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Autore: loveless_fairy    28/03/2005    3 recensioni
Ti accorgi di qualcosa solo quando l'hai perduta. Quante volte avete sentito questa frase? Quante volte vi avete dato il giusto peso? Akira Sendo aveva delle certezze nella vita, ma un giorno il suo castello fragile viene distrutto da un "ladro" di cuori.
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Akira Sendoh, Hiroaki Koshino
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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§ WHO ARE YOU? §

 Akira Sendo, ala della famosa squadra del Ryonan, stava finalmente tornando a casa dopo una giornata molto stancante. Le ore di lezione erano state lente e noiose. Si era pure beccato una ramanzina dal prof di giapponese perché si era scordato di fare i compiti il giorno prima e il prof di storia aveva evitato di mandarlo dal preside solo perché era l’asso della squadra di basket e si era limitato a buttarlo fuori dalla classe. Uscendo aveva guardato un attimo nella direzione di Kosh, ma lui non si era neppure voltato a guardarlo. In effetti, se n’era accorto da qualche tempo, Hiroaki, suo amico dalle elementari, aveva smesso di parlargli. Non che prima fosse un chiacchierone, ma adesso rispondeva a malapena al cellulare quando lo chiamava, a scuola parlava a monosillabi, non facevano più i compiti insieme (e per questo la sua media era rovinosamente scesa) e in palestra si rivolgevano sì o no la parola. Questo aveva subito insospettito Akira che aveva chiesto spiegazioni, ma Hiro era stato eludente e aveva risposto che era stato solo frutto della sua fantasia. Col cavolo! Hiro lo stava proprio evitando, ma non riusciva a spiegarsi il motivo. Forse, come spesso capitava, aveva fatto qualcosa che aveva offeso il suo amico, ma in quei casi si risolveva tutto in poco tempo. Gli bastava avvicinarsi il giorno dopo e sfoderare il suo solito sorriso e tutto si sistemava sempre. O quasi, perché ormai era quasi un mese che quella storia andava avanti. Se almeno Hiro avesse avuto la decenza di spiegargli, lui quel giorno avrebbe evitato tutti quei rimproveri ingiusti e poi… e poi avrebbe avuto qualcuno con cui parlare. Di amici Akira Sendo n’aveva molti. Era la stella del Ryonan, sempre allegro e gentile, un rubacuori con parecchie frecce al suo arco, ma di amici veri, quelli con la “A” maiuscola, aveva solo lui. A casa passava sempre a prenderlo prima di andare a scuola e insieme chiacchieravano di tutto, anche delle cose più sciocche. Ecco! Non facevano più neppure la strada insieme. Ricordava che il primo giorno era andato a prenderlo a casa, ma sua madre, che aveva un debole per quel bel ragazzo tanto gentile, gli aveva risposto imbarazzata che Hiro era già andato via e quello era stato un copione recitato molti giorni, poi si era stancato, visto anche l’incomunicabilità del suo amico, e aveva smesso di andarlo a prendere. Però… a pensarci bene, si sentiva un po’ triste. Non pranzavano neppure più insieme, in terrazza.
<< Tutta colpa tua, Hiroaki Koshino! >> disse dando un calcio ad una lattina.
Gira a rigira il pensiero tornava ancora a lui.
Quel giorno gli allenamenti erano saltati. Taoka aveva avuto una riunione improvvisa e aveva mandato tutti a casa. Aveva provato ad invitare Hiro ad andare a prendere un gelato, ma lui era scomparso. Volatilizzato. Non si era neppure fatto la doccia. Ikegami aveva detto di averlo visto fuggire come una furia appena Taoka aveva dato il permesso di andare negli spogliatoi. Akira n’era sicuro: Kosh lo stava evitando e non gli restava che capire il perché.
<< Hai saputo l’ultima? >>
<< Ma certo! Sono stata proprio io a vederli! >>
<< Ma allora è vero? Ma com’è possibile? >>
<< Ti dico di sì… il nostro Hiro… lui… >>
“Hiro?”. Akira si era fermato di scatto davanti alla porta della palestra. Due ragazze, probabilmente le presidentesse del fan club di Kosh, stavano parlando del loro idolo con voce allarmata.
<< Ma che ci faceva con Fujima? Ma lui non sta con Hanagata, lo spilungone dello Shoyo? >>
Hiro e Fujima? Fujima e Hiro? Che significava che li aveva visti insieme? Insieme in che senso? Stavano semplicemente parlando o c’era qualche atteggiamento strano? E poi… ma Hiro era gay? Purtroppo le ragazze deluse dal fatto di non poter vedere il loro beniamino, se n’erano andate in fretta e lo avevano lasciato con la mente imperversata dalle domande. Che già quello scorbutico di Kosh avesse delle ammiratrici ed un fan club era stravolgente, che poi avesse pure successo con i ragazzi era strabiliante! E bravo il piccolo Kosh! Il fighetto più carino di Kanagawa era riuscito ad accalappiare! Ma questo fu un pensiero che Akira allontanò immediatamente, colpito da una strana sensazione di vuoto.

Dato che gli allenamenti erano saltati e Kosh era scomparso (un appuntamento con Kenji forse), aveva deciso di andare a fare quattro tiri al campetto di basket del parco e lì aveva trovato la furia umana, Sakuragi altrimenti detto do’hao dall’ugualmente nota kitsune.
C’era stato un periodo in passato, non tanto lontano, in cui aveva avuto una cotta per il rossino. Più che cotta si poteva chiamare ossessione. Sin dal loro primo incontro, quando, ancora poco più che un principiante, l’aveva sfidato durante una partita d’allenamento fra le due squadre. Di talento n’aveva da vendere, Sakuragi e non solo di talento. Era una forza della Natura. Era fuoco allo stato puro. Un vulcano in continua eruzione. L’aveva colpito subito. Con il suo sguardo deciso, i capelli sfacciatamente rossi, il corpo possente e un’aria da ragazzino cresciuto, sempre attorniato da quei quattro chiacchieroni e rumorosi che si facevano chiamare l’armata Sakuragi. E quando l’aveva rivisto, oltre alle già citate qualità che lo rendevano unico agli occhi di Akira, si erano aggiunti quei capelli corti e quell’aria da duro e puro, per citare una sua espressione. (lo so che aveva ancora i capelli lunghi, se li taglia il giorno stesso, ma… licenza letteraria, che dire? NdA).
Per Akira era diventato un’ossessione. Spesso andava ad aspettarlo fuori dalla scuola, sempre con una scusa diversa. E sapere che lui si era allenato con tanta costanza e forza di volontà, lo inorgogliva. Si era allenato per batterlo, quindi proprio indifferente non doveva essergli.

<< Uffa Akira, smettila! Se proprio quel decerebrato con la testa da pallone da basket t’interessa, vai lì e diglielo, anche se credo proprio che non potresti avere speranze. >> non era riuscito a resistere Hiroaki.
Lo aveva guardato con il suo solito cipiglio nervoso e l’aveva redarguito come sempre e lui come sempre era stato ad ascoltarlo. Ogni parola. Era sempre stato così. Akira raccontava fatti su fatti e Hiro stava ad ascoltare, con lo sguardo basso, le mani che giocavano con ciuffi d’erba o la cartella, secondo i casi. Si muovevano nervosamente le sue mani e poi alzava lo sguardo e lo guardava, come avesse qualcosa da dirgli, ma era solo un attimo. Un lampo veloce e lui ritornava lo stesso, riabbassava lo sguardo, sbuffava annoiato e lo rimproverava, ogni singola volta. E Akira restava ad ascoltare, aspettando sempre quella frase che Hiro non riusciva a dire.

Come era finito a pensare ancora a lui? Eppure aveva passato un pomeriggio splendido con la sua ex fiamma.

