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Autore: Lisi    21/07/2016    5 recensioni
Captain Swan AU
Quando ad Emma Swan, abile agente cia, viene affidato un importante caso sotto copertura, la donna si ritrova improvvisamente obbligata a trasferirsi a Storybrooke, una piccola cittadina nel Maine. Ma, contro le sue ferme intenzioni, non è sola. Nonostante il complicato rapporto con il suo nuovo partner, Emma è costretta ad affrontare con lui una convivenza forzata nel momento in cui le viene annunciato che, in quel suo nuovo incarico, il ruolo da interpretare sarà quello di fidanzata.
Genere: Azione, Drammatico, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Emma Swan, Killian Jones/Capitan Uncino, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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1.The partner 

 

“Emma, avrai bisogno di aiuto questa volta. È assolutamente necessario per questo caso a cui lavorerai, e di certo avere una compagnia rafforzerà la tua copertura”

Non faceva altro che ripeterlo, e, ormai, ero certa che anche i muri di quell’ufficio fossero a corrente dell’importanza fondamentale di un partner. Eppure, io, di essere affiancata da un altro agente, non ne avevo alcuna intenzione. Dopo quello che era successo, pochi mesi prima, avevo sempre preferito essere assegnata ad incarichi che non richiedessero la presenza di due agenti attivi. Solo che, questa volta, avevano deciso che mi sarei dovuta impegnare in quell’operazione, non sola, ma accanto a qualcuno che non conoscevo affatto, che non avevo mai incontrato prima. E ciò rendeva ancora più duro riuscire ad abituarmi a quello scomodo dettaglio. 

Il mio capo mi osservava con fare serio, determinato, ed un volto acceso di sfida intenso quanto il mio. Entrambi lottavamo per far valere le nostri ragioni ma, in quel frangente, a mollare sarei dovuta essere io: non potevo certamente contraddire un mio superiore nonostante, in quel momento, avrei voluto senza riserve negare il mio consenso ad una collaborazione. 

“Non lo conosco nemmeno, come possiamo lavorare ad un caso insieme?” domandai, tentando di rilassare il mio volto teso e, soprattutto, di riportare il tono di voce ad uno più equilibrato. Ero in piedi, a pochi passi dalla sua scrivania mentre lui, comodamente appoggiato alla sua poltrona di pelle, mi osservava con un volto che più neutro non poteva essere, un’espressione illeggibile. 

“È quello che devi capire da sola, agente Swan. Sei eccellente nel tuo lavoro, e non ho dubbi che lo sarai anche su questo caso. E siccome ho fiducia in te, e anche in lui, sono certo che riuscirete ad andare perfettamente d’accordo. Non avrete alcun problema” mi spiegò, accennando un piccolo, insopportabile, sorriso al termine della frase. Lo odiavo, letteralmente, quando mi chiamava in quella maniera. Era passato ormai troppo tempo per badare alle etichette.

Forse non aveva alcun dubbio, ma io di certo ne ero costellata, dalla punta dei piedi ad ogni singolo capello che mi ritrovavo in testa. Se almeno avessi conosciuto questo misterioso agente del cui nome non mi aveva voluto far parola avrei potuto quantificare la percentuale di possibilità di disastro. E forse era anche per questo che non aveva voluto svelarmi la sua identità. 

“Ora vai, ti raggiungerò tra poco” annunciò, vestendo la stessa espressione di grande formalità e professionalità che, alcune volte, non faceva che darmi sui nervi. 

Mi congedai con lo stesso sorrisetto falso, sperando che lo accettasse come una semplice espressione cortese. Sarei svanita in una nube di fumo se avessi potuto, ma non ero di certo un mago perché, un mago, avrebbe saputo girare le carte in tavola ed uscirne con una soluzione più valida della mia. 

