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Autore: loveless_fairy    28/03/2005    4 recensioni
Fare volontariato fa bene allo spirito e al corpo. E' quello che impareranno Akira e Hisashi, in versione Cappuccetto Rosso e Lupo, dopo una giornata trascorsa nel reparto pediatrico dell'ospedale cittadino.
Genere: Commedia, Comico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Akira Sendoh, Hiroaki Koshino, Hisashi Mitsui, Kiminobu Kogure
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Casa Sendo.

 

Akira Sendo si svegliò poco dopo l’alba. Fuori il sole timidamente espandeva i suoi raggi caldi e la leggera nebbiolina della notte, svaniva come un fantasma immerso nella luce.

Si passò una mano fra i capelli e fece un respiro profondo. Il ragazzo al suo fianco mugolò qualcosa nel sonno, agitandosi brevemente, ma presto ritornò a dormire, cullato dalle lente carezze del ragazzo. Akira sorrise soddisfatto e ritornò ad accucciarsi sotto il corpo caldo del koi. Inspirò il profumo di muschio che si espandeva dai capelli e accarezzò lievemente la schiena nuda. Con l’onnipresente sorriso sulle labbra, si scostò quel tanto che gli permise di allungare un braccio verso il comodino. Aprì il primo dei due cassetti e ne uscì una piuma. Una lunga piuma candida. Si spostò facendo attenzione a non svegliare quel ragazzo dal carattere impossibile e si sistemò al suo fianco.

Prese un lembo del lenzuolo e lo abbassò con delicatezza, fino ai fianchi. Sorrise soddisfatto nel costatare l’arrendevolezza di quel corpo ancora addormentato. Era prono, con il viso appoggiato sul cuscino blu, il braccio sinistro lungo un fianco e quello destro piegato, vicino al viso.

Akira si avvicinò a quel viso perennemente imbronciato e baciò i lineamenti rilassati. Appoggiò il viso sul cuscino, vicino al braccio del koibito e, con la mano sinistra, fece scivolare lentamente la piuma sul corpo del suo ragazzo.

Iniziò dal viso. La piuma lambì le palpebre ancora chiuse e scese ad accarezzare il piccolo naso e le labbra rilassate. Seguì la scia tracciata mille volte dai suoi baci e scese giù sul mento, accarezzò lo zigomo e si avvicinò all’orecchio. La piuma dispettosa rifece il percorso che la lingua del ragazzo aveva provato milioni di volte per poi risalire sulla fronte aperta e ridiscendere veloce lungo il collo, dietro l’orecchio. Akira non riuscì a resistere alla tentazione e morse il lobo dell’orecchio, provocando in Hiro un sorriso compiaciuto.

La piuma riprese la sua discesa lenta e inesorabile. Accarezzò più volte la base del collo, intercalata dai baci del porcospino ormai senza aculei. Scese a poco a poco lungo la spina dorsale del compagno. Prima si fermò lungo le spalle, massaggiandole con la sua leggerezza, poi ne lambì i contorni, in una leggera danza. Disegnò immaginari ghirigori scendendo inevitabilmente verso il basso. Si fermò a disegnare un cuore e due lettere all’interno.

Akira appoggiò il capo sopra quell’immaginario punto d’unione e ascoltò il battito leggermente agitato del ragazzo. Si voltò verso il viso del compagno addormentato e lambì con la lingua l’orecchio. Vi entrò ed uscì parecchie volte. Ne accarezzò i contorni e morse il lobo con dolce decisione. Sentì Hiro mugolare nel sonno. Riprese la piuma e tornò a tracciare la strada del suo Paradiso personale. Toccò, accarezzò e baciò ogni centimetro di pelle disponibile e infine la piuma arrivò al confine posto dal lenzuolo. Akira risalì nuovamente quella strada immaginaria e si accostò al ragazzo. Aveva il viso rosso e il respiro ansimante. Era così dolce che avrebbe voluto divorarlo di baci. Succhiò la base del collo fino a farla diventare rossa. La sua mano sinistra accarezzò il braccio di Hiroaki e scese più in basso, mentre la lingua leccava e succhiava la spalla. Discese fino al bordo del lenzuolo e iniziò a farlo scendere lentamente. Akira cominciò a lambire nuovamente la pelle delle spalle, mentre le mani facevano scivolare il lenzuolo, scoprendo prima il fondoschiena, poi le gambe e infine lasciandolo privo d’ogni difesa, abbandonato mollemente sul letto.

<< Akira… >> sussurrò una voce roca.

<< Sì amore? >> gli rispose in rimando il ragazzo, ancora in contemplazione di quel corpo candido.

<< Sei un hentai. >> continuò Hiroaki soffocando un sorriso e voltandosi.

Akira rimase stupito a guardare quel corpo immortalato in quella posa lasciva. Le braccia sollevate sopra il capo, la gamba destra leggermente piegata verso l’alto, il sorriso malizioso che brillava sul suo volto…. Con lentezza esasperata scese fino al volto del ragazzo, fermandosi a qualche millimetro di distanza. Lo guardò negli occhi, con una dolcezza che solo Hiroaki conosceva.

<< Beh io sarò pure un hentai, ma anche tu non sei da meno… >> sorrise, spostandosi sul corpo del ragazzo, provocando in entrambi un brivido caldo lungo la schiena.

