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Autore: edoardo811    20/07/2016    2 recensioni
Il mondo è finito. Come reagiresti se sentissi tu queste parole? Come reagiresti se potessi accertarti con i tuoi stessi occhi che queste parole sono vere?
Questo è ciò con cui Rachel è costretta a convivere ogni giorno. Quando vede la gente morire di fame per strada, quando vede l'ennesima banda di tagliagole generare il caos, quando è costretta a combattere fino allo stremo per la propria vita e per quella delle poche persone care che le sono rimaste.
Per quanto tempo può la volontà di una persona riuscire a resistere alle crudeltà che la vita riserva?
Si dice che l'ultima candela sia sempre quella che impiega più tempo a spegnersi, ma cosa potrebbe accadere quando anche la speranza cessa di esistere?
Rachel con i suoi poteri potrebbe distruggere l'intero creato. Che cosa se ne farà?
Li userà per aiutare il mondo... o per aiutare semplicemente sé stessa?
Genere: Angst, Azione, Dark | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Raven, Red X, Robin, Slade
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: Incompiuta, Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'InFAMOUS: The Series'
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Capitolo 28: LA FIGLIA DELL’OSCURITÀ

 

 

Era buio e faceva freddo. Tanto freddo. Le sembrava di essere finita in una ghiacciaia.

Si mise lentamente carponi, mugugnando per il dolore al ventre e alla testa, rabbrividendo come una foglia per colpa di quell’aria gelata che pungeva la sua pelle come la lama di un coltello. Riuscì ad alzarsi sulle ginocchia e si strinse nelle spalle. Si guardò intorno, confusa. Il suo sguardo si smarrì nelle tenebre che riempivano quel luogo, mentre nuvole di condensa uscivano dalla sua bocca e dalle narici.

«D-Dove sono...?» mormorò al nulla che la circondava.

Si drizzò sulle proprie gambe, continuando a cercare di scaldarsi e a guardarsi intorno. «C’è... c’è qualcuno?» Riuscì ad udire la propria voce echeggiare in mezzo a quella landa buia e desolata. Percepì diverse vene di paura dentro di essa. Nessuno rispose.

Fece un altro verso di dolore e si toccò una tempia. «Che posto è questo... come ci sono arrivata?»

Timidamente, cominciò a muovere i primi passi. Non riusciva a scorgere nulla né attorno a lei, né sotto di lei. Le pareva di camminare sopra il nulla, ad ogni passo aveva il terrore di precipitare in mezzo a tutto quel buio.

Cercò di riflettere, di pensare. Era tutto così confuso. E fu proprio in quel momento, che la ragazza realizzò. Spalancò gli occhi e si fermò di scatto. Allontanò le mani dal proprio corpo, per poi osservarsele. Passarono quelle che parvero eternità, prima che riuscisse ad allontanare lo sguardo da esse, per poi deglutire.

«Chi... chi sono io?»

«Tu sei il male.»

Una voce improvvisa la fece trasalire, quasi gridare. Si voltò di scatto, sempre più impaurita, per poi ritrovarsi di fronte una figura che, lentamente, stava formandosi dalle tenebre, attingendo da esse le forme sempre più pronunciate di una donna. Osservare quell’unica macchia di colore in mezzo a quel mare di oscurità fu un pugno in un occhio per la giovane. E non appena riuscì a distinguere i lineamenti della donna, i suoi capelli lunghi e corvini, i suoi abiti semplici e la sua espressione gentile, la giovane spalancò gli occhi.

Istintivamente, si mise una mano nella tasca posteriore dei pantaloni. Le sue dita strofinarono una superficie liscia e dura, poi si chiusero attorno ad una sottile lamina. La estrasse lentamente, sempre più basita, per poi portarsela di fronte agli occhi quando ebbe finito.

Una fotografia, due persone raffigurate su di essa. Qualcosa scattò immediatamente nella sua mente. «Mamma...» sussurrò, guardando prima l’immagine scattata, poi la donna davanti a lei.

La fotografia scivolò dalla sua mano, mentre tutto riusciva ad apparirle più nitido. Lei era Rachel Roth. E quella davanti a lei, era Angela Roth. Arella. Sua madre.

«Mamma!» Rachel sorrise e fece per correrle incontro, ma all’ultimo si fermò. Abbassò le braccia che aveva alzato per stringerla e il suo sorriso vacillò. La donna continuò ad osservarla sorridendo gentile, senza né dire, né fare nulla.

«Tu non sei davvero lei, giusto?» domandò Corvina, con voce smorta. «Questa conversazione... non sta accadendo davvero. Ho ragione?»

 Ancora silenzio. La donna con le sembianze di Angela si limitò a distendere il sorriso. A quel punto, Rachel strinse i pugni. «Beh, chi sei allora? E dove siamo?! Parla!»

«Non riconosci questo luogo?» disse infine la figura, allargando le braccia. «Non riconosci questa oscurità?»

Rachel esitò. Si guardò meglio intorno, concentrandosi meglio su quella strana nebbia oscura che la circondava. Un’idea le attraversò la mente. «Questa è... l’oscurità che controllavo con i miei poteri, vero?»

La donna piegò il capo. «Quasi. Questa è la tua mente, Rachel.»

«Che cosa?!» domandò la ragazza, sconvolta. Osservò ancora una volta tutto quel mare di buio che la circondava. No, non poteva essere. La sua mente non poteva essere così oscura! O no?

«È così dal giorno in cui la donna di cui io ho le sembianze ti ha abbandonata» proseguì Arella, sempre senza smettere di sorridere, come  se quello che le stava dicendo non fosse nulla di che.

«Ma, paradossalmente, allo stesso tempo era proprio il ricordo di questa donna che ti ha permesso di non lasciare che questo posto sprofondasse completamente nell’oblio. Io ho scelto di assumere queste sembianze proprio per rendere più confortevole per te questa conversazione, ma ci sono diversi altri panni in cui potrei calarmi.»