In fondo, a rifletterci, non era tanto il dovere collaborare con qualcuno a darmi particolarmente fastidio, ma era più che altro il fatto che avrei dovuto conviverci, nel senso letterale della parola. Avrei dovuto vivere insieme a questa persona, condividere ogni spazio, ogni minuto della mia giornata con uno sconosciuto, in una deliziosa casetta di una cittadina della quale non avevo mai sentito parlare. Quello speciale incarico del quale non era stato parlato a nessuno, tranne, apparentemente, a me e il misterioso agente, richiedeva un trasferimento prolungato per poter vigilare su alcuni comportamenti sospetti, su certi individui ritenuti colpevoli o, almeno indiziati, di così tanti crimini che la lista sarebbe stata troppo lunga. Nessuno sapeva quanto tempo sarebbe servito al completamento dell’operazione, e ciò, forse, mi spaventava più di quanto volessi ammettere. Se fossi stata sola forse sarebbe stato differente ma l’immaginario del vivere per mesi con qualcuno a me completamente sconosciuto non mi allettava particolarmente. Ma, a quanto sembrava, avrei dovuto farci l’abitudine.

Uscii dall’ufficio con passo veloce, perché ero sicura che se non me ne fossi andata subito avrei finito per commettere azioni delle quali mi sarei potuta facilmente pentire. Sapevano quanto ci tenessi a lavorare per conto mio, soprattutto Liam, il mio capo. Eppure, quella volta, non aveva voluto sentire ragioni.

Sbattei la porta con relativa calma, quella che pareva essere dipinta sul mio volto ma che, in realtà, non lo era affatto. Tentai di allontanarmi con discreta scioltezza, assumendo una smorfia dissoluta e neutra, perché, come mi avevano intimato di fare, “nessuno deve venire a sapere a cosa stai lavorando”. E nemmeno io, in piena sincerità, comprendevo il motivo di tanta segretezza.

“Emma!” sentii una voce risuonare alle mie spalle con grande forza, strascicare su quell’ultima vocale del mio nome tramutandolo in una parola il cui numero di lettere era assolutamente indefinibile. 

Mi bloccai, voltandomi, nel tentativo di fermare quelle urla improvvise che, nel mentre, avevano attirato l’attenzione di tutte le persone presenti. 

“Allora, com’è andata?” domandò Lily, la solita curiosità impressa negli occhi. Lei era una delle poche colleghe con le quali potessi affermare di avere un buon rapporto, e molto spesso, quando il nostro lavoro ce lo permetteva, passavamo del tempo insieme, come due comuni amiche. Mi fidavo di lei, e sapevo che ci sarebbe stata per me in caso di bisogno. 

“Non bene, non ha voluto ascoltarmi. In ogni caso, io non ti ho detto nulla” alzai l’indice davanti alle labbra, come in segno di silenzio. 

Lily, appreso appieno il significato di quel mio gesto, rispose con un sorriso appena accennato.

“Dove vai?” domandò all’ultimo, osservandomi camminare rapidamente verso la porta.

“Passiamo a prendere il misterioso agente. Se compie lo sforzo di alzarsi dalla sua perfetta poltrona, deve essere qualcuno di importante”

Se veramente sarebbe venuto solo per l’arrivo di un semplice uomo, allora non era poi così semplice come credevo. Doveva essere qualcuno di fondamentalmente basilare, uno di quegli agenti specialmente apprezzati. E, davvero, speravo che fosse così. Almeno non avrei dovuto prendermi il disturbo di lavorare anche per lui. 

“Si, giusto, me ne ero completamente scordata” asserì, alzando gli occhi al cielo in un’espressione sorridente, gli occhi illuminati. Restò ferma, completamente bloccata, il viso immerso in un pensiero a me estraneo.

“Allora, agente Swan, sei pronta a conoscere il tuo partner?” la voce squillante e gioiosa di Liam non riusciva a trasmettermi gli stessi sentimenti. 