<< Solo perché ti amo alla follia… >>

<< Ti amo anche io, Hiro-kun… >> e finalmente annullò la distanza fra i due, incatenandosi ad un bacio lungo e fremente.

Morse le labbra rosse del suo koi, le accarezzò con la lingua e di nuovo lo baciò, mentre Hiro cominciava a muoversi sotto di lui, lentamente, accarezzando il ragazzo con il calore della propria pelle. Akira decise che quella tortura era durata anche troppo, così si staccò nuovamente dalla bocca del compagno e si abbassò a lambire un capezzolo, quando… suonò la sveglia. Come risvegliato da un incanto, Hiroaki aprì di scatto gli occhi, si alzò velocemente, facendo cadere a terra il compagno.

<< Hiro. >> mugugnò Akira rimettendosi a sedere sul letto e massaggiandosi la testa.

<< Mi dispiace amore. >>  gli rispose Hiro baciandolo << ma ricordi? Abbiamo un impegno importante! Dobbiamo alzarci! >> disse alzandosi velocemente.

<< Hiro! >> quasi urlò Akira con voce isterica.

Il ragazzo più basso sorrise e si sedette sulle gambe di Akira. Gli prese il viso fra le mani e baciò quelle labbra che sapevano di buono. La mano sinistra si alzò ad accarezzargli i capelli, mentre quella destra era ferma dietro la nuca e con il pollice gli accarezzava il lembo di pelle dietro l’orecchio.

<< Amore… >> cominciò con quel tono che Akira temeva tanto, quello che riusciva a convincerlo a fare tutto: << lo sai che è importante, vero? Su dai! Tanto quando torniamo avremo tutto il tempo che vorremo… ti prometto che non usciremo da questa stanza, neppure per mangiare… tanto che… non ti ho forse detto di aver comprato una confezione famiglia di Nutella? >> gli sorrise sornione prima di alzarsi e appoggiarsi alla porta del bagno.

<< Uffa Hiro… >> disse Akira con un tono fintamente arrabbiato: << Con te non riesco mai ad averla vita. Sei un diavolo! >> gli sorrise e si alzò.

Fece per avvicinarsi, ma Hiro, sempre sorridendo, aprì la porta del bagno e vi si chiuse, a chiave.

<< Scusa amore, ma se facciamo la doccia insieme faremo mooooolto tardi! >> e ad Akira non restò che appoggiare la fronte sulla porta, ormai definitivamente sconfitto.

 

Casa Mitsui.

 

<< Hisashi! >> esclamò Kiminobu ancora senza occhiali.

<< Kimi… >> sorrise sornione il compagno.

<< Ti ricordo che abbiamo un appuntamento. Non possiamo fare in ritardo! Tuo padre conta sul nostro aiuto. >>

<< Ma Kimi! Sei ingiusto! Io non capisco a cosa tu ti riferisca! >> disse una voce soffocata.

Kiminobu fece un respiro profondo, cercando di calmarsi.

<< Esci da sotto le coperte! >> esclamò serio.

Hisashi fece capolino da sotto il lenzuolo con la sua migliore faccia da cucciolo abbandonato. Sapeva che con Kiminobu funzionava sempre, ma quel giorno il suo ragazzo era intenzionato a non cedere a nessuna delle sue avance!

<< E va bene Kimi! >> disse sedendosi sul bordo del letto.

Prese il sotto della tuta, che la sera prima era finito sotto il letto, e lo mise in tutta fretta. Senza neppure voltarsi, uscì dalla camera, per poi rientrarci poco dopo dicendo:

<< Vado a preparare la colazione. Tu non ti muovere. Avremo una giornata pesante, meglio fare scorta di energie. >> nella sua espressione più fredda.

Quando Hisashi richiuse la porta, Kimi si lasciò andare contro la spalliera del letto sospirando. Forse quella volta aveva esagerato, ma lui sapeva come andavano a finire i “buon giorno” del compagno. Adorava perdersi fra le braccia di Hisa-kun, amava tutte le attenzioni che si rivolgevano, a cominciare dalle piccole quotidianità come la colazione a letto o guardare la tv insieme, sotto le coperte o sul divano sgranocchiando patatine e popcorn. Amava alla follia gli “attacchi amorosi” di Hisashi e quella mattina avrebbe tanto voluto ricambiarli, ma rischiavano di fare davvero tardi, perché lui, purtroppo, non sapeva dire di no. Avrebbero finito per farlo persino in bagno, nel tentativo di recuperare un po’ di tempo facendosi la doccia insieme. Per quanto ricordasse con Hisashi non era mai riuscito a farsi una semplice “doccia”! Lui sapeva benissimo come farlo cedere e Kiminobu non aveva abbastanza forza di volontà, perché tutto quello che facevano, lui lo adorava da impazzire. Ma quel giorno era diverso! Quel giorno avevano un impegno molto importante e non potevano mancare, così aveva fatto fondo a tutto il suo controllo e lo aveva rifiutato e il primo ad esserci rimasto male era proprio lui. Il viso arrabbiato di Hisashi, la sua espressione delusa… avrebbe voluto riempirlo di baci, ma poi avrebbero perso troppo “tempo”….