Non appena finì di dirlo, l’oscurità avvolse la figura per qualche istante e, non appena si diramò, al posto di Angela apparve Richard. Ma non Robin, bensì l’amico di infanzia di Rachel. Non appena vide i suoi occhi azzurri e penetranti, i suoi capelli mori perfettamente ordinati e il suo volto completamente pulito e privo di fossette e macchie nere, Corvina spalancò la bocca.

«Questo, per esempio» disse ancora la figura, questa volta con la voce del Richard che conosceva. «Oppure, in questa.»

L’oscurità lo avvolse ancora una volta. Quando svanì di nuovo, al posto di Richard c’era Lucas. «Che dici, questa è più di tuo gradimento?» domandò, ora con la voce roca di Rosso X.

Rachel sentì le guancie bruciare terribilmente. Distolse lo sguardo, imbarazzata. «A-Arella andava bene...» biascicò, sentendosi stupida come non mai.

«Come vuoi.»

Non appena la figura tornò ad avere le sembianze di sua madre, Rachel tirò un profondo sospiro. «Beh, adesso dimmi: chi sei veramente? E perché siamo qui? Come ci siamo arrivati?»

«Non conta chi sono veramente, quanto più cosa sono veramente» rispose Arella, allargando il sorriso. «Io sono una parte di te, Rachel. Anzi, noi siamo una parte di te. Lo siamo sempre stati, e sempre lo saremo. E questo, è il luogo in cui noi abbiamo scelto di ricongiungerti a te, tramite questa visione.»

Più parlava, più Corvina spalancava le palpebre. Le parole le uscirono con un filo di voce dalle labbra. «Tu sei... voi... siete... i miei poteri...»

Angela annuì. «Proprio così.»

«Ma come?! Com’è possibile tutto questo? Come avete fatto a...»

«C’è davvero motivo di spiegartelo?» la interruppe Arella, sempre senza smettere di sorridere. Era rassicurante, e irritante allo stesso tempo.

«Tu non controlli un elemento qualsiasi, Rachel, ma immagino che ormai anche tu lo avessi capito. Con il tuo potere puoi fare molto di più che volare o combattere. Tu puoi entrare nelle menti delle persone, puoi esplorarle, puoi mettere a nudo le coscienze. Per te non esistono segreti, Rachel. Nessuno può fermarti davvero. Questo perché tu non controlli solo le ombre e le tenebre fisiche. Tu controlli anche quelle mentali.

«Tu puoi controllare i demoni interiori delle persone, puoi plasmare l’oscurità che si cela nell’animo umano, puoi crearla, distruggerla, o semplicemente trasformarla. Per questo vedevi il mondo dagli occhi di Hank, per questo l’hai anche visto da quello di Deathstroke. Per questo ora hai questa visione. Noi non possiamo parlare davvero, Rachel, come potremmo? Ma il buio nella tua mente ci ha permessi di poter prendere vita, almeno qui dentro. Ed è questo stesso buio che per tutto questo tempo ci ha permesso di poterti remare contro, di poter funzionare solo quando volevamo, di poter cercare di impadronirci di te. Ma tu hai tenuto duro, aggrappandoti a quei pochi ricordi che ancora riuscivano a confortarti. Tua madre, i tuoi amici, Richard... Ma è stato solamente quando Dominick si è impadronito di noi, che abbiamo capito che tu e solo tu puoi possederci.

«Il tuo gene conduit... è diverso da tutti gli altri, per non dire unico. Tu, Rachel, tu e tu soltanto puoi avere questo potere. Questo ti rende, in un certo senso, una sorta di prescelta. E nessun altro può ricoprire questo ruolo. Per questo, quel copiatore non ti ha davvero sottratto i poteri. Certo, lui può averli copiati, e certamente può anche averli usati forse perfino meglio di te, ma ciò non cambia che lui non è degno di portarli. Perché noi e te, Rachel, siamo stati uniti dal destino. Il fato ha deciso che le nostre strade si incontrassero. E non esiste persona o conduit in grado di cambiare davvero il fato. Dominick non è degno di possederci, così noi abbiamo deciso di mostrarci a te.

«Tu sei noi, Rachel. Tu sei la figlia dell’oscurità. Non necessariamente malvagia, ma comunque capace di controllare il male. Sappiamo bene che tu non hai mai voluto accettare questo fardello, e noi, di certo, non abbiamo aiutato a renderti le cose semplici. Ma ora c’è bisogno che tu faccia la tua decisione, in questo momento esatto. Possiamo ricongiungerci qui, ora, e tornare ad essere un’unica cosa. Sappiamo che questa rivelazione ti avrà sconvolta, ma non possiamo perdere altro tempo; ci serve una risposta, adesso. Perciò dicci: accetterai di portare questo fardello sulle tue spalle?»

«I-Io...» Rachel esitò, faticando a parlare. Tutte quelle cose che aveva appena scoperto sui suoi poteri e su sé stessa... era davvero quella la realtà? O quella visione non era altro che, appunto, una visione qualsiasi? Magari qualche strana specie di sogno. Poteva davvero... controllare il male? Ma soprattutto... poteva davvero farlo a fin di bene?

Com’era possibile? Come si poteva fare una cosa del genere? Come si poteva fare del bene... con il male?  Era assurdo! Eppure... eppure lei lo aveva fatto.

Aveva combattuto il male con il male, aveva protetto i suoi amici con il male, aveva... vissuto con il male. E ora... ora il mondo aveva bisogno di lei. Dominick aveva bisogno di lei. Avevano bisogno... del suo male, per essere salvati.

Improvvisamente, le parole di Lucas le tornarono alla mente. Spalancò gli occhi. Lei era... il bene che c’era nel male. Letteralmente. Aveva... fatto del bene con la cosa più oscura che potesse esistere, ossia il male stesso. Era riuscita a fare qualcosa che all’orecchio umano sarebbe sembrato assolutamente impossibile. Che a lei stessa sarebbe sembrato impossibile!

