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Autore: xEsterx    23/07/2016    2 recensioni
In un luogo dimenticato dal Grande Tempio, ricco di fascino e mistero, il primo incontro tra Sasha bambina e Aspros, come mi piace immaginarlo.
Il Santo dei Gemelli è qui un giovane uomo, ma ha già ben chiari i suoi ideali e per cosa ha deciso di combattere.
Dal testo: “–Non esistono santi o peccatori, Atena. Tutto è lecito, esiste solo il Fine. Tutto giustifica l’affermazione del proprio essere e il raggiungimento dei propri obiettivi, perché solo lottando per raggiungerli possiamo far brillare la nostra luce, affermarci come Individui. Dimmi, cos’è per te che rende un uomo degno di essere tale?-.
Lei rispose d’istinto, senza pensarci: –L’amore, la compassione.-.
-Prevedibile.- ridacchiò lui sbuffando leggermente, poi riprese, definitivo, cambiando espressione in una frazione di attimo così breve da risultare inquietante: –E’ la Scelta, Atena… Il Libero Arbitrio.-”.
Buona lettura!
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Gemini Aspros, Sasha
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Apostasia


 



Apostasia: dal greco ἀπό apò «[lontano] da» e στάσις stàsis da ἵστημι ìstemi «stare, collocarsi». Indica l'abbandono formale e volontario dalla propria religione. All'apostasia può seguire sia l'adesione a un'altra religione (conversione) sia una scelta areligiosa (ateismo o agnosticismo).*
 






 
 
Sasha cercava di respirare il più silenziosamente possibile, anche se il cuore che le batteva fortissimo nel petto le rendeva la cosa tutt’altro che facile.
Mosse i grandi occhi verdi cercando di vedere al di là del cespuglio che le fungeva da nascondiglio, servendosi dei piccoli spazi tra una foglia e l’altra, e scorse le due guardie che la stavano cercando avvicinarsi all’arbusto.
 
-Atena! Divina Atena dove siete?- gridavano quelli con apprensione.
 