<< Hana-kun, mio caro. Come mai tutto solo? >> gli si era avvicinato alle spalle sorprendendolo. Hanamichi, che era seduto al limitare del campo di basket, si era alzato di scatto, un po’ spaventato.
<< Sendo! Mi hai fatto prendere un infarto! >>
<< Dov’è il cane da guardia? >> gli aveva chiesto sedendosi accanto, ma un pallone diretto alla sua testa gli aveva risposto più concretamente.
<< Dietro di te! >> aveva sibilato la volpe.
Il volpino si era presentato con il solito sguardo gelido e due lattine di cola ghiacchiate. Senza dire nulla, si sistemò fra Hana e Akira e diede una lattina al primo, accompagnata da un bacio, breve e dolce. Akira sapeva già di loro due, da molto tempo. E stranamente non gli faceva poi così male. In fondo non aveva mai amato Sakuragi e non avrebbe mai potuto amarlo come Rukawa. Era stata solo una passione temporanea. Passione. Era proprio ciò che gli comunicava e per questo n’era rimasto subito folgorato. E di cotte come quella n’aveva avute parecchie, Akira Sendo, ma niente d’importante. L’amore, quello vero, forse doveva ancora arrivare. Aveva avuto una cotta pure per Ede e ci aveva provato pure con lui, prima ancora che entrasse la furia rossa nelle loro vite, e aveva avuto una cotta pure per Fujima…

La stazione della metropolitana era deserta. Ormai erano quasi le dieci di sera, il tempo era trascorso senza che se n’accorgesse, ma come? Che cosa aveva fatto in tutto quel tempo?
Si era ritrovato davanti alla stazione senza neppure capire cosa stesse accadendo. Aveva varcato la soglia stringendosi nella giacca della divisa scolastica. Nonostante fosse già Maggio, la sera faceva ancora fresco. Aveva comprato un biglietto nella biglietteria automatica ed era sceso giù per le scale con lentezza, quasi annoiato, alternando uno sbadiglio ad un’imprecazione silenziosa. Odiava fare la strada di casa da solo! Lui era sempre stato un tipo allegro, che adorava parlare, ma se era solo con chi poteva farlo? Dato che c’era ancora tempo all’arrivo del metrò, non si diresse ai binari, ma si avvicinò ad un distributore automatico per prendere uno snack di cioccolata. La cioccolata era il rimedio universale ai problemi d’amore… amore? Amore? Beh sì… effettivamente era da tanto che non s’innamorava di qualcuno.
<< Allora? Cosa hai deciso? >>
Akira si fermò un attimo cercando di riconoscere la voce, aveva qualcosa di familiare.
<< Smettila Ken. Non ne voglio parlare. >>
Ken? Ken?… chi poteva… ma certo! Kenji Fujima! E l’altro doveva per forza essere Kosh! Ma di che stavano parlando e che ci facevano a quest’ora in metrò?
Si avvicinò di soppiatto ai due ragazzi, prestando attenzione a rimanere nascosto dietro il muro d’ingresso. Hiro non indossava la divisa scolastica e neppure Kenji, ma questo era normale visto che ormai andava all’università. Hiro però aveva la cartella scolastica e un borsone…
<< Ma dai Hiro-kun! Non mi dire che non ti piacciono più gli sportivi?! >>
Hiro-kun? Ma come si permetteva quel damerino di chiamare Kosh Hiro-kun? Quello era un suo diritto personale! E Kosh perché non gli diceva nulla?
Kenji allungò un braccio e prese il borsone di Hiro in mano, per saggiarne la pesantezza e nel farlo sfiorò accidentalmente la mano di Hiro.
<< Uhm… è pesantuccio! Hai deciso di trasferirti a casa mia in toto? Guarda che io ne sarei felice! Noi due da soli… senza Ryo… >>
<< Smettila Ken. A casa tua ci resto solo il week-end e sai anche tu perché… e per quanto riguarda Ryo… beh lui… lascialo fuori dai nostri discorsi. >>
Ryo? Chi diavolo era Ryo? Hiro non gli aveva mai parlato di un suo amico di nome Ryo…
<< Ok. Ok! >> aveva detto Fujima alzando le mani in segno di resa.
Erano rimasti un po’ in silenzio. Hiro si era andato a sedere su un sedile di legno. Akira adesso poteva scorgere benissimo il viso preoccupato di Hiro e gli si strinse il cuore nel vederlo in quelle condizioni. Se quel Ryo, chiunque fosse stato, aveva fatto soffrire il suo migliore amico, allora le avrebbe prese sul serio e da lui. Fujima gli si avvicinò e gli s’inginocchiò davanti sorridendo.
<< Quel ragazzo è cotto di te e ti ha chiesto di dargli una possibilità. E’ un bravo ragazzo Hiro e sono sicuro che saresti felice con lui e poi… è anche il campione di basket della squadra universitaria di Kanagawa. Sai che parecchie squadre di Tokyo lo vorrebbero con loro? Anche la squadra della mia università… >> Kenji aveva pronunciato queste parole serenamente, con i gomiti appoggiati alle gambe di Hiro.
Kosh aveva lo sguardo basso e si era limitato ad annuire ad ogni sua parola.
<< Lo so… è solo che… >>
<< Sei ancora innamorato di lui? >> Hiro si limitò ad abbassare ancor di più la testa: << Hai ancora una cotta per lui? Beh è normale, visto che lo vedi tutti i giorni… >>
Hiro era innamorato di qualcuno? Qualcuno che lui vedeva tutti i giorni… quindi… doveva conoscerlo pure lui!
<< Ami ancora il tuo capitano? >>
Akira si strinse nelle spalle. Da quando… cioè…. Non riusciva a formulare una frase concreta.
<< Akira… >> fu Hiro a parlare: << Akira è… di lui sono innamorato da sempre, ma non ho speranza. Per lui sono solo il suo migliore amico. >>
<< Ma non è detto. Tu non glielo hai mai rivelato… forse… >>
<< No Kenji. Stare con lui è impossibile. Io voglio una persona che mi ami per quello che sono, che ami solo me e nessun altro. Che non mi tradisca, che non muoia dietro il primo viso carino che gli si avvicina. Voglio una persona che ami solo me!  E Akira questo non può darmelo. >>
In quel momento arrivò il metrò. Hiro si alzò risoluto. Nel suo sguardo il cipiglio severo di sempre. Salì nella carrozza ridendo insieme a Kenji e le porte si richiusero alle loro spalle.
Akira rimase immobile contro il muro anche dopo che il metrò si era allontanato. Era scivolato lungo la schiena e aveva appoggiato le braccia sulle ginocchia. Ora capiva molte cose. Capiva il motivo che aveva allontanato il suo migliore amico da lui, il perché lo ignorasse, lo evitasse e perché si rifiutasse di andare a scuola insieme e aveva capito… aveva capito qual’era la frase che Hiro non gli diceva mai.
Passò l’ultimo treno della sera e Akira era ancora fermo nella stessa posizione. Guardò l’orologio e decise che avrebbe fatto una passeggiata fino a casa. E forse sarebbe riuscito a capire.

 § WHO AM I? §

Quella sera Akira Sendo tornò a casa molto tardi. Poiché aveva perso l’ultimo metrò e dietro non aveva neppure uno yen, con l’impossibilità di chiamare un taxi quindi, si era fatto quattro lunghi isolati a piedi ed era tornato a casa molto stanco, considerando il fatto che aveva fatto pure una partita con Hanamichi e Kaede, dopo gli allenamenti regolari.
Per fortuna evitò una sgridata da parte della madre, visto che i genitori erano usciti molto presto quella sera, per una cena di lavoro.
Akira era salito in camera a farsi una doccia e aveva riscaldato quello che la madre aveva cucinato per lui, ma senza troppa convinzione. Aveva mangiucchiato in silenzio e, dopo aver sistemato la sala da pranzo, era andato a sedersi sul divano. Aveva acceso la tv, ma di tutti i programmi che aveva visto, non gli era rimasto nulla in mente. Ricordava solo tutte le parole che aveva pronunciato Hiro. E si sentiva tremendamente in colpa. Si ricordava di tutte le volte in cui era andato da lui a raccontargli tutte le sue avventure, descrivendo anche i momenti più intimi, sicuro che Hiro dovesse ascoltarlo, perché suo amico. Chissà come doveva essersi sentito Hiro in quei momenti… quando gli raccontava cosa aveva fatto con quel ragazzo o quell’altra ragazza, quando stava con due persone contemporaneamente, quando gli raccontava di un’altra, l’ennesima, fiamma.
E lui restava sempre in silenzio. Ascoltava con lo sguardo basso. Cosa pensava, Hiro? E poi alzava la testa e lo guardava, lo vedeva aprire la bocca e richiuderla subito dopo, mordendosi le labbra. Cosa avrebbe voluto dirgli, Hiro? E perché lui non glielo aveva mai chiesto? Perché era rimasto ad aspettare? Tanto lo sapeva che Hiro non gli avrebbe mai raccontato nulla. Se Hiro avesse avuto dei problemi avrebbe cercato di risolverli da solo, senza l’aiuto di nessuno, perché era questo il suo carattere. Hiro era fiero, indipendente, terribilmente cocciuto e timido, come quando erano piccoli. Perché allora lui non aveva cercato di andare oltre, di vedere la verità. E adesso aveva perso anche la sua amicizia. Tutta per colpa del suo egoismo e di quel Ryo. Ma Ryo chi? Kenji aveva detto che Ryo era il campione della squadra universitaria di basket… ma certo! Ryo Yoshizumi! L’idolo delle folle! Quel giocatore dalla faccia di supermodello! Che rabbia! Ora lui aveva intenzione di portargli via l’amicizia di Hiro e magari era stato lui a costringerlo ad allontanarlo! Per avvicinarlo ancora di più a sé! Non potevano esserci altre spiegazioni e lui si sarebbe ripreso Hiro, ad ogni costo. Loro erano amici, giusto? E chi separa gli amici non può essere perdonato!
Prese il telefono e compose il numero di casa di Hiro, ma arrivato alla terza cifra chiuse. Hiro non era a casa, era da Fujima e siccome era venerdì ci sarebbe rimasto anche il sabato mattina. Poco male! L’avrebbe incontrato nel pomeriggio per gli allenamenti. Ora che ci pensava… cosa era andato a fare a casa di Kenji? Aveva parlato di fine settimana… quindi voleva dire che ci sarebbe rimasto pure la domenica?
Ad ogni modo il giorno dopo avrebbe parlato con lui, ma cosa gli avrebbe detto? Sai ti ho visto ieri con Kenji, ma non mi sono avvicinato perché stavo ascoltando! Bella uscita! E lui così gli avrebbe mollato un pugno in un occhio.
Guardò l’orologio. Erano solo le undici. Prese il telefono e chiamò Hiro al cellulare. Non sapeva neppure lui il motivo, ma sentiva il bisogno di ascoltare la sua voce. Ormai era diventata una dolce abitudine dalla quale non riusciva a staccarsi.
Il cellulare suonò parecchie volte. Forse Hiro non lo sentiva o forse, ancora peggio, non voleva prenderlo. Akira fu sul punto di staccare molte volte, ma ogni volta si diceva “ancora un altro squillo e poi spengo” e il cellulare continuava a suonare.
<< Pronto? >> rispose con voce allegra Hiro.
<< Hiro-kun! Era ora! Ti eri addormentato? >>
<< Ah! Sei tu Akira? >>
Perché non lo chiamava più Aki o Aki-chan? E perché quel tono scocciato, così differente da quello allegro di quando aveva risposto?
<< Già. Senti… come mai sei uscito di corsa oggi? Volevo invitarti a prendere un gelato… >> disse Akira steso sul divano giocando con il filo del telefono.
<< Avevo un impegno. >>
<< Capisco… Senti Hiro… usciamo insieme domani? >>
<< Senti Akira… io adesso devo chiudere… ne parliamo domani ok? >>
Akira si alzò di scatto dal divano. Adesso esagerava. Va bene evitare di parlargli, va bene sbuffare ogni volta che apriva bocca… ma così… così lo faceva sentire una persona senza valore, lui che aveva sempre creduto di essere il centro del suo mondo.
<< No. Ne parliamo adesso! Senti Hiro io non so che ti stia prendendo, ma mi tratti da schifo, te ne rendi conto? Non vuoi fare più la strada con me, non mi parli, non pranziamo insieme… si può sapere che ti prende? Mi eviti e oggi mi stai pure trattando male! Mi stupisco che non mi abbia ancora chiuso il telefono in faccia! Io sono preoccupato e invece tu? Che ti sta succedendo… che ci sta succedendo? E non dire che non succede nulla perché non ci credo! >>
Hiro che per tutto il tempo era stato in silenzio, lo rimase anche dopo che Akira finì di parlare. Dall’altro lato della linea, si sentiva il respiro affannato dell’amico. Niente rumori di sottofondo. Solo il suo respiro ed era sicuro che, se avesse teso l’orecchio avrebbe sentito il suo cuore battere veloce. Ma Hiro restava in silenzio e Akira iniziava ad infastidirsi, così decise di chiudere la conversazione:
<< Vabbeh ho capito! Senti ti richiamo quando sarai più in vena di parlare con me, sempre che non ti faccia troppo schifo anche in quel momento. Dove abito lo sai, almeno credo, visto che non ci vieni più a casa mia. Quando hai voglia di spiegarmi fammelo sapere. >> e senza aspettare risposta aveva staccato la telefonata, spento il cellulare e gettato sul divano con rabbia. Poi era andato nel cortiletto a fare quattro tiri al canestro. Ma perché era così difficile parlare con Hiro? Perché ogni volta che ci provava e lui innalzava inconsciamente quel muro, lui si sentiva come cacciato via e si infuriava? Perché non riusciva mai a parlare sinceramente con lui?
Fece qualche tiro al canestro, ma senza insaccarne uno. Si era comportato male con Hiro, lo sapeva, ma lui non era stato di meno, tuttavia… lui poteva capire e non lo aveva fatto.
Entrò in casa e riaccese il telefono. Prima di comporre il numero dell’amico, il cellulare s’illuminò informandolo di un nuovo messaggio.
 

“Scusa x prima. Ho provato a tel, ma il cell era spento. Ci vediamo agli allenamenti domani? H.”

Questa volta Akira sorrise e si diresse in camera, dove rilesse il messaggio più volte. Allora non tutto era perduto. Poteva ancora sperare.

 § WHAT DO I WANT? §

Il cellulare continuava a suonare. Hiro, che si stava divertendo a tirare i cuscini addosso a Kenji, quasi non lo sentì. Fu Kenji ad accorgersene e ad avvisare Hiro. Se Hiroaki avesse visto bene il nome che brillava nel display, di sicuro non avrebbe risposto, come aveva fatto molte volte, ma Hiro, troppo preso dalla battaglia, non notò chi stesse chiamando e rispose alla telefonata.
<< Pronto? >> rispose Hiro sedendosi sul letto e sistemandosi i capelli.
<< Hiro-kun! Era ora! Ti eri addormentato? >>
Akira! Hiro allontanò il cellulare dall’orecchio e guardò il display. Perché non aveva controllato prima? Eppure conosceva l’abitudine di Akira di telefonargli la sera…
<< Ah! Sei tu Akira? >> rispose facendo pesare il cambiamento di tono.
<< Già. Senti… come mai sei uscito di corsa oggi? Volevo invitarti a prendere un gelato… >>.
Hiro cercò di calibrare bene le parole: << Avevo un impegno. >>
<< Capisco… Senti Hiro… usciamo insieme domani? >>
Cosa poteva rispondergli? Lui avrebbe voluto, ma il giorno dopo sarebbe dovuto andare da Ryo, per questo era rimasto a dormire a casa di Fujima.
<< Senti Akira… io adesso devo chiudere… ne parliamo domani ok? >>
<< No. Ne parliamo adesso! Senti Hiro io non so che ti stia prendendo, ma mi tratti da schifo, te ne rendi conto? Non vuoi fare più la strada con me, non mi parli, non pranziamo insieme… si può sapere che ti prende? Mi eviti e oggi mi stai pure trattando male! Mi stupisco che non mi abbia ancora chiuso il telefono in faccia! Io sono preoccupato e invece tu? Che ti sta succedendo… che ci sta succedendo? E non dire che non succede nulla perché non ci credo! >>
Hiro si distese sul letto e portò una mano sugli occhi. Kenji rimase seduto con le spalle appoggiate alla spalliera, guardando distrattamente le foto di un giornale di basket. Il petto di Hiro si muoveva in modo regolare, eppure era sicuro che, dentro di sé, stesse tremando.
<< Vabbeh ho capito! Senti ti richiamo quando sarai più in vena di parlare con me, sempre che non ti faccia troppo schifo anche in quel momento. Dove abito lo sai, almeno credo, visto che non ci vieni più a casa mia. Quando hai voglia di spiegarmi fammelo sapere. >>
Kenji vide solo Hiro aprire gli occhi di scatto e guardare il telefono stralunato.
<< Akira? >>
<< Mi ha chiuso il telefono in faccia. >>
<< Capisco. >>
<< Mi sono comportato male, Ken. Ho solo pensato a me e non a come avrebbe potuto reagire Akira al mio improvviso distacco. Ho sempre pensato che a lui non interessasse nulla… >>
Kenji si sistemò meglio sul letto. Hiro compose il numero di Akira più volte, ma, a quanto sembrava, Sendo doveva essere così arrabbiato che aveva spento il cellulare. Poi lo vide ricercare nella rubrica e comporre un altro numero.
<< Ciao, sono io. Ti dispiace se domani ci vediamo sul tardi? Mi sono ricordato di avere gli allenamenti di basket…. Ok. A domani. Ciao. >> poi armeggiò con la composizione di un sms e, ne dedusse Kenji, lo spedì ad Akira, poi spense la luce dell’abatjour al suo lato e rimase con gli occhi aperti a fissare il soffitto. Kenji gli passò una mano fra i capelli, scompigliandoglieli e si voltò dall’altro lato, cercando di dormire.

Cosa voglio di più? Cosa desidero? Non era forse l’amore di una persona a me troppo vicina? Maledizione! Perché si era innamorato proprio di lui? Giù era troppo essersi innamorato di un ragazzo, ma se poi quel ragazzo aveva il volto del suo migliore amico, allora l’errore diventava orrore! Come avrebbe potuto dire ad Akira cosa provava per lui? Magari lo avrebbe preso in giro. No. Akira era suo amico, poteva avere anche tutti i difetti del mondo, ma non lo avrebbe mai deriso. E allora? Si sentiva davvero un malfattore a stargli vicino come amico, pur sapendo che il sentimento che li univa era diverso. E poi ascoltare tutte le sue avventure, i particolari sussurrati ad un millimetro dal suo orecchio e quei brividi che lo coglievano a sentirlo così vicino. Ed ascoltava, ogni singola parola e si malediceva per essere lì, in quel momento, di ascoltare i suoi resoconti, le sue innumerevoli conquiste. E allora sentiva una voce dentro che gli gridava di farlo tacere, di confessargli tutto e lui ci provava, solo che non ci riusciva. Alzava lo sguardo pronto per parlargli, rischiando anche di porre fine all’amicizia, ma poi lo vedeva sorridente che aspettava una sua parola e lui rinunciava. Abbassava nuovamente lo sguardo e mordendosi un labbro cercava di reprimere i suoi sentimenti. E puntualmente ci riusciva, allora lo guardava accigliato, sbuffava magari un po’, contento che Akira non si fosse accorto di nulla, e lo rimproverava ed Akira stava ad ascoltare, con quei bellissimi occhi blu, il sorriso dolce, come non gli vedeva mai con nessuno.
Cosa voglio di più? Qualcosa che non posso avere.
 

§ WHAT DOES I DESIRE? § 

Il giorno dopo, puntale come un orologio svizzero, Akira attese l’arrivo di Hiro negli spogliatoi, voltando lo sguardo verso la porta ogni volta che qualche compagno l’apriva. Finalmente Hiro entrò, accompagnato da Fukuda. Era sempre il solito, almeno così sembrava all’apparenza. Parlava con Kittcho di un film trasmesso in Tv qualche sera prima. Akira gli si avvicinò sorridendo e quando Hiro lo vide ricambiò timidamente il sorriso.
Koshino perse volontariamente del tempo a vestirsi, aspettando che tutti i compagni terminassero di cambiarsi, per poter restare da solo con Akira. Quando finalmente gli altri compagni di squadra, chiacchierando animatamente degli allenamenti, uscirono, Hiro si voltò verso Akira, seduto dietro di lui. Aveva il solito viso sorridente.
<< Scusa Akira per come mi sono comportato. Non è vero che volevo allontanarti, è solo che sto passando un momento particolare e… mi dispiace di averti fatto soffrire. >>
<< Hiro noi due siamo amici, se c’è qualcosa di cui mi vuoi parlare, qualsiasi cosa, non hai altro che dirmelo. >>
Hiro alzò lo sguardo, come tutte le volte che era sul punto di dirgli qualcosa, ma scrollò la testa con forza. Ormai aveva preso la sua decisione e non sarebbe tornato indietro. Aki fece per replicare, ma Fukuda si affacciò alla porta degli spogliatoi avvisandoli dell’arrivo di Taoka. Akira fece segno a Kittcho di aspettare, ma Hiro fu più veloce di lui e uscì prima ancora che Akira potesse parlargli.
Come sempre durante gli allenamenti, il coach non fece che gridare. Quel giorno sembrava un ossesso e le sue vittime preferite erano, neanche a dirlo, Sendo e Koshino, il capitano e il vice. Gli unici due giocatori che sembravano giocare in un mondo parallelo. Hiro evitava il contatto con Akira, Akira cercava in tutti i modi di avvicinarsi a Hiro… Taoka era a dir poco furibondo. Dopo due ore d’allenamenti era rimasto persino senza voce.
<< Andate a fare la doccia. Sendo! Koshino! Voi invece rimarrete a sistemare la palestra, sotto la mia supervisione, dopo un allenamento speciale, s’intende. >>
E così cominciarono l’allenamento speciale di Taoka. Cento flessioni. Cinquanta giri di campo. Duecento tiri liberi. Alla fine dell’allenamento i compagni di squadra se ne erano andati da un pezzo, Taoka guardava i due ragazzi con un ghigno di soddisfazione e Akira e Hiro boccheggiavano sul pavimento, privi di forza. E dovevano ancora mettere a posto la palestra!
<< Permesso? Hiro sei ancora così? >>
Ryo Yoshizumi. Il fulcro dei problemi di Akira aveva appena varcato la soglia della palestra. L’allenatore Taoka l’aveva riconosciuto subito e gli aveva fatto cenno di accomodarsi. Akira, nel frattempo, aveva guardato furtivamente Hiro e quello che aveva visto non gli era piaciuto. Hiro si era subito tirato a sedere e si era sistemato capelli e maglia. Gli aveva sorriso quando aveva incrociato il suo sguardo e si era alzato, senza neppure voltarsi verso di lui.
<< Koshino tu conosci Yoshizumi? >> aveva chiesto l’allenatore basito.
<< Sì. Io e Hiro-kun ci conosciamo da poco tempo, ma è come se fosse una vita! >> aveva risposto Ryo al suo posto, poi rivolgendosi al ragazzo aveva continuato: << Ma se non sbaglio dovevamo uscire e tu sei ancora ad allenarti… >>
<< Non ti preoccupare ha appena finito. Akira, Hiroaki andate a cambiarvi. Alla palestra penserete lunedì prima di andare a lezione. >>
Ryo e Hiro ringraziarono e salutarono Taoka-sensei con un inchino e poi si diressero agli spogliatoi. Akira rimase a parlare con l’allenatore, per dare modo a Hiro di parlare con quel damerino e lui di ascoltare la conversazione di nascosto. Sapeva che non era leale, ma Hiro altrimenti non gli avrebbe mai detto nulla!
Ripensò a Ryo. Certo era davvero un bel ragazzo, uno di quelli per il quale lui avrebbe perso facilmente la testa. Era alto, almeno quanto lui, aveva lunghi capelli neri, occhi scuri e una pelle molto chiara che gli dava qualcosa del gaijin. Aveva lineamenti dolci, un sorriso ammaliante, delle labbra di sicuro molto morbide e rosee… eppure qualcosa di lui non gli piaceva assolutamente.
Liquidò il coach inventando un impegno importante e si diresse deciso verso gli spogliatoi. Si guardò attorno con fare da cospiratore e aprì la porta quel tanto che bastava per dargli una visuale della stanza. Vide Hiro bloccato al muro da due braccia.
<< Ryo, smettila! Akira potrebbe entrare da un momento all’altro! >> aveva detto Hiro arrabbiandosi e puntando le braccia contro le sue spalle, ma Ryo era irremovibile.
<< Che entri pure, non m’interessa. Adesso ho altre priorità. >> detto questo aveva avvicinato il viso a quello di Hiro: << Se non sbaglio, ieri, hai detto che avevi qualcosa da dirmi. >>
<< Sì… riguarda la proposta che mi hai fatto… ma sediamoci un attimo. >>
Ryo si spostò e lasciò passare Hiro. Si sedettero uno di fronte all’altro e Akira, dalla posizione in cui si trovava, poteva benissimo vedere l’espressione di Ryo. Era molto nervoso, lo si vedeva dal movimento ritmico con cui si toccava i capelli.
<< Io… ci ho pensato molto su e ho deciso di accettare. >>
Gli occhi di Ryo si riempirono di stupore e si allargarono fino a diventare quasi due cerchi. Si alzò dalla panca e si sedette vicino a Hiro. Akira purtroppo non riusciva a vedere nulla, ma, in compenso, percepiva anche i minimi sussurri.
<< Io non ti prometto nulla, Ryo. Sai che sono ancora innamorato di lui, ma possiamo provarci. Ho bisogno di disintossicarmi e sono sicuro che, con te, potrei farcela. >>
<< Hiro. Ti prometto che riuscirò a fartelo dimenticare. >>
<< Lo spero… lo spero davvero. >>
Akira aveva udito sussurrare quelle parole con un tale tono di rassegnazione che gli si strinse lo stomaco. Rimase in ascolto, ma i suoni erano cessati, così spalancò la porta con un calcio. Hiro si alzò di scatto, mentre Ryo gli sorrise soddisfatto. Akira entrò senza neppure guardare, rovistò nella sua sacca e si chiuse nel reparto docce.
Quello che aveva visto entrando, non gli era per niente piaciuto. Hiro aveva gli occhi socchiusi ed aveva allacciato le braccia attorno al collo di Ryo. Questi lo aveva stretto a sé e lo stava baciando con dolcezza. Era stato solo un attimo, ma lo aveva riempito di rabbia, che neppure lui sapeva spiegarsi. Hiro era il suo migliore amico. Probabilmente lo infastidiva che lo aveva tenuto all’oscuro di tutto. Da quanto tempo conosceva Ryo? Da quanto si frequentavano? Da quando era innamorato di lui?
Hiro entrò nella doccia poco dopo. Si mise nel box accanto ed ogni tanto lo guardava di sfuggita. Aveva lo sguardo basso.
<< Tu e quello lì state insieme? >> gli chiese non riuscendo a trattenersi.
<< Sì. Ti da fastidio? >>
<< Da quando vi conoscete? >>
<< Ci ha presentati Kenji, è un suo amico di infanzia. Ma non hai ancora risposto. >>
<< Perché non me ne hai mai parlato? >>
Akira aveva chiuso la doccia e si era appoggiato con le braccia sul muro che divideva le due docce. Aveva uno sguardo severo, a Hiroaki sembrò molto arrabbiato e questo lo spaventò. Si conoscevano da anni, eppure quella era la prima volta che vedeva Akira Sendo, il ragazzo dall’eterno sorriso, davvero arrabbiato. Il viso era teso e il sorriso era un ghigno. Gli occhi lo guardavano in profondità.
<< Akira… se non te l’ho detto… >>
<< Lo ami? >> a questa domanda Hiro lasciò cadere lo shampoo che aveva ancora in mano. Fece per abbassarsi e prenderlo, ma due braccia forti lo fecero sbattere contro la superficie dura delle mattonelle. Akira era entrato nel suo box doccia e adesso lo premeva contro il muro. Le sue mani si serravano sulle braccia candide del ragazzo, i suoi occhi di fuoco puntati nei suoi, i capelli bagnati che scivolavano sul viso.
<< Akira Sendo! Che diavolo stai facendo? >> disse Hiro recuperando un po’ della sua baldanza.
<< Ti do una possibilità Hiro. Ti do la possibilità di capire e scegliere. >>
Detto questo si abbassò sul ragazzo e lo baciò con furia. Hiro spalancò gli occhi dallo stupore e cercò di divincolarsi dall’abbraccio, ma Akira era troppo pesante, troppo alto, troppo forte per lui e non riuscì a scostarlo neppure di un centimetro. Ma era poi questo ciò che voleva? Quante volte, ascoltandolo parlare e osservando la sua bocca aprirsi e chiudersi in magnifici sorrisi, si era chiesto come sarebbe stato assaporare le sue labbra. E anche quando aveva baciato Ryo, si era chiesto come sarebbe stato se, al suo posto, ci fosse stato Akira.
Baciare Akira era uno dei suoi sogni proibiti e adesso lo stava realizzando, ma non era così che doveva andare. C’era qualcosa di sbagliato in tutto questo, non era quello che lui aveva sempre sognato e immaginato. Sentì la lingua di Akira fare pressione sulle sue labbra e il suo corpo cedere a quell’incessante carezza e rispondere, suo malgrado, al bacio, mentre le sue braccia si allacciavano al suo collo. Era tutto così… non sapeva neppure lui spiegarsi come. Euforia e tristezza insieme.
Akira intanto aveva preso a far vagare le mani lungo il corpo del ragazzo. Hiro le sentì esplorare la sua schiena e diventare una carezza molto intima. Hiro sapeva che se non fosse riuscito a reagire, avrebbe ceduto alle sue insistenze e lui non voleva che la sua prima volta fosse nei bagni degli spogliatoi con un ragazzo che faceva tutto… per cosa? Vendetta? Rabbia? Gelosia? Amore? No. Akira Sendo non aveva mai amato nessuna delle sue prede e lui non voleva essere un numero della lista. Non voleva perdere anche la sua amicizia, ma forse, ormai, era troppo tardi.
Facendo forza su se stesso, serrò le labbra, mordendogli la lingua, proprio quando le mani di Akira si erano intrufolate dentro il suo corpo. Akira si era staccato di scatto e Hiro n’aveva approfittato per rifilargli un pugno sul viso. Akira perse l’equilibrio e cadde all’indietro, finendo contro il pavimento. Aveva il corpo ansante, un rivolo di sangue che gli usciva dalla bocca e uno sguardo confuso.
<< Sei un bastardo Akira Sendo. >> disse Hiro ancora con il fiatone.
<< E tu sei un bugiardo Hiroaki Koshino. >> rispose Akira sollevandosi da terra e asciugandosi il sangue con la mano.
<< Spero che tu sia soddisfatto! Che volevi dimostrare? >> aveva sibilato Hiro fasciandosi i fianchi con l’asciugamano e non distogliendo lo sguardo dal suo.
<< Che sei innamorato di me e non di quel damerino da strapazzo! >>
Hiro lo guardò impietrito. Ora capiva tutto. Per Akira era una sfida. Lui doveva sempre essere il migliore di tutti, ma questa volta, Akira Sendo, non l’avrebbe vinta.
<< Sei un bastardo Akira! >>
<< E tu sei falso. Stai con quel deficiente pur sapendo di non amarlo. Ti ho sentito ieri parlare con Fujima alla stazione della metropolitana. >>
Koshino ricordò. Dopo essere entrato nella carrozza del metrò, si era voltato verso la porta che si stava chiudendo, e aveva lasciato vagare lo sguardo incurante, mentre Kenji faceva battute su Maki e la sua cotta per la Nobu-scimmia, come lo chiamava Sakuragi. Aveva lasciato vagare lo sguardo senza una meta, fino a quando aveva scorto un’ombra dietro il muro o almeno così gli era parso, dato che il metrò era ripartito e non gli aveva lasciato il tempo di guardare meglio. Eppure aveva continuato a pensarci, perché in quell’ombra aveva riconosciuto qualcosa di familiare.
“Era lui allora…”
<< Che diavolo pensi di aver dimostrato così? Eh? >>
<< Solo quello che hai capito. >>
Hiro calmò il tremore nervoso che aveva preso ad agitarlo, decise di non farsi la doccia e andò dritto negli spogliatoi, girando il più possibile al largo di Akira.
“Sei un idiota, Akira! Che cazzo ti è preso? Bene! E tu che volevi che si fidasse di te! Hiro mi odierà per il resto della vita!” aveva pensato Akira massaggiandosi lo zigomo destro.
Quando rientrò negli spogliatoi, Hiroaki si stava cambiando. Aveva ancora i capelli in parte insaponati e la schiuma sulla spalla destra. Akira rovistò nella sua sacca e cominciò a cambiarsi.
<< Hiro-kun ascolta… >>
Hiroaki si voltò di scatto, aveva gli occhi rossi e le labbra gli tremavano per la rabbia.
<< Non chiamarmi mai più Hiro-kun! E non provare a toccarmi o ti ammazzo. >>
<< Kosh mi dispiace… io… >>
<< Sei un maniaco Akira! >>
<< E tu sei uno stronzo! >> Akira non avrebbe voluto reagire in quella maniera, ma vedere il suo amico di sempre così furioso nei suoi confronti gli aveva fatto perdere la pazienza: << Credevo che almeno tu mi avessi capito, ma mi sbagliavo. Sei solo un maledetto egoista! Hai preso una decisione che riguarda anche me senza neppure dirmelo. Se ieri non avessi ascoltato la tua chiacchierata con Kenji adesso non saprei nulla! Pensi sempre e solo a te stesso! >>
Detto questo prese la sacca, chiuse l’armadietto con rabbia e uscì sbattendo la porta degli spogliatoi.
 

§ ALL I WANT IS YOU §

Akira Sendo uscì in fretta da scuola. Era arrabbiato, ma più che con Hiro era arrabbiato con se stesso. Quando aveva visto Hiro baciare Ryo, una rabbia incontrollata si era impadronita di lui e per poco, nelle docce, non aveva violentato il suo migliore amico. Se avesse potuto si sarebbe preso a pugni! La reazione di Hiro era stata più che razionale e ragionevole! Come gli era saltato in testa di fare… fare cosa?
Sentiva il bisogno urgente di parlare con qualcuno, ma non sapeva chi. Da Hanamichi era escluso, il volpino lo avrebbe preso a pugni appena lo avesse visto. Mitsui e Kogure? Non aveva abbastanza confidenza con loro. Fukuda? Quel giorno doveva uscire con Jin e non voleva rovinare la giornata al suo amico. Chi restava? Passò in rassegna le coppie gay che conosceva e rimasero Hanagata e Fujima, Maki e Kyota. I primi due, per ovvi motivi, non si poteva che escluderli. Rimaneva Maki. Sì. Lui avrebbe saputo aiutarlo. Aveva dovuto affrontare una situazione simile con Kyota, quando lo aveva creduto innamorato di Jin…. Ma sì! Sarebbe andato a casa di Maki. Lo aveva sentito qualche sera prima e gli aveva detto che sarebbe tornato per il fine settimana. Sperava solo che Kyota non lo squartasse.

Giunto a casa di Maki, aveva dovuto suonare almeno una decina di volte prima che il padrone di casa andasse ad aprire. Probabilmente aveva interrotto qualcosa, visto che Shin era senza maglia e con i pantaloni leggermente sbottonati.
<< Akira? >>
<< Ehm… scusa se ti disturbo, ma avrei… >>
L’ex capitano del Kainan non lo fece continuare e lo tirò dentro. Al lato destro del viso di Akira era già spuntato un vistoso ematoma violaceo.
<< Quello? >> chiese Shin indicandogli con un dito il livido.
<< Kosh. >>
<< Accomodati in sala. Io vado ad avvisare Nobu della tua venuta. >>
 

Nobunaga intanto stava rivestendosi borbottando mille imprecazioni contro quell’ “insensibile che l’aveva allontanato dal suo adorato Macchan.”. Quando Shin lo raggiunse, Nobunaga stava gettando i vestiti alla rinfusa nella sacca, con l’intenzione di tornarsene a casa. Shin gli si avvicinò da dietro e lo strinse a sé. All’inizio Nobu cercò di divincolarsi, poi si lasciò andare.
<< Chi era stavolta? Eh? Tua sorella con la scusa sempre pronta per ficcanasare o il tuo vicino con l’auto in panne? O un venditore porta a porta? Uffa Shin! E’ mai possibile che ti debba dividere con il mondo intero, nei brevi momenti che passiamo insieme? >> disse Nobu appoggiando le sue mani su quelle di Shin, che lo tenevano stretto a sé.
<< E’ Akira. >>
Nobu si sciolse dall’abbraccio e guardò il suo ex capitano in maniera così arrabbiata che, per un attimo, Shinichi pensò di ritrovarsi davanti Sakuragi nei suoi momenti peggiori.
<< Ora quel bell’imbusto mi sente! >>
Per fortuna Shinichi fu più veloce di lui e chiuse la porta a chiave, prima che Nobu potesse scendere a riempire d’imprecazioni poco gentili il nuovo arrivato.
<< Nobu… >> disse il ragazzo dalla carnagione bronzea, accarezzando con un dito la fronte della sua scimmietta: << E’ nei guai. Ha bisogno di qualcuno con cui parlare. >>
Nobu chiuse gli occhi e inspirò profondamente. Quando Shin usava quel tono suadente con lui, era impossibile arrabbiarsi. E, infatti, Nobu cedette subito e accantonò, almeno per il momento ogni velleità vendicativa. Scesero al piano di sotto tenendosi per mano. Akira era seduto sul divano. La testa gettata all’indietro, gli occhi chiusi, le mani che stringevano nervosamente la stoffa dell’uniforme scolastica. Shin chiese a Nobu di andare a prendere del ghiaccio in cucina, per via dell’ematoma già molto visibile.
<< Allora Akira. Cos’è che non va? >>
Akira aprì gli occhi di scatto. Era così immerso nei suoi problemi che non aveva sentito Maki avvicinarsi. Si guardò attorno per scorgere il viso arrabbiato di Nobu, ma Shin, intuendolo, gli aveva detto che la scimmietta del Kainan era in cucina.
<< Mi dispiace di avervi disturbato. >>
<< E fai bene! Se non fosse per Shin ti avrei già preso a pugni… >> esordì Nobu entrando nel salotto con del ghiaccio avvolto in un asciugamano. Gli si sedette a fianco e, guardandolo torvo, tanto da far scappare una risata sommessa ad Akira, gli appoggiò, non molto delicatamente, il ghiaccio sull’ematoma: << Ma a quanto vedo ci ha già pensato qualcuno…. Una tua ex o il tipo? >>
<< Fai piano, Kyota! E comunque è stato Hiroaki. >>
<< Koshino? >> chiese stupito Kyota.
<< Già. >>
<< Chi gli hai fatto? >> chiese Shin sistemandosi meglio sulla poltrona.
<< L’ho quasi violentato. >>
Akira, notato lo sgomento di Maki e Kyota, aveva iniziato il racconto, cominciando dall’atteggiamento di Kosh negli ultimi tempi, passando per la conversazione ascoltata involontariamente fra lui e Fujima, finendo alla discussione negli spogliatoi, senza tralasciare l’incidente delle docce.
<< Che faccio adesso? >> chiese Akira riaprendo gli occhi e spostando lo sguardo dall’uno all’altro interlocutore.
<< E lo chiedi a noi, Akira? >> chiese Maki.
<< Sono venuto da te, perché tu… beh sì… tu avevi passato una situazione simile con Kyota… >>
<< E’ vero. Ma era diverso! Io amavo e amo tuttora Nobunaga. E Tu? Ami davvero Koshino o inconsciamente vuoi solo tenerlo legato a te? Non ti sembra un po’ egoista? >>
<< Shin ha ragione. Prima di tutto devi capire se ne sei innamorato, anche perché non sarebbe giusto privare Hiro di qualcosa di così importante come l’amore e poi… poi il resto verrà da sé. In fondo Hiroaki è innamorato di te, no? Se lo ami, dovrai solo convincerlo della sincerità delle tue parole, perché non devi dimenticare che lui ti conosce, è il tuo migliore amico e come tale sa tutto di te, comprese le tue storie. Ha ascoltato ogni tua singola avventura… >>
Akira spostò l’asciugamano con il ghiaccio e si massaggiò la parte lesa. Gli faceva un male cane. Non aveva mai visto Hiroaki così furioso, ma cosa si poteva aspettare? Lui stesso non riusciva a capire cosa avesse fatto e cosa provasse. Come poteva spiegarlo a Kosh? Lo amava? O, come diceva Kyota, voleva tenerlo con sé solo per egoismo? Lui sapeva solo che non poteva permettere a nessuno di portarglielo via. Quelle settimane senza di lui erano state infinite, noiose, vuote. Ogni cosa si era svolta con lentezza. Non c’era stato niente che lo avesse fatto stare in trepida attesa, come accadeva quando divideva qualcosa con Hiro. E ora? Avrebbe più voluto rivederlo?
<< Cosa ne dici di cominciare dal vero inizio? Forse parlare ti farà bene e riuscirai a fare chiarezza sul tuo rapporto con Koshino. >> aveva detto Kyota.
<< Vediamo… Io e Hiro ci conosciamo praticamente da sempre. Abbiamo fatto le elementari, le medie, le superiori insieme e probabilmente avremmo frequentato la stessa l’università…. Quando conobbi Hiro, era il suo primo giorno di scuola. Si era trasferito a metà anno da Osaka. Lui è sempre stato un ragazzo timido e fare amicizia per lui non è mai stato semplice. Mi ricordo che stava sempre seduto sul suo banco a pensare, con i gomiti appoggiati sul legno, il viso sorretto dalle mani e io mi chiedevo: cosa sta pensando di così bello? Perché Hiro, quando pensava, mostrava un sorriso bellissimo, così distante dal broncio che teneva sempre, da farlo sembrare una persona diversa. Aveva i capelli corti che, con il suo sguardo perennemente arrabbiato, lo avevano fatto diventare il duro numero uno della scuola. Aveva parecchie bambine che gli scrivevano lettere rosa e io sapevo che, se solo fossi riuscito a diventare suo amico, nessuno sarebbe stato più importante di me e nessuno più di lui, e nei suoi pensieri ci sarei stato solo io e solo io sarei riuscito a farlo ridere. I bambini invece lo evitavano perché avevano paura. Un giorno mi avvicinai a lui e gli sorrisi. Mi presentai e gli chiesi di diventare il mio migliore amico e allora capii che, la sua aria da duro, era solo una maschera, che in realtà era buono e molto timido. Lui sorrise, arrossì e da quel giorno non ci dividemmo più. Siamo sempre stati insieme, io con lui e lui con me, nessun altro tra noi. Neppure le ragazzine che mi portavo a letto e i ragazzi che cercavo di conquistare… nessuno è mai riuscito a dividerci, perché per me Hiro viene prima di tutto e so, che se me lo chiedesse, sarei disposto a fare ogni cosa per lui. >>
Nobu gli sorrise dolcemente: << Se non si chiama questo amore? >>

 § ARE YOU MY ONLY DESIRE? §

Come da programma, Hiroaki e Ryo, trascorsero buona parte della serata al cinema, ma del film in programma Hiro vide molto poco. Per tutta la durata del film, la sua mente aveva programmato, e girato in sequenza, il pomeriggio trascorso con Akira. Che diavolo era preso a quel demente? L’aveva quasi violentato… però…

 

Ryo era stato paziente con lui e non gli aveva ancora chiesto nulla, ben sapendo cosa si agitasse nella mente contorta del suo ragazzo. Aveva cercato di concentrarsi sul film, ma con scarsi risultati. Sentire accanto a sé Hiro che mugugnava e si muoveva nervosamente sulla poltroncina di velluto nero, non era rassicurante. Per fortuna poi il film era iniziato e lui si era, a poco a poco, rilassato. Era sprofondato nella poltroncina e aveva cominciato a divorare quel film, quasi fosse la sua ancora di salvezza. Ryo gli aveva appoggiato un braccio dietro le spalle, ma Hiro non se n’era neppure accorto.

Il film finì con immenso piacere di Hiro. Era stato così lungo che aveva temuto di restare attaccato alla poltroncina al momento di alzarsi. Ryo era stato silenzioso tutto il tempo e anche in quel momento, mentre passeggiavano per il parco deserto, non parlava.
<< Qualcosa non va? >> aveva chiesto Hiro titubante.
<< Dimmelo tu! >> aveva invece risposto Ryo voltando distrattamente lo sguardo da un angolo all’altro del parco.
<< Io? Che ti dovrei dire? >>
<< Quello che è successo negli spogliatoi per esempio e perché Sendo è uscito come una furia. >>
Hiro si strinse nelle spalle. Non aveva proprio voglia di parlare di Akira e quanto meno con Ryo. Voleva lasciare il pensiero di quello zuccone hentai fuori dalla sua mente. Capiva, però, anche l’esigenza di Ryo di sapere cosa era davvero accaduto. Ci pensò su un po’, stringendosi nella giacca, poi fece segno a Ryo di seguirlo e si sedettero su un sedile di legno, immerso nel verde e a riparo da eventuali occhi indiscreti. Se si fosse trattato di un altro momento, quella sarebbe stata l’occasione perfetta per… Hiro arrossì non riuscendo a finire la frase. Quell’hentai di Akira stava contagiando pure lui. Akira… chissà come c’era rimasto male… appena tornato a casa avrebbe telefonato a lui, tentando di restare calmo e chiedergli scusa.
<< Non è successo nulla di particolare… abbiamo solo litigato. >>
<< Tu e Sendo? >> Ryo sgranò gli occhi.
<< Già. Non succede spesso, ma quando capita litighiamo di brutto. >>
<< Non riesco ad immaginarvi… ma perché avete litigato? >>
Hiro si era alzato. Contro la luce candida della luna, che quel giorno sembrava una presenza evanescente, Hiro assomigliava ad una creatura magica. Ryo sentì l’impellente impulso di toccarlo, ma si fermò.
<< Akira… lui mi ha detto di essere innamorato di me… >>
Ryo si alzò di scatto. Afferrò Hiro da un braccio e lo fece voltare.
<< E tu? >>
<< Gli ho dato un pugno. >> ma la sua testa continuava a ripetere che n’era stato felice e che quel pugno era stato dato solo perché in quel bacio non aveva sentito amore, ma desiderio di possesso: << Mi accompagni a casa? Sono un po’ stanco. Quel dittatore di Taoka mi ha distrutto stasera! >>
Hiro si stiracchiò come un gatto che fa le fusa. Era molto sensuale, pensò Ryo.
Senza neppure capire cosa stesse facendo, Ryo gli circondò la vita con le sue braccia e si abbassò per baciarlo. Hiro chiuse gli occhi, aspettando quel contatto, ma la sensazione che aveva provato con Akira era stata diversa. La passione dei baci di Akira… il calore delle labbra di Akira… il sapore della bocca di Akira… era stato un attimo ma gli era sembrato… il paradiso. Perché con Ryo non era la stessa cosa? Perché anche quando stava con lui, non poteva fare a meno di pensare ad Akira? “Chissà che sta facendo Aki? Cosa starà combinando quel pervertito? …”. Magari non erano frasi molto amichevoli, ma Akira costellava ogni suo singolo pensiero! Possibile che fosse così irrimediabilmente cotto di quel cretino con quei capelli assurdi? Però gli stavano così bene quei capelli! Si abbinavano completamente a quel sorriso sornione e quel viso d’angelo. (Nota bene: Hiro sta ancora baciando Ryo! NdA.). Sapeva che dimenticarlo in una volta sola sarebbe stato impossibile, ma sperava che, stando con Ryo, avrebbe potuto dimenticarlo e farsene una ragione. Per questo aveva preso ad evitare Akira, gradualmente. Ma non era servito, perché ogni volta che si comportava da perfetto bastardo, si sentiva in colpa e non faceva altro che pensare a come Akira avrebbe sofferto. Eppure non poteva continuare a pensare a lui! Non poteva esserci futuro. Anche ora che Akira aveva detto di amarlo (ma era stato davvero sincero?), come avrebbe potuto averne la conferma? Come avrebbe potuto fidarsi ciecamente? Fiducia e fedeltà! Era questo che voleva e che Akira non poteva dargli.
Cercò di concentrarsi su Ryo, ma il pensiero di Akira si faceva sempre più nitido, delineandosi sullo sfondo nero della notte. Perché continuava a pensare a lui? Perché proprio mentre Ryo lo stava baciando? Ryo! Doveva concentrarsi su di lui! Lui era il suo ragazzo ora e lo stava abbracciando forte, ma perché Hiroaki non poteva fare a meno di immaginarsi fra le braccia di Akira?
Ryo si staccò di controvoglia. Guardò Hiro, con gli occhi ancora chiusi e le mani a pugno. Se n’era accorto, come avrebbe potuto non farlo? Hiro non provava nulla per lui, questo lo sapeva, ma aveva sempre sperato che, con il tempo, avrebbe potuto dimenticare Sendo e amare lui. Cosa aveva più di lui quel porcospino? Perché Hiro n’era così innamorato da portarsi i suoi sentimenti chiusi in uno scrigno posto in fondo al suo cuore e preferire così essergli solo amico? Pur di non perderlo…
Ryo avrebbe voluto chinarsi e rubargli un altro bacio, ma si allontanò ridendo. Hiro aprì gli occhi di scatto. Ryo aveva appoggiato la mano sinistra sul ramo di un salice e continuava a dargli le spalle, mentre il corpo singultava mosso dal riso.
<< Ryo…. >>
<< Non c’è nulla da dire Hiro. >>
Hiro si sentì un verme. In tutto quel mese non aveva fatto altro che prendersi in giro. Aveva evitato Akira, facendo stare male entrambi; aveva rinnegato e tradito la loro amicizia. Aveva tradito Akira in ogni modo possibile. Lui che si era ripromesso di essergli sempre amico, l’aveva allontanato senza proferir spiegazione. Sapeva che quel sentimento lo stava logorando, ma che colpa n’aveva Akira? Poteva forse incolparlo per sempre per non amarlo? Loro erano prima di tutto amici e lui si sarebbe comportato come tale. Poi, un giorno, forse l’avrebbe dimenticato, perché qualcuno avrebbe presto il suo posto nel suo cuore, ma la sua amicizia per lui, quella non l’avrebbe mai estirpata via nessuno. Akira veniva prima di tutti. E poi, magari…
<< Mi dispiace Ryo. E’ meglio che torni da solo a casa. >>
Ryo annuì.
<< Fa freddo stasera…. Senti Hiro, io non so cosa sia accaduto davvero con Sendo, ma magari anche lui era sincero. Questo però puoi saperlo solo tu, Sendo è un tuo amico e lo conosci meglio di chiunque altro. Devi decidere se vale la pena fidarsi o no. Ma questo… sei solo tu a deciderlo. Perché faccio tutto questo? Perché voglio vederti sorridere e magari un giorno lo farò pure io. Solo una cosa. Di’ a quel porcospino che se prova a farti soffrire gli spacco la faccia, anche se da quello che ho visto non ce ne sarà bisogno. Sai difenderti bene da solo, gli devi aver dato un destro micidiale, visto l’ematoma. >>
 