Eppure c’era riuscita. Ma a quale prezzo? Dal giorno in cui li aveva ottenuti le cose non avevano fatto altro che andare di male in peggio. Persone erano morte di fronte ai suoi occhi, aveva rischiato la vita così tante volte che ormai aveva perso il conto, aveva pianto, sofferto, era stata costretta a combattere e a vivere in un mondo che cadeva a pezzi con suo enorme sgomento. E per cosa, poi? Per dover essere quella su cui avrebbe dovuto cadere il peso del mondo sulle spalle? Per essere quella da cui tutti si sarebbero dovuti aspettare chissà quali grandi cose?

I Mietitori, gli Spazzini, gli Underdog e i Visionari. Era toccato a lei dover combattere queste bande per poter proteggere le persone innocenti. Certo, era stata aiutata, ma il grosso del lavoro era sempre e comunque spettato a lei. E ora doveva anche fermare Dominick. Tutte le volte che pensava che i suoi problemi fossero finiti, ecco che se ne presentava uno grosso il doppio del precedente. Se avesse scelto di riavere i poteri, che cosa sarebbe successo? Avrebbe continuato a combattere, a piangere, a soffrire. Quella non era roba per lei. Una parte del suo corpo non si era affatto pentita di aver ceduto i poteri a Dominick. Perché avrebbe dovuto riprenderseli, indipendentemente dall’uso che poi ne avrebbe fatto?

Perché proprio lei? Che cosa diamine voleva il mondo, da lei?! Perché non poteva essere lasciata in pace per una, dannata, volta?!

Strinse i pugni per la rabbia. Perfino quando aveva pensato di essere morta, in realtà non era finita. I suoi problemi la inseguivano senza darle un attimo di tregua, ma era ora di finirla. Era ora di mettere davvero la parola fine a tutto. «Io non voglio continuare con questa vita» asserì, con decisione.

«Dunque non ci rivuoi con te?» domandò Angela, impassibile.

«No.»

«Preferisci morire, dunque?»

A quella domanda, Rachel sgranò gli occhi. Questa volta, ci mise un po’ per rispondere. «Beh... no...»

«E allora che cosa vuoi?!» interrogò Arella, questa volta con venature di irritazione nella voce. «Non vuoi morire, ma non vuoi nemmeno combattere; vuoi salvare i tuoi amici, ma non vuoi che loro dipendano da te; vuoi essere lasciata in pace, ma non vuoi rimanere da sola; non fai altro che piangerti addosso, ma hai il coraggio di fare la ramanzina agli altri quando loro si lasciano sopraffare dalle emozioni; dici di essere diversa da Dreamer, ma anche tu sei solo un’egoista che vuole solamente che le cose vadano bene per sé stessa.»

«Io non sono come...» Rachel cercò di difendersi, alzando la voce, ma i suoi poteri ancora non avevano finito.

«Ti lamenti in continuazione per quello che ti sta succedendo, dimenticandoti che tutte le persone attorno a te stanno vivendo situazioni identiche alla tua! Almeno hai avuto una madre che ti amava, almeno hai avuto dei veri amici! Anziché piagnucolare ripensando a tutto ciò che hai perso, sii grata per tutto quello che in passato hai avuto e che persone come Lucas o Amalia, invece, non hanno fatto altro che sognare! Ti credi sfortunata? Beh, non è così! Tu hai avuto molto più di quanto possa immaginare, ma se preferisci chiudere gli occhi ogni volta e fare finta di niente di fronte alla realtà, allora meriti davvero di soffrire! Ti comporti come se il mondo ce l’avesse con te, quando in realtà sei tu che hai preferito voltare le spalle ai tuoi amici, sei tu che hai voluto dare ascolto a quel pazzo di Dreamer, sei tu che hai consegnato i tuoi poteri a Dominick mettendo l’intero paese in pericolo!

«Sei stata tu, con le tue scelte e il tuo comportamento da mocciosa, a peggiorare la tua situazione, quando in realtà in più di un’occasione hai dimostrato non solo di essere forte, ma di essere anche degna di noi! E questa è una cosa che tu sai meglio di chiunque altro! Tu sei forte, e lo sei sempre stata, ma hai paura delle responsabilità e preferisci piangerti addosso e basta, pregando che qualcuno arrivi a risolvere i problemi al posto tuo! Beh, sappi che non succederà mai, perciò è ora che tu ti decida a prendere in mano le redini della tua via, una volta per tutte, e accettare il tuo destino. Perciò, permettici di ripetere la domanda di poco prima: accetterai di ricongiungerti a noi, oppure preferisci rimanere qui a marcire per l’eternità? Sappi che se sceglierai la seconda opzione, rimarrai qui per sempre consapevole del fatto che avresti potuto fare qualcosa per salvare il mondo, ma hai preferito non farlo, sputando di conseguenza sopra tutti quegli ideali per cui hai combattuto fino ad oggi! Non sarai diversa da Dreamer, non sarai diversa da Robin, non sarai diversa da nessuno dei criminali che hai combattuto fino ad oggi! Ma naturalmente a noi non interessa quale decisione prenderai; in ogni caso, noi continueremo a vivere. Tuttavia qualcuno avrebbe dovuto dirti, prima o poi, le cose come stanno.»

Quando finì di parlare, Rachel sentì le proprie orecchie ronzare. Nessuno prima di allora le aveva mai detto simili parole. E la cosa peggiore era che... erano vere. Forse... forse era davvero lei la causa di tutto. I suoi blocchi mentali, i suoi pensieri, tutto ciò di cui era fermamente convinta, forse era davvero tutto sbagliato. Forse era davvero lei ad essere sempre stata nel torto. Improvvisamente si sentì un’emerita idiota.

Era tutto vero. Arella aveva ragione. Era lei che... che aveva paura. Paura di ciò che sarebbe successo, paura di ciò che avrebbe potuto fare, aveva paura... dell’ignoto. Forse era sempre stato quello a fermarla e a farle compiere una decisione sbagliata dietro l’altra.

Angela, nel frattempo, fece qualche passo verso di lei. «Sappi che sei ancora in tempo. Puoi ancora redimerti, se vuoi.» Le porse una mano, per poi accennare un sorriso. «Il bene che c’è nel male, ricordi? Puoi ancora esserlo, se lo desideri.»

