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Autore: naisia    21/07/2016    2 recensioni
Dal primo capitolo:"La terraferma è un luogo insidioso e pieno di pericoli, e le creature che lo abitano, gli umani, sono perfino peggio, non devi mai avvicinarti a loro!"
Consapevole che farò rivoltare il povero Hans Christian Andersen nella tomba ecco a voi il più famoso consulente investigativo di Londra tramutato in un sirenetto.
Genere: Azione, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Charles Augustus Magnussen, Jim Moriarty, John Watson, Quasi tutti, Sherlock Holmes
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 15: Ritorno a casa
 


L’acqua scorre, e nel farlo può essere lenta e paziente, erodendo, con la calma data dalla certezza del successo, anche la pietra più dura e compatta e cullando gentilmente ciò che galleggia sulla sua superficie.

Ma l’acqua può essere anche impetuosa, violenta e feroce, distruggendo ciò che dovrebbe proteggere e non riuscendo neanche a scalfire la roccia.
Lui e Mycroft erano sempre stati così. Il fratello aveva una pazienza che avrebbe fatto impallidire una murena, ed era altrettanto pericoloso, ma lui. . .

Sherlock Holmes era inarrestabile, e rispetto al temperamento del fratello quasi impulsivo. Erano così i due fratelli Holmes, simili alla base, eppure del tutto opposti nelle ramificazioni che avevano preso con tempo le loro anime. Le due facce della stessa superficie di uno specchio d’acqua.

Persino adesso Mycroft probabilmente avrebbe saputo cosa fare. Anzi a dire la verità suo fratello probabilmente non avrebbe neppure combinato il disastro che aveva fatto lui.

Tuttavia in quel momento Sherlock non si sentiva come l’onda anomala che era di solito. Lo tsunami aveva lasciato posto alla pioggia che ora cadeva copiosa, simile all’onda anomala solo nella sua inarrestabilità.

Sollevò appena il viso rigato dalle lacrime, il cuoio capelluto gli doleva da quanto aveva stretto forte le ciocche dei ricci scuri. Se fosse stato un romantico dall’animo votato al dramma probabilmente se li sarebbe strappati i capelli, ma lui era pur sempre Sherlock Holmes persino in quel momento.

Lo sguardo cadde sulla spaccatura nella roccia che fungeva da ingresso via terra, l’ultima cosa che aveva visto di John era stata la sua schiena, proprio in quel punto. Il nodo che gli stringeva la gola si fece insopportabile, tanto da rendergli complicato anche solo deglutire. Abbassò il capo e si vide, riflesso nello specchio d’acqua limpida.
Si costrinse a guardare i suoi tratti, così particolari persino per qualcuno della sua razza. Non aveva mai riflettuto sul suo aspetto fisico, nel suo palazzo mentale non c’era spazio per sciocchezze del genere.

Ma ora, vedendosi con i tratti deformati da quello che provava , i capelli scompigliati e gli occhi arrossati, non poté fare a meno di chiedersi come aveva potuto anche solo pensare che John avrebbe potuto fare un’eccezione per lui.

Probabilmente il dottore non sarebbe stato attratto neppure se fosse stato molto più bello, ma non era solo l’aspetto fisico il problema. Il problema era lui, con il suo pessimo carattere, le sue stranezze, l’ossessione per il pericolo e. . . e tutto quello che faceva di Sherlock Holmes. . .bhè Sherlock Holmes.

Inspirò forte, concentrandosi solamente sull’acqua salata che riempiva i suoi polmoni, si lasciò scivolare finché il liquido in cui viveva non lo sommerse completamente,
azzerando il suo udito e tutti i suoi sensi. Rimase immobile per alcuni minuti focalizzando il proprio pensiero solo sul respirare, se un umano lo avesse visto (almeno dalla vita in su) avrebbe pensato di avere davanti un cadavere, pallore e viso tirato di certo non avrebbero aiutato.

Ma dopotutto era così diverso da un morto? A parte la presenza del dolore, quello era tutto ciò che riusciva a ricordargli di essere vivo e ne avrebbe fatto volentieri a meno.