La porta si aprì poco dopo. Hisashi entrò in camera portando con sé un vassoio pieno di leccornie e Kimi iniziò a preoccuparsi. Hisashi sistemò il vassoio al centro del letto. Prese una tartina e la ricoprì di marmellata alle fragole e la portò alla bocca di Kimi. L’ex vice capitano dello Shohoku aprì la bocca ipnotizzato da quel movimento lento e dagli occhi brillanti del fidanzato e morse metà tartina. Hisashi sorrise. Portò la tartina vicino alla sua bocca e, senza distaccare lo sguardo da quello di Kiminobu, leccò con voluttà la piccola crema rosata. La lingua accarezzò quella crema, come faceva Hisashi con la pelle del suo corpo. E Kimi capì di essere stato vinto. Hisashi si avvicinò baciandolo e lo fece sdraiare nuovamente. Si sporse verso il vassoio e immerse un cucchiaino nella confettura. Si avvicinò al ragazzo e versò il contenuto del cucchiaino su un capezzolo del koi che gemette mordendosi un labbro. L’ex teppista immerse più volte il cucchiaino nella confettura e ritornò altrettante volte dal ragazzo. Ricoprì l’altro capezzolo, l’ombellico e scrisse MIO sul petto di Kimi, poi si sporse verso il vassoio, vi appoggiò il cucchiaino, prese il vassoio stesso e lo sistemò accanto al letto. Si voltò sorridendo verso il ragazzo, gli spostò una ciocca di capelli riversi sui suoi occhi e lo baciò con dolcezza.

<< Frequentando Akira stai diventando un hentai anche tu. >> gli sorrise Kimi accarezzandogli con la lingua, e catturando fra le labbra, la cicatrice del ragazzo.

<< Semmai è lui che sta diventando più maniaco… dovremmo chiederlo a Hiroaki. >> e poi scese sui capezzoli, mentre Kimi frenava una risata.

Leccò la piccola collinetta dolce sul capezzolo destro e n’assaporò il gusto agrodolce della confettura mischiata al sapore della pelle del koibito. Kimi aspirò tutta l’aria possibile e la rilasciò in un lento sospiro che fece venire i brividi ad Hisashi che, perso per un attimo l’auto controllo, prese fra le labbra il capezzolo e lo succhiò con violenza. Kimi si contorse sotto di lui e si morse un labbro per non urlare. Intrecciò le mani con i capelli corti del suo ragazzo. Hisashi morse e succhiò ripetutamente quella collinetta calda, invogliato dai gemiti di Kiminobu che fremeva sotto la sua lingua. Quando divenne rosso per i baci ricevuti, passò all’altro capezzolo, ancora ricoperto di marmellata. Fece scivolare la lingua, sopra la montagnola, in piccoli cerchi e poi la divorò in un’unica veloce leccata. Succhiò anche quel capezzolo, questa volta con dolcezza e scese più in basso ad assaporare quella parola di possesso. MIO. Perché Kiminobu era davvero suo, come lui era di Kiminobu. Leccò e morse la pelle addolcita dalla carezza della marmellata e scese verso l’ombellico. Vi introdusse la lingua un paio di volte. Kimi, intanto, si agitava sotto le sue cure e, con la mano sulla sua nuca, gli impartiva un ritmo amoroso immaginario. Inframmezzava il suo nome ai gemiti e ai sospiri, muovendosi voglioso sotto il suo corpo. Hisashi appoggiò le mani sui suoi fianchi e lo bloccò sotto di lui, causando un gemito di protesta. Con brevi leccate privò quell’incavo sicuro della dolce delizia e tortura. Si rialzò e si avvicinò al volto del compagno. Kimi gli prese il volto fra le mani e lo baciò con trasporto, duellando con lui per la conduzione del bacio. Quando si staccarono, Hisashi lo guardò un attimo. Kimi aveva il volto arrossato e gli occhi socchiusi, ma le labbra, le labbra erano increspate in un erotico e lascivo sorriso che nessuno, oltre a lui, aveva mai visto.

Allargò dolcemente le gambe del ragazzo e… squillò il telefono.

<< Sashi… >> ansimò Kimi.

<< Lascia stare. C’è la segreteria… >> gli rispose Hisashi succhiando il suo collo.

La segreteria si attivò in quel momento.

<< Hisashi lascia stare il povero Kimi! >> esclamò severamente la voce del padre del teppista. Hisashi si alzò di scatto, rosso in volto, quasi temesse di trovarselo in camera. Kimi si rialzò ridendo, mentre la voce continuava: << Vedete di sbrigarvi che qui aspettano solo voi! Hisa mi raccomando di mettere a posto la camera da letto, non vorrei che a Mariko venisse un colpo quando… >> ma Hisashi non lo lasciò terminare, prendendo la cornetta in mano.

<< Ma ti sembrano cose da dire? Certo che ci stavamo preparando! No. No. Il tempo della strada…. Ok. A dopo… >> mise giù il telefono esasperato: << Quell’idiota di padre che mi ritrovo mi farà morire giovane. Ma torniamo a n…. Dove diavolo sei Kimi!? >>

Il ragazzo, infatti, approfittando della distrazione del koi, era scivolato giù dal letto ed era entrato in bagno, senza che Hisashi, troppo preso dalla conversazione con il padre, se n’accorgesse.

<< Mentre io mi faccio la doccia, tesoro, vai a portare tutto in cucina. Ah! La porta è chiusa a chiave! >> disse sentendo Hisashi muovere il pomello della porta.