“Sto morendo dalla voglia di incontrarlo” annunciai io nel frattempo, una smorfia che, di eccitazione, non ne possedeva nemmeno un briciolo. Alzai le braccia in un gesto di festa, che risultò essere più un segno senza senso, spento da quell’ironia che aleggiava nel mio comportamento.

L’uomo mi rivolse un’occhiata di ammonimento, segnalandomi l’uscita. 

 

 

***

 

 

Non riuscivo a credere che, dopo una corsa verso il luogo dell’incontro, di quell’agente, ancora non ci fosse traccia. Aveva semplicemente deciso di non farsi vedere, a quanto pareva ai miei occhi che, ormai stanchi, speravano solamente in una sua apparizione improvvisa.

“Arriverà a minuti, c’era traffico” mi confortò Liam, nonostante io, ormai, fossi già infastidita, ancor prima di averlo conosciuto. 

“Se comincia in questa maniera, non so come potrà andare a finire” confessai, un leggero sospiro al termine. Ero delicatamente appoggiata al cofano dell’auto, i piedi a terra, attendendo pazientemente che quell’uomo avesse la bontà di mostrarsi prima che si facesse notte. Liam, invece, a pochi passi da me, camminava ripetutamente nelle stesse due, solite, direzioni, il cellulare sempre acceso in mano. Lo osservava senza mai fare una pausa, impazientemente in attesa di nuove notizie. 

Sentii un rumore forte provenire non molto lontano da noi, e l’eco di ruote che sfrecciavano sull’asfalto. Un buon segno, a mio parere, che, forse, finalmente, sarebbe arrivato il nostro ospite. 

“Eccolo. Ti prego Emma, so che non vorresti adattarti a queste condizioni, ma devi farlo. Hai bisogno di aiuto, hai bisogno di lui. Non voglio metterti in pericolo e mandarti laggiù, completamente sola, sarebbe come mettere a repentaglio la tua vita, senza nessuno in grado di proteggerti se le cose si mettessero male. Perciò, almeno, provaci” 

Mi fissava con serietà, una determinazione e una forza negli occhi che mi congelarono per qualche secondo. Quel lungo, melodrammatico, discorso era atto solamente ad addolcire i miei modi nei confronti di quell’uomo che mi sarei ritrovata di fronte in pochi secondi. Sapevo che, come minimo, avrei dovuto provarci. In fondo era il mio lavoro, non potevo dire di no.

Abbassai il capo in segno di assenso, accennando una tiepida piega di labbra. 

L’auto si fermò improvvisamente, a qualche metro dalla posizione nella qualche ci trovavamo. Poi, con eterna lentezza, la portiera sembrò spalancarsi, nonostante alcuni istanti di attesa. 

E lo vidi scendere con perfetta eleganza e compostezza, in un’integerrima professionalità quasi, l’azione di uscire da quell’auto, fosse il suo più importante lavoro. Portava un paio di grandi occhiali da sole neri, ben appoggiati su un viso non completamente pulito. Aveva dei tiepidi accenni di barba, quel tanto che bastava a dargli un’aria di mistero. Indossava un giubbotto di pelle nero, molto simile al mio, differente solamente per alcuni tratti e, ovviamente, per il mio rosso acceso. Si incamminò verso di noi con fare sicuro, come se sapesse che nulla avrebbe mai potuto bloccarlo. Il leggero vento che animava quella giornata soleggiata non riusciva completamente a scompigliare la sua chioma perfetta, capelli color corvino sistemati in maniera ordinata verso sinistra. Non avrei saputo giudicarlo, così, da lontano e a prima vista, ma ciò che non potevo negare era il fatto che fosse attraente.