Riemerse ascoltando il suono delle gocce che si infrangevano sulla superficie dello specchio dopo essere rotolate sulla sua pelle. Ancora una volta lo colpì il pensiero che fosse finita. Quella breve eppure meravigliosa parentesi della sua vita si era conclusa nel modo peggiore possibile. Tuttavia questa volta non fu un impatto violento, accetto la cosa con cupa rassegnazione.

Dopotutto come aveva potuto aspettarsi che andasse diversamente? Come poteva aver creduto che sarebbe stato accettato dagli umani quando neppure la stragrande maggioranza del suo popolo a malapena lo sopportava?

Lasciò vagare lo sguardo lungo le superfici dei tomi di anatomia e chimica, seguì il profilo del computer potatile e indugiò un solo istante nei contorni elaborati della sua sedia a rotelle, resi ancor più nitidi dalla presenza della vecchia lampada a gasolio accesa. Avrebbe dovuto lasciare tutto quanto, e non solo per ciò che era accaduto con John. In realtà lo sapeva da quando Moriarty era salito su quella volante della polizia. Doveva andarsene per la salvaguardia di tutti, specialmente per quella di John.

Elementare Holmes.

Moriarty non aveva iniziato quel macabro giochetto di sua iniziativa, era stato qualcun altro a dargli le informazioni, a dirgli come e quando e a fornirgli i mezzi. E ora che
Jim era fuori dai giochi quanto ci sarebbe voluto all’umano che gli aveva scatenato contro il consulente criminale a procurarsi una nuova pedina, o peggio, ad agire di persona?

Perché una cosa era certa. Qualcuno che credeva che la vita di altri esseri umani, di dei bambini, fosse un prezzo accettabile per raggiungere i propri scopi di certo non si sarebbe lasciato fermare da così poco.

L’unica soluzione era che il premio tanto ambito fosse reso irraggiungibile, al punto da rendere perfettamente inutile qualunque rappresaglia. Si sciolse dalla posizione raggomitolata che aveva mantenuto fino a quel momento, e, come un automa, fletté tutte le membra ben sapendo comunque che tutte le ferite della sua colluttazione contro la scogliera erano ormai guarite.

Nel farlo lo sguardo gli cadde sulla spalla destra, dove una cicatrice bianca a forma di mezzaluna faceva bella mostra di sé da quella notte. La sfiorò delicatamente, ricordando in quel momento tutte le volte che John vi si era chinato sopra per disinfettarla e controllarne lo stato di guarigione.
Dopotutto forse era stato meglio così, infrangere quel rapporto prima della sua partenza.

Forse John si sarebbe sentito sollevato nello scoprire che se n’era andato, almeno in quel modo non si sarebbe sentito costretto ad affrontare una discussione patetica e pietosa per entrambi, anche se in modi diversi.

Nuotò fino all’altra sponda, lì aveva poggiato la sua collana. Un sorriso amaro nacque sulle sue labbra al pensiero che se quella sera avesse dato ascolto a suo fratello, se avesse lasciato perdere, certamente tutto quello che aveva vissuto negli ultimi due mesi non sarebbe avvenuto.

La indossò con un gesto rapido e si mosse fino al bordo della pozza. Non si voltò, non era certo di cosa sarebbe accaduto se si fosse voltato, forse non avrebbe trovato la forza di fare ciò che doveva e non poteva permetterlo.

Facendo leva sulla sola forza delle braccia Sherlock scivolò in basso, la roccia graffiò da pelle delicata dei palmi e degli avambracci ma rimase impotente contro le dure scaglie della coda. Si ritrovò a pensare che la natura se fosse stata magnanima avrebbe rivestito anche il cuore di quei coriacei e impenetrabili ovali lucidi. Non appena si rese conto di quale sciocco pensiero la sua mente gli avesse propinato lo scacciò con l’irritazione che usava sempre da quando era nato se c’era qualcosa che lo metteva a disagio.

Come una conchiglia che si serra di scatto dopo aver percepito un pericolo, l’animo del tritone che in quelle settimane si era aperto, si richiuse nuovamente. Quei sentimenti. . .quelle sciocche crepe sul vetrino di un microscopio perfetto che impedivano di scorgere la verità non gli si addicevano, pensò con la freddezza degna di un Holmes.