Quelle parole riuscirono a rassicurare, in parte, la ragazza. «Il bene che c’è nel male...» sussurrò, per poi sospirare pesantemente. Osservò la proiezione di sua madre negli occhi. «Mi... mi dispiace...»

«Non è con noi che devi scusarti.» Arella agitò la mano, allargando il sorriso. «E ora coraggio, facci vedere di che pasta sei fatta!»

Rachel posò lo sguardo sulla mano e si mordicchiò l’interno della guancia. Ripensò a tutta la strada che aveva fatto prima di arrivare fino a quel punto. E ricordò che era stata proprio una stretta di mano a farla finire in quell’ennesimo casino. Ne aveva fatte di cose, ora che ci pensava. E le aveva fatte con loro, con i suoi poteri. Nel bene e nel male, loro l’avevano accompagnata. E adesso... loro c’erano, per lei, anche se lei aveva voluto abbandonarli, ed erano disposti a ricongiungersi a lei nonostante tutto. Forse... forse avrebbe davvero dovuto imparare a ringraziare per ciò che aveva.

Inspirò profondamente. Sì, lo avrebbe fatto. Era giunto il momento di cambiare radicalmente. E anche se lei non era pronta, avrebbe accettato questa cosa. Anche perché, se non l’avesse fatto, sarebbe rimasta in quel luogo per sempre, e lei non era molto in vena di farlo. Con un gesto secco, in modo da non avere ripensamento all’ultimo, allungò la mano e strinse quella di Angela. La proiezione di sua madre, in risposta, le rivolse un cenno del capo. «Sapevamo che non ci avresti deluso.»

Corvina abbozzò un sorriso e ricambiò il cenno, poi lasciò la mano. Alle sue spalle, un grosso varco bianco cominciò a prendere forma.

«Con quel portale ritornerai nel mondo reale. All’inizio sarai un tantino confusa, ma non temere: noi saremo lì, con te. Dovrai solo concentrarti, e il resto verrà da sé. Sei pronta?»

«Pronta.» Rachel si voltò verso il portale. La luce bianca quasi la accecò. Socchiuse le palpebre, poi cominciò a camminare. Ma dopo soli pochi passi, tuttavia, si fermò. Un altro pensiero le attraversò la mente e si voltò. Se davvero sarebbe tornata indietro, allora lo avrebbe fatto portandosi con sé una delle poche intenzioni che mai e poi mai avrebbe abbandonato.

«Ascolta, so che non sei davvero mia madre, ma...» Rachel si fiondò sulla donna, per poi abbracciarla. Angela fece un verso sorpreso, ma poi ridacchiò e ricambiò la stretta. Non era assolutamente paragonabile ad un vero abbraccio. Le pareva di avere tra le braccia un palo di ferro congelato. Ma in quel momento a Rachel non importava. Nella sua testa, in quella che aveva sopra le spalle, non in quella in cui si trovava in quel momento, la persona davanti a lei era davvero sua madre, e quello non era un luogo buio e freddo, ma uno soleggiato e caldo.

«Ti troverò, mamma. Te lo prometto. Noi due... staremo di nuovo insieme, un giorno.»

«Ne sono sicura, figlia mia.»

Rachel sollevò il capo, verso Arella. Osservò sorpresa la donna allargare il sorriso, e rispose con un sorriso a sua volta.

Si separò dall’abbraccio, poi, risolta quella questione, poté correre verso il portale senza ulteriori ripensamenti.

 

***

 

Rachel riaprì gli occhi di scatto, boccheggiando rumorosamente. Drizzò il capo, una folata di aria gelata la centrò in pieno, provocandole un brivido.

Si mise lentamente a sedere, gemendo per lo sforzo. La testa le girava, aveva male dappertutto, le orecchie fischiavano. Stava da schifo. Un attacco di tosse improvviso la assalì all’improvviso, costringendola a portarsi la mano chiusa a pugno di fronte alla bocca.

Quando si fu calmata, continuò ad espirare ed inspirare profondamente, per diversi istanti, senza nemmeno fare caso al mondo attorno a lei. Spostò lo sguardo sulle sue ginocchia e le osservò a lungo, cercando di riflettere e di riordinare le idee, di ricordarsi che cosa fosse successo e che cosa l’avesse portata fino a lì.

Ma fu solo quando una voce parlò all’improvviso, che riuscì a ricordare tutto quanto: «Che ci fai ancora viva?!»

Corvina guardò di nuovo di fronte a sé; un ragazzo in piedi, in mezzo ad un cantiere, la stava osservando basito, come se tutto si fosse aspettato meno che vederla lì a boccheggiare.

Costui spostò lo sguardo sulla sua mano, la quale si illuminò di nero. «Forse non ti ho colpita abbastanza forte...»

Mentre lui era in preda ai suoi dubbi, Rachel si rialzò lentamente, a fatica. Una volta di nuovo su entrambe le gambe, barcollò per un momento. Il mondo vorticava attorno a lei, era confusa, stanca , ma era viva. E questo le era più che sufficiente.

«Torna giù!» sbottò il ragazzo, scagliandole un raggio nero dal palmo della sua mano, colpendola in pieno addome.

Una terribile fitta di dolore mozzò il fiato di Rachel, facendola gemere e barcollare all’indietro. Ma rimase comunque in piedi. Tossì un paio di volte e scrollò il capo, intontita, per poi riportare di nuovo lo sguardo di fronte a sé.

Dominick la osservava sempre più basito. «Non... non è possibile...» biascicò. «Ti ho colpita due volte! Non puoi essere ancora viva! Non dovresti nemmeno riuscire a reggerti in piedi!»

La ragazza rimase in silenzio, limitandosi semplicemente a continuare a respirare profondamente. La cosa, parve quasi allarmare Dominick, il quale cercò di colpirla una terza volta. Ma non appena il nuovo raggio di energia oscura si avvicinò a lei, pronto a colpirla, Corvina sollevò una mano di scatto, verso di esso; questo svanì nel palmo della mano della ragazza, senza arrecare danno alcuno.

Il conduit copiatore sgranò gli occhi. «Ma... ma cosa...»

