall'altra parte del divano. Quella mattina aveva litigato con Lauren, tutto perché non aveva voluto dirgli il motivo del suo malumore. E in più era offeso perché Lauren aveva commentato con un "Ah, davvero?" quando lui le aveva detto che Lynn era tornata.

Era arrabbiato con tutti e tutto, in particolare con se stesso.

Lynn. Lynn. Lynn.

***

Passò quasi un'ora prima che Nick sganciasse la bomba, durante una breve pausa e solo perché Brian gli chiese come stesse Lauren, altrimenti lui non avrebbe aperto bocca. Continuava a sentire i singhiozzi di Lynn, giravano nella sua testa continuamente, facendolo sentire male per quelle due settimane e mezzo di silenzio.

«L'ho lasciata.» rispose guardandosi attorno, senza soffermarsi su nessuno in particolare, «È tornata dai suoi.» disse.

«Hai lasciato Lauren e lei è tornata dai suoi?» chiese Brian come se non avesse sentito bene .

Nick sospirò e annuì. «Sì.» soffiò.

«Cosa vuol dire che hai lasciato Lauren e l'hai cacciata da casa?» strillò Brian fissando Nick come se volesse dargli un cazzotto — e in quel momento lo avrebbe fatto volentieri.

«Non l'amo più.» si giustificò Nick scrollando le spalle, «Cosa devo fare, stare con lei anche se non ne sono più innamorato?»

Brian sospirò, «Parlare con lei!» sibilò, «Stai insieme da tanto, devi fare tutto per salvare il rapporto!» esclamò, il viso paonazzo, «Non volevi sposarla?» domandò, «Quando Lynn ti ha detto che sarebbe partita tu mi hai detto che volevi sposare Lauren.» esclamò, avvicinandosi all'altro, mentre Kevin, Howie e AJ osservavano la scena, «E poi...» Brian sbiancò, «E poi... poi quando Lynn è tornata tu hai lasciato Lauren.» mormorò, iniziando forse a capirci qualcosa. Nick lo aveva fatto solo perché Lynn gli era mancata. Sarebbe tornato tutto a posto.

«Credo di essere innamorato di Lynn.» soffiò Nick e alzò lo sguardo, puntandolo su Brian.

«Credi di essere innamorato di Lynn?» ripeté Brian più incredulo che sconvolto, «Credi?» gracchiò, «Ma tu ami Lauren!» esclamò, sempre più arrabbiato.

«No, se è innamorato di Lynn.»

Brian si voltò verso Kevin, «Cosa?» domandò, «Tu... tu sapevi?»

«Sapevi cosa?» domandò Howie, che non capiva più nulla. Nick era innamorato di Lynn? «Ti piace Lynn?» quasi strillò.

«Alla buon'ora.» commentò AJ incrociando le braccia e appoggiandosi al muro dietro di lui.

«Tu lo sapevi?» domandò Howie fissandolo, «Sono l'unico pirla che non si è accorto di nulla?» chiese, più rivolto a se stesso che all'amico.

«No.» rispose Kevin, «Anche Brian non lo aveva capito.» disse, «E neppure Nick.»

Il ragazzo sobbalzò nel sentire il suo nome e nell'accorgersi che quasi tutti lo sapevano.

Brian fissò il cugino come se volesse incenerirlo, «E non hai niente da dire?» domandò, «Non ti pare assurdo, tutto ciò?»

Kevin sospirò, «No.» rispose, «Doveva succedere, prima o poi.» disse e scrollò le spalle.

Brian inspirò lentamente e fissò i presenti: Kevin lo guardava, supplicandolo con gli occhi di fare un respiro profondo e di calmarsi, AJ se ne stava appoggiato al muro, lo sguardo di chi si aspettava una cosa del genere da tempo, Howie e la sua aria stupita e quasi stupida. Infine Nick, che continuava a guardarsi le scarpe, le mani affondate nella tasca della felpa blu. «Doveva succedere?» mormorò guardandolo, «Quello che doveva succedere era che tu non buttassi via anni di relazione.»

Nick inspirò a fondo, iniziando a pentirsi di aver voluto raccontare tutta la verità, «Ho fatto quello che ritenevo giusto.» esclamò, «Non posso mentirle.»

«Ma puoi ancora salvare la tua relazione!» gridò Brian, agitando i pugni, fissando Nick che non reagiva e la cosa lo faceva infuriare ancora di più. «E Jacob?» esclamò, «Non pensi a lui? Anche lui soffre, come Lauren.» disse, «Voleva sposare Lynn e tu hai rovinato tutto.» esclamò agitando l'indice destro davanti al viso di Nick che rimase in silenzio. Jacob voleva sposare Lynn? Era la prima volta che lo sentiva!