Rinchiuse tutto quanto in un’ala del suo palazzo mentale, con un po’ di fortuna non avrebbe dovuto riaprirla mai più. Guardò in basso, a meno di un metro di distanza le acque schiumose dell’oceano reclamavano la loro creatura. Sherlock si allungò a sfiorarne la superficie con la punta delle dita e sentì il sale che bruciava le piccole escoriazioni, seguito subito dal freddo dell’acqua che le rendeva insensibili, come se volesse scusarsi.

“Addio John” pensò il tritone, e si lasciò cadere. Il mare si aprì e si richiuse su di lui, inghiottendolo.
 
***

John Watson aprì gli occhi: fu il peggiore errore della sua vita.
Immediatamente la tenue luce mattutina che filtrava attraverso le tendine inondò le sue pupille trapassandogli il cranio in due stilettate di dolore lancinante. Grugnì infastidito e si rigirò nel letto, tirandosi le coperte sopra la testa. A giudicare dalla posizione del letto si trovava a casa sua e non da Mary, dove si era accampato da un paio di settimane. Situazione singolare, che attribuì insieme all’emicrania all’aver bevuto eccessivamente la sera prima.

Per regola personale evitava sempre di farsi vedere dalla fidanzata di turno sbronzo, da quello che gli avevano raccontato i suoi compagni di università le volte che era accaduto era davvero uno spettacolo pietoso, e di sembrare un alcolizzato agli occhi di Mary non se ne parlava neppure.

Provò a ricostruire gli eventi della sera precedente.

Lui e Sherlock erano andati a bere qualcosa al pub dietro invito di Mike, in quella che si era poi rivelata una festa a sorpresa. Vista la presenza di Mary ne aveva approfittato per stare un po’ da solo con lei, visto che in quel periodo tra il caso di Moriarty e il lavoro era stato davvero troppo occupato. Aveva bevuto solo un paio di birre, ma aveva fatto l’errore di aiutare la sua ragazza a finire un cocktail particolarmente forte, ecco perché si era ritrovato con una sbornia da guinnes dei primati. Aveva mischiato due alcolici diversi, incrementando così gli effetti dell’alcol ingerito esponenzialmente, un errore da principiante. Da lì i poi i ricordi diventavano piuttosto confusi.

Per fortuna era sabato, così non doveva andare al lavoro, aveva tutta la mattina per provare a rimettere insieme i pezzi. Si alzò a sedere schermandosi il volto con il dorso della mano. Ricordò di aver riaccompagnato Sherlock a casa. Sempre che quella grotta potesse essere considerato un domicilio, poi cos’era accaduto? Si stiracchiò e fu sorpreso di scoprire che aveva ancora tutti i vestiti del giorno prima addosso, e che per di più questi erano umidi.

Improvvisamente i ricordi della sera prima lo investirono come un treno in corsa. La caduta nella piscina, lui e Sherlock che giocavano a quello stupido gioco dei biglietti sulla fronte, lui che parlava della sua vita sentimentale, l’altro che gli confidava le sue insicurezze, John che lo rassicurava spingendolo a provarci e poi. . .

Poi Sherlock che lo baciava.

E lui che se ne andava come un perfetto imbecille, ipocrita fino al midollo rispetto a quello che aveva detto solo cinque secondi prima, lasciando solo il suo migliore amico emotivamente instabile. In quel momento John Watson sapeva che c’era una sola cosa da fare.

Prendere una pala, scavare una buca in giardino e sotterarcisi dentro.

Schizzò fuori dal letto, o almeno ci provò, visto che inciampò nei suoi stessi piedi e cadde lungo disteso, picchiando il mento contro il pavimento duro. Doveva senza dubbio essere opera dell’universo che lo puniva per essere stato un tale imbecille.

Si rialzò, il tempo di cambiarsi e di trangugiare una fetta di pane raffermo e si catapultò fuori di casa. Andando a sbattere con violenza contro un innocente postino che un karma probabilmente eccessivamente giustizialista nei suoi confronti aveva piazzato lì proprio in quel momento.

Svariati insulti più tardi, un irritatissimo fattorino gli mise sotto il naso una ricevuta da firmare per un pacco che non aspettava. John la firmò sbrigativo, pensando che avrebbe risolto il problema del pacco consegnato all’indirizzo sbagliato più tardi. O almeno questo fu la sua idea finché non vide il pacchetto in questione.