<< Ma Kimi! >> mugolò il ragazzo: << Dai apri! Prometto che faremo solo la doccia! >>

<< Hisashi Mitsui! Conosco le tue promesse! Non ne hai mai mantenuta una di questo genere! Facciamo così: tu vai a sistemare la cucina. Quando risalirai io sarò già fuori dal bagno, così potrai entrarci tu, mentre io mi vestirò e sistemerò la camera. Poi uscirai, ti vestirai e arriveremo in tempo per l’appuntamento. >> disse Kimi, mentre Hisashi poteva sentire chiaramente il rumore dell’acqua scendere nel box della doccia.

<< E io che ci guadagno? >> domandò alzando il tono della voce.

<< Quando finiremo con tuo padre, andremo al supermercato a comprare la panna spray e anche del gelato… >> e con il sorriso più beone che avesse, Hisashi scese in cucina.

 

Ospedale XXX.

 

Kiminobu entrò velocemente trascinandosi uno scalpitante Hisashi ancora con il broncio. Benché l’idea di quello che sarebbe stato lo eccitasse, il pensiero di aver lasciato a metà un elettrizzante “buon giorno” lo irretiva. Tutta colpa di quel padre ficcanaso che si trovava e di quel ragazzo astuto di cui si era innamorato perdutamente!

Passarono per il reparto ortopedia e salirono per la piccola nursery dell’ospedale imbandita per la gran festa. Come ogni anno, nel periodo della fondazione del reparto di pediatria veniva organizzata una grande festa per rallegrare la degenza dei piccoli ospiti dell’ospedale.

Quell’anno il padre di Hisashi, primario dell’ospedale, aveva chiesto aiuto ad Hisashi e Kimi per organizzare la festa. Hisashi, poi, aveva allungato l’invito anche ad una coppia di loro amici, Akira e Hiroaki, la cui madre era una collega di suo padre ed era primario del reparto maternità. Kimi, Hiro, ed altri volontari dell’ospedale, si erano occupati dell’organizzazione, mentre Akira e Hisashi avevano montato la piccola scenografia, con tanto di palloni e stelle filanti ovunque. Ma c’era qualcosa che né Akira e né Hisashi sapevano e che Kiminobu e Hiroaki non trovavano mai il tempo di dire….

 

Quando arrivarono trovarono già Akira e Hiro. Il primo era seduto su un sedile, di fronte alla nursery. Aveva il viso imbronciato e le braccia incrociate e aveva qualcosa di strano che nessuno dei due ragazzi riuscì a cogliere, almeno per il momento. Il secondo era in piedi, accanto al ragazzo e sorrideva contento. Per una volta sembrava che i due ragazzi si fossero scambiati i ruoli.

<< Scusate il ritardo. >> disse un trafelato Kimi, portandosi accanto ad Hiro.

<< Non vi preoccupate. Anche noi siamo arrivati adesso. >> rispose Hiroaki.

<< Uhm... c’è qualcosa di strano in te… >> notò Hisashi inginocchiandosi davanti ad Akira.

All’improvviso ebbe un’illuminazione.

<< Che diavolo hai fatto ai capelli, Akira! >>

Akira aveva i capelli che gli scivolavano sul viso, non più bloccati dal gel. Era una stranissima immagine. Nessuno l’aveva mai visto senza i suoi immancabili capelli a punta, tranne Hiro, s’intende. Hiroaki gli stava accanto sornione e ogni tanto gli passava le mani fra i capelli.

<< Hiroaki mi ha chiesto di non mettermi il gel. Ha insistito così tanto che non ho saputo dirgli di no, ma non ha voluto spiegarmi il perché. >>

<< Finalmente riesco a passare le mani fra i suoi capelli senza restarne intrappolato! >> rise Hiro pregustandosi già la scena che sarebbe venuta dopo.

Akira, invece, non aveva molto da ridere. Sapeva che il suo ragazzo gli stava nascondendo qualcosa, ma non riusciva a capire cosa…. Forse voleva che si tagliasse i capelli? Magari alla fine della festa lo avrebbe trascinato in un parrucchiere e lo avrebbe costretto a tagliarsi i capelli! Già tremava all’idea, quando arrivò il padre di Hisashi. Aveva con sé due grosse buste di carta.

<< Era ora che arrivaste ragazzi! >> li salutò allegramente, poi porse le due borse una al figlio e una ad Akira: << Avete cinque minuti per cambiarvi! >>

I due ragazzi si guardarono in volto con una muta domanda: cambiarsi? Guardarono i propri koibito che trattenevano una risata e osservavano il contenuto ancora nascosto delle buste, come sapessero che cosa vi fosse dentro….

I due ragazzi aprirono lentamente le due buste, mentre Kiminobu e Hiroaki, non riuscendo a fermarsi, scoppiarono a ridere nel vedere i loro volti sconvolti.

<< Voi siete pazzi! >> esclamò Hisashi appena si fu ripreso.

<< Non metterò mai una cosa del genere! >> disse Akira indicando il contenuto della borsa lasciata cadere a terra.

<< Ma ragazzi! Non potete farlo! Quei bambini vi stanno aspettando! >> cercò di convincerli il dottor Mitsui soffocando una risata.

<< Papà! Io non metterò mai un costume del genere! Si può sapere chi l’ha scelto? >>

<< E’ la fiaba preferita dai bambini, Sashi. >>

Kimi si avvicinò al suo ragazzo abbracciandolo e nascondendo il viso nel collo del koi. Baciò quella pelle delicata più volte e la lambì con la lingua, poi gli sussurrò: << Quei bambini aspettano questo momento da tanto… se farai il bravo bambino anche tu, ti lascerò scegliere il gelato. >> e si scostò quel tanto per vedere l’espressione estasiata del suo ragazzo, rosso come i capelli di Hanamichi.

