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Autore: BandBfun    20/07/2016    6 recensioni
Quando una madre si siede di fronte alla responsabile delle sue miserie e si lascia andare a ricordi felici e tristi, a raccontare alcuni frammenti della sua vita, fino a toccare il punto più basso della sua vita, per poi cominciare il percorso di guarigione con rinnovati vigore e determinazione...
Storia partecipante al Contest "Era una notte buia e tempestosa... Improvvisamente un contest" indetto da viktoria sul Forum di EFP
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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Nickname su EFP e Forum: BandBfun
Pacchetto numero (specificare quali dei tre dati del pacchetto avete utilizzato): n. 12 let. b
Genere: Introspettivo/Drammatico
Tipo di coppia: Het
Note/avvertimenti: Contenuti forti 
NdA (facoltative): nessuna

UNA SECONDA VITA

 

La devo avvertire che non sarà una conversazione piacevole. Le consiglio di sedersi e di prendere una bottiglia di vino, perché ad un certo punto ne avrà bisogno.
Non le voglio portare via più tempo del necessario, quindi proverò a essere breve. Non è sfogarmi lo scopo della mia visita, affatto.
Le ho portato alcune foto, tenga. Sono delle copie, perciò può tenerle, se vuole.
Sono tutte foto di una bambina, come può notare.
Quella è stata scattata al suo primo compleanno, poco prima dell'inizio della festa. Quelle sotto le abbiamo scattate quando ha messo piede in acqua per la prima volta, quando ha scoperto la neve e ne ha tenuto in mano un mucchietto. Anche quella per la prima volta. Ne ho molte altre a casa, ma le ho portato quelle che ritengo più utili al mio scopo.
Come le ho detto, sarò breve, non mi dilungherò in troppi giri di parole.
Un paio di mesi fa, lei non ha rispettato il semaforo rosso, ha attraversato ad alta velocità l'incrocio e ha preso in pieno una macchina.
Al volante di quella macchina c'ero io e in quel incidente ha perso la vita mia figlia.
Detto questo, ecco una parte dello scopo della mia vista: parlarle di lei, di mia figlia, di quella bambina che ha strappato ai suoi genitori troppo presto e senza alcuna ragione.
Lei mi starà a sentire, non dovrà interrompermi e mostrare alcun segnale di disinteresse, altrimenti andrò subito alla polizia a denunciarla per omicidio colposo e per omissione di soccorso.
Mi faccia un cenno con la testa se ha capito. La ringrazio.
Ho scelto io di chiamarla Diana, per via dei suoi grandi occhi di un celeste intenso. E poi perché ho sempre voluto chiamare la mia prima figlia così sin da piccola.
L'abbiamo voluta così tanto, ma ci sono voluti molti anni di tentativi, durante i quali non sono mancati momenti di sconforto e di delusione, soprattutto da parte mia.
Mio marito ha sempre voluto la mia felicità e non ha avuto problemi quando il dottore ci ha elencato le alternative. Sono stata io ad oppormi all'adozione e alla madre surrogato.
Io ho sempre voluto un figlio mio e non ho voluto sentire ragioni per tutto quel tempo.
Sono stata fortunata, perché mio marito è sempre stato molto comprensivo e paziente, una spalla sicura sulla quale appoggiarmi.
Una mattina, quando sono stata a un passo dal rinunciare all'idea di un figlio mio, mi sono svegliata con la nausea. Non mi era mai successo prima, non al mattino presto. Perciò, gli ho chiesto di correre in farmacia a comprare un test di gravidanza, pensando che quella sarebbe stata la volta buona.
Siamo stati seduti sul divano, mano nella mano, in attesa di vedere quella linea blu. L'attesa ci è sembrata non finire mai. E poi abbiamo visto quella linea blu.
Non credo che ci sia un modo per farle capire quanto siamo stati felici quel giorno.