La ragazzina sbuffò. Era un po’ dispiaciuta per essere fuggita dalle sue stanze ed aver mobilitato guardie ed ancelle, ma per il momento non aveva nessuna intenzione di farsi trovare. Non che volesse sottrarsi  ai suoi doveri e al suo destino di Atena, ma a volte la tristezza di trovarsi in quel luogo austero, lontano da Tenma e suo fratello Aaron prendeva il sopravvento, e proprio non aveva voglia di starsene seduta nelle sue stanze ad ascoltare chi la istruiva alla sua nuova vita. Nonostante venisse trattata con garbo e gentilezza, come una piccola principessa, e non dovesse più patire la fame come quando era all’orfanotrofio, l’eccessivo rispetto e devozione con cui le persone del santuario si rivolgevano a lei, la faceva sentire sola e piena di dubbi, e il timore di non essere all’altezza del ruolo che tutti si aspettavano che avrebbe assunto di lì a poco la tormentava tutte le notti.
 Le guardie si stavano avvicinando, così decise di spostarsi da lì, e attenta a non fare troppo rumore, sgattaiolò fuori dal cespuglio per  tuffarsi dentro al boschetto che si trovava alle sue spalle; prese allora a correre finché il fiato glielo consentì , e quando si fermò, esausta, si rese subito conto di essersi persa: in qualsiasi direzione guardasse, tutto le sembrava uguale, gli alberi, i sassi e i cespugli, e non riusciva nemmeno a capire da quale direzione fosse venuta. Sbatté un piedino a terra, frustrata, ma poiché non era una bambina che era solita lasciarsi prendere dallo sconforto, riprese a camminare tra gli alberi, sperando prima o poi di sbucare in una delle strade soleggiate del Grande Tempio.
Passò qualche minuto, il paesaggio che la circondava era sempre lo stesso, ma ad un certo punto, per aiutarsi a scavalcare una grossa radice, poggiò una mano su di un albero che la lasciò un tantino interdetta, dato che al tatto non aveva la consistenza che ci si aspetta da una corteccia rugosa. Allora si fermò, e volgendo gli occhi su quell’albero si rese conto che la sua corteccia era fatta di… Pietra? Sasha si fece allora indietro di qualche passo, confusa, per guardare meglio, e realizzò con molta sorpresa che quella che aveva davanti agli occhi era una colonna simile a quelle che erano sparse per tutto il Grande Tempio. Non l’aveva riconosciuta subito perché era quasi tutta ricoperta da foglie rampicanti, e il biancore invecchiato del marmo esposto alle intemperie si scorgeva solo in alcuni punti.
Non ci volle molto prima che la bambina, guardandosi attorno, capì di essere circondata da una decina quelle colonne camuffate da alberi, disposte tutte lungo un rettangolo, e realizzò a quel punto di trovarsi proprio all’interno di una sorta di piccolo di tempio in rovina. Abbassò gli occhi e mosse il piedino per scansare terra e foglie, scoprendo così un pavimento liscio dello stesso colore delle colonne; alzò poi la testa e vide che rami e foglie si trovavano al posto di quella che un tempo doveva essere stata la copertura del tempio.
Ciò che poi le saltò agli occhi, fu che a separare una colonna da quella successiva, c’erano quelle che avevano tutta l’impressione di essere statue, anch’esse avvinghiate dai rampicanti come da tanti tentacoli, posate su piedistalli alti all’incirca come lei. Erano tutte simili per dimensioni, ma ognuna pareva avere una posa diversa.
Sasha si ritrovò così a girare su se stessa, per abbracciare con la vista tutto il tempio. Ammirò la bellezza di quell’angolo misterioso, nascosto nel bosco e illuminato solamente da piccoli sprazzi di luce che riuscivano a farsi largo tra le fronde degli alberi, e pensò che in quel luogo la natura aveva finito per riappropriarsi degli spazi che l’architettura le aveva sottratto, ma senza rivoluzionare nulla, limitandosi a consacrare quel tempio a se stessa. Laddove però sembrava che la natura avesse preso il sopravvento, ecco risaltare agli occhi una macchia chiara di marmo: tutto era unito in armonia assoluta, come due suoni contrastanti che invece di stonare avevano creato una splendida melodia. E se nel passato le due parti si fossero trovate a combattere per non soccombere l’una all’altra, adesso, nella perfezione di quelle rovine, di quella battaglia non se ne scorgeva più la minima traccia.
 L’atmosfera che circondava Sasha era ferma, sospesa, come se quel luogo si trovasse fuori dallo spazio e dal tempo, lontano dal Grande Tempio e dal resto del mondo, a riempire la cornice di un dipinto. Nessuna cicala cantava, non un uccellino si sentiva cinguettare o sbattere le proprie ali.
L’aria che si respirava era straordinariamente densa, corposa, e profumava di una fragranza selvaggia e decadente, suscitando in Sasha non poca inquietudine, ma al contempo attraendola come una calamita fa con un pezzo di ferro.
Ma nonostante tutta la meraviglia che la bellezza di quel posto misterioso le suscitava, Sasha percepiva una sensazione opprimente alla bocca dello stomaco, che nella sua ingenuità di bambina e di un’Atena non ancora sbocciata, immaginò fosse dovuta al luogo in sé, perché più si concentrava su di essa, più questa le si presentava come l’unione di due universi contrastanti: quello dell’arte, luminoso e civile, e un altro più oscuro e selvaggio, tipico della natura.
La sua attenzione si posò quindi sulle statue misteriose, che sembravano chiamarla a loro con insistenza, così si apprestò a raggiungere quella più vicina e si alzò sulle punte per osservarla bene, ma i rampicanti le rendevano la cosa particolarmente difficile: quello che riuscì a capire fu che raffigurava un uomo, forse un guerriero, che teneva il braccio alzato a puntare un’arma davanti a sé. Sasha avrebbe tanto voluto spostare le foglie che gli ricoprivano il volto, per vederne i lineamenti e l’espressione, ma con la sua statura, se pure si fosse alzata sulle punte, non sarebbe arrivata oltre il ginocchio della misteriosa scultura.
Si era appena data per vinta e stava per allontanarsi, quando improvvisamente, rompendo il silenzio di quel luogo, la statua sussurrò.
 
