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Autore: Kamala_Jackson    23/07/2016    2 recensioni
[MOMENTANEAMENTE SOSPESA]
Annabeth, Katniss, Renesmee e Clary sono al loro primo anno ad Hogwarts, smistate in tre differenti Case e apparentemente non hanno niente in comune.
Si incontrano spesso a lezione, nei corridoi o in Sala Grande e ogni volta, come legati da un filo invisibile, i loro occhi si incrociano. E dalle semplici occhiate si passa ai saluti, alle chiacchierate e all'amicizia.
E' Novembre ad Hogwarts e accade qualcosa di strano. I gufi cominciano a sparire. Quelli rimasti non intendono muoversi, sembrano terrorizzati da qualcosa. Non si riesce ad avere più un contatto con gli altri maghi, Hogwarts sembra isolata da resto del mondo.
Nei corridoi cominciano ad aggirarsi strane creature fatte d'ombra, che non esitano a colpire chiunque incroci il loro cammino. E così iniziano a sparire anche gli studenti.
Renesmee fa incubi sempre più strani e orrendi.
Clary si sente attratta irresistibilmente da una strana porta chiusa scoperta per caso.
Katniss sembra essere l'unica sopravvissuta ad un attacco delle Ombre.
Annabeth ha visto qualcosa che non avrebbe mai voluto vedere.
Hogwarts vive nel terrore più puro e le quattro ragazze decidono di porre fine alla storia.
Ma ci riusciranno da sole ?
Genere: Avventura, Fantasy, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Katniss Everdeen
Note: AU, Cross-over, OOC | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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22.And Use My Head Alongside My Heart
 
 
“Una lacrima di fuoco da un cuore spezzato,
la luce di un fiore incantato,
l’essenza dei sogni di una creatura splendente,
le gocce di un albero dormiente,
l’amore perduto di un essere oscuro,
il dolce dolore di un cuore insicuro.”
 
 
 
Clary si rigirò il carboncino tra le dita, mentre fissava il foglio bianco davanti a sé.
Una sola linea era stata tracciata, al centro del foglio, ma la sua mano si era fermata subito, e la sua mente aveva ripercorso gli avvenimenti di quella mattina di fine dicembre.
Il litigio tra Katniss e Annabeth era ancora bello fresco nella sua memoria.
 
“Avresti dovuto dircelo!”
“Volevo farvi passare almeno un bel Natale.”
“Peeta è anche un nostro amico!”
“Non ti è mai importato niente di lui. Cos’è tutto questo affetto, così al’improvviso? Solo perché viene dal tuo stesso Distretto non significa che tu debba trattare le persone come pezze usa e getta!”
 
Katniss se n’era andata sbattendo la porta, e Annabeth aveva raccolto i suoi libri ed era scappata dal lato opposto, inseguita da Percy.
Si ficcavano sempre in situazioni del genere, quelle due. Eppure Annabeth non aveva tutti i torti. Peeta aveva sempre accompagnato la semidea, nei loro incontri. Si era presentato come suo amico, e Katniss raramente gli aveva rivolto la parola.
Fu normale che quella domanda passasse per la mente di Clary.
-Che ci sia qualcosa, sotto?- sussurrò, con aria corrucciata, più a sé stessa che a qualcun altro. Non si curò nemmeno della scrollata di spalle di Renesmee, stesa sul suo letto e immersa nei compiti di Storia della Magia, l’umore nero come la pece.
Lo sguardo della rossa vagò fuori, verso il Parco che circondava un’Hogwarts ridotta all’ombra di sé stessa.
La neve ricopriva tutto come una morbida coperta, invitando gli alberi e gli animali ad addormentarsi.
Clary aguzzò la vista, scorgendo un bagliore tra gli alberi, e osservò Quintus riemergere dalla Foresta Proibita insieme alla Signora O’Leary.
Un brivido le corse su per la schiena, e il fiato le mancò per un secondo.
La rossa posò carta e carboncino sul baule ai piedi del letto di Rachel e afferrò la mantella.
-Dove stai andando?- Renesmee la fissava con curiosità, stupita da quel repentino sbalzo d’umore.
Clary sbatté le palpebre, con gli occhi stranamente vitrei, e biascicò un “da Quintus” ben poco convincente.
-Sei sicura di stare bene?- la mezza-vampira si tirò su a sedere, ma l’amica era già uscita dal dormitorio come una furia.
Scosse appena la testa, osservando il foglio che aveva abbandonato ai piedi del letto, e alzò un sopracciglio.
Una linea seghettata era l’unica traccia che il carboncino aveva lasciato. Renesmee scese dal letto e afferrò il foglio, guardandola attentamente. Aveva l’impressione di averla già vista da qualche parte, una figura del genere.
 