Ci raggiunse in un attimo, fermandosi a pochi passi dall’auto vicino alla quale eravamo appoggiati. Poi, cauto, senza dimenticare una mossa, si tolse quel paio di lenti firmate, per poterci osservare meglio, quasi volesse aguzzare la vista per potere leggere sui nostri volti, senza problemi, cosa stessimo pensando. Fu così che cominciò a fissarmi, posando i suoi occhi sui miei, scrutandomi con curiosità, senza accennare una parola. Aveva due iridi di un colore blu, dello stesso dell’oceano più profondo, misterioso, allo stesso tempo così intrigante che pareva di perdervici. 

Si stampò in volto un piccolo sorrisetto, quel tenero accenno che gli bastava a presentarsi in maniera amichevole. 

“Killian, finalmente!” annunciò Liam, quasi gioioso, portando quell’uomo, il cui nome era, a quanto pareva, Killian, a spostare lo sguardo in sua direzione.

“Liam!” disse, aprendo le labbra in un grande sorriso. 

Accennarono un gesto particolare, che io non riuscì nemmeno lontanamente a comprendere. Doveva essere qualcosa di personale.

Ero specialmente incuriosita, come se volessi sapere di più su di lui, ma allo stesso tempo, il modo di fare che aveva dimostrato nei nostri confronti non mi convinceva più di tanto.

Tentai di lanciargli un’occhiata rapida, per studiarlo attentamente prima dei classici convenevoli, per potere, io, sapere se mi sarei dovuta fidare di lui. Era qualcosa che dovevo capire da sola, anche se si fosse dimostrato socievole, anche se si fosse dimostrato un totale idiota.

“Non mi presenti la signora?” ammiccò, lasciandomi in volto un’espressione basita, diffidente. A quanto pare avrei dovuto inserirlo nella seconda categoria, perché quello sguardo palesemente concentrato rivelava un’interesse particolare che non riuscivo proprio a sopportare. 

“Emma Swan lui è Killian Jones. Killian Jones lei è Emma Swan”

Quel "Jones" mi suonava anche troppo familiare. 

Allungò la mano verso la mia, e così feci lo stesso, pensando per un istante che, forse, non era poi così inaccessibilmente idiota come mi ero concessa di formulare in precedenza. Forse, credetti, era stata semplicemente un’interpretazione sbagliata. 

Appena le mie dita toccarono le sue, strinse la mia mano più forte, come per intrappolarla, ma non così tanto da farmene sentire l’impatto. Era più una stretta delicata, che utilizzò per avvicinarmi di più a sé. Portò la mia mano accanto alle sue labbra, lasciandovici un leggero bacio, mai, però, distogliendo gli occhi dal mio volto alquanto scioccato. 

“È un piacere conoscere una donna così bella”

Ma cosa stava facendo? Credeva forse di incuriosirmi in qualche modo con quel gesto stupido e assolutamente assurdo? Pensava forse di vivere in un altro secolo?

Forse, alcune persone, lo avrebbero trovato un segno di gentilezza. Io invece, l’esatto contrario. Sintetizzando, non gradivo ciò che forse qualsiasi altra donna avrebbe trovato irresistibile e affascinante. Se credeva di conquistarmi in quel modo o che forse, anche solo lontanamente, mi avrebbe circuita con quella maniera di fare, si sbagliava completamente. Perché, assolutamente, ero sicura di vivere nel ventunesimo secolo e di non essere una principessa in pericolo.  

Non osai dire nulla, forse perché la mia espressione stupefatta parlava da sé, forse perché non avrei nemmeno saputo cosa dire. 

Semplicemente continuai a mantenere un contatto visivo con lui, che, nel mentre, aveva finalmente deciso di staccare il suo volto dalla mia mano. 

“Dai Killian, non essere il solito imbecille” lo ammonì Liam, il suo classico tono da rimprovero. Lo colpì leggermente sulla spalla, mentre, ridendo, mi osservava quasi dispiaciuto.

“Mi stavo semplicemente comportando da gentiluomo quale sono” confidò, alternando lo sguardo da quello divertito dell’amico al mio, al contrario, quasi incredulo. Se pensava di stupirmi in una qualche maniera, di certo non ci sarebbe riuscito così.