«Jacob e Lynn sposati?» gracchiò Howie e scoppiò a ridere.

«Che c'è di divertente?» domandò Brian, «Lui l'ama!»

«È che...» Howie smise di ridere, «Non ce la vedo Lynn sposata con quel damerino con un manico di scopa nel sedere.» ammise, «Insomma, lui è troppo serio, troppo... troppo Sheldon.»

«Sheldon?» fece Kevin, senza staccare gli occhi dal cugino, aveva paura che potesse mettere le mani addosso a Nick.

«Sheldon Cooper, The Bing Bang Theory.» rispose Howie e Kevin annuì, «Dai, Lynn è il tipo da surfista, giocatore di football o basket... non da contabile!»

Nick lo fissò e si concesse il primo sorriso da quando era entrato in quella stanza, almeno non era l'unico che pensava una cosa del genere — e si sentì sollevato da tutto ciò.

«Già.» commentò AJ, ancora appoggiato alla parete, come se avesse paura che il muro potesse crollare se lui non avesse continuato a starsene lì, «Jacob è un bravo ragazzo, su questo non c'è dubbio, ma è troppo... ingessato.»

«State parlando di una persona.» esclamò Brian, esasperato da tutta quella situazione, chiedendosi perché nessuno fosse dalla sua parte. «Non è come dite voi.»

«Sì che lo è.» esclamò Kevin, gli occhi fissi sul cugino, «È troppo serio, anche per me.» disse, «E se lo dico io... fidati che è così.» disse muovendo le mani davanti a sé, come se quel discorso per lui fosse chiuso, «Dai, lo hai visto anche tu! Non ride mai, mai!» esclamò, quasi annoiato da dover spiegare l'ovvio al cugino, «Mi chiedo cosa ci abbia trovato Lynn in lui.»

Brian sbuffò e scosse la testa come se volesse scacciare tutti quei pensieri e chiedendosi perché fossero tutti contro di lui. Okay, conosceva anche lui Lynn da quando la conoscevano gli altri e ricordava ancora la prima volta che l'aveva vista: uno scricciolo di undici anni, magrissima, una vocetta squillante — quasi petulante, a volte — e un sorriso dolce. Ma era Lynn, un'amica di Nick, non poteva credere che lui fosse innamorato di lei e lei di lui. Chissà, magari piangeva perché le mancava Jacob... scosse di nuovo la testa, infastidito da tutti quei pensieri.

«Smettetela.» sbottò, «Nick, non puoi lasciare una persona solo perché credi di essere innamorato di un'altra.» esclamò fissando il piccolo del gruppo — anche se ormai aveva trentasei anni e non era più così piccolo! — «Abbi un po' di fiducia e fede.» disse dopo un respiro profondo.

«Non sono più innamorato di Lauren.» sospirò l'altro e fece mezzo giro su se stesso, «Non posso stare con lei se non la amo.» disse voltando il viso e guardando Brian, chiedendosi perché non lo capisse, perché non volesse capirlo.

«Tu pensi solo a te stesso.» sbottò Brian, «A Lauren e Jacob non pensi?» domandò.

«Jacob può pure fottersi.» replicò Nick e a Brian non sfuggì il tono acido dell'amico. «Ha strappato Lynn da casa sua, dai suoi amici, dai suoi parenti e se ne è fregato se lei a Shanghai non conosceva nessuno, se stava male, se aveva dovuto abbandonare tutto quanto.» esclamò, «Sapeva che voleva aprire il ristorante e non le ha dato il suo appoggio, anzi, ci mancava poco e la prendeva in giro!» quasi gridò, nel ricordare l'espressione felice di quel tardo pomeriggio quando Lynn aveva mostrato a lui e ad Aaron quel locale, la gioia che traspariva da ogni singolo movimento.

«Aprire un ristorante da zero non dev'essere facile.»

Nick si girò verso Brian, «Cosa vuoi dire?»

Brian incrociò le braccia e sorrise, quasi vittorioso, sapendo di stare per dire qualcosa che non sarebbe piaciuto a Nick. «Che Lynn sperava che tu l'aiutassi. Sperava che, visto che siete amici, tu l'aiutassi ad avviare il ristorante. È per questo che è tua amica: solo per opportunismo.»