Questo era incartato in una carta da pacchi con una bizzarra fantasia di tonni pinna gialla*, ma non fu questo ad attirare la sua attenzione. Infatti sopra la carta nera e in bella vista vi era scritta una M svolazzante, brillante come lacca per l’inchiostro indelebile con cui era stata tracciata.

Con una foga dettata dal panico che si faceva strada sotto la sua pelle come un esercito di formiche scartò l’indesiderato regalo rivelando la lucida superficie di uno smartphone. Per qualche secondo John lo osservò confuso, ma poi questo si accese con uno squillo che lo fece rabbrividire.

Lo schermo nero si illuminò e sulla sua superficie comparve il volto di Moriarty, il dottore o fisso confuso, infatti il criminale indossava una cerata gialla, un cappello da pescatore e aveva con se una canna da pesca. Sullo sfondo una serie di nuvole e di onde pop-up in cartone volevano simboleggiare che il consulente criminale fosse su una barca, come in un cartone per bambini.

Un cartone che John non aveva nessuna voglia di guardare.

Il viso di Moriarty si animò rivelando che quello non era altro che un video, probabilmente già registrato. “Ma guarda chi c’è: il buon dottore! Allora Johnny boy ti sono mancato? Sospetto di no ma non ti preoccupare, non ho intenzione di darti mai più fastidio. Ho capito i miei errori e ho intenzione di dedicarmi ad un nuovo hobby molto più salutare e innocuo di quello di consulente criminale” disse con la sua solita aria eccessivamente teatrale.

A quel punto sollevò la canna da pesca che teneva in mano e la fece oscillare debolmente “E ho intenzione di iniziare subito! Dopotutto oggi sembra un ottimo giorno per andare a pesca non trovi? Chissà se anche il nostro Sherly la pensa allo stesso modo?” finse di assumere un aria dubbiosa poi alzò l’indice verso l’alto e spalancò la bocca, come se avesse avuto un’improvvisa illuminazione “Sai che ti dico? Credo proprio che andrò a chiederglielo di persona! Ciao ciao!” e il video si interruppe.

Con un gesto di rabbia John lanciò via il telefono e corse alla macchina. Nonostante guidasse come un pazzo ad un tratto si trovò bloccato davanti ad un semaforo, mentre imprecava a mezza voce contro tutti i guidatori della terra, ruotò la testa e il suo sguardo fu attirato da un edicola di strada.
In prima pagina su ogni quotidiano locale campeggiava la faccia di Moriarty sorridente nella fototessera carceraria, e i titoli stampati in grande rivelavano che era fuggito dalla custodia cautelare solo poche ore prima.

In quel momento il panico totale si impossessò di John, che con una manovra azzardata, che rischiò di far passare a miglior vita una vecchietta determinata a campare altri cent’anni a giudicare da come gli inveì contro, salì con la macchina sul marciapiede e superò la colonna. Continuò a guidare in quel modo in una tempesta di clacson e insulti, probabilmente gli avrebbero stracciato la patente in mille pezzi ma ora non importava. L’unica cosa che contava era arrivare da Sherlock il prima possibile, e provocare una serie di fratture multiple scomposte al collo di Moriarty.

Appena fuori dal centro urbano accelerò al massimo fino a che non ebbe raggiunto la destinazione, si lanciò fuori dalla macchina ed entrò come una furia nella caverna.
“Sherlock!” urlò terrorizzato, ma Sherlock non c’era, se n’era andato ore prima ma questo John non poteva saperlo, così uscì di corsa, si rimise in macchina e guidò a folle velocità fino al porto.

Appena sceso dall’auto corse fino al casotto di Mike Stamford, fortunatamente per lui quella settimana gli toccava il turno della sorveglianza sulle barche che arrivavano e quelle che partivano. Ci vollero circa cinque minuti a scoprire che l’unica nave che la sera precedente era salpata era un grosso peschereccio privato, specializzato nella cattura di grossa fauna acquatica.