<< Beh… se… se è per i bambini… >> farfugliò Hisashi cercando di darsi un contegno.

<< Certo! Tanto tu mica ti metti questo vestito ridicolo! >> disse Akira arrabbiandosi.

Hiroaki allora lo prese per mano e lo trascinò con sé fino ad un bagno. Entrarono e chiuse la porta dietro di loro.

<< Io quel vestito non lo metto! >>

Akira si appoggiò al lavandino e incrociò le braccia al petto.

<< Ma dai koi! È per dei bambini… >> gli disse il ragazzo spalmandoglisi addosso.

Circondò il collo con le sue sottili braccia e si avvicinò dolcemente al ragazzo, fino a baciargli la punta del naso.

<< Non puoi farmi questo favore? >> chiese con quel tono di voce che faceva accapponare la pelle ad Akira. << E poi… se mi farai felice… io farò felice te, stasera… domani…. >> intramezzò ogni parola ad un bacio veloce prima sugli occhi, poi sul naso, sulla fronte, sul mento… fino a raggiungere le labbra.

Akira attirò e strinse a sé il ragazzo e si lasciò andare ad un bacio lungo e caldo, sicuro di aver perso anche quella battaglia.

 

Quando uscirono dal bagno Akira era ancora con il broncio. Chiese dove fosse Hisashi e Kimi lo accompagnò negli spogliatoi dei dottori. Quando entrò per poco non gli venne un infarto! Beh visto l’abito che gli era toccato, avrebbe dovuto immaginare in cosa si sarebbe trasformato Hisashi, ma vederlo in quella maniera, con quel costume e l’espressione accigliata era tutta un’altra cosa.

<< Se provi a ridere ti gonfio di botte! >>

<< Hisashi. Sei bellissimo così! >> disse Akira prima di piegarsi in due e ridere a crepapelle.

<< Ridi. Ridi pure! Tanto fra poco sarò io a farlo! >> e detto questo tornò a rivestirsi, mentre Akira ricordava solo in quel momento cosa raffigurasse davvero il suo costume.

Fra risate, insulti e minacce, alla fine i due ragazzi furono pronti e diedero due pugni alla porta, come da accordo. Entrarono tre infermiere con tanto di trousse e trucchi vari e in breve furono pronti per uscire.

 

Se qualcuno li avesse visti in quel momento, magari qualche membro della loro squadra, avrebbe rischiato l’infarto.

Dopo molte ritrosie e rassicurazioni da parte del padre di Hisashi e la madre di Hiroaki, che a quella festa non vi fossero altro che i bambini e addetti ai lavori, Hisashi e Akira uscirono dalla stanza, con un’espressione fra il funebre e l’infuriato.

Hisashi indossava una bella pelliccia da lupo delle favole e Akira, invece, aveva un bel grembiulino, un cestino da picnic e una bella mantellina rossa, che aveva costretto il ragazzo a privarsi del suo amatissimo gel. Inoltre le infermiere avevano bloccato i capelli in due piccoli codini. Alzi la mano chi, di fronte all’immagine di due ragazzi alti fra il metro e ottanta e il metro e novanta, vestiti rispettivamente da Lupo cattivo e Cappuccetto Rosso, riesca a mantenere un’espressione fredda e distaccata. Naturalmente nessuno e infatti tutti scoppiarono a ridere e Kimi e Hiro dovettero faticare parecchio per impedire ai due ragazzi di entrare negli spogliatoi e cambiarsi.

 

Il dottor Mitsui pronunciò il suo discorso benaugurale, al quale presero parte le alte gerarchie dell’ospedale e la festa ebbe inizio, fra schiamazzi, palloncini, dolci e giocattoli qua e là.

Akira e Hisashi entrarono poco dopo con il cestino pieno zeppo di caramelle. I bambini, dapprima impauriti dal loro aspetto possente, si fiondarono subito addosso alla visione della loro fiaba preferita, mentre i ragazzi cominciavano impacciatamene a distribuire caramelle a tutti i bambini. La musica di sottofondo era dolce e avvolgente. Era un tripudio di luci e colori.

Dal reparto maternità salirono le madri con i neonati. Dal reparto geriatria, alcuni anziani, guidati dalla musica e accompagnati dagli infermieri, arrivarono quando già la festa era al suo pieno delirio. In breve la festa si era diffusa in gran parte dell’ospedale e da ogni reparto salivano pazienti curiosi, richiamati dallo schiamazzo generale.

 

In un angolo della nursery, Hiroaki gonfiava i palloncini colorati con l’elio e poi li assemblava insieme in mille forme differenti. Nelle sue intenzioni avrebbero dovuto assomigliare a cani, gatti e persino conigli, ma il manuale che aveva comprato qualche sera prima, non era neppure riuscito ad aprirlo, troppo impegnato… ehm… in altre situazioni…. Così quell’agglomerato di palloncini colorati appariva come… un agglomerato indecifrabile di plastica ed elio, ma con un po’ di fantasia, nella mente dei bambini riusciva a trasformarsi in mostri dall’aspetto possente.

Kiminobu si era preoccupato di pensare alla merenda dei bambini e gran parte della cioccolata e del latte era inevitabilmente finita sui suoi vestiti.