Sasha non capì le parole, tanto la voce era bassa, quasi da sembrarle lontana, ma non poté comunque fare a meno di impallidire dallo spavento.
-C…come?- Chiese allora con un filo di voce all’uomo di marmo e foglie, ma quello continuava imperterrito a bisbigliare, incurante della bambina. Sasha si concentrò meglio su quello che stava ascoltando, e le sembrò che le voci fossero addirittura due, come se stessero parlando tra loro, ma erano talmente simili e impercettibili che non ne fu per niente sicura.
 –Mi… Mi scusi, non capisco!- Riprese lei alzando il tono, e la statua si zittì di botto, non prima però di aver pronunciato qualcosa in un tono parecchio preoccupato, o almeno così parve a Sasha: le sembrò un –Vattene da qui.-, ma non ne fu certa.
 Il silenzio fu breve, perché subito le orecchie della ragazzina percepirono uno scricchiolare di foglie proprio alle spalle della scultura, come se qualcuno stesse camminando nel sottobosco, avvicinandosi sempre di più. La paura, aiutata dalla curiosità, le tennero i piedi incollati a terra, impedendole di fuggire, e dopo pochi attimi, da dietro un albero lì vicino, fece capolino un giovane uomo che la guardò sorpreso e continuò ad andarle incontro.
Sasha vide che aveva capelli lunghi e blu, spettinati sulla fronte, e che indossava vestiti identici a quelli che portava Sisifo quando non era in armatura, come la volta del loro primo incontro all’orfanotrofio, e proprio per questo motivo la ragazzina dedusse che doveva trattarsi di un abitante del Grande Tempio; nonostante questa evidenza, decise di non scappare, sperando nella possibilità di non essere stata riconosciuta come Atena: d’altronde, solo in pochi finora avevano avuto modo di conoscere il volto della Dea Guerriera di quell’epoca; magari, se la fortuna l’avesse assistita, lui non l’avrebbe portata indietro là dove lei non aveva per il momento intenzione di tornare. Tutto d’un tratto capì allora che non era stata la statua a parlare, ma che la voce doveva evidentemente appartenere a quel ragazzo che fino a poco prima era nascosto alla sua vista dagli alberi del bosco, a qualche metro di distanza dal tempio. L’aver realizzato questo la rassicurò non poco, ma quello che le impedì di sospirare di sollievo fu che più il giovane uomo le si avvicinava, più quella strana, doppia, sensazione che provava da quando era arrivata in quel luogo si accentuava.
Egli camminava con portamento distinto e passi decisi, doveva essere qualcuno di importante lì al Santuario: il suo incedere sembrava appartenere ad un re.
 
-Cosa ci fai qui tutta sola?-.
L’uomo raggiunse presto Sasha al centro del tempietto e le si fermò davanti, sormontandola con la sua altezza e penetrandola con i suoi occhi blu, grandi e allungati, incorniciati da folte sopracciglia.
 
Sasha smise finalmente di trattenere il respiro, sollevata dal fatto che l’uomo non le avesse parlato dandole del voi e non avesse mostrato la deferenza che avevano tutti coloro che erano a conoscenza della sua identità; eppure c’era qualcosa nel suo sguardo che le lasciava intendere che quella non doveva essere la prima volta che si incontravano.
-Volevo nascondermi … Solo per un po’.- .
C’era qualcosa in lui e in quel luogo che sembrava lontano da tutto e da tutti, che la invogliava ad essere sincera, come se ogni cosa pronunciata in quell’angolo misterioso potesse rimanervi custodita senza avere la possibilità di uscirne.
 
Lui sembrò divertito dalle sue parole, poiché arricciò un angolo della bocca in un sorrisetto più che ambiguo.
–Sembra che tu ci stia riuscendo. Sei molto lontana dal tuo Santuario, Atena.-.
 
Sasha sussultò. Sapeva che lei era Atena! E il fatto che quell’uomo misterioso le parlasse in quel modo schietto, senza inchini e cortesie, le fece mettere da parte un po’ del timore che provava nei suoi confronti, e prenderlo in simpatia. Fece allora un passetto verso di lui, sorridendo amabilmente, e notò che la sua pelle, nonostante fosse ombrata dalle fronde sovrastanti, era candida come la neve.
–Tu sai già chi sono, quindi non devo presentarmi, tu chi sei? Come ti chiami?-.
 
-Questo posto è molto bello, non trovi?-.
 
 Il ragazzo non le aveva risposto, magari non aveva voglia di dirle il proprio nome, così Sasha pensò che fosse meglio fare finta di nulla e rispondere alla sua domanda: -S..sì, anche se un po’ mi inquieta… Siamo fuori il Grande Tempio? Questo posto sembra dimenticato…-.
 
-Un tempo il Grande Tempio era molto più esteso, qui siamo appena fuori i suoi confini attuali. Non che questo posto non ne faccia più parte, ma nessuno viene mai qui, come puoi ben vedere dal suo stato. Molti posti qui intorno sono stati lasciati a loro stessi.- .
 
Sasha ascoltava incantata: la voce del suo interlocutore era profonda, sembrava che prima di uscire dalla gola avesse rimbalzato più e più volte contro delle enormi pareti, riempiendosi di molteplici e vibranti sfumature.
-Capisco. E tu ci vieni spesso?-
 
-Sì…- Le rispose lui, gettando per un momento gli occhi alle proprie spalle, guardingo -…Quando voglio stare un po’ da solo.-.
Quella frase fece venire in mente a Sasha che poco prima le era sembrato di sentirne due, di voci, ma nel dubbio preferì non approfondire, così l’uomo colse al volo il suo silenzio e riprese a parlare: -Sei felice qui, Atena?- Glielo chiese con apparente curiosità, prima di prendere a camminarle intorno, con passi lenti, e guardandola fissa negli occhi. Era raro che qualcuno lo facesse con quell’intensità.
 
Sasha si sentì un po’ a disagio: la simpatia che aveva provato per lui in un primo momento si stava facendo  da parte per lasciare di nuovo posto alla soggezione. Cercò di seguirlo con lo sguardo, mentre lui si muoveva, e cercò di rispondere con tono più deciso possibile: -Mio fratello e i miei amici che sono rimasti all’orfanotrofio mi mancano molto, ma so che stare qui è la cosa giusta da fare. Per cui sì, sono felice.-.
 
-Anche se rimanendo qui potresti assistere alla morte di chi ti è vicino, delle persone alle quali sei affezionata? La Guerra Sacra è vicina.-.
 
Sasha deglutì saliva che non aveva.
–A questo per il momento cerco di non pensare… Però se potessi decidere di morire io al loro posto, lo farei cento e cento volte!-.
 
L’uomo sembrò colpito da quelle parole, poiché si fermò di colpo davanti a lei, ma quando riprese a parlare, non mostrò ammirazione: -Al tuo posto ce l’avrei con il Santuario, per averti portato qui, allontanandoti da chi volevi bene, e per averti offerto questo futuro poco radioso.- Fece una piccola pausa, durante la quale sospirò, e piegò  leggermente il busto, avvicinando il viso a quello di lei. Quindi sibilò: -Non so come fai a sorridere così amabilmente, stando sempre in gabbia.-.
 
Sasha non rispose, abbassò lo sguardo, confusa e giù di morale: quello che lo sconosciuto le aveva detto era molto vicino a quello che lei provava realmente, a ciò che le impediva di accogliere appieno il suo ruolo di Dea; quell’uomo le stava tirando fuori i dubbi che ogni giorno cercava di scacciare dalla propria testa con l’aiuto di Sage e Sisifo, che le dimostravano affetto e comprensione.
Non capiva… Cosa diamine voleva da lei quell’uomo? Perché le stava dicendo quelle cose che la facevano star male? Decise di tenere duro, non aveva nessuna intenzione di farsi vedere debole o indecisa, anche se non fu molto convinta di ciò che le uscì dalle labbra: -Mi hanno detto che devo rimanere qui per il bene dell’umanità. Per affiancare i cavalieri nella Guerra Sacra che verrà.-.
 
-Non lo metto in dubbio- rispose prontamente lui, scrollando le spalle –Ma di solito è proprio quando Atena viene portata al Santuario e prende coscienza di sé che la Guerra Sacra si appresta ad iniziare. Questa coincidenza si è ripetuta troppe volte nel corso della storia per essere considerata tale, non credi?-.
 
Sasha strabuzzò gli occhi, scossa dalle parole appena sentite: lo sconosciuto le stava forse dando la colpa della guerra imminente? Sentiva  un magone bloccarle la gola, deglutì per ricacciarlo giù insieme alle lacrime che le inumidivano gli occhi, e parlò con voce tremante: –Non è forse questo il destino di Atena?- .
 
Lui scosse la testa, e la vista di lei in quelle condizioni non gli impedì di infierire: -Vedi, Atena, è proprio questo il punto: il destino.-.
 Le posò una delle sue grandi mani sulla testa, e Sasha sentì che era dura e callosa, da guerriero; non si sottrasse al suo tocco, ma avrebbe tanto voluto, soprattutto quando lui fece una leggera pressione per farle tirare su il viso, e solo quando si ritrovarono nuovamente occhi negli occhi, tolse la mano e le fece una domanda: -Rispondimi: se qualcuno ti ordinasse di sottostare a delle regole che trovi ingiuste, lo faresti?-.
 
Quante domande. Sembrava che la stesse interrogando per qualcosa di sbagliato che aveva fatto. Ma ormai non poteva più sottrarsi, doveva continuare quella insolita e stressante conversazione con l’uomo misterioso, troppo curiosa e testarda per arrendersi.
-D..Dipende.-.
 
-Dipende da cosa?-.
 
-Dipende da qual è il fine. E soprattutto se queste regole non implicano la sofferenza di altri a parte me.-.  
Pronunciando parole in cui credeva per davvero, la voce di Sasha si faceva sempre più decisa: –Io devo sottostare alle regole di questo posto, e la prima tra tutte è rimanere sempre qui, senza poter più vedere Tenma e Aaron. Non mi piacciono, a dire il vero, ma se il mio destino è questo, e tutto ciò serve per far stare bene le altre persone, allora sono contenta di farlo.-.
 
Il giovane uomo la ascoltò con attenzione, con le sopracciglia corrugate, e ci mise un po’ a risponderle, come se stesse valutando con attenzione ciò che aveva appena sentito: –C’è sempre un’altra possibilità, Atena: costruire le nostre regole, secondo la nostra giustizia. Decidere da noi ciò che per noi è giusto.-. Quindi riprese a camminare, dirigendosi verso la statua che prima aveva catturato l’attenzione della bambina, e di nuovo cambiò improvvisamente discorso, in apparenza senza alcun nesso logico con il precedente: –Sai chi raffigurano queste statue?-.
 
A Sasha si illuminarono gli occhi, lieta di non dover rispondere a una domanda che la mettesse in difficoltà, e si avvicino a lui: –E’ difficile capirlo, con tutte queste foglie.-.
 
L’uomo sorrise, e per la prima volta sembrò farlo genuinamente, senza possibilità di essere frainteso.
Sasha si sentì per questo un tantino più leggera, ma quella sensazione opprimente… Quella sensazione opprimente non la abbandonava neanche per un momento. Decise di continuare a non farci caso, anche se più passava il tempo e più era difficile.
-Questi sono i Lapiti, Atena. Li hai mai sentiti nominare?- domandò lui, e poi, vedendo Sasha fare di no con la testa, continuò: –Forse ti sono più familiari i Centauri, mi sbaglio?-
 
-Sì, i guerrieri metà uomini e metà cavalli!- esclamò la bambina  -me ne parlò Sisifo una volta… l’armatura del Sagittario prende la forma di un centauro!-
 
-Molto bene- disse lui, continuando a camminare, con la ragazzina che lo seguiva a pochi passi di distanza –Mi rincuora sapere che Sisifo fa altro, oltre che seguire ogni tuo passo o sistemarti il vestito.-.
 
L’ingenuità infantile di Sasha non le permise di cogliere la malizia di quella frase, anzi, rise della verità che effettivamente vi era contenuta.
-Conosci Sisifo?-.
 
-Oh, lo conosco da prima che tu nascessi.-. rispose lo sconosciuto, lasciando cadere quelle parole con noncuranza, senza approfondire ulteriormente.
 
Incuriosita, Sasha avrebbe voluto chiedergli di più al riguardo, ma lui non le diede modo di farlo,dato che, dopo aver inspirato profondamente, iniziò a raccontare:
-Alcuni narrano che queste due stirpi, Lapiti e Centauri, fossero legate da una lontana parentela, infatti i loro progenitori, Lapite e Centauro, erano fratelli gemelli figli di Apollo e della ninfa Stilbe, il cui padre era Peneo, il dio fluviale. Lapite era ben voluto e visto da tutti, era un abile guerriero e incarnava l’uomo esemplare; Centauro invece era un essere deforme, che tutti allontanavano a causa della sua bruttezza. Ripudiato ed evitato, questi si vide costretto a vivere assieme ai cavalli, unici che non lo giudicavano per il suo aspetto fisico. Egli si accoppiò allora con le giumente, generando i Centauri, metà uomini e metà cavalli.-.
 
A dire la verità, Sasha conosceva la storia della nascita dei Centauri, e non la ricordava di certo così. Sisifo, infatti, le aveva raccontato che Centauro nacque dal re Issione e da una nube a cui Zeus aveva dato le sembianze della sua sposa, Era. Però, nonostante la sua perplessità riguardo la versione che stava ascoltando, la bambina non interruppe il suo interlocutore, incuriosita da una storia che non aveva mai sentito, ma soprattutto incantata dalla sua voce.
 
-Un bel giorno, il re guerriero Piritoo, discendente di Lapite, diede una festa per le sue nozze e furono invitati ai festeggiamenti anche i Centauri. Vedi, essi da sempre avevano vissuto lontani dalla civiltà, e proprio a causa della loro natura selvaggia, più affine a quella degli animali che a quella degli uomini, non erano abituati al vino, e presto si ubriacarono, dando così sfogo al loro lato più incivile e feroce.-.
 
Sasha si guardò attorno, mentre camminava e passava accanto alle varie statue: civiltà contro natura, ragione contro istinto. L’essenza del mito che stava ascoltando sembrava rispecchiare quella del luogo che la circondava, che, con la sua bellezza, dimostrava che le due cose potevano coesistere, creando insieme qualcosa di migliore che da sole.
 
-I Centauri cercarono di far del male alle donne e ai fanciulli presenti, e fu così che scoppiò la battaglia che prende il nome di κενταυρομαχία, la Centauromachia, alla fine della quale i Centauri furono sconfitti, e cacciati via.-.
L’uomo fece allora una pausa, lasciando intendere di aver concluso il racconto, e dando il tempo a Sasha di pensarci su. Si fermò, avendo percorso tutto il perimetro del tempio, e si appoggiò con la schiena contro una colonna, senza smettere di guardarla negli occhi neanche per un istante.  
–Pensi che l’insegnamento da trarre da tutto questo sia giusto?-.
Sasha ragionò sulla risposta, ma non fece in tempo ad aprire bocca che lui riprese a parlare, ma stavolta a voce bassa, come se si stesse rivolgendo più a se stesso che alla bambina: -Soltanto a causa della sua deformità, Centauro fu costretto a vivere lontano dagli uomini e dal mondo che gli apparteneva… E tutto per la superficialità con cui l’uomo giudica i propri simili, per le regole di bello e giusto dettate da pochi. Bello e giusto non è forse ciò che c’è di più soggettivo? Come si fa a dire cosa è giusto, quando per me potrebbe esserlo una cosa, e per te quella opposta?-.
 
Sasha non aveva idea di dove avesse intenzione di arrivare l’uomo con i suoi profondi monologhi e sporadiche domande, ma rispose con prontezza: -Il giusto è il Bene-.
 
-Ma il bene che è tale per qualcuno non è detto che lo sia per tutti.-.
 
-Non capisco dove mi vuoi portare con questi discorsi…- Sasha diede quindi sfogo alla sua frustrazione, scuotendo la testa e allontanandosi di qualche passo; distanza che però fu annullata prontamente dallo sconosciuto.
 
–Voglio arrivare a dire che è per questo che si deve lottare per ciò in cui si crede, senza affidarci a ciò che decidono altri per noi, perché solo quello che sentiamo qui dentro… - posò la sua mano destra sul petto –…E’ il vero Bene, la vera Giustizia. E se agendo secondo i nostri principi verremo giudicati come selvaggi, criminali o peccatori, non sarà importante se stiamo combattendo per ciò in cui crediamo.-.
Le aveva ribattuto ad alta voce, pieno di ardore, con la fronte aggrottata e i canini che sporgevano dalle labbra. Poi si calmò, facendo un lungo respiro ad occhi chiusi.
 –Non esistono santi o peccatori, Atena. Tutto è lecito, esiste solo il Fine. Tutto giustifica l’affermazione del proprio essere e il raggiungimento dei propri obiettivi, perché solo lottando per raggiungerli possiamo far brillare la nostra luce, affermarci come Individui. Dimmi, cos’è per te che rende un uomo degno di essere tale?-.
 
Lei rispose d’istinto, senza pensarci: –L’amore, la compassione.-.
 
-Prevedibile.- ridacchiò lui sbuffando leggermente, poi riprese, definitivo, cambiando espressione in una frazione di attimo così breve da risultare inquietante: –E’ la Scelta, Atena… Il Libero Arbitrio.-.
 
-E allora cos’è giusto per te? Cos’è che scegli di seguire?-
 
-Sappi che io combatto, ma non lo faccio secondo le regole imposte dal Santuario, perché il mio obiettivo è proprio fare in modo che cambino radicalmente. Sono regole che costringono a vivere lontani da chi si ama, che inducono a nascondersi dalla vista degli altri chi non corrisponde ai loro canoni.-.
 
Sasha era confusa, ora più che mai. Tutto ciò che aveva avuto modo di vedere al Santuario fino a quel momento erano persone gentili e piene di onore, i cui obiettivi erano più che lodevoli, ma a detta di quel giovane uomo c’era del marcio, solo che lei non capiva come fosse possibile e dove potesse mai nascondersi.
 
-Io non combatto per te, Atena. Né ora, né in futuro. Combatto per cambiare le cose, per imporre ciò in cui credo, che è qualcosa di cui tu, con la tua presenza qui, rappresenti l’antitesi. Almeno per ora.-.
 
C’era rancore nelle sue parole, un rancore che dava l’impressione di essere alimentato da molto tempo da un fuoco lento ma inesorabile, e nonostante quello che lui le stava dicendo la stesse lasciando sconcertata, Sasha provava un grande rispetto per quell’uomo che ormai aveva capito essere un Cavaliere. L’intensità, ma soprattutto la sincerità con cui le parlava della propria guerra, la lasciava meravigliata, animandola di un timore che sconfinava nell’ammirazione. Sasha pensò che la determinazione di quell’uomo misterioso avrebbe potuto smuovere la terra, addirittura una galassia, e tutto d’un tratto fu investita da una profonda compassione nei suoi confronti, per la solitudine e la tristezza che gli lesse dentro.
 
Improvvisamente, un dirompente brivido caldo investì il cuore della bambina, inondandola di un piacevole torpore che, in quanto a intensità, riusciva a rivaleggiare con la sensazione spiacevole che la appesantiva da quando era arrivata in quel luogo. Si voltò alle sue spalle, e anche se gli alberi erano sempre lì a fare ombra su ogni cosa, in quel tempio dimenticato arrivò la luce.
 
- Atena, Aspros!- .
Da dietro un albero spuntò fuori la testa bionda di Sisifo, con sotto l’armatura dorata. Atena sorrise con pienezza, e si sentì sollevata come quando ci si risveglia da un brutto sogno.
 
-Buongiorno, Sisifo. Atena mi stava tenendo compagnia.- disse lo sconosciuto, che a quanto pareva portava il nome di Aspros, mentre guardava la bambina, la quale stava già correndo incontro al Cavaliere d’oro.
 
Non appena il Sagittario li raggiunse, si chinò davanti a lei, poggiando un ginocchio a terra, e allargò le braccia in un invito a lasciarsi tirare su: -Divina Atena, vi ho cercata in ogni angolo del Grande Tempio, ci avete fatto molto preoccupare.-.
 