“Strano” commentò Mike “Quella è l’ora peggiore per uscire per andare a pesca”. Era ovvio che quella doveva essere la nave di Moriarty, soprattutto perché era partita circa mezz’ora dopo che lui se n’era andato. “Ma non ha senso” pensò velocemente John “Loro sapevano dove ci trovavamo. Perché aspettare così tanto per cercare di catturare Sherlock, avrebbero potuto farlo tutte le volte che mi sono allontanato per il lavoro”. Tuttavia si limitò a fare al marinaio una domanda “Mike puoi dirmi dove sono in questo momento?” il lupo di mare sorrise “Nulla di più facile” e dopo qualche clic sulla schermata principale apparve un’immagine in tempo reale del peschereccio  che navigava decisamente al largo della costa.

“Tutti gli spostamenti delle navi da pesca sono monitorati da dei satelliti. Sai da queste parti durante la migrazione annuale del salmone ci sono sempre un sacco di bracconieri che vogliono fare i furbi e tirare su un bel po’ di pesce. In quel momento le femmine sono tutte gravide e verrebbero pescate tutte se glielo lasciassimo fare, così l’anno successivo non ci sarebbero salmoni. Finché le navi restano in acque nazionali devono essere controllare via satellite. Quando però sono in acque franche possono fare tutto quello che vogliono e la nautica non può intervenire” disse con un sorriso Stamford.*

John si sentì girare la testa, ma certo! Come aveva fatto a non capirlo prima? Non potevano prendere Sherlock dalla terra ferma, per il tritone sarebbe stato fin troppo facile scappare in mare aperto se qualcuno si fosse introdotto nella grotta, e non potevano provare a prenderlo mentre si trovava in mare altrimenti avrebbero corso il rischio di essere scoperti dal governo.

Quindi Sherlock se n’era andato di sua spontanea volontà? “Effettivamente dopo il disastro che ho combinato non è difficile crederlo” pensò il biondo dottore amaramente. Però restava un problema: Come aveva fatto Moriarty a scoprire il momento esatto in cui il tritone se n’era andato. Telecamere nella grotta? No era ridicolo, Sherlock se ne sarebbe accorto, e in ogni caso questo non risolveva il problema principale, ovvero come il criminale lo avrebbe catturato una volta uscito dalla grotta. L’oceano era enorme non poteva procedere a caso.

Un orribile sospetto si fece strada nella sua mente “Mike, ho bisogno di un’informazione che potrà sembrarti strana ma fidati è importante. Hai presente i microchip che si mettono agli animali? Che tu sappia funzionano anche sott’acqua nel corpo degli animali marini?”

Il marinaio aggrottò la fronte “Bhè in realtà credo proprio di sì, li usano i ricercatori per tenere sotto controllo i branchi delle balene durante le migrazioni e cose così. Perché me lo chiedi?”

Ma John non stava neanche ascoltando, finalmente tutto aveva un senso, anche lo stiletto con cui Moriarty aveva pugnalato Sherlock. Il medico aveva notato che sulla punta vi era una leggera rientranza rettangolare ma non vi aveva fatto caso pensando si trattasse di un difetto o di una peculiarità dell’arma. Evidentemente il bastardo aveva approfittato dell’occasione per inserire il chip a Sherlock.

Ora capiva tutto quanto. Non avevano sconfitto James Moriarty, il consulente criminale si era lasciato sconfiggere solo al fine di mettere in atto il suo dannatissimo piano.

John scattò in piedi, il cervello in fermento, cercando disperatamente una soluzione. Il peschereccio di Moriarty era ancora in acque territoriali, quindi non avevano ancora preso Sherlock. Doveva raggiungerli, ma come? La sua unica imbarcazione era andata distrutta sugli scogli la sera della tempesta, e aveva seri dubbi che comunque avrebbe potuto inseguire un peschereccio supertecnologico su una vecchia barca a remi. Ma forse con una imbarcazione più veloce. . .

Si volse e si diresse a grandi passi verso Mike Stamford e afferrò con veemenza il bracciolo della sua poltrona girevole “Mike, ho bisogno di un grandissimo favore. . .”
 