Gli altri volontari si districavano fra gli “ospiti dell’ultima ora”, contagiati dall’aria di allegria.

Hisashi e Akira… o beh! Loro erano come Topolino ad Eurodisney: circondati da una marea indistinta di urla e visi che chiedevano attenzione.

<< Tu non assomigli a Cappuccetto Rosso. >> fece un bambino dal cipiglio serio ad Akira.

<< Perché moc… volevo dire… bambino? >> chiese Aki cercando di falsare la voce.

<< Cappuccetto Rosso non era così alta! >>

<< E’ perché ho mangiato tutto quello che la mamma mi cucinava! >> rispose Akira e cercò di spostarsi, sperando di allontanare quel bambino, però il piccolo non sembrava molto intenzionato.

<< Allora vuol dire che mangerò anche io tutto e crescerò e poi ci sposeremo! >>

Il bambino gli sorrise felice e gli si aggrappò alla gamba. Hiro, che da lontano aveva seguito tutta la scena, scoppiò a ridere nuovamente. Akira provò ad impietosire il suo ragazzo, cercando di invogliarlo ad avvicinarsi e togliergli quel moccioso da dosso, ma Hiro sembrava così intento a creare obbrobri con i palloncini, da non recepire il messaggio.

<< Vedi bambino. >> disse infine Akira sollevandolo da terra e mostrandogli Hiro: << Purtroppo Cappuccetto Rosso è già sposata con quel ragazzo laggiù! >>

Il bambino guardò prima Hiro, poi Cappuccetto, poi di nuovo Hiro e infine Cappuccetto, in un alternarsi di strane espressioni. Alla fine si fermò su Akira e sorrise:

<< Tanto io non sono geloso! >>

Questo era troppo, pensò Akira cercando con lo sguardo una via di fuga. Purtroppo i due dottori erano stati più furbi e avevano bloccato le due vie di fuga con i loro corpi. Cercò aiuto in Kiminobu ma si divertiva un mondo a leggere le storie ai bimbi più piccoli, sopra il gran materassone rosso. Allora rivolse il suo sguardo all’unica persona che potesse comprendere il suo dolore, il compagno di sventura: Hisashi “Lupo Cattivo” Mitsui. Si voltò lentamente, sempre con il bambino attaccato alla gamba, e lo vide e meglio lo intravide: era sdraiato a terra, soverchiato da almeno una decina di bambini che volevano “fare un giro”, mentre lui annaspava alla ricerca di aria, cercando di uscire da quella collina umana dalla quale fuoriusciva solo la coda. Perduti! Erano stati vinti miseramente! Si trascinò fino al povero lupo, con ancora il bambino caparbiamente aggrappato e disse con tutto il coraggio che aveva:

<< Chi vuole ballare con Cappuccetto Rosso? >>

I bambini saltarono su all’urlo “io”, aggrappandosi al grembiule di Akira. Hisashi poté finalmente alzarsi, massaggiandosi la schiena. Si voltò veloce verso il suo ragazzo e lo vide in un angolo della nursery. Aveva un libro in mano ed era vicino ad Hiro. Erano accerchiati da tanti bambini molto piccoli e insieme, alternandosi, leggevano e mimavano una favola.

Peccato non poter avere bambini! Fino a quel momento non ci aveva mai pensato, ma c’era qualcosa che lo rattristava sul suo futuro con Kiminobu: il non poter avere figli. Il loro amore diverso impediva loro di vivere una vita normale. Non potevano averne, né adottarne e solo perché, per la società, il loro amore non era vero, ma solo una libidinosa voglia disumana, contraria alla morale, che fuorviava la mente dei bambini, come una malattia contagiosa. Ma erano davvero così sbagliati? Il loro amore valeva di meno rispetto a quello degli altri? Se si fosse sposato con una ragazza tutta sorrisi e gentilezze, forse la società l’avrebbe rispettato di più? Ma lui avrebbe mai potuto amare qualcun altro che non fosse Kimi? Che poteva farci se la persona dei suoi sogni aveva le fattezze di un ragazzo? Nulla. Lui amava Kimi e il loro amore avrebbe compensato persino la mancanza di un figlio… però, ripensandoci, era tutto così ingiusto.

Si voltò verso Akira e lo vide ballare goffamente in mezzo alla stanza. Aveva un bambino attaccato ad una gamba? Ehm… e poi c’era una bambina che danzava aggrappata a lui, facendosi leva sui piedi di Akira, sui quali si era appoggiata. Fece un sospiro profondo e invitò una bimba a ballare e così poi fece con un’altra e un’altra ancora, fino alla fine della festa.

 

<< Sono stanco morto. >> sospirò Hisashi, ancora vestito da lupo, riversandosi su di una sedia.

<< A chi lo dici! Meno male che avevo le scarpe da ginnastica, però… cavoli ma le ragazze come fanno ad indossare queste calze? >> disse Akira grattando i collant bianchi.

Avevano ballato, raccontato barzellette, giocato a nascondino e persino cantato, per gran parte del mattino e del pomeriggio. Alla fine, ma guai ad ammetterlo, specie di fronte ai propri astuti ragazzi, si erano divertiti anche loro e Akira aveva ricevuto ben 5 proposte di matrimonio.

<< Mio caro koi, trema: mi hanno chiesto in cinque di sposarmi! >> sorrise soddisfatto dalla sedia.