Si è trattato di un autentico miracolo, ecco. L'abbiamo pensato noi e l'ha pensato il mio ginecologo quando ha confermato ch'ero incinta.
La gravidanza è passata in un soffio: non ho avuto alcun problema, non c'è stato nessun imprevisto ed è nata entro il termine previsto.
Quei nove mesi mi hanno fatto entrare in una sorta di bolla nella quale tutto si poteva risolvere. E ci sono rimasta fino al giorno dell'incidente, quando questo è scoppiata.
Bum! Come un palloncino bucato da un spillo! Bum!
Chi non ci era mai entrato è stato mio marito. Lui non ha smesso di essere quel pessimista del quale mi ero innamorata al primo sguardo. Mi ha sempre dato una sensazione di sicurezza stargli accanto, perché sembrava già preparato a ogni eventualità.
Oppure, era solo molto bravo a farlo credere, a giocare con le parole e con la vita dei suoi personaggi, a nascondere tutte le sue fragilità.
Mio marito è uno scrittore di successo che ha trattato il tema della perdita, sia di una persona cara o di un'amicizia quanto di se stessi, in ogni suo scritto, sempre con la sua solita freschezza e originalità. È davvero molto bravo nel suo lavoro, ma era ancora più bravo come marito e come padre.
Non avrei potuto innamorarmi di un uomo migliore.
Non gliel'ho mai detto, ma gliel'ho dimostrato spesso, certo. In quest'ultimo periodo, mi rendo conto che avrei dovuto anche dirlo, almeno qualche volta.
Insieme, io e lui siamo stati felici e con l'arrivo di Diana siamo stati entusiasti. Quei cinque anni sono stati i migliori delle nostre vite.
Poi, siamo capitati sulla strada e nulla è stato più com'era prima.
Sono una brava persona, perciò l'avverto che adesso arriva la parte più dura.
Come le ho detto prima, le consiglio di aprire questa bottiglia. Ne avrà presto bisogno.
L'ho vista arrivare a folle velocità a bordo del suo fuoristrada.
Non ho avuto il tempo di pensare a cosa fare che la sua macchina aveva già preso il lato passeggero e ho perso il controllo del mezzo.
È successo tutto in pochi istanti, ma ciascuno l'ho vissuto come al rallentatore.
Ho visto tutto attorno a me oscillare e poi la mia bambina sbalzare fuori dall'abitacolo attraverso il parabrezza.
Ho pensato che si trattasse di un incubo, ch'ero svenuta battendo la testa contro qualcosa e di aver immaginato tutto. Purtroppo, quello che ho visto è successo davvero.
Presto, ho visto alcune persone avvicinarsi di corsa verso di noi, ma lei se ne era già andata via in gran fretta.
Ho aperto la portiera, sono uscita fuori dall'auto e di fronte ecco quello che nessuna madre dovrebbe vedere.
Ho visto mia figlia riversa sul cofano in buona parte accartocciato e col fumo che usciva da sotto. La mia piccola Diana era a pancia in giù, ricoperta dai resti del parabrezza, ricoperta di sangue e con una vistosa ferita sulla testa.
Le ho stretto la manina e quando l'ho sentita fredda come il ghiaccio, ho urlato e sono svenuta. Non so cosa sia successo dopo, perché ricordo solo che tutto si era fatto buio e di essermi svegliata in un letto d'ospedale dopo parecchio tempo.
Mio marito mi ha detto che Diana non ha sofferto, non si è accorta di nulla. È stata la nostra sola consolazione.
Questa è la foto che la polizia ha scattato della mia auto poco dopo l'incidente. Le chiedo di tenerla e di guardarla con molta attenzione, fino a che le si sarà così impressa nella mente da non averne più bisogno.
La buona notizia è che siamo quasi alla fine, quella brutta è che non sarà più piacevole.
Da quel giorno nulla è più andato per il verso giusto.
Non c'era giorno in cui non pensavo a quella sua manina ghiacciata, a quei suoi grandi occhi celesti dallo sguardo fisso e a tutto quel sangue che fuoriusciva dalla ferita alla testa.