 
Clary non sapeva dire come si ritrovava lì. La porticina di legno, consumata dal tempo, ricambiava il suo lungo sguardo.
Alla ragazzina bastò un altro passettino in avanti, e la voce della scorsa volta le piombò nella testa, mentre le dita tremanti sfioravano le pietre incastonate nel freddo ottone con cui era decorato il misterioso passaggio.
Devi portarmi la chiave, Clarissa, te l’ho detto.
Aveva un tono mellifluo, caldo, quasi serpentesco. Clary quasi non sbatteva più le palpebre, completamente assuefatta dalle sue parole.
Avanti, mia Stella del Mattino, sai cosa devi fare. Questa volta non riuscirà a fermarci nessuno.
La rossa staccò le dita dalla porta. Aveva grattato il legno senza rendersene conto, spaccandosi le unghie, tagliandosi la pelle delicata dei polpastrelli con le schegge.
Il sangue gocciolava a terra, lasciando traccia di quel passaggio, mentre con calma innaturale la giovane strega si addentrava tra le scale di Hogwarts, sempre più in alto.
La testa dai riccioli color tramonto ciondolava ad ogni passo, come se il corpo fosse sospinto in avanti da una forza magica e invisibile.
Ed eccola di nuovo lì, tra gli alti torrioni di Hogwarts.
Questa volta Clary non si lasciò distrarre da nulla, lo sguardo assente e la voce cantilenante che la spronava a proseguire nella sua testa.
Crollò in ginocchio davanti alla nuda pietra da dove si era buttata non molto tempo prima, e infilò le mani già livide nella neve ghiacciata.
Ignorò i brividi, mentre la coltre bianca veniva spazzata via malamente.
Le sue dita, bianche per il freddo, si posarono su una sporgenza quasi invisibile che deturpava la liscia superficie.
Poteva sentirla, incastrata da secoli in quella dura prigione.
Molto bene, la voce risuonò candida nella sua testa, follemente felice.
Ti basta un piccolo incantesimo per avere ciò che cerchi. Fidati di me, Clarissa. Vedrai quante cose potrai fare, dopo.
Clary tirò fuori la bacchetta.
 