<< Ma davvero? E dimmi: devo iniziare a preoccuparmi? >> gli disse sedendosi sulle sue gambe.

<< Dovresti… ma sai che ti amo troppo, nonostante tutti i tuoi difetti. >> e detto questo lo baciò.

<< Ragazzi un po’ di contegno! >> esclamò divertito Hisashi.

<< Su Sashi! Inizia a cambiarti. >>

<< Uhm… Kimi! Perché tu non fai come Hiro? Sono così stanco… potresti pure coccolarmi… >>

<< Beh Sashi… io pensavo di farlo stasera, come da accordi… >> gli rispose Kimi con voce bassa, allungandogli i vestiti: << Ma visto che sei stanco… >> e sorrise vedendo il koi arrossire.

Hisashi prese subito gli abiti e uscì come una furia dalla stanza. Akira e Hiro si staccarono sentendo la porta sbattere.

<< Dov’è andato Hisashi? >> chiese stupito Akira.

<< Oh beh… si è ricordato di un patto ed è andato a cambiarsi. >>

Patto. Quella parola volò e si rafforzò nella mente di Akira. C’era qualcosa che doveva ricordare assolutamente. Guardò il suo ragazzo nei suoi occhi scuri, come la cioccolata…. Cioccolata…. Nutella! Si alzò di scatto, con in braccio il ragazzo, gli diede un bacio sulla fronte, lo appoggiò sulla sedia, prese i vestiti e uscì come una furia. Kimi guardò stupito tutta la scena. Fece per chiedere spiegazioni a Hiroaki, quando lo vide grattarsi imbarazzatamene la punta del naso:

<< Anche lui si è ricordato del… ehm… patto. >> e risero insieme.

 

Quando uscirono dal bagno, Akira e Hisashi videro i loro ragazzi aiutare i volontari e gli infermieri dell’ospedale. Si guardarono in volto e sospirarono rassegnati: dopo il danno pure la beffa. Si fecero largo fra il personale ospedaliero e, insieme a Hiro e Kimi, cominciarono a smontare il piccolo palco. Posarono le sedie e i tavoli nel magazzino dell’ospedale. Aiutarono gli infermieri a portare via tutto il materiale. Sistemarono i palloncini superstiti nelle camere dei bambini, misero i giocattoli nei propri contenitori e, quando infine la nursery riprese l’aspetto originario, fuori il sole iniziava il suo cammino verso i monti.

 

Hisashi stiracchiò le ossa intorpidite e soffocò uno sbadiglio. Akira si passò una mano fra i capelli. La prima stella della sera brillava già all’orizzonte, lontana dal sole, immersa in una tavolozza celeste che affondava nel blu del mare profondo. Rimasero per un po’ affascinati da quello spettacolo per loro insolito, sempre di fretta e con tanti pensieri per la testa.

Assaporarono a pieni polmoni l’aria fresca della sera e si sedettero su un muretto di recinzione, attendendo l’uscita dei propri ragazzi.

<< Che giornata! E pensare che avrei fatto carte false per non venire! >>

<< E invece è stata una giornata grandiosa, vero Akira? >> e il ragazzo annuì in silenzio.

<< Allora si va? >>

<< Era ora che arrivaste, Kimi! Stavamo invecchiando precocemente! >>

<< Quante storie per cinque minuti di ritardo… >>

 

I quattro ragazzi s’incamminarono insieme nella stessa direzione, per poi dividersi alla stazione della metropolitana. Hisashi e Kimi salirono subito sul treno diretto verso casa, mentre Akira e Hiro attesero il treno successivo, che li avrebbe portati verso sud.

 

Hiro osservava distrattamente la gente raggrupparsi composta davanti a loro. Era stata una giornata davvero particolare.

Sentì un peso sulla sua spalla e dei capelli stuzzicargli il mento. Sicuro che nessuno li guardasse, diede un bacio veloce sulla fronte del ragazzo e gli accarezzò la guancia con dolcezza. Sospirò e attese il treno, sperando, in cuor suo di non addormentarsi pure lui.

Quando infine giunse il treno, svegliò Akira che si stropicciò gli occhi, come un bambino.

<< Sei stanco, eh koi? >>

<< Non quanto puoi immaginare…. Mi devi ancora qualcosa da stamani… >> cercò di sorridere.

Il ragazzo aveva gli occhi socchiusi e rossi. Hiro gli circondò un braccio e gli si appoggiò alla spalla. Akira rimase stupito dalla mossa del koibito, ma poi si sciolse dalla presa e lo abbracciò da dietro, stringendolo a sé. Stretto in quell’abbraccio caldo, Hiro inspirò il profumo intenso del compagno, assaporandone ogni sfumatura.

 

Fortunatamente in breve furono a casa. La sera era già scesa e l’aria, ancora più fresca, sferzava i volti dei due giocatori. Stretti nei loro giubbotti, affrettarono il passo verso casa. Un lampione alternava, in un veloce ritmico susseguirsi, luce e ombra. Il vicolo deserto, quella sera sembrava uscito da un sogno e mille piccoli particolari salivano alla mente, immergendosi nei ricordi. Era una serata così bella che sembrava un peccato affrettarsi verso casa, così, inconsciamente, i due ragazzi rallentarono l’andatura.

Una lucciola tagliò loro il cammino, rincorsa da un gattino tigrato. Il cane del vicino abbaiò assonnato al rumore dei passi, per poi acquietarsi nuovamente dopo poco. Le voci della tv si immergevano nella sera silenziosa, divorate e inglobate dal silenzio. Tutto, quella sera, possedeva qualcosa di magico.