AJ sollevò lo sguardo dal pavimento quando sentì lo schiaffo, fissò Brian massaggiarsi la guancia offesa e Nick che lo guardava come se avesse voluto prenderlo a pugni. E mentre lui li osservava, la bocca spalancata, e Kevin che non sapeva cosa fare — le sue mani erano ferme, vicino alla testa, come se si fosse bloccato a metà del gesto di portarsele ai capelli — fu Howie a riscuotersi. Si mosse e si avvicinò a Nick e Brian, s'infilò fra loro due e posò le mani sulle spalle del più giovane, spingendolo indietro. «Calmati, Nick.» esclamò, la voce ferma e lo sguardo puntato in quello dell'altro, «Brian non intendeva quello.»

«Sì che lo intendeva.» replicò Nick degnando Howie di una breve occhiata, per poi spostarsi su Brian, «Intendeva proprio quello.» ringhiò.

«No.» esclamò Howie, «Non voleva dire quello, vero?» chiese e girò il viso, fissando Brian, «Vero?»

«No.» rispose l'altro. «Intendevo proprio quello.» disse, ignorando AJ che li guarda a bocca aperta e Kevin che scuoteva la testa.

Howie fissò Brian, «Non è vero.» disse, chiedendosi come si potesse pensare una cosa del genere di Lynn. Avrebbe potuto chiedere qualsiasi cosa a Nick — e lui l'avrebbe fatta senza chiederle spiegazioni — ma non lo aveva mai fatto. «Lo sai anche tu che Lynn è testarda e orgogliosa e non chiederebbe mai una cosa del genere a nessuno.»

«Lynn...»

«Non offendere Lynn!» abbaiò Nick fissando Brian, cercò di avanzare ma Howie aveva le mani sulle sue spalle e non aveva intenzione di togliersi di mezzo.

«Brian non vuole offenderla.» esclamò AJ avvicinandosi di qualche passo, «Adesso chiedi scusa per prima.» disse e pensò che se non lo avesse fatto, sarebbero stati nella merda. L'ultima cosa che ci voleva era un litigio. «Perché conosciamo tutti quanti Lynn e sappiamo com'è.» esclamò, «Testarda e orgogliosa.» disse, «Non chiederebbe nulla del genere a Nick, lo sappiamo bene, tutti quanti.» aggiunse, «E le vogliamo bene, tutti quanti.»

«Io...»

«Le vuoi bene anche tu.» sbottò Howie girandosi verso Brian, ma rimanendo fra lui e Nick. «Guarda che me lo ricordo ancora, come ti sei comportato quel giorno.»

Brian sobbalzò, punto sul vivo. Aveva capito a cosa si riferisse Howie, «Non ho idea di cosa intendi.» mentì.

Howie sorrise, «Sì che ce l'hai.»

«No.»

«Di cosa state parlando?» sbottò Kevin, riscuotendosi dal suo torpore.

«Quel giorno. Quando Lynn è venuta da noi, incazzata nera, con la voglia di spaccare qualcosa e ci ha urlato che era stata mollata a un mese dal ballo del diploma.» spiegò Howie e vide Brian sobbalzare, «E tu,» lo fissò «ti sei comportato come un fratello maggiore.» aggiunse, «E tu,» continuò «ci hai detto che avresti voluto dare un cazzotto a quel ragazzo che aveva spezzato il cuore alla piccola Lynn.» disse, «Quindi non fare quello a cui di Lynn non gliene è mai fregato un cazzo, perché lo sappiamo tutti che è una palla.»

«Io...» mormorò Brian.

«Ma piantala.» sbottò Kevin avvicinandosi al cugino, «Lo sappiamo che sei sconvolto, ma Nick sa quello che fa.» disse, "Speriamo." pensò, «Chiedi scusa.» disse, anche se sembrò più un'ordine che una richiesta. E fu solo AJ ad accorgersi che Kevin stringeva il polso di Brian, come se temesse che facesse qualche sciocchezza, tipo dare un pugno a Nick — o forse lo faceva perché voleva solo calmarlo.

Brian sospirò e si passò le mani fra i capelli, chiedendosi cosa dovesse fare.

«Dai,» proseguì Kevin, «Guardalo, guarda Nick.» disse e Brian lo fece, «Non lo vedi? Ha la faccia di un cucciolo bastonato!» esclamò, «Potrà avere pure trentasei anni, ma adesso è come un ragazzino.» continuò, «Ha bisogno di qualcuno che lo consigli, non che gli abbai contro e che offenda Lynn.» sospirò, «Quindi...» riprese a parlare dopo un attimo di silenzio, «Apri quella cazzo di bocca e chiedi scusa!» gridò, facendo spaventare persino AJ, che fece un balzo all'indietro, osservandolo e chiedendosi se non stesse diventando matto.

«Io...» sospirò Brian, «Scusami.» disse, diede uno spintone a Howie — che barcollò e quasi cadde per terra se non ci fosse stato AJ a sostenerlo — abbracciò Nick, «Mi dispiace.» disse.