***

Charles Magnussen osservò l’oceano che si stendeva immenso e selvaggio davanti a lui. Dopo tutti quegli anni passati a cercare di penetrare nei suoi recessi più oscuri, negli abissi che custodivano gelosamente un segreto che avrebbe cambiato per sempre il concetto di evoluzione umana, anzi l’intera umanità finalmente era vicino al raggiungimento del suo obbiettivo. Presto tutte le battutine sussurrate a mezza voce dai suoi colleghi, ogni insulto, ogni parola a sproposito si sarebbero trasformate in lame che avrebbero trafitto proprio coloro che le avevano incoscientemente pronunciate.  Dietro la sua figura, in piedi davanti alle immense vetrate della plancia era ancora visibile la costa, ma tra un’ora al massimo sarebbe scomparsa definitivamente, e con essa l’ultima barriera legale delle acque legali che si frapponeva tra lui e la sua preda.

“Oggi si fa la storia” mormorò più a se stesso che all’uomo che, poco dietro di lui, mollemente appoggiato alla console dei comandi concentrava la sua attenzione non sull’orizzonte ma su una mela che stava tagliuzzando svogliatamente, dopo averle dato solo un morso.

Moriarty alzò il volto, sorprendentemente inespressivo “A me basta avere i miei soldi” disse svogliatamente riportando la sua attenzione sul frutto rosso che teneva in mano. Magnussen lo guardò con aria di sufficienza e un lieve sorriso dispregiativo sul volto “È curioso sapete? Voi e io siamo incredibilmente simili, superiori a quella massa indistinta e idiota del volgo. Avevate le carte in regola per essere come me, perché avete scelto questa vita? Perché fate tutto questo? Per i soldi? Quelli come noi dovrebbero essere coloro che decidono il percorso di quel fiume che è la storia, non i pesci che vi nuotano dentro. Lo trovo un grosso spreco della vostra intelligenza” disse lentamente Charles.

Moriarty sorrise “Vedete, è proprio qui che vi sbagliate” disse poggiando la mela sulla console con un sorrisetto. “I nostri attuali ruoli sono tali proprio perché io e lei non siamo ugualmente intelligenti, o io in questo momento mi troverei al suo posto e lei al mio” disse prima di scendere verso il ponte scoperto della nave.

Charles rimase in silenzio, troppo concentrato su quello che di lì a qualche ora sarebbe accaduto per cogliere i significati sottointesi della frase del consulente criminale.

Non fece caso neppure alla mela che in seguito ad un leggero rollare della nave era caduta a terra e rotolata in un angolo. Fu così che non notò quello che Moriarty vi aveva inciso sopra, “I (morso) U”*
 
 
 

*Questa è una questione di sicurezza nazionale (scusa Mycroft) se ancora non conoscete il tunalock vi prego andatelo a cercare su internet.

*Sto assolutamente inventando di sana pianta ogni singola lettera di questo discorso per dare un senso alla trama. Non so se le legislazioni in materia siano come quelle che ho appena descritto. A mia discolpa posso solo dire che da quel che so qui sul lago di Como non si può pescare in alcune zone durante la stagione riproduttiva, quindi ho pensato che anche nel resto del mondo non fosse proprio legale.

*Ovvio riferimento alla mela di Moriarty del terzo episodio della seconda stagione (l’unico maledetto problema è che è praticamente impossibile riportare quello che Jim ci scrive sopra ne tantomeno tradurlo (credo che suonerebbe più o meno come “Io ti mangero?!?))

Saaalve, buongiorno e benvenuto queste sono le ultime volontà della sottoscritta che non aggiornava così rapidamente da mesi, letteralmente. Ci appropinquiamo con passo da faine mannare alla conclusione mentre io sto per morire tra palestra, faccende di casa, dieta un giorno si e tre no e ripetizioni di latino.

Che succederà ai nostri amati (e a volte un po’ teste di legno) beniamini? Lo scoprire tra. . .eee. . .tra. . . tra un ragionevole lasso di tempo. . .credo. . .

Adesso per par condicio, visto che ho aggiornato in quattro giorni, probabilmente non aggiornerò per un mese (scherzo) (ma anche no)

Ciaaaaaooooo.
 
P.s Lo so, lo so non centra assolutamente niente ma non potevo non allegarla: è semplicemente qualcosa di unico XD

   
 
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