Rachel, ignorandolo, si osservò la mano. Questa si illuminò di nero immediatamente, senza che lei pensasse o dicesse nulla. A quel punto, la ragazza si osservò anche l’altra mano; questa fece la medesima cosa.

Non ci mise molto a realizzare cosa stesse accadendo. Un senso di sicurezza che mai prima di allora aveva provato si fece largo dentro di lei. Una sensazione calda, rassicurante.

«Ma... come...?» sussurrò ancora Dominick, di fronte a lei, il quale probabilmente era arrivato alla sua stessa conclusione.

Per tutta risposta, Rachel sollevò un braccio e un raggio di energia nera si generò dalla sua mano. Il conduit copiatore sgranò gli occhi e si teletrasportò di qualche metro, evitando il colpo per un soffio. Osservò sempre più basito la ragazza, per poi serrare la mascella, rimpiazzando la sorpresa con la rabbia.

«Come hai fatto a riprenderti i poteri?!» urlò, con la voce ricolma di frustrazione.

Non appena udì quella domanda, un sorriso scappò dalle labbra di Rachel. Finalmente le era tutto chiaro. Dopo mesi e mesi di lotte interiori, aveva capito. La sua visione l’aveva aiutata a farlo. E rinfacciarlo al suo avversario, fu la cosa più soddisfacente che avesse mai fatto.

«Non puoi prendere... ciò che è mio» rispose, semplicemente. Dominick inarcò un sopracciglio, mentre la ragazza abbassò il braccio, accentuando il suo sorriso. «I miei poteri... hanno sempre cercato di prendere il sopravvento sul mio corpo... perché io sono sempre stata troppo ingenua per capire la loro vera natura. Ma ora, finalmente, ho aperto gli occhi.

«Le tenebre... hanno scelto me, Dominick. Il buio mi ha creata. Il mio destino era questo, è sempre stato questo. Io non controllo un semplice elemento, io controllo le tenebre, il buio, l’oscurità che si annida dentro ognuno di noi. I miei poteri sono la reincarnazione fisica del dolore, del tormento, della paura. I miei poteri sono il male. Ed io posso crearlo, distruggerlo o trasformarlo.

«Posso cancellare i poteri dei conduit, perché ognuno di essi non è altro che un surrogato di ciò che controllo io. Di ciò che sono io. Posso entrare nelle loro menti, perché anch’esse sono corrotte, intrise di tenebre, tormenti, rimpianti. Io sono... la figlia dell’oscurità. Sono la figlia del male che imperversa in questo mondo. E per questo, adesso che l’ho finalmente capito, ho di nuovo il pieno controllo di ciò che è sempre rimasto dentro di me. E, questa volta, ce lo avrò per sempre.

«Mentre tu, Dominick, non possiedi altro che una blanda copia di ciò che i miei poteri sono davvero. Tu non potrai mai sfruttarli appieno. Non sei degno di portare un simile fardello sulle tue spalle. Per questo non sei riuscito ad impadronirtene completamente. Per questo, non hai nessuna speranza contro di me.»

La ragazza fece un passo avanti, seria, determinata, quasi autoritaria. Non era mai stata così sicura di sé. «Ora sono una persona nuova. Ho commesso tanti errori, in passato, e devo ammettere che in più di un’occasione mi sono comportata da emerita ipocrita, ma adesso ho capito i miei sbagli e non intendo commetterli ancora. Arrenditi ora, Dom, e lasciati cancellare i tuoi poteri. Non ha più senso combattere.»

 Il copiatore strinse con forza i pugni, ostinato. «Te lo scordi! Io non mi arrenderò mai, non a te! Non ad una mocciosa incapace, debole, che per tutto questo tempo non ha fatto altro che piagnucolare!» Sollevò entrambe le braccia, per poi sogghignare. «Sei tu quella senza speranze! Io ho decine di poteri dentro il mio corpo! E vuoi sapere la parte migliore?»

Puntò le mani verso di lei, poi urlò a pieni polmoni: due gigantesche coltri di energia azzurra fluorescente fuoriuscirono dai suoi palmi, andando poi a congiungersi formandone un’altra alta tre metri.

«POSSO COMBINARLI!» esclamò il castano, per poi ridere di gusto, mentre il raggio di energia si fiondava verso la ragazza. «TI SPAZZERÒ VIA!»

Corvina osservò impassibile la mostruosa colonna formata dall’unione di tutti i poteri del conduit mentre si avvicinava a lei, dopodiché serrò la mascella e puntò a sua volta una mano verso di essa. La luce nera investì completamente il suo braccio, dopodiché rispose al fuoco, scagliando un raggio nero che andò a cozzare contro quello del copiatore.

Il boato che si susseguì fu devastante, una grossa folata d’aria investì tutto il cantiere.

I due getti di energia rimasero sospesi a mezz’aria, l’uno contro l’altro, mentre i loro padroni, a debita distanza, si concentravano per avere la meglio sull’avversario. Ma non passò molto tempo prima che l’energia oscura di Rachel cominciasse ad avere la meglio su quella di Dominick, nonostante l’enorme differenza di grandezza.

Non appena il conduit se ne rese conto, ringhiò per la frustrazione. «Fatti da parte, Rachel! NON PUOI SCONFIGGERE UN DIO!»

Urlò con ancora più insistenza, e la sua coltre di energia si ingigantì ulteriormente, cominciando a spazzare via quella nera di Rachel.

La corvina osservò quella mostruosa onda azzurra avvicinarsi a lei sempre di più, ma rimase ugualmente impassibile.

«Hai ragione, non posso battere un dio» rispose semplicemente, per poi sollevare anche l’altro braccio. «Peccato che tu non lo sia!»

 Imitò il copiatore, urlando a sua volta con quanto fiato avesse in corpo. Un altro raggio di energia nera si scaturì, andando a sommarsi agli altri due. Vi fu un altro scossone e questa volta fu quello di Dominick a perdere terreno. Il castano fece un grido sorpreso, dopodiché l’energia oscura di Corvina spazzò via completamente la sua.

«No! NO!!»