 
Gli scarponi di Katniss non facevano alcun rumore nella neve, se non quando qualche ramo si spezzava sotto il suo peso.
Con l’arco ben stretto tra le mani, la giovane Serpeverde procedeva a passo spedito nella foresta, addentrandosi sempre di più tra gli alberi spogli.
Ogni ramo, dalle estremità lunghe e affilate come dita di una strega, sembrava chinarsi sopra la sua testa, cercando di afferrarla.
Ma a Katniss non importava.
Era così arrabbiata, accidenti. Con Annabeth. Con Gale che le sbatteva la porta in faccia, rinfacciandole che aveva nuovi amici a cui pensare, e che si era dimenticata di lui. Con sé stessa, per non riuscire a tenersi stretta le persone care.
Ogni cosa che faceva, ogni passo che azzardava, era sempre sbagliato.
Avrebbe tanto voluto essere come la bionda figlia di Atena.
La realtà era solo quella. Katniss invidiava Annabeth. Invidiava la sua sicurezza, il modo lucido con cui affrontava tutte le situazioni in cui si trovava, l’affetto che riusciva a conquistarsi nonostante il carattere terribilmente orgoglioso.
E lei invece combinava disastri dopo disastri. Litigava con tutti, non riusciva a capirsi e si odiava profondamente per questo.
Scagliò una freccia poco più in là, c’entrando il tronco secco di un albero, che scricchiolò paurosamente sotto il colpo.
Katniss tirò su con il naso, ed emise un urlo frustrato, lanciando via l’arco e lasciandosi crollare in mezzo alla neve, scossa dai singhiozzi.
Odiava anche sentirsi così debole.
La foresta, intorno a lei, ammutolì più di prima, e una tiepida vampata di calore le sferzò il viso rigato di lacrime.
Quando Katniss alzò lo sguardo, non credette ai suoi occhi.
Una piccola fiammella azzurra aleggiava a pochi centimetri dal suo viso, scoppiettando placidamente, come se le stesse dicendo “Avanti, smetti di piangere e seguimi.”
La Serpeverde era abbastanza sicura di stare immaginando tutto, ma non appena la fiammella guizzò in avanti, si tirò in piedi il più in fretta possibile, rischiando di cadere.
-Aspetta!- esclamò.
Non raccolse neanche l’arco, ma iniziò ad arrancare nella neve, seguendo la luce che avanzava tra sterpi e radici.
Improvvisamente, Katniss si rese conto di quanto si fosse allontanata dal castello, di quanto stessero scendendo in profondità, nella parte di foresta più pericolosa e inesplorata.
Un brivido di paura – e forse anche di freddo – la scosse da cima a fondo, ma decise di non fermarsi.
-Dove mi stai portando?- chiese con il fiatone, mentre una nuvoletta di condensa le aleggiava intorno al viso.
La fiammella non rispose, ma accelerò.
Spariva ad intermittenza, spuntando sempre uno o due metri più avanti, e Katniss iniziò a correre per starle dietro.
Un paio di volte inciampò in qualche radice nascosta sotto la neve, ma si rimise in piedi con le gambe che bruciavano per lo sforzo.
Gli alberi si fecero più fitti, così come i rami sulla sua testa. Non seppe dire se quella semioscurità crescente era dovuta alla cupola di legno vivo che si infittiva ad ogni passo sopra la testa, o alla sera calante. Aveva completamente perso la cognizione del tempo.
Ad un certo punto scivolò sulla terra ghiacciata e rischiò di rompersi l’osso del collo. Si tirò su a fatica, e si guardò intorno. La fiammella sembrava sparita, l’aveva persa.
-No, no!- sibilò, trattenendo un’imprecazione tra i denti non appena avvistò un bagliore azzurrognolo dietro un cespuglio innevato, a pochi metri da lei.
Balzò in avanti e per poco non cadde di nuovo. Il terreno era così scivoloso che finì per investire il cespuglio e cadere di faccia nella neve.
Prese un respiro tremante e alzò il viso.
Lo spettacolo davanti a lei le fece sgranare gli occhi.
Un enorme albero secco si trovava al centro di una piccola radura. Il tronco scuro e contorto era segnato dal tempo, e i rami più alti non si vedevano neanche.
Katniss si mise in piedi, avanzando.
Regnava un silenzio innaturale.
La fiammella scoppiettò tra le grandi radici, e lentamente, come un attirate da un richiamo, molte altre luci azzurre comparirono intorno a lei.
Scivolavano silenziose nell’aria, circondandola, sfiorando i rami, le pietre, riunendosi intorno al grande albero.
La ragazzina sentì un brivido di paura scuoterle le membra.
In che guaio si era andata a cacciare?
Il vento frusciò appena tra i tronchi, e le fiammelle fremettero.
-Ben arrivata, Katniss Everdeen.- una voce risuonò nella foresta, candida e cristallina come la neve che ricopriva Hogwarts con il suo gelido abbraccio.
-Chi…Chi sei?- domandò la Serpeverde, deglutendo.
Un figura vestita di bianco comparve alle spalle del grande albero.
Si appoggiava ad un bastone, il corpo minuto e gobbo faceva presagire che fosse avanti con l’età.
Si fermò davanti a lei, laddove le radici si intrecciavano le une con le altre, tuffandosi nel terreno.
-Un tempo, molto tempo fa, sono nata in questa foresta, e qui ho sempre vissuto, nei secoli. Ho visto nascere la tua scuola, le guerre susseguirsi, le ere passare. Chi mi ha conosciuto, mi ha chiamato la Strega della Foresta, ma in realtà non possiedo nessun potere.
Lunghi capelli biondi scivolarono oltre il cappuccio orlato d’argento.