«Oh... grazie.» mormorò l'altro, sorpreso. Davvero gli stava chiedendo scusa?

Brian fece un passo indietro, «Lynn come l'ha presa?» domandò.

Nick avvampò e si guardò attorno, fermando lo sguardo sul grande tavolo rotondo, «Non lo sa.» soffiò.

«Non lo sa?!» esclamò Brian, «Come non lo sa?» ansimò.

«Abbiamo litigato.» mormorò Nick.

«Litigato?» fece Brian, «E perché?»

Nick sospirò, «Perché lei non mi aveva detto di essere tornata e ho dovuto scoprirlo da Ava.» sbottò e guardò AJ.

«Eh?» mormorò Brian, fissandolo a sua volta.

«Io e Rochelle avevamo promesso di non dire nulla.» spiegò AJ, «È anche mia amica, non solo tua.» si giustificò, «Ma non ho contato mia figlia, che ha spiattellato tutto» sospirò e sorrise pensando alla piccola.

«Non importa.» Brian scrollò la testa, «Chiedi scusa a Lynn!» strillò, «Stupido.»

«Io... io ero furioso, con lei.» sbottò Nick, «Perché quando era a San Diego invece di chiamarmi ha chiesto un passaggio a mio fratello.»

«Perché anche lui era appena arrivato e doveva venire qui.» spiegò AJ. «Ed è stato lui a offrire il passaggio.»

«E poi perché non mi ha detto nulla.» continuò Nick lanciando un'occhiataccia a d AJ che continuava ad interromperlo, «E niente, abbiamo litigato e basta.»

Brian sospirò, «Quando?» chiese, «Quando avete litigato?»

«Quattro giorni fa.» mormorò Nick evitando di guardarlo.

«Tu sei idiota.» borbottò Brian, «E poi dite che non devo arrabbiarmi?» esclamò fissando gli altri, «Io mi arrabbio eccome!» strillò, afferrò il braccio di Nick e lo strattonò, «Tu adesso vai da lei e le chiedi scusa, okay?» esclamò, fissandolo,«E le dici che ti piace, che sei innamorato di lei, che provi qualcosa per lei...» continuò, «Diglielo come vuoi, basta che glielo dici!»

«E se lei mi dice di no?» pigolò Nick, «E se lei non prova quello che provo io?» mormorò, gli occhi bassi.

AJ scoppiò a ridere, attirando l'attenzione su di sé, «Oh, Nick...» gemette, «Sei... sei... stupido, lo sai?» sbottò e Nick lo fissò sorpreso, «Dai, ha chiesto a me e a tuo fratello di non dirti nulla, è scappata da Shanghai... andiamo, se non è confusa anche lei non so chi possa esserlo!» esclamò e fissò Nick che lo fissava, la faccia a metà fra la sorpresa e il dubbio, «Nick, sveglia!» continuò, «Non voleva che tu lo sapessi perché sei tu il motivo per cui è scappata, decidendo il tutto in meno di dieci minuti, e non perché Jacob non è tornato per cena!» esclamò e di ciò ne era sicuro, era bastata l'espressione di Lynn alla sua domanda se Nick lo sapesse per fargli capire tutto quanto, anche se lo sapeva già, lo aveva già intuito che fra i due ci fosse qualcosa di più di un'amicizia, per quanto forte potesse essere.

Nick spalancò la bocca, «Sei sicuro?» chiese.

«Sì che è sicuro.» disse Howie, «Nick, se non ti butti non lo saprai mai!»

«Vai da lei.» disse dolcemente Brian, «Adesso!» gridò, «Prima che m'incazzi sul serio e ti prenda a calci.»

Nick sobbalzò, «Io...»

«Adesso!» urlò Brian.

«Sì, vado.» Nick si riscosse, «Vado.» esclamò, prese le sue cose e corse via, con un solo pensiero in mente.

Lynn. Lynn. Lynn.

***

Nick la vide. Finalmente.

Lynn era appollaiata su un grosso masso, le ginocchia piegate e le braccia su di esse. Fissava l'acqua e le onde che si infrangevano sulla riva, il sole che tramontava, lasciando dietro di sé scie rossastre.

Nick la raggiunse e si sedette accanto a lei, in silenzio. Ne osservò il profilo, le lunghe ciglia e le labbra e gli sembrò che tremassero. «Lynn...» soffiò e la fissò mentre si voltava verso di lui.

«Nick.» bisbigliò lei.