§ I’M FREE TO DECIDE §

Sulla strada di casa Hiro non fece altro che chiedersi cosa gli fosse saltato in mente con Akira. Gli aveva lasciato un ematoma abbastanza grande perché Ryo lo notasse. Maledizione! Però Aki se lo era meritato! Così imparava a saltargli addosso nelle docce della scuola! Maniaco!
Guardò l’orologio. Erano ancora le undici. Kenji non sarebbe rientrato prima dell’una di notte, se fosse tornato… quando stava con Toru perdeva la cognizione di ogni tempo.
Uscito dalla stazione proseguì per strade traverse fino a casa Fujima e lì trovò Akira ad aspettarlo. Hiro notò subito l’ematoma bluastro al lato destro del volto. Akira si era addormentato sugli scalini della porta di casa. La testa era appoggiata sul lato sinistro del porticato e le mani erano in tasca. Come faceva a addormentarsi sempre e comunque? Sorrise vedendolo, si avvicinò e… gli diede un calcio! Akira si svegliò di scatto. Aprì gli occhi assommati e con una mano si massaggiò la gamba, mente con l’altra fermò uno sbadiglio.
<< Si può sapere come fai a dormire ovunque ti capiti? >> disse Hiro cercando di sembrare arrabbiato, ma non ci riuscì ed un sorriso comparve sul suo musetto imbronciato.
<< Sempre la solita delicatezza, Hiro-kun. >> disse Akira alzandosi e sorridendo di rimando.
<< Dai seguimi! >> lo precedette Hiro aprendo la porta: << Kenji non c’è. >>
Akira seguì Hiro in camera di Fujima. Lo vide prendere la sacca e mettere dentro i suoi abiti. Seguì Hiro uscire dalla stanza e spegnere la luce con ancora lui dentro. Poi andarono in cucina, Hiro scrisse qualcosa su un fogliettino che appese al frigorifero, fermato da una calamitina a forma di mezza luna.
<< Andiamo? >>
Akira seguì ancora volta il ragazzo, ma prima diede una sbirciata al messaggio: “Torno a casa. Mi accompagna Akira. E’ tutto ok, non ti preoccupare. Ci sentiamo domani.”.
Appena usciti, Akira chiese delle spiegazioni al ragazzo che, dapprima sbuffò, poi borbottò qualcosa sui porcospini poco svegli, e poi si voltò con la sua aria d’altezzosità e gli sorrise.
<< Torno a casa, non hai capito? >>
<< Questo lo avevo capito. Ma come mai? Dov’è il tuo Ryo. >> disse Akira dando una nota negativa all’ultimo nome.
Si aspettava una sfuriata da parte di Hiro, un po’ come accedeva sempre, ma Hiroaki si limitò a ridacchiare e a porgergli la borsa.
<< Perché dovrei tenertela io? >>
<< Così almeno hai le mani impegnate. >> gli fece la linguaccia Hiro: << E comunque con Ryo è finita. Mi sono accorto di avere nel cuore una persona più importante, che per ora non riesco assolutamente a cancellare. >>
<< Forse non ce n’è bisogno, perché quella persona prova per te lo stesso sentimento. >> detto questo spostò la borsa nell’altra mano e con quella libera strinse la mano piccola di Hiro.
<< Dicevi sul serio oggi pomeriggio? >>
<< Ai shiteru Hiro-kun. Come nessun altro. Scusa se me ne sono accorto solo ora. >>
Akira aveva fermato Hiro e lo stava guardando negli occhi. La borsa era appoggiata a terra. Le mani di Akira accarezzavano dolcemente il volto del ragazzo, spostando le ciocche ribelli che gli ricadevano sul visto, impedendogli una visione completa.
<< Voglio che tu mi sia fedele. >>
<< Sempre. >>
<< Non devi guardare nessun altro. >>
<< Nessun altro. >>
<< Devi amarmi per quello che sono, non chiedo altro. >>
<< Ti amerò come nessuno potrebbe mai amarti. Prometto di esserti fedele. Adesso non m’importa più di nessuno e sai perché? Perché finalmente ci siamo ritrovati e non ti lascerò mai più andare. >>
Detto questo accorciò le distanze e lo baciò. Un bacio dolce e tenero, diverso da quello della doccia, dall’urgenza di quell’istinto e così diverso pure da quello di Ryo.
<< Stanotte i miei non ci saranno. Dormi a casa mia? >> chiese Hiro ancora rosso in volto.
<< Solo dormire? >> chiese malizioso Akira.
<< Se provi ad allungare un dito ti scaravento fuori dalla finestra. >>
Akira guardò il volto di Hiro. Aveva nuovamente il cipiglio severo di sempre, ma gli occhi erano lucidi. Pareva proprio che Hiro sorridesse. Akira lo abbracciò d’impulso e cominciò a ridere.
<< Meno male Hiro-kun! Sei tornato tu! Ti amo così come sei. >> e dicendo lo strinse ancora di più a sé, mentre Hiroaki gli allacciò le braccia attorno al collo, lasciandosi andare al suo possessivo abbraccio.

 § ONLY YOU IN MY LIFE §

Akira Sendo, capitano della squadra di basket del liceo Ryonan, correva come un pazzo cercando di arrivare in tempo. Quel giorno avrebbe dovuto festeggiare con il suo ragazzo l’ammissione ai campionati nazionali, ma, come sempre, era in ritardo. Era rimasto un’ora davanti allo specchio a provare abiti su abiti. Voleva che il suo ragazzo potesse guardare solo lui. Il suo sguardo stupito doveva essere solo per lui, così come le sue attenzioni. Ma così facendo aveva perso più tempo del previsto, il metrò era stato più che puntale quel giorno, partendo prima che lui potesse entrare nella stazione, si era fatta una corsa chilometrica cercando di prendere il bus che aveva puntualmente perso e il risultato era stata un’ora piena di ritardo. In più aveva pure dimenticato il cellulare a casa. Hiro stavolta lo avrebbe ammazzato di sicuro.
Finalmente giunse al luogo dell’appuntamento, fece vagare un po’ lo sguardo e lo vide. Aveva una camicia blu scuro e dei pantaloni di pelle nera. Aveva il solito broncio arrabbiato dipinto sul volto e squadrava, con astio, tutte le persone che gli capitavano a tiro. Persino le ragazzine, che cercavano d’avvicinarglisi per conoscerlo, appena lo vedevano fuggivano spaventate. Eh già! Quello era il suo ragazzo. Sorrise e si passò una mano fra i capelli. Se avesse evitato la morte, Hiro gli avrebbe fatto la ramanzina per almeno un’ora, ma poi ci sarebbero stati di nuovo solo loro due. Loro e nessun altro. Perché quello era ciò che aveva sempre cercato nei volti (e nei letti) di tutti. Aveva cercato quell’amore assoluto e disarmante e l’aveva trovato nel viso quasi perennemente imbronciato di uno scorbutico amico. Quasi perennemente, perché poi si apriva in un bellissimo sorriso e allora tutto cominciava a scintillare e lui si sentiva felice. Era o non era quello l’amore di cui parlavano i poeti?
<< Akira! >> urlò il suo ragazzo.
Akira sorrise vedendo quel broncio trasformarsi in un sorriso. No. Non c’era nessuno più delizioso del suo ragazzo.

  
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