Katniss ritrovò un po’ del coraggio perduto.
-Se non sei una Strega, cosa sei allora?- chiese, con il fiato corto.
-Una ninfa degli alberi, una driade. Una delle poche, se non l’unica, che è rimasta in queste terre dimenticate dagli Dèi.
Una driade. Annabeth una volta aveva parlato di qualcosa del genere, di spiriti la cui vita era legata alla sopravvivenza di una pianta. I suoi occhi si posarono sul maestoso albero dietro le spalle della creatura. Sembrava morto.
-È il tuo albero?- chiese, con le mani strette in pugno lungo i fianchi.
-Chi, la Vecchia Quercia? Oh, no, lei è morta da tempo ormai.- c’era una nota amara nella sua voce.-La mia vita non è legata a quella di nessun altro essere vivente, sono solo uno spirito della natura. Ma ho un compito, ed intendo portarlo a termine. Per questo tu sei qui, oggi.
Con una mano rugosa e bianca come la luna, la driade le fece segno di avvicinarsi.
Katniss rimase lì immobile dov’era. Come sapeva se potersi fidare o meno?
-La tua diffidenza è ammirevole, cacciatrice. Ma se vuoi salvare la tua vita e quella dei tuoi compagni, dovrai fidarti di me.
Il suo cuore perse un battito.
-Cosa intendi dire?
-Che siete tutti in grave pericolo. Il nemico è più vicino e subdolo di quanto pensiate.
La Serpeverde avanzò verso di lei, mettendosi seduta su una delle grandi radici ormai prive di vita. La vecchia driade la imitò.
-Le Ombre non agiscono da sole. O meglio, non hanno un cervello, non provano emozioni, per questo sono così pericolose. Non si fanno scrupoli ad attaccare chiunque intralci il loro cammino. Sai come furono create?
Katniss annuì.-Una ragazzina.
-Una ragazzina insicura. Tutti si aspettavano grandi cose da lei, era la figlia del preside Harold Whiteswallow, uomo famoso e colto. Tutto ciò la stressava molto, come potrai immaginare.
Aveva solo dodici anni quando, per scappare allo scherno dei compagni, si rifugiò qui, e si perse.
-Veniva presa in giro?- la interruppe Katniss, curiosa. Sentiva che il momento della verità si stava avvicinando.
-Ai compagni non piaceva. Pensavano che fosse raccomandata, e per questo le stavano alla larga. In più, sua madre era una mortale, una babbana, come dicono i maghi. Questo non faceva che attirare sempre di più la cattiveria su di lei.
Ah, era una così dolce ragazza. Nessuno avrebbe mai immaginato quello che sarebbe accaduto dopo.
-Ma il padre non faceva niente?- domandò ancora la Serpeverde, sgomenta.
La vecchia driade scosse la testa.
-Era troppo impegnato, troppo ceco per rendersi conto di ciò che accadeva. Dopo la morte della moglie non era più stato lo stesso.
Ciò non toglie, che quando la piccola sparì, sguinzagliò i migliori Auror per trovarla. Ma non ci riuscì, e visse sempre con questo profondo rimorso. Aveva perso l’ultimo affetto che gli rimaneva.
-E la ragazzina?
-Passò di qui. Mi offrii di aiutarla, ma ella era troppo succube della sua stessa rabbia. Si inoltrò ancora di più nella foresta, non potei fare niente per fermarla. Credo che trovò un rifugio, o forse qualche spirito malvagio si impadronì del suo cuore. Alcuni esseri oscuri iniziarono ad aggirarsi per la foresta, uccidendo lentamente gli alberi e gli animali. Erano le sue creature, le sue Ombre.
Otto anni dopo quel terribile giorno, tornò al castello, uccise il padre, isolò Hogwarts, e schiava della sua follia, fu troppo tardi quando le Ombre si ribellarono al suo controllo.
-Scomparve.- si ricordò Katniss. La driade scosse la testa.
-Fu attaccata dalle Ombre. Tu hai visto cosa fanno, ma hai capito che cosa succede, esattamente?
Katniss ci pensò su. Pensò agli occhi vuoti di Annie, alla carnagione smorta di Rachel, allo stato vegetativo di Johanna. Quello in cui versava anche Peeta.
E capì.
-Gli toglie la voglia di vivere?- esclamò, sbalordita. Sembrava così assurdo. Ma la driade annuì.
-Risucchiano via ogni traccia di colore dalla loro esistenza, rendendoli dei gusci vuoti.
-Come i Dissennatori?- Katniss pensò a Sirius Black con un brivido.
-Peggio. Ma non è questo il punto. Se le Ombre sono ricomparse, può significare solo che la loro padrona si è risvegliata.
-Ma era morta!
-Era sparita. E non è qui nella foresta, ma è vicina. L’unico altro luogo in cui può essere è…
-Hogwarts.- mai nella sua vita Katniss si era ritrovata così terrorizzata.
-Come ha fatto a svegliarsi?- chiese, passandosi una mano tra i capelli intrecciati.
-Qualcuno lo ha fatto, involontariamente o meno. E adesso lei è debole, ma userà le anime di quei ragazzi attaccati per tornare più forte di prima.
-Come facciamo a fermarla?
Katniss ebbe la sensazione che la vecchia sorridesse.
-Questo lo sapete già.
La Serperverde aggrottò le sopracciglia, confusa, e infilò le mani nelle tasche. Le sua dita incontrarono la carta ruvida, e quando tirò fuori il biglietto, le sembrò tutto davvero troppo assurdo, troppo studiato.
Si sentiva sull’orlo di una crisi di nervi, il suo cervello sarebbe scoppiato presto.
-Il ricettario…- sussurrò, osservando la strana ricetta che ognuno di loro si era trascritto su un foglietto, cercando di capirci qualcosa.
Ripensò alla frase che compariva solo alla luce del sole. Balzò in piedi.
-Devo trovare queste cose! Esclamