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Autore: Applepagly    23/07/2016    4 recensioni
Alla ricerca di se stessa, per qualcosa che ha perduto: per Bloom il fuoco, e per le altre?
Genere: Fantasy, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Brandon, Helia, Nuovo personaggio, Winx
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Merry-go-round'
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Parte prima - Allontanarsi
 

  Chiuse la conversazione, augurandosi che i ragazzi riuscissero a raggiungere la loro destinazione senza che il velivolo riportasse altri danni.
Si accorse che la batteria del telefonino era quasi scarica. Se ci fosse stata Tecna, forse avrebbe provveduto con un semplice schiocco di dita.
Un nodo si strinse attorno alla sua gola. Era difficile da ammetterlo, ma il solo pensiero di lei lo turbava e gli impediva di continuare quel che stava facendo.
Non era esperto in quel genere di faccende ma, se aveva inquadrato bene quella ragazza, le sue deduzioni erano corrette. L'ultima volta gli era parsa diversa, e non in bene.
Era come se fossero tornati agli inizi, quando a malapena si conoscevano e l'unica cosa che avevano in comune era l'elettronica. D'accordo, restava comunque l'argomento protagonista delle loro "chiacchierate", ma ormai sapevano di poter discutere di qualsiasi cosa... o forse era lui, a darlo per scontato?
In fondo, non aveva mai dato alla fata alcuna ragione di credere di volere qualcosa di più, di una semplice amicizia; l'iniziativa non faceva per lui, ma in quel momento si rese conto che forse avrebbe dovuto fare violenza a se stesso ed agire, prima che qualcuno potesse portargliela via?
Ma come doveva fare?
Si fermò così, sotto un pannello della navetta che stava riparando; cacciavite in mano, doveva aver assunto un'espressione a dir poco imbambolata, perché quando Maria e Flora lo trovarono in quello stato scoppiarono a ridere.
Rialzandosi bruscamente diede una sonora testata al metallo, sospirando all'idea di aver rimediato una figura ancor peggiore. «Ragazze» borbottò Timmy, massaggiandosi il capo. «Come posso esservi utile?»
«Hai visto Musa? Aveva detto che sarebbe venuta da te per vedere se avevi bisogno di aiuto» spiegò la prima. «In realtà credo che il suo fosse solo un tentativo di ammazzare il tempo. Voglio dire... non credo che ne sappia molto di...»
«...Barre di comando. O se vuoi puoi chiamarla cloche» concluse per lei, con un sorriso. «In ogni caso, no, non so dove lei sia... aspetta; credo di averla vista parlare con un altro ragazzo di Fonterossa»
Le due si scambiarono un'occhiata perplessa. In quel breve periodo, la strega si era avvicinata molto alle due fate e, ovviamente, era venuta a sapere di Musa e Riven; perciò ad entrambe parve strano che lei rivolgesse la parola a qualche allievo dell'accademia che non fosse lui, più che altro perché, come specialmente Flora sapeva, la sua amica considerava un po' tutti i maschi degli imbecilli patentati e cercava di averci a che vedere il meno possibile.
Però, dopotutto, si trattava solo di due studenti che scambiavano quattro chiacchiere! Non era nulla di formale. «Lo conosci?»
«Uhm... non troppo bene» rispose, tornando alle sue mansioni. «Si chiama Jared. Lui ed Alan si sono occupati della riparazione della navetta su cui viaggiano Brandon e gli altri»
«Grazie, Timmy» sorrise Flora, mentre tornavano in cortile. Maria le era sembrata turbata, ma non ebbe il tempo di domandarle spiegazioni; era il momento di investigare ancora un po' nella memoria fasulla di Vera, perché il tempo stringeva e chissà cos'avrebbero potuto trovare.
Musa era poco più avanti di loro; rideva, forse per una battuta fatta da quel bel giovane dagli occhi d'ambra.
Jared...
La strega si sentì in imbarazzo, quando lui si voltò verso di loro. Tra tutte le persone che avrebbe voluto incontrare, proprio lui... certo, dal momento che sia Fonterossa che Torrenuvola erano state accolte lì, avrebbe dovuto sapere che prima o poi sarebbero stati faccia a faccia, però...
«Oh, Jared... queste sono Flora e Maria, due mie amiche» spiegò la fata. «E lui è... beh, in realtà lo conosco solo da qualche minuto»
Jared sorrise, facendosi un po' malinconico quando fu di fronte alla bella streghetta dai capelli del colore dei lillà. Questo non passò inosservato allo sguardo attento di Flora che, sebbene la conoscesse a malapena da due giorni, aveva già sviluppato una profonda simpatia per quella ragazza.
In lei rivedeva un po' se stessa; forse perché avevano un temperamento simile che puntualmente portava entrambe a dubitare delle proprie capacità, sebbene queste fossero, a detta delle rispettive presidi, straordinarie. Però c'era qualcosa di indefinito che spesso rendeva Maria meno allegra del solito; come un brutto ricordo che persisteva e che le impediva di godersi a pieno i pochi momenti di serenità.
«Tanto piacere» fece il ragazzo. «Ora è meglio che vi lasci. Alan mi starà cercando»
Si congedò, e la voce di Musa apparve un po' più calda, nel salutarlo. «È un tipo un po' strano. Magari dopo vi racconto. È timido, però è simpatico»
Già... alla fine forse ha coronato il suo sogno... ha fatto amicizia con una fata e se n'è invaghito.
Ma non aveva importanza. Di certo non avrebbe permesso a simili sciocchezze di intralciare in quello che era ormai anche un suo compito.
«Comunque, immagino che mi steste cercando per Vera, giusto?»
Le altre due annuirono. «Maria ha ritrovato le energie e Vera è di nuovo pronta a mostrarci il passato delle Trix» disse Flora.
«Allora non aspettiamo oltre»
  Vera fluttuava ancora nella stessa aula del giorno precedente. Chissà cosa doveva provare, a restare addormentata... la strega aveva spiegato che era necessario affinché, una volta sveglia, non riportasse danni cerebrali dovuti alla loro intromissione nella sua mente.
«Iniziamo» annunciò Maria, mentre ripeteva l'incantesimo della volta prima.
Furono catapultate a Torrenuvola. Darcy le aveva condotte nel dormitorio; accostando l'orecchio alla porta che recava i nomi delle sorelle, sentirono che confabulava con Stormy.
Senza neanche rendersene conto, le tre ragazze attraversarono le pareti della stanza come fossero diventate immateriali.
Seduta sul bordo di un letto, la giovane figura di Vera cercava di consolare la minore. Sembrava che entrambe avessero un paio di anni in più, eppure la ricciolina appariva la stessa bimba allegra della casetta nel bosco.
Le Winx si chiesero che cosa potesse averla mai spinta a diventare quel che era ai giorni loro. Aveva semplicemente cambiato musica dall'oggi al domani o aveva semplicemente lasciato germogliare i semi del male che erano in lei?
«Non devi prendertela, Stormy» fece la maggiore. «È normale che le nostre compagne siano un po' più avanti, rispetto a noi. Hanno sempre vissuto in una casa vera, con i loro genitori, maghi e streghe con anni di allenamento alle spalle»
«Non è giusto!» piagnucolò l'altra. I suoi magnetici occhi cerulei sembrarono emanare scintille, e fu facile cogliere l'ombra che li aveva attraversati. «Si credono tanto brave solo perché hanno avuto fortuna!»
All'improvviso, le due fate realizzarono che quel che poteva aver portato Stormy sulla strada sbagliata era il desiderio di riscatto. Se per Darcy si era trattato dell'esigenza di seguire le uniche persone che amava, per la più piccola era stata la voglia di mettersi alla prova e dimostrare di valere quanto gli altri, se non di più, nonostante la condizione di svantaggio da cui era partita; e tutto ciò era alla fine sfociato in una crudeltà matta.
Ma era lo stesso per Icy? Senz'altro anche lei aveva sempre serbato in cuore l'ambizione di affermarsi al di sopra di coloro che, come emerse dalle lamentele che mosse dopo la minore, le avevano sbeffeggiate dalla prima volta che avevano messo piede nella scuola.
Eppure non poteva essere solo quello. Ancora non sapevano chi fosse il misterioso bambino e per quale ragione la strega del ghiaccio si ostinasse a rifiutare la sua proposta.
«Abbi pazienza. È vero: noi non conosciamo tutte le loro formule, senz'altro. Ma non dimenticare quello che facesti una volta, nella foresta accanto a casa» disse Vera, sfoggiando una sorta di ghigno che non le apparteneva. «Ogni volta che ti senti inferiore, ricorda da chi discendiamo e cosa siamo. Loro, al confronto, valgono ben poco»
E così, sin da piccole le Trix erano state educate al culto delle tre Antenate. Non sapeva perché, ma Musa aveva sempre creduto che avessero scoperto le proprie origini solo durante la loro permanenza a Torrenuvola; e invece le sorelle erano sempre state consce del sangue che scorreva nelle loro vene, ma non di quel che avrebbe comportato.
Che cosa aveva voluto dire, Icy, parlando di "accettare l'aiuto di chi aveva sterminato la loro famiglia"? Il misterioso bambino era dunque un assassino? Perché? Perché Darcy mostrava loro tutto ciò? Voleva che le fate si ricredessero su di loro?
Pensandoci bene, cosa sarebbe accaduto, qualora avessero fatto luce sulle loro ragioni? Se il motivo di tanta malvagità erano i trascorsi turbolenti, avrebbero davvero potuto condannarle?
Però tutti abbiamo sempre la possibilità di fare diversamente... no? Avrebbero potuto cercare di risparmiare ad altri quel che loro stesse avevano passato, e invece... hanno preferito condannarli a quel destino.
Musa scosse la testa. No, non potevano passarci sopra, qualsiasi cosa fosse saltata fuori da quei ricordi. Nessuno avrebbe mai potuto cancellare i loro errori o, se anche ci fossero riusciti, lei non era disposta a concedere il proprio perdono.
Stormy stava per ribattere qualcos'altro, ma il trio non seppe mai che cosa disse. All'improvviso, la scena fu squarciata e si ruppe in mille pezzi, come uno specchio contro cui veniva gettato un sasso.
Le tre ragazze precipitarono in un baratro profondo, fino a che la caduta si arrestò in una serra.
«Che cosa sta succedendo?» domandò Musa, spaesata. «Dove siamo?»
Maria si guardò attorno, confusa a sua volta. «Non lo so... io credo che la mente di Vera sia consapevole di aver ereditato un ricordo fasullo. Lo ha interrotto perché non sa come proceda... e questo significa che forse il sortilegio di Darcy si può contrastare più facilmente di quanto credessimo» constatò. Si chinò, osservando un'aiuola. «Questo dev'essere parte della memoria assopita, ma... non ho idea di cosa sia»
«Questo posto è... la serra a casa di mia nonna» realizzò Flora, sconvolta. «Su Linphea»
Vera, poco più che ragazzina, rincorreva una bambina, ridendo. E quella bambina aveva un volto noto.
«Flora, la conosci?»
Lei annuì, sconvolta. Era sua sorella.
Perciò si conoscevano? Ora che ci pensava, spesso Miele le aveva raccontato di una sua amica, ma non aveva mai ricollegato le due cose. E così, quella ragazza proveniva da Linphea?
Il breve ricordo svanì, ma forse Flora aveva trovato la soluzione a tutta quella storia.
«Musa... ricordi che l'incantesimo che hai usato per svegliare Vera era scritto sul libro di cui ti parlavo?» iniziò, pensierosa. In genere tendeva a sottovalutarsi, ma quella volta comprese di aver avuto una trovata che avrebbe potuto funzionare davvero. «Ricordo di aver letto che è possibile ricreare un ambiente nella memoria di qualcuno. È una procedura complicata, ma con l'aiuto di Maria penso si possa fare!»
«Ricreare un ambiente... non potremmo usare il simulatore di Palladium?» fece l'altra.
La fata dei fiori scosse la testa: il simulatore avrebbe potuto ricostruire un luogo generico di Linphea e comunque loro avevano bisogno di ricercare quel frammento di memoria di cui erano state testimoni. «In questo modo potremmo riuscire a far leva sul suo subconscio per aiutarla a ricordare»
Musa si concesse qualche istante per riflettere. Valeva la pena di provare, no? E poi lei non aveva idee migliori. «Per me va bene. Oh, Tecna mi sta telefonando...» cosa poteva essere successo?
Flora annuì. «D'accordo. Vado in biblioteca per saperne di più! A dopo»
Maria la seguì, ma per tutto il tragitto fu assente. La preoccupava l'idea di non riuscire in quel che le sue due nuove amiche si aspettavano da lei, di deluderle.
Sapeva, aveva sempre saputo, che la natura del suo potere un giorno le avrebbe permesso di manipolare le menti altrui proprio come faceva Darcy, ma per guidare la loro coscienza verso la retta via. Avrebbe potuto risolvere quella situazione se solo avesse avuto abbastanza fiducia in se stessa ma, come al solito, quella stupida insicurezza minava ogni sua azione.
E adesso... adesso che aveva rivisto Jared aveva conferma di quanto fossero vani i suoi tentativi di dimostrare che anche una strega poteva essere "buona".
Tacque, per non dar voce a qui pensieri che chissà come l'avrebbero fatta apparire agli occhi degli altri - di quella dolce e gentile fata. Ma se c'era qualcosa che quella dolce e gentile fata aveva imparato, era che erano proprio quei pensieri ad aver bisogno di essere condivisi; e questo perché chi, meglio di lei, avrebbe potuto capire qualcuno che dubitava di sé?
Parlò per prima, convinta che quel forte turbamento fosse dovuto anche e soprattutto al loro incontro con quello Specialista, Jared. Prima di allora, non aveva mai visto Maria così assorta.
«Senti... va tutto bene?» chiese dunque, una volta raggiunta la cima delle scale.
Come avrebbe dovuto risponderle? Perché no, non andava tutto bene, ma non era sicura che lei potesse capire. «Beh...» oh, per una volta avrebbe anche potuto provare ad aprirsi! «Hai presente Jared?»
Lei sorrise. Aveva inteso bene, quindi.
«Vedi... io lo conosco... eravamo nello stesso orfanatrofio. Oh, ma non sentirti in colpa!» disse, allegra. «Da quel che so, mi abbandonarono perché non mi volevano, perciò non credo sia una gran perdita non conoscere i miei genitori. E poi lì mi trovavo bene e avevo molti amici, tra cui Jared»
Maria raccontò che Jared era sempre stato affascinato da quelle che erano le fate nell'immaginario comune: abiti brillanti, ali aggraziate ed un dolce sorriso che avrebbe tranquillizzato perfino un uomo ad un passo dalla morte.
Per tutta un'infanzia aveva creduto, o meglio sperato, che anche lei sarebbe diventata così. Aveva così tanto cercato di riempirle la testa di Alfea e di tutti i bei sogni che si concretizzavano lì dentro, da non accorgersi che la natura di lei non avrebbe mai potuto combaciare con quello che lui voleva fosse.
Non era mai riuscito ad accettare la sua decisione, perché non era mai riuscito a capire che non tutte le streghe erano cattive; e, per lo stesso motivo, non era stato capace di amarla, di apprezzarla per com'era.
E adesso, forse, avrebbe avuto quel che voleva. Riconosceva la lunga occhiata che aveva lanciato a Musa, perché era la stessa che, tanto tempo prima, riservava solo a lei.
«Mi hanno adottato quando avevo dieci anni. Io non volevo abbandonare quella che avevo sempre considerato come una famiglia, ma mi dissero che sarei stata bene» disse, abbandonandosi per un po' alla malinconia.
Si appoggiò alla parete, riportando alla mente i pomeriggi trascorsi tra le risate, i giochi sull'erba e le storie della buonanotte. «I miei genitori adottivi sono persone fantastiche. Loro potevano capirmi, sai? Non credevano affatto che una strega fosse per forza destinata a seguire la via del male e per questa ragione mi accontentarono. Io ed Icy avevamo la stessa età, quando ci iscrivemmo a Torrenuvola»
Flora sorrise, comprensiva. «E Jared...»
«...Jared non mi parla da allora» concluse, con un sospiro. «Sapevo che avrei potuto incontrarlo in qualsiasi momento, dato che frequentiamo due accademie vicine, ma... non credevo avesse questo impatto, su di me. Però non importa, ha scelto lui di allontanarsi. Io ho fatto le mie scelte, giusto?»
Annuì. Capiva bene la situazione di Maria... quel ragazzo significava molto per lei, eppure non era stato in grado di cogliere quello splendido fiore che sarebbe diventata. Che importanza aveva se si trattava di petali bianchi o scuri?
Ma l'importante era che la ragazza ne fosse consapevole. Era questo, che mancava a Flora: la sicurezza nelle sue scelte. Le piaceva la compagnia della strega, le ricordava un po' Bloom, sebbene quest'ultima fosse molto più insicura, quando c'erano in ballo le decisioni.
Chissà dov'era, e cosa stava facendo...
 
*
 
  «La tempesta è passata e credo che siamo prossimi all'arrivo»
«Ho capito, allora ti lascio» annuì Musa al telefono. «Ah, Tecna... non abbiamo avuto modo di parlare molto, ma mi spiace davvero per come sono andate le cose su Zenith. Quando tornerete dobbiamo farci una bella chiacchierata»
«Certo. A presto»
Tecna sospirò forte davanti allo schermo, sola nella stiva. Aveva bisogno di parlare con Musa, di confrontarsi con lei... anche se raramente avevano toccato l'argomento "ragazzi" sapeva che solo l'altra avrebbe potuto capire cosa provava e mantenere quello che era ormai diventato uno sciocco tormento.
Immersa nei suoi pensieri, il tocco delle dita raggiunse le spalle nervose e sobbalzò di fronte alla strana consistenza che aveva la pelle cicatrizzata. Appena due giorni prima avrebbe pensato che non vi fosse modo di guarire, e invece... ed era tutto merito di Brandon.
È sempre merito di Brandon.
Quanto, della loro missione, era riuscito grazie a lui? Era uno dei pochi a conoscere l'effettiva utilità delle tute di Fonterossa ed era stato lui, a farsi avanti per primo contro Stormy, a creare un diversivo affinché la fata avesse tutto il tempo di fare ciò che doveva.
Era coraggioso, ed era questo a piacerle. Per tutta la vita aveva rincorso la logica e l'aveva cercata ovunque, perfino nelle relazioni. Solo ora si rendeva conto che stare con Brandon significava rischi, imprevisti, avventure ed emozioni che aveva provato solo la prima volta che aveva volato con le proprie ali.
Stare con Timmy era diverso, bello, ma diverso. E lei non era sicura di ciò che voleva.
Però aveva stabilito di riportare la situazione al suo stato iniziale, e così avrebbe fatto.
Guardò oltre il vetro. Si trovavano in una regione buia, le stelle non erano molte ed erano piuttosto anziane; era quindi facile perdersi lì, come era accaduto ai presidi.
Ma ancora non era chiaro perché fossero stati attaccati. Tecna osservò il piccolo pianeta su cui erano precipitati: sembrava prevalentemente roccioso e le diverse tempeste che imperversavano sul terreno e che erano visibili anche da fuori lo rendevano inospitale.
«Tecna, stiamo per sbarcare» la informò Stella, affacciandosi. La lontananza dal Sole si faceva già sentire, e la fata aveva un'aria sciupata come non mai. Ora capiva perché avesse passato buona parte del viaggio a riposare.
L'altra annuì, seguendola sul ponte di comando. I ragazzi stavano pensando ad un modo per scendere dalla navetta senza venire spazzati via dai cicloni. «La navetta resisterà, ma noi no. Ci vorrebbe un campo di forza, uno scudo...»
Tecna sorrise. «A quello ci penso io. Avete già individuato la navicella di Faragonda e gli altri?»
Riven indicò un punto più avanti; anche se le forti correnti impedivano di vederlo, erano lì. Con cautela si apprestarono a scendere, avvolti da una barriera eretta dalla zenithiana, che intanto si era trasformata.
Stella rimase a bordo, stringendo il suo anello per riguadagnare un po' di energia. Li osservò mentre avanzavano verso il velivolo, o quel che ne era rimasto.
All'improvviso, una folata di vento più forte fece tremare la fitta rete che la fata della tecnologia aveva intessuto per proteggerli. Doveva resistere, o sarebbe stata la fine. «Sbrighiamoci!» urlò al vento, procedendo con fatica.
Era come se il pianeta avesse riscontrato sulla sua superficie delle presenze ostili ed avesse messo in atto un meccanismo di difesa. Quelle tempeste le fecero pensare a Stormy, al fallimento della missione e... sì, era stata sicuramente quella maledetta strega, ad attaccare i professori.
Ebbe conferma dei suoi sospetti quando riuscirono ad introdursi nella navetta precipitata. Il solido e scintillante metallo era come liquefatto, deturpato da una violenta scossa.
Ma perché?
Che lo avesse fatto per puro divertimento? No, non avrebbe avuto alcun senso... e se avesse pensato che stessero scortando Bloom in un luogo più sicuro?
Ma per quale ragione Stormy si trovava lì? Era possibile che fosse diretta nel loro covo?
«Chi è là?» il lugubre timbro di Griffin risuonò tra le pareti. Dalla penombra emersero i penetranti occhi nocciola, felini. «Chi siete?»
«I soccorsi da Alfea» replicò Brandon, irradiando la stanza con la luce della sua torcia. «Siamo Brandon, Riven e Tecna»
La strega parve rilassarsi, lasciandosi andare ad un sospiro di sollievo. «Siano benedetti gli allievi di Saladin e Faragonda. Loro vi rimprovereranno perché non avreste dovuto esporvi così in una missione di salvataggio, ma sarebbe ipocrita dirvi che non avevamo bisogno» iniziò, scortandoli nella stiva. «Siamo stati attaccati da quelle tre. Da Stormy. Era in fuga da Zenith, molto probabilmente... e ho la certezza che sia diretta sul suo pianeta natale»
Le mie deduzioni erano corrette...
«Mi è stato raccontato ciò che avete scoperto sullo specchio. Come voi, anch'io ho il timore che le Trix siano alla ricerca della custode della Fiamma del Drago, ma Faragonda fa fatica a percepire la sua forza vitale» continuò.
«È... è morta?» balbettò Tecna, disorientata.
La strega scosse la testa. «Crediamo di no. Semplicemente, si trova in un'altra dimensione... il che è senz'altro un bene» si scostò, lasciando passare i giovani.
Nella stiva stavano gli altri due presidi e le guardia, provati tutti dalla terribile esperienza. Quando li videro si rianimarono; come previsto, elargirono una serie di rimproveri poco sentiti circa i rischi che avevano corso allontanandosi dalla scuola, ma era chiaro che ne fossero felici.
Dopo un po' fu stabilito di scortarli su Eraklyon come da programma, per riportare ai sovrani la notizia della triste dipartita del loro erede. Sulla navetta, Stella cercò di infondere loro un po' di calore, ma era visibilmente stanca.
Fu un attimo, una frazione di secondo in cui lei si voltò verso l'amica; subito, Brandon strinse le spalle della principessa, riscaldandola, spronandola a farsi forza. Di nuovo, Tecna ebbe l'impressione di avvertire un senso di fastidio nel constatare quanto quei due fossero semplicemente perfetti, insieme.
Distolse subito lo sguardo, ricordando ciò che aveva stabilito. Sarebbe stata bene, se si fosse dimenticata di quella faccenda, se l'avesse chiusa ancor prima che iniziasse.
Ma il ragazzo non doveva essere della stessa idea; o, più semplicemente, non si faceva tutti quei problemi perché non provava il benché minimo sentimento, per lei, che andasse oltre a... a niente. Non erano neanche amici, in verità.
Le si avvicinò, sorridendo. «Va tutto bene?»
Lei si sforzò di indossare la sua solita maschera impassibile, intenzionata a mostrarsi indifferente e non sapendo che quegli stessi dubbi che attanagliavano lei avevano iniziato a distrarre anche lui, nonostante fosse certo di amare Stella come non aveva mai amato nessuno.
«Sì» replicò, lapidaria.
«Sei sicura? Mi sembri un po' giù. Ti fanno male le cicatrici?» insistette si sporse come a voler esaminare le grinze delle sue spalle esposte, ma lei si ritrasse bruscamente, come scottata.
Brandon non lo diede a vedere, ma rimase scosso da quel gesto. Cosa stava succedendo?
«Sto bene, Brandon» ripeté, a disagio. Finse di avere qualcosa da fare con il suo palmare, lasciandolo solo e ripetendosi quella convinzione un po' infantile ma pur sempre vera per la quale se non si fosse avvicinata non avrebbe potuto allontanarsi.
 
 

Noticine:
Ebbene, i nostri quattro amici sono riusciti a trovare le cariatidi, perciò ora li attende Eraklyon, mentre le due fatine si apprestano a sistemare Vera.
Sì, il personaggio di cui parlavo è Jared. Un po' per pigrizia e un po' perché mi è sempre piaciuto molto, l'ho riportato qui come vecchia conoscenza di Maria che, anche se involontariamente, la sprona ad inseguire il suo sogno e dimostrare che non tutte le streghe sono cattive.
Comunque, con il capitolo di martedì si chiude la prima parte e non vedo l'ora!
A presto e grazie a chi legge!
TheSeventhHeaven
  
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