Sasha abbassò gli occhi, sinceramente dispiaciuta, per poi poggiargli le mani sulle spalle: -Non… Non era mia intenzione, Sisifo, mi dispiace tanto.-.
 
Lui sorrise, e lo fece di quel suo sorriso luminoso, quello che riusciva sempre a scacciarle di dosso ogni traccia di malinconia.
 –Non rattristatevi per noi, l’importante è che stiate bene-.
 Sisifo si alzò quindi in piedi tenendo la bambina in braccio, posò gli occhi celesti su Aspros, guardandolo di sottecchi, e senza smettere di fissarlo, disse a Sasha: -Spero che il Cavaliere d’oro dei Gemelli non sia stato troppo irriverente nei vostri confronti.-.
 
Sasha strabuzzò gli occhi alla notizia di aver passato tutto quel tempo in compagnia di un Cavaliere d’oro al pari Sisifo, e si stupì di come due persone così diverse tra loro potessero ricoprire lo stesso ruolo lì al Grande Tempio.
-No, al contrario!- rispose lei, sorridendo ad entrambi gli uomini e cercando di essere il più convincente possibile.
 
-Credo che ad Atena debba essere concesso un po’ più di spazio per se stessa, Sisifo- disse Aspros -D’altronde è ancora una bambina, e per di più sottratta ai suoi cari.-.
 
-Grazie del consiglio, amico mio. Ne terrò conto.-.
Mentre Sisifo rispondeva, a Sasha non sfuggì un leggero tremolio nella sua voce, e vide un’ombra scurire per un momento il bel volto del cavaliere del Sagittario, ma che subito si dissipò con la stessa velocità con cui era giunta. Cercò di capire il perché di quel disagio, ma in quel momento non seppe darsi alcuna spiegazione.
 
-Lieto di sentirtelo dire.- sibilò quindi il Cavaliere dei Gemelli, per poi rivolgersi a Sasha: -Spero che presto potremo chiacchierare ancora, Atena.-.
 
Mentre le parlava, gli occhi blu penetrarono i suoi, e fu difficile per la bambina non abbassare lo sguardo e rannicchiarsi tra le forti braccia di Sisifo.
–Anche io sono stata bene in tua compagnia.-.
Non era una vera e propria menzogna, ma c’erano parecchi motivi per cui la bambina non fremeva dalla voglia di incontrare di nuovo Aspros.
 
Questi allora sorrise in quella sua maniera storta, ambigua, prima di incamminarsi nella direzione dalla quale era arrivato.
 
-Sembra una strada molto difficile da percorrere, la tua.- disse Sasha ad Apros, fissandogli le spalle.
 
-E’ proprio questo il bello, Atena.- rispose lui, senza fermare il suo incedere. -E’ la mia.-.
 



 
Sasha in quel momento non poteva di certo immaginare che quell’incontro e quella conversazione sarebbero rimaste nella sua testolina di bambina solamente con le sembianze di un sogno sbiadito, riposte in un angolo recondito della sua memoria, come succede agli eventi che si vivono da piccini.
Passare i giorni seguenti con Sisifo e vivere di lì a poco un’incredibile avventura con Cardia, il giovane Cavaliere dello Scorpione, le rimossero ogni dubbio dall’animo, rendendola pronta ad accettare in tutto e per tutto il ruolo di dea guerriera e guida del Santuario.
A quel tempo, nessuno al Grande Tempio, e men che mai lei, avrebbe potuto immaginare a cosa avrebbero portato i sentimenti che Aspros covava nel suo cuore e che aveva condiviso quel giorno con la piccola Atena.
 
Una cosa però era certa: mai Sasha avrebbe dimenticato la sensazione che l’aveva oppressa, come un peso posto sul cuore, lì in quelle rovine abbandonate, mentre parlava con il Cavaliere dei Gemelli, e che, non appena egli si fu allontanato da lei e da Sisifo, si dissolse come una nube di fumo, scomparendo assieme a lui.
 
 
 
 
 
 
 
 
*La definizione è stata presa da Wikipedia :)
Inoltre, per le parole in greco mi sono affidata ad Internet, chiedo scusa a chi lo ha studiato per eventuali errori.
  
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