«È ora di farla finita, Dominick! Per sempre!» Rachel gridò una seconda volta, concentrandosi con ogni fibra del suo essere, infondendo in quell’unico raggio nero quanta più energia possedesse ancora.

Rabbia, dolore, frustrazione, tristezza e determinazione. Tutte quelle emozioni che per mesi avevano alimentato e tormentato l’anima della corvina, ora erano lì, tutte unite, pronte a spazzare via per sempre la follia di Dominick.

Lei era le tenebre, era il buio, era l’oscurità. E Dominick non era altro che un uomo la cui mente era piena di queste cose. Per questo motivo, non avrebbe mai e poi mai potuto sconfiggerla. Il raggio di energia raggiunse il copiatore, che, questa volta, non poté fare altro che assistere impotente alla sua stessa fine. Nessun potere avrebbe mai potuto salvarlo da ciò che aveva di fronte a sé.

E quando anche lui parve finalmente capirlo, era ormai troppo tardi. La luce lo investì completamente, e il suo urlo disperato si smarrì in mezzo ad essa. Vi fu un’esplosione, l’energia si disperse e una grossa nube di polvere si sollevò. Rachel assottigliò le palpebre, fino a quando la nube non si diradò. E non appena ciò accadde, vide il corpo di Dominick sdraiato sul suolo supino, con le braccia e le gambe distese.

Corvina lo osservò inespressiva, poi sospirò e cominciò a camminare verso di lui. Entrambe le sue mani si illuminarono di nero. Gli avrebbe cancellato i poteri, una volta per tutte. Sperando che ciò lo aiutasse a tornare sano di mente.

Lo raggiunse e torreggiò su di lui, poi puntò il palmo verso il suo torace. «La tua ingordigia ti ha portato alla pazzia, Dom. Hai ferito, rubato, ucciso. La tua sete di potere ti ha portato perfino ad ammazzare il tuo migliore amico. Sei un pericolo, sia per gli altri che per te stesso. Non so che cosa tu abbia davvero scoperto quando sei andato a cercare le risposte che ti servivano, ma ciò non giustifica comunque le tue azioni. Devi essere fermato.»

Avvicinò il palmo al corpo del ragazzo, la luce nera si fece molto più forte. Ma un attimo prima che potesse ciò che voleva, diversi colpi di tosse provennero dalla sua gola. «C-Coraggio» rantolò, riaprendo lentamente gli occhi, osservandola con un rivolo di sangue che colava dalla bocca. «Fallo! Cancella l’unica cosa che mi è rimasta!»

Rachel lo osservò sorpresa. Era convinta di avergli fatto perdere i sensi. Ma nel giro di poco tempo, la sorpresa si trasformò in indignazione. «L’unica cosa che ti è rimasta per causa tua!» rispose, accigliata.

«C-Che cosa?» domandò lui.

La corvina abbassò la mano, stringendola a pugno e facendo scomparire la luce nera. «La tua ossessione per i tuoi poteri ti ha portato a perdere tutto quanto! Kevin mi ha raccontato tutto, lo sai? Ha detto che sei impazzito, che nessuno voleva più avere a che fare con te, che hai fatto scappare la tua ragazza! Ha detto che avevi tutto quello che un uomo poteva desiderare, ma pur di non rinunciare alla tua avidità, hai preferito perdere tutto, fino a quando non ti era rimasta solo più una persona: Kevin. Lui è stato l’unico che ha avuto il coraggio di rimanerti vicino, ma quando ha finalmente deciso di farsi avanti, di aiutarti, tu l’hai arso vivo! Dimmi, Dom, sei felice adesso?»

«I-Io... io cosa?» sussurrò lui, sgranando gli occhi.

«Non fare il finto tonto!» Corvina si inginocchiò di fronte a lui, per poi scrutarlo con rabbia. «Lo hai ucciso. Volevi uccidere anche i miei amici!» Puntò l’indice contro di lui. In parte le sembrò di parlare con sé stessa, ma se non altro lei aveva imparato la lezione. Sperò che anche lui, in questo modo, potesse rendersi conto dei suoi errori. «Sei stato tu... l’artefice della tua rovina. Io ho solo cercato di aiutarti.»

«Non... non è vero...» Dominick scosse la testa, per poi alzarsi lentamente a sedere, gemendo per il dolore ad ogni minimo movimento. «Io... io non ho...»

«Sì invece!» gridò Rachel, per poi afferrarlo per l’orlo della giacca, tirarlo a sé ed indicandogli il cadavere ancora fumante di Kevin. Uno spettacolo raccapricciante, di cui Corvina avrebbe fatto sicuramente a meno, ma voleva aprire gli occhi di Dom una volta per tutte, mettergli in testa che lui era pericoloso.

«Kevin... no...» mormorò il copiatore, con voce tremante. «Non... non è vero...»

«Potevi scegliere, Dom. I tuoi preziosi poteri, o il tuo migliore amico. E tu hai scelto i poteri. Piangere adesso non cambierà le cose.»

«L’ho... l’ho davvero... davvero...» Il castano non terminò la frase. Si prese la testa tra le mani e gemette ancora più forte. «Cosa... ho... fatto...?»

Corvina si rialzò in piedi e lo osservò dall’alto. Un po’ provò pena per lui. Ma quello non avrebbe certo cambiato quanto successo, né la sua opinione nei suoi confronti. «Perché, Dom?» domandò la ragazza. «Perché hai deciso di fare tutto questo? Perché eri così ossessionato?»

«Ho ucciso il mio migliore amico...» borbottò lui, ignorando la domanda.

«Dominick...»

«L’ho... ucciso io...»

«Dominick!» esclamò Rachel. «Ascoltami!»

Lui drizzò il capo, per poi osservarla sconvolto, quasi confuso. «E tu chi cazzo sei?»

Quella, fu l’ultima goccia. La ragazza gridò per la frustrazione e gli sferrò un fragoroso ceffone. «ASCOLTAMI!»

Il castano fece un verso sorpreso e si massaggiò la guancia, dopodiché la guardò di nuovo, ora quasi intimorito. Rachel inspirò profondamente, poi ripeté la domanda: «Perché l’hai fatto, Dom? Che cos’è successo... il giorno dell’esplosione? Chi... chi era quella terza persona che quel giorno non ce l’ha fatta?»

