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Autore: Phoenix12    19/07/2016    2 recensioni
“Alexander” è un nome di origine greca, il suo significato è “colui che protegge gli uomini”, “il protettore di uomini”.
Ad Alec sembrava veramente azzeccato, lui sarebbe sempre stato pronto a proteggere i suoi cari, avrebbe dato la vita per vederli sani e salvi.
Ma quando si ritrovava nel buio e nella solitudine della propria camera, c’era una domanda, una sola domanda che prepotentemente e -a parer di Alec- egoisticamente si faceva strada dentro la sua anima.
Chi avrebbe protetto lui?
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Ad Alec non piace il suo nome, Alexander, un nome con troppi significati nascosti, un nome che dice tutto e che dice niente.
Un nome che sembra perfetto per lui, un nome che lo rappresenta, ma è anche un nome che gli grava sulle spalle, come un peso insostenibile.
Solo Magnus sembra saper dare un nuovo significato a quel nome che Alec odia tanto.
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Alec Lightwood, Altri, Magnus Bane
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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“Alexander” è un nome di origine greca, il suo significato è “colui che protegge gli uomini”, “il protettore di uomini”.
Ad Alec sembrava veramente azzeccato, lui sarebbe sempre stato pronto a proteggere i suoi cari, avrebbe dato la vita per vederli sani e salvi.
Ma quando si ritrovava nel buio e nella solitudine della propria camera, c’era una domanda, una sola domanda che prepotentemente e -a parer di Alec- egoisticamente si faceva strada dentro la sua anima.
Chi avrebbe protetto lui?

“Alexander” così lo chiamava suo padre, con quel suo tono fermo e imperioso.
Alec ogni volta si sentiva come nel centro di un mirino, pronto per essere giudicato e analizzato.

“Alexander” sua madre usava un tono più mite, dolce quasi.
Ma Alec sentiva tutte le sue aspettative racchiuse in quel nome, aspettative che lui non poteva sempre soddisfare.

“Alexander” detto  da Hodge quel nome sembrava un’esortazione.
Un’esortazione a continuare a combattere, a rialzarsi ogni volta che le gambe gli cedevano sotto il peso della fatica e della stanchezza, a stringere i denti quando sentiva i muscoli gridare pietà.
In quel nome Alec percepiva l’orgoglio di un padre, la premura di una madre e la fiducia di un maestro.
Una fiducia che, per quanto fosse pesante e difficile da sostenere, Alec non si sentiva di tradire.

“Alexander” detto da Isabelle o Jace era strano.
Lo chiamavano così solo quando volevano infastidirlo, o farlo ragionare.
Ma il quel nome Alec vedeva tutti i suoi doveri da fratello maggiore e da parabatai assennato e riflessivo, i doveri di chi avrebbe sacrificato la propria felicità per quella degli altri senza il minimo ripensamento.
In quel nome Alec vedeva il suo ruolo come ancora nelle difficoltà, come scoglio inamovibile nelle tempeste.
Ma come poteva essere un punto di riferimento per gli altri quando era lui ad essersi perso?

“Alexander Gideon Lightwood” per il Conclave era questo.
Una macchina da guerra pronta ad eseguire i suoi ordini.
In quel nome Alec ci vedeva tutta l’ipocrisia di chi pretendeva tutto da lui, di chi non l’avrebbe mai accettato per quello che realmente era.

“Alexander” Clary, Simon o chiunque altro non lo chiamavano quasi mai così.
Ma Alec lo leggeva nei loro occhi.
Per loro lui era il soldato del Conclave, quello che seguiva sempre le regole e che portava a termine le missioni.
E a volte si sentiva veramente così, un fantoccio in mani altrui.
Mani che non lo meritavano.

“Alexander” quel nome detto da Magnus aveva il potere di farlo sentire insolitamente al sicuro e in pace.
Spoglio di tutti i doveri, tutte le preoccupazioni, le maschere e gli obblighi che gli erano stati imposti.
Non era più Alexander il soldato del Conclave o Alexander il figlio e l’allievo perfetto, il fratello maggiore.
Tornava a essere solo se stesso.

“Alexander” detto da Magnus il suo nome aveva tutt’altro suono.
Sembrava cambiare persino il suo significato.
“Alexander” era “colui che protegge gli uomini”.
“Alexander” detto da Magnus era “sarò io a proteggerti”.
Magnus era solito andare fuori dagli schemi, pronunciare il suo nome non sembrava essere un eccezione.
Alec si ritrovò ad apprezzare questa sua particolarità.

“Alexander” Magnus chiamava Alec con i nomi più strani; Fiorellino, Guanciotte Dolci, Occhioni Blu, Passerotto, Cucciolo, Dolcezza e tanti altri.
Ma “Alexander” era senza dubbio il suo preferito.
Lo ripeteva tante volte, così tante da farlo diventare un mantra, una preghiera che chiedeva di lasciarsi amare da quello stregone così unico nel suo genere.
Lo ripeteva guardandolo negli occhi, accarezzandogli la pelle, baciandolo.
Glielo sussurrava sulle labbra rosse di baci, glielo gridava quello sguardo felino.

“Alexander” e ad Alec quel nome non sembrò più giusto che sulle labbra di Magnus.

 

   
 
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