Mio marito ha provato a convincermi a fare della terapia, per combattere quei ricordi orribili, ma io non ho voluto sentire ragioni. Ho preferito trovare sollievo nelle gocce di sonnifero e nel vino, sviluppando in tempi brevi una dipendenza.
È successo sempre più spesso che i vicini di casa o mio marito mi abbiano trovata completamente ubriaca a vagare per la città, a volte vestita e altre volte senza nulla addosso.
È incredibile in quanto poco tempo sia riuscita a toccare il fondo, sa?
Sono andata contro chiunque cercasse di darmi una mano, ho negato loro ogni possibilità, ogni spiraglio di speranza che sarei guarita.
Così, prima si sono allontanati gli amici e i vicini di casa, poi anche mio marito.
Il poveretto ha fatto di tutto per starmi accanto e per essermi di supporto. Ha finto di non capire alcune cose e di non vederne altre, ma una sera abbiamo avuto una feroce discussione e se n'è andato via.
Non ricordo che cosa abbia detto, solo che gli ho saltata addosso con l'intenzione di ferirlo con una bottiglia di vino rotta contro uno spigolo del tavolo e gli ho detto cose orribili, nonché false. Ho detto cose che non potrò ritirare in alcun modo, per la loro gravità.
Quella sera ho perso del tutto il controllo della mia vita e della mia persona.
Lui me l'ha fatto notare, dopo avermi detto che non vedeva più quella ragazza della quale si era innamorato e che non riusciva più a restare nella nostra casa un attimo di più.
Mi ha lasciata lì, nel salone, in mezzo a varie bottiglie, e se n'è andato via di casa.
Come ho detto, non gli ho lasciato altra scelta, non gli ho mostrato nessuno spiraglio di speranza. Capisco perché l'ha fatto e quanto gli sia costato farlo.
In questa settimana, ho avuto modo di pensare e sono giunta ad un paio di conclusioni.
La prima è la ferma intenzione di guarire dalle mie dipendenze e dai miei incubi.
Tra poco, mi alzerò e uscirò dalla sua casa e da quel momento avrà inizio la mia rinascita.
Sarà un lungo percorso, non mancheranno gli ostacoli, ma il mio punto fermo sarà giungere al traguardo.
Voglio rialzarmi e tornare a camminare a testa alta.
Andrò alle riunioni dell'Anonima Alcolisti e andrò in terapia per allontanare dalla mente quei ricordi orribili. Sarò una paziente modello: seguirò i loro programmi alla lettera, mi libererò di ogni tentazione, ritornerò a curare la casa e la mia persona.
Sarò da sola, non avrò mio marito accanto a darmi una mano, ma ce la farò, questa volta sarò forte.
E quando sarò guarita, quando avrò tagliato il traguardo, farò in modo che mio marito riveda nei miei occhi la ragazza della quale si era innamorato.
Questa sarà la mia nuova vita e non vedo l'ora di viverla.
Prima di alzarmi e di uscire, essendo ancora sul fondo del barile a raschiarne l'ultimo rimasuglio di vergogna rimasto, voglio dirle questo.
La seconda conclusione è avere vendetta. Per questo sono venuta qui e le ho parlato di mia figlia, di me e di mio marito e di quanto abbiamo sofferto per la sua incoscienza al volante. Ho voluto lasciarle una vivida immagine di quello che ha fatto, di come ha ucciso una bambina di appena cinque anni con tutta la vita davanti, di come ha ucciso i suoi genitori, soprattutto sua madre.
Mi dica, ci sono riuscita? Mi basta un cenno di assenso, non serve che parli.
La ringrazio, mi fa piacere. È il primo successo che ottengo da quel giorno.
Conserverò le prove, ma le prometto che non ne farò uso. Ha la mia parola. Non andrò alla polizia e nemmeno le chiederò di andarci lei in persona.
Adesso posso andarmene e risalire la china, come ho deciso.
Addio.

 

   
 
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