Questa volta, lui parve capire la domanda, perché chinò il capo. La sua espressione si indurì, strinse i pugni. «Lo vuoi davvero sapere? Vuoi davvero sapere chi è morto quel giorno, di fronte ai miei occhi, per la mia disperazione?!»

Il tono quasi minaccioso con cui le pose quella domanda la fece esitare, ma poi la corvina annuì comunque. «Sì.»

Il ragazzo tornò a guardarla di scatto. Sembrava quasi che stesse per piangere. E quando le diede la risposta, la corvina ne capì presto il motivo. «Mio figlio.»

Rachel spalancò la bocca, sorpresa, ma Dominick non aveva ancora finito: «C’eravamo io, Kevin e Rick su quella macchina. Doveva essere una gita al lago, una cosa normalissima, ordinaria, per staccare con la mente per poco, solo per poco, cazzo, dalle responsabilità, dal lavoro, dalle bollette, dall’affitto da pagare, dalla spesa da fare e da tutte quelle stronzate! E invece mi sono ritrovato a reggere il cadavere di mio figlio tra le braccia, mentre il mio migliore amico, accanto a me, urlava come un pazzo e si dissolveva in una nuvola di dannato fumo! Dimmi, tu come avresti reagito?!»

Dominick cercò di rialzarsi, mettendosi carponi. «Come avresti reagito, osservando tutto ciò per cui avevi combattuto andare in frantumi in così pochi istanti?!» gridò. «Tu non hai idea... di quanti sacrifici abbia fatto per poter costruire tutto quello. Trovare una ragazza, sposarla, avere una famiglia... dopo un’intera esistenza passata vivendo come un ladruncolo da quattro soldi, costretto a truffare, ingannare, rubare per vivere... è vero, non sono mai stato una brava persona, ma ho riconosciuto i miei errori, e ho deciso di cambiare.»

Non avendo la forza per rialzarsi, il castano crollò di nuovo a terra, gemendo. Tossì un paio di volte, per poi rialzarsi a fatica sui gomiti, tremando come una foglia per lo sforzo. «E non appena... ci sono riuscito, non appena le cose hanno cominciato ad aggiustarsi... sono stato ripagato in questo modo. Mio figlio aveva quattro anni, Rachel. Era solo un bambino... non aveva mai fatto nulla di male, a nessuno. Ma a quanto pare, ciò non gli ha impedito di... di portarmelo via.»

Dom scosse lentamente la testa, riuscendo di nuovo a rimettersi seduto. Entrambi i suoi occhi erano lucidi, prossimi al pianto. «Doveva... salvarsi lui, non io. Io non me lo merito... non ho mai fatto nulla per meritarlo...»

Il ragazzo sospirò profondamente. Chinò il capo e rimase immobile, ad osservarsi le ginocchia.

Rachel continuò a fissarlo, meditando sulle sue parole. Anche lui, dunque, non era stato altro che una vittima delle esplosioni. Ma non una vittima colpita direttamente, una vittima come lei. Aveva perso ciò che aveva di più caro, quel giorno. Come lei, come Richard, come Tara, come Amalia, come Ryan... come tutti quanti. Dominick non era molto diverso da lei, alla fine. L’unica cosa che li differenziava, era che lui non era mai riuscito a superare il lutto. E ciò lo aveva portato a fare tutto quello. La rabbia, il dolore, lo avevano accecato, rendendolo ciò che era diventato.

«Solo ora mi rendo davvero conto di aver fatto cose terribili... e che nessuno potrà mai perdonarmi per questo... nemmeno io penso che potrò mai farlo. Ho... ucciso delle persone... e il mio migliore amico era tra queste. Avevi ragione, Rachel. Avevate tutti ragione. Ero... sono... fuori controllo.» Dominick si prese di nuovo il volto tra le mani, per poi scuotere la testa. «Non sono riuscito ad accettare la realtà, e queste sono state le conseguenze. Se vuoi davvero cancellarmi i poteri, fallo adesso. Prima che sia troppo tardi.»

Corvina si mordicchiò l’interno della guancia, ponderando sulle sue parole. C’erano tante cose che ancora voleva sapere da lui, ma prima di porgli ulteriori domande, annuì. «Sì.»

Si inginocchiò di fronte a lui, poi gli posò una mano sul petto. Cancellargli i poteri, in quel momento, era la priorità assoluta. Non sapeva cosa fare con esattezza, ma non dovette preoccuparsi troppo di questo: non appena lo toccò, la luce nera cominciò a fuoriuscire in automatico dal suo palmo. Un’aura nera avvolse il corpo di Dom, che fece un verso sorpreso.

«O-Ok, sei pronto?» domandò la ragazza, in parte intimorita-

Dominick annuì. «Fallo. Forza.»

Rachel lo osservò negli occhi, volgendogli un cenno del capo. Poi, senza dire altro, si concentrò con maggiore intensità. L’energia oscura cominciò a fuoriuscire con più insistenza dal suo palmo, l’aura nera che avvolgeva il corpo del copiatore si fece molto più intensa, dopodiché Corvina avvertì una profonda scossa attraversarle il braccio. Gemette di dolore, ma fu nulla in confronto a ciò che fece Dominick; il ragazzo gettò il capo all’indietro, cominciando a gridare a squarciagola.

La conduit sussultò per la sorpresa, ma mantenne comunque alta la concentrazione. Il castano continuò a gridare, mentre per Rachel diventava sempre più faticoso proseguire. Il braccio cominciò a dolerle terribilmente, sentiva tutto il corpo indolenzito.

Tuttavia, infine, sentì la propria energia affievolirsi lentamente, fino a quando ogni traccia dell’aura nera attorno a Dom non svanì nel nulla. La ragazza separò la mano da lui, mentre questi cadde a terra, di schiena, ansimando rumorosamente.

«Hai... hai finito?» domandò poi, tra un profondo respiro e l’altro.