«Scusami.» disse lui guardandola e accorgendosi delle occhiaie e dell'aria stanca, «Non volevo dirti quelle cose.» mormorò, «Mi dispiace.» disse e deglutì, non sapendo come andare avanti. Tutto il discorso che si era preparato era volatilizzato, svanito appena l'aveva vista.

«Anche a me.» mormorò lei e tornò a guardare l'oceano. «Scusa.» disse e tolse le mani dalle ginocchia e le abbassò, si sfiorò i piedi e strinse le caviglie con forza, come se volesse impedirsi di scappare — cosa che le era passata per la mente appena aveva visto Nick arrivare.

Nick fissò la mano destra, le dita che artigliavano la stoffa blu scuro dei jeans, allungò la mano, distese le dita e le sfiorò il dorso della mano, senza dire una parola. «Lynn.» soffiò e sorrise quando lei si girò a guardarlo, «Cosa...» mormorò, «Cosa succederà?» domandò e per un attimo ebbe paura di un'eventuale risposta negativa, un "Niente." che avrebbe distrutto tutte le sue speranze.

Lei inspirò a fondo, gonfiando le guance, espirò e abbassò gli occhi, per rialzarli subito dopo, «Non lo so.» rispose, «Io... non... io...» mormorò e fissò Nick, socchiuse le labbra e posò la fronte sulla spalla di lui che per un'istante rimase fermo, immobile, come se fosse sorpreso — e in effetti un po' lo era —, si riscosse e l'abbracciò, stringendola forte e le baciò la testa prima di sfiorarle la schiena con la mano aperta.

Nick le diede un altro bacio, «Vediamo come va, okay?» disse e la fissò, accorgendosi delle guance bagnate di lacrime e degli occhi rossi. Gli si strinse il cuore e l'abbracciò più forte, cercando di trasmetterle un po' di sicurezza, anche se quella mancava anche a lui. «Ho lasciato Lauren.» disse.

Lynn deglutì, «Ah, davvero?» commentò e lo fissò, perdendosi nei suoi occhi, le labbra si piegarono in un mezzo sorriso. Avrebbe voluto aggiungere altro, chiedere come, dove, quando e perché e, sopratutto, se l'avesse fatto per lei ma tacque, limitandosi ad appoggiarsi a lui.

«Non potevo più stare con lei.» disse Nick, «Non posso perché.. perché..» balbettò e sentì il viso avvampare, come se avesse avuto quindici anni e non trentasei.

Lynn alzò il viso e lo guardò accennando un mezzo sorriso, «Non puoi perché?» domandò.

Nick distolse lo sguardo, «Non posso perché io... perché io...» borbottò, inspirò a fondo e guardò Lynn, «Perché io ti...» si fermò di nuovo, la paura che gli bloccava le parole — quella parola — in gola.

Lynn sorrise e avvicinò il viso a quello di lui. «Perché?» domandò.

«Perché ti amo.» sputò e quasi cadde quando Lynn si avvinghiò a lui e lo baciò, si accorse di quello che stava facendo e la strinse, inspirando il profumo di lei, passando le mani fra i capelli. «Lynn.» soffiò quando si staccò da lei, anche se non avrebbe voluto staccarsi, ma aveva bisogno d'aria, «Lynn tu...»

«Ti amo, scemo.» mormorò lei e lo baciò di nuovo. Non sapeva come sarebbe finito tutto quanto — non voleva che finisse —, non sapeva come sarebbero andate le cose ma era felice. Felice perché era di nuovo a casa.

«Il ristorante?» domandò Nick continuando a tenere stretta Lynn a lui.

«Fra sei settimane apro.» rispose lei. «Il tempo che arrivino le cose che ho ordinato e che sistemino tutto quanto.» disse.

«Come lo chiamerai?» domandò lui sfiorandole con l'indice il colibrì.

Lynn rise, «Lo saprai.» disse e Nick sorrise, «Quando ci sarà l'inaugurazione.» ridacchiò e Nick fece il broncio, causando altre risate da parte di Lynn.

«Neppure un aiutino per aiutarmi a indovinare?» chiese e strinse la mano di Lynn, intrecciando le dita con quelle di lei.

«Se ci pensi potresti arrivarci.» replicò lei.

Nick sbuffò, «Non vuoi dirmelo, eh?» borbottò.

Lynn gli diede un bacio sulla guancia, «No!» ridacchiò e si accoccolò contro di lui, sentendo il suo profumo, il suo calore e... il suo amore.



Ed ecco qui il quarto capitolo. Il prossimo sarà l'epilogo che sto scrivendo.
È un capitolo molto lungo, sono quasi settemila parole, scusate. Ma non mi andava di dividerlo.
Grazie a chi legge!

   
 
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