Akira aprì la porta e la richiuse alle sue spalle dopo un’ultima occhiata al mondo fuori. Abbracciò il suo ragazzo da dietro e gli scompigliò i capelli.

<< Hiro tu vatti a cambiare… io prendo la nutella… >> gli sorrise, dando un bacio a quel naso perfetto e sottile.

<< Akira… anche mezzo addormentato resti sempre un hentai. >>

Akira andò in cucina, mentre Hiro salì in camera. Aprì la porta e vide il letto ancora sfatto, la piuma sopra il cuscino. La prese fra le dita e le sensazioni del mattino lo coinvolsero nuovamente, facendogli assaporare il gusto dell’amore. Si sbottonò la camicia e tolse pantaloni e biancheria. Rovistò un po’ nell’armadio di Akira e vide la maglia dei Bulls, che aveva comprato qualche mese prima. Quella maglia che a lui stava troppo grande, che gli accarezzava le ginocchia in un gioco a nascondino con i propri sensi e che rientrava a merito nelle fantasie del compagno. Si sedette sul letto e rimase ad aspettare. Dopo dieci minuti Hiro scese a controllare la situazione. Entrò in cucina e vide Akira addormentato sulla sedia, con il barattolone di nutella davanti. Si passò ridendo una mano fra i capelli, poi si avvicinò al ragazzo. Lo fece alzare delicatamente, gli passò un braccio dietro la testa e lo portò, piano piano, in camera da letto, con un po’ di fatica.

Fece sdraiare il suo ragazzo sul letto e lo privò degli abiti. Sembrava così piccolo e indifeso in quel momento che ad Hiroaki si strinse il cuore. Lo coprì con le coperte, spense la luce dell’abatjour e si sistemò al suo fianco. Istintivamente Akira circondò i fianchi del ragazzo e così si addormentarono.

 

<< Hai sonno Sashi? >>

<< Non dire scemenze, Kimi! >> gli rispose Hisa sbadigliando.

Non è che avesse davvero sonno… era solo colpa di quel treno e della sua lenta corsa. Quel tun tun cadenzato… come aveva fatto sempre a restare sveglio? Avrebbe anche potuto chiudere un occhio, solo per farlo riposare, perché lui non aveva sonno, era solo un po’ stanco…

<< Hisa… >> gli sussurrò Kimi e lui si voltò a guardarlo: << Perché non ti riposi un po’? Appoggiati a me, ti sveglio io… >> e accompagnò le parole ai movimenti, facendo appoggiare la testa del compagno sulla sua spalla.

<< Io non ho sonno, Kimi…. Sto solo riposando… >>

<< Sì amore… sì… >>

Quando poco dopo Kimi lo svegliò, ad Hisashi, nonostante fossero trascorsi dieci minuti, sembrò di essersi appena appoggiato alla spalla del ragazzo.

Scese dal metrò borbottando qualcosa in stile Sakuragi, sbadigliando e intramezzando le parole agli sbadigli. Kimi gli stava affianco sorridendo. Aveva un ragazzo caparbio fino all’inverosimile.

Strinse la sua mano e lo trascinò verso casa. La sera era già scesa, veloce come un fulmine. Le stelle in cielo sembravano mille occhi curiosi aperti sulla città. Tanti riflettori sulle vite quotidiane degli uomini, sulle vittorie, sulle sconfitte, sulle battaglie di tante esistenze normali. Una leggera brezza fresca solleticò i volti dei due ragazzi, soli fra la folla di ritorno a casa. Le serrande abbassate dei negozi, le panchine vuote dei parchi, i giochi abbandonati… tutto sapeva di magico e profondamente malinconico. Incurante degli sguardi affollati attorno a loro, Hisashi abbracciò il ragazzo di poco più basso. Quella sera si sentiva strano, colmo di qualcosa di non ben definito.

Arrivarono fin troppo presto a casa. Kimi aprì la porta ed entrò insieme ad Hisashi.

<< Forse è meglio andare a dormire, Sashi… >>

<< Neanche per sogno! Ricordi cosa mi hai promesso stamani? Io voglio tutto, anche senza panna! Perciò, Kimi-kun, preparati perché non usciremo dalla stanza neppure cascasse il mondo. >>

I due ragazzi risero di cuore e si lasciarono andare ad un bacio che sapeva di fragole e more. Salirono in camera con lentezza. Kimi fece segno ad Hisa di cambiarsi, mentre lui entrava un attimo in bagno. Appena dentro, attese qualche attimo e uscì sorridente. Hisashi era riverso sul letto con un’espressione pacifica dipinta sul volto e le braccia aperte. Kimi gli tolse la giacca e lo privò degli altri indumenti. Spostò le coperte, lo sistemò all’interno e lo coprì. Fece il giro del letto e si sdraiò al suo fianco, circondandolo con un braccio, mente con l’altro spegneva la piccola abatjour a forma di mezza luna (come la mia! ^O^ NdA.). Diede un bacio al proprio ragazzo e si sistemò sul suo ampio petto, respirando profondamente fino ad addormentarsi, cullato da quel calore che tanto amava e tanto aveva atteso.

 

Il vento cessò di bussare alle finestre chiuse. Le stelle divennero luminose, mentre la luna solcava il cielo con il suo lento incedere.

  
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