«Sì, credo di sì» mormorò Rachel, per poi osservarsi le mani.

Dominick annuì, per poi chiudere le palpebre. «Bene... grazie, Rachel. E... ti chiedo perdono. Per quello che vale.»

Corvina rispose con un cenno di assenso, poi si abbandonò a terra, sedendosi vicino a lui. Inspirò profondamente. Ora era tutto finito, per davvero. Adesso sapeva controllare i suoi poteri, sapeva come sfruttarli e sapeva anche che Dominick non sarebbe stato più un problema per lei.

Non le restava altro che essere più cauta, per il futuro. Era vero, i suoi poteri avevano attirato molta cattiva gente su di lei, e sicuramente avrebbero continuato a farlo. Ma finché sarebbero rimasti in mano sua, sarebbero stati in un luogo sicuro. Doveva semplicemente fare attenzione,  non esporsi troppo, per evitare che altri malintenzionati potessero notarla, e tutto avrebbe filato per il meglio.

E per concludere, Rachel aveva ancora una domanda da porre all’ex copiatore. Spostò lo sguardo su di lui e osservò il suo petto alzarsi e abbassarsi con regolarità, mentre il ragazzo cercava di riprendere fiato dopo il colpo appena subito. Corvina si fece coraggio e si conficcò le unghie nei palmi per la tensione, poi gli pose quell’ultimo quesito, quello che da mesi a quella parte non aveva fatto altro che tormentarla:

«Perché... ci sono state le esplosioni? Tu lo sai, non è vero?»

Dominick drizzò il capo di colpo, sorpreso. «Perché me lo chiedi? Come fai a sapere che...»

«Me l’ha detto Kevin» lo anticipò lei. «Mi ha detto che volevi scoprire la verità, per poter accettare la morte di Rick. E mi ha detto che ciò che hai scoperto ti ha dato la batosta finale.»

Il ragazzo dischiuse le labbra, continuando a soppesarla con lo sguardo. La questione parve toccare un nervo scoperto, uno dei tanti che doveva avere Dom in quel momento. Ma alla fine, il castano si rimise lentamente a sedere con un sospiro. «È vero, io conosco la verità. Ma tu sei davvero sicura di volerla sapere? A me ha fatto andare fuori di testa. Vuoi correre il rischio?»

La domanda fece esitare Rachel. In effetti, aveva pensato a quella eventualità. E la verità la spaventava un po’. Cosa poteva davvero aver spinto il governo nazionale, e forse anche quelli di tutto il mondo, a compiere un genocidio di massa con il solo scopo di attivare dei geni conduit?

Ma era anche vero che non poteva semplicemente ignorare l’accaduto. Non poteva rimanere all’oscuro di tutto, doveva avere delle risposte, ne aveva il diritto. Lei tanto quanto tutte quelle persone che erano state costrette a vivere in quell’inferno di mondo dopo essersi viste private di tutto ciò che avevano.

«Sì, Dom. Voglio saperla» rispose, risoluta.

Dominick continuò ad osservarla, senza mutare la sua espressione. Annuì. «Immaginavo che non avresti cambiato idea. Beh, vedi, il motivo principale era solo uno, ma per capire tutto appieno dovrò spiegarti un po’ di cose. Credo che ci vorrà un po’.»

«Io non ho fretta.»

Il ragazzo annuì una seconda volta. «D’accordo. Mettiti comoda, allora. La tireremo per le lunghe.»

 

 

 

 

 

 

Ok ok gente, allora. La fine è davvero, davvero vicina. In questo capitolo abbiamo finalmente ottenuto qualche risposta, e nel prossimo arriveranno le altre. Altri quesiti verranno aperti, ma ormai avete capito come sono fatto, non mi piace chiudere una storia senza lasciare almeno un conto in sospeso. 

Spero che la rivelazione sui poteri di Rachel non sia stata una cosa troppo forzata, anche se comunque si era capito ormai che i suoi poteri non sono come gli altri, ma un qualcosa di praticamente unico nel suo genere. E poi, se la storia si chiama "La figlia dell'oscurità", un motivo dovrà pur esserci, no?

Questo capitolo è stato molto... difficile da scrivere, ed oltretutto è uscito fuori un bel mattone, che ho cercato di leggere un paio di volte, ma so già che gli errori salteranno fuori come funghi, pertanto vi chiedo un pizzico di comprensione nel caso in cui ne notiate alcuni. 

Prima di salutare, ringrazio di cuore chi è giunto fino a qui, sopportando me e le mie note assurde, chi ha portato pazienza ed è riuscito a seguire tutta la storia senza dropparla a metà, chi ha avuto la pazienza di aspettare settimana dopo settimana l'uscita dei capitoli ed insomma, eccetera eccetera. Non è stata una storia semplice da scrivere, ma ce l'ho fatta. Tra alti e bassi, momenti in cui mi divertivo come un pazzo e momenti in cui mi sembrava di essere sotto tortura, sono riuscito ad arrivare alla fine. Spero che il finale non mozzi le gambe alla storia. Con HoS non era successo, ma io ho comunque una paura fottuta ^^

Ah, due precisazioni prima di chiudere con questa nota:

Dominick ha 28 anni, sua moglie qualcuno di meno;

Kevin 26; 

Ravager 30, Dreamer 27, Wilson over 55 (facciamo anche 60), Grant avrebbe dovuto averne 31-32;

Tara, Rachel e Robin (e tutta la compagnia dei defunti) 19-20; 

Lucas 22;

Amalia 21, Ryan 17-18; 

Jade (Cheshire, per chi se la ricorda) 24 (età ufficiale);

Hank (RIP) over 55;

Non mi vengono in mente altri personaggi, anche se so per certo di averne scordato qualcuno, perché è così per forza. Come quando vai a fare la spesa senza la lista e credi di avere in mente tutto quello che devi prendere, poi quando torni a casa e controlli meglio dici "cazzo, ho dimenticato il cibo per il gatto". Quindi, spero di non aver dimenticato il cibo per il gatto anche questa volta, ma ne dubito.

D'accordo gente, perdonate i miei deliri e al prossimo capitolo!

   
 
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