“Si, certo, come no” azzardai, accennando un sorrisetto falso quanto quello che lampeggiava vivido sul suo viso. Sembrò apprezzare quel giochetto, che io intendevo solamente essere una risposta ironica alle sue banali provocazioni.

“Hai un bel caratterino, Swan” 

Non smetteva di scrutarmi con quell’aria quasi superiore, e, nonostante quei due occhi avessero un non so che di intrigante, non riusciva a non arrecarmi ulteriore fastidio.

E pensare che avrei dovuto vivere con lui.

Per un numero indefinito di mesi.

Dall’altro lato del paese. 

Come ci sarei riuscita?

“Beh, vedo che andate molto d’accordo. È un buon inizio” rise, trattenendosi, appena incontrato il mio sguardo fulmineo, in uno spasmo improvviso, il volto quasi contratto, spostato dall’altro lato nel vano tentativo di sembrare serio. 

Ero in una situazione perfettamente disastrosa. Tutto qui.

“Non potrei non godere del piacere di avere accanto uno spirito così forte. Amo le sfide” replicò Killian, prima osservando seriamente l’altro, poi, sulle sue ultime parole, rivolgendo tutte le sue attenzioni su di me, un sorrisetto quasi malizioso. Non sapevo cosa mi desse più fastidio. Le sue battute senza senso, o quelle sue continue occhiate un po’ troppo sopra le righe.

“Io, invece, le odio” lo contrastai, perché forse, compresi, era l’unico modo per reggere quel suo particolare modo di fare.

“Ma, quale sarebbe il vostro rapporto? Insomma, perché vi conoscete così bene?” domandai, sia nel tentativo di trovare almeno una risposta alle mille domande che mi circolavano in testa, sia per spostare l’attenzione su qualche altro argomento.  

“Fratelli, agente Swan” rispose Liam, rapido, un leggero sorriso sulle labbra e un’occhiata tutta per il fratello.

Restai spiazzata per qualche secondo, spostando visibilmente in fretta lo sguardo da l’uno all’altro. 

Un dettaglio che non mi sarei di certo aspettata, ma così compresi la familiaritá che trovavo nel suo cognome.

Incontrai di nuovo il suo sguardo, fisso da chissà quanto tempo sul mio.

Ci guardavamo, gli occhi fissi su quelli dell’altro, quasi entrambi stessimo cercando di percepire i pensieri dell’altro, in un gioco silenzioso, fatto di sguardi intensi, che allo stesso tempo volevano sembrare neutri e assenti. Eppure, nonostante il mio sesto senso, nonostante la mia precisa capacità di inquadrare tutti con un solo sguardo, quella volta non ci ero riuscita. E per questo continuavo ad interrogarmi su di lui.

“Agenti” Liam richiamò l’attenzione su di sé, probabilmente accortosi di quel nostro comportamento.

“Prima di andare, c’è un particolare che dovrei rivelarvi che forse nessuno vi ha mai accennato”

Qualcos’altro di cui non mi aveva parlato. La situazione non poteva ovviamente non peggiorare ancora.

“Oltre che partner sarete anche fidanzati, ovviamente solo per rafforzare la copertura”

Non ci potevo credere.

Pensavo che ci avrebbero presentato come amici, familiari o vicini di casa. Qualsiasi cosa che non includesse l’argomento “amore”.

E invece no. Oltre che sopportarlo per chissà quanti mesi, avrei anche dovuto recitare la parte della fidanzata innamorata.

 

 

 

Angolo dell’autrice:

Ciao a tutti! :)

Ciò che posso dire è che le AU sono chiaramente le mie preferite in assoluto, e dalla mia eterna voglia di scrivere è nata questa piccola idea. Aspetto i vostri pareri, sperando di avervi incuriosito almeno un pochino! ;)
A presto
Lisi ♡

 

   
 
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