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Autore: Mistralia    20/07/2016    2 recensioni
"Il mondo si è diretto verso la rovina da quando la parola "gay" è stata intesa come un insulto" Lady Gaga.
All'interno dei libri dei libri della nostra cara Cassandra Clare è palese il rispetto che ogni Nephilim nutre nei confronti di Alec e della sua famiglia, nonostante le sue scelte di vita, dati i suoi trascorsi nella Guerra Oscura ed il suo valore di guerriero. Ma cosa succederebbe se una delle più grandi paure di Alec si avverasse? Se amare quel qualcuno diventasse improvvisamente motivo di scherno? Come reagirebbe uno degli shadowhunters più dotati della sua generazione?
Ambientata dopo "Città del Fuoco Celeste", ma prima degli eventi di "The Dark Artifices" o comunque prima che Alec e Magnus mettessero su famiglia.
Genere: Generale, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi, Slash | Personaggi: Alec Lightwood, Magnus Bane, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Puff, Puff

Un altro pugno.

Puff, Puff

Un calcio. Due calci.

Puff, Puff, SBAM

 

“Stupido arnese” borbottò Alec fra se e se, cercando di riagganciare il sacco da boxe al gancio che pendeva dal soffitto, con evidente incapacità e fatica.

“Ma come… ma come diavolo… ma che ca… AHHH BASTA CI RINUNCIO!” quasi urlò mentre, a metà fra lo sconsolato e l’adirato, gettava con un colpo secco quel povero ammasso di pelle e sabbia a terra, borbottando di come preferisse di gran lunga un sana caccia al demone, piuttosto che perder tempo con quei cosi mondani. Ma Jace era a cena con Clary, Izzy chissà dove a divertirsi con Simon e lui era rimasto solo e sconsolato, in un Istituto troppo grande e vuoto per uno nella sua situazione. O almeno, riempito da persone sbagliate e con le quali, per il momento, aveva poca voglia, anzi nessuna, di venire in contatto.

Ripensando ai fatti di quella settimana, ad Alec venne voglia di spaccare tutto quello che lo circondava, sbriciolare ogni lama serafica, rompere specchi, stracciare arazzi, di fare a pezzi addirittura il suo arco se questo lo avrebbe aiutato a stare meglio. Su tutti però, era più dirompente la brama di prendere una delle sue spade angeliche più resistenti e di conficcarla nel mega-computer che Clary aveva insistito che fosse inserito all’interno dell’Istituto.

“Così forse andrete più a passo con i tempi e riuscirete a controllare le attività demoniache con maggior efficienza” aveva detto, la bastarda, mentre quel cane bavoso del mio migliore amico e parabatai pendeva dalle sue labbra, troppo impegnato a immaginarsela nuda, invece che riconoscere le cretinate assurde della sua ragazza.

Lei e le sue stupide idee, lei e le sue stupide smanie di ampliamento dell’Istituto, lei e la sua stupida voglia di riaprire l’Accademia, lei ed i suoi stupidi amichetti mondani.

Alec non aveva mai odiato il mondo degli umani tanto quanto ora. E si stava tormentando, al ritmo della rabbia che lo stava corrodendo da dentro, consumandolo fino a non lasciare nemmeno un briciolo di pietà.

Alec voleva solo spaccare la testa a tutti.

Fuggire lontano da questo mondo, dal suo mondo, andare in un altro luogo, più lontano, più remoto, più aperto e diverso.

In un luogo dove lui non c’era.

Perchè così Alec avrebbe potuto pensare, riflettere su se stesso e sulle sue decisioni; aveva bisogno di comprendere la loro validità e capire se davvero avesse fatto la cosa giusta, quel giorno, quel lontano pomeriggio in cui aveva cambiato per sempre il giudizio del mondo sulla propria persona, in cui aveva fatto la scelta, dalla quale più non si poteva tornare indietro.

Ma erano dubbi quelli che infestano ora la mente del Nephilim, dubbi seri e molto grandi, che avevano un gusto amaro e un po' acido, sapevano al palato di rimpianto e voglia di modificare il passato, però in gola parevano bruciare come acido, punendolo così per il sadismo e il dolore che stava causando all’unica persona che lo avesse mai amato veramente, senza perdersi nei meandri del suo cognome o del suo ruolo nel cosmo, che aveva superato la Grande Muraglia Cinese delle su membra e sapeva distruggerlo e ricomporlo meglio di prima, simile al migliore degli scultori.

Eppure ora stava lì, sudato e appiccicoso, bisognoso di una doccia, con i fluidi corporei che iniziavano a prudergli e il costo delle frasi mal pronunciate che gli ricadeva sulle spalle, in una muta e perversa presa in giro da parte di questo ilare fato che sembrava perseguitarlo.

Teneva la testa fra le mani Alec, teneva fra le mani la bomba che minacciava di esplodere da un momento all’altro, sperando che quella sottile pressione che stava esercitando con le dite bastasse a placare l’ordigno infernale.

Come lui gli aveva insegnato in una di quelle tante notti in cui i sui demoni interiori venivano a tormentarlo.

Per un attimo Alexander si rese conto di non sapere più chi era, se un cacciatore di ombre, un uomo, un ragazzo, un arma distruttiva; non era più in grado di distinguere le certezze all’interno dei suoi giorni, perchè il suo unico punto fisso, l’unica corda che teneva attaccata la mongolfiera che era la sua vita al suolo, ora non c’era più, fuggito da qualche parte in cima al mondo, nell’assurdo tentativo di cancellare dalla propria mente quelle parole che, Alec non se lo sarebbe mai scordato, sembravano averlo ucciso.

Non un’ uccisione qualunque, no. Quella sarebbe stata più indolore.

Era stata un’uccisione spietata con un antipasto di mutilazioni e torture massime.

Il moro tornò a chiedersi il perchè delle sue azioni, di tutti quei pensieri che gli stavano offuscando la ragione e si ritrovò a pensare che, la colpa, era sua, solo ed esclusivamente sua e del suo essere un vigliacco codardo.

Perchè se c’era una cosa che Alexander Gideon Lightwood aveva bisogno più di Magnus Bane, era l’essere accettato dagli altri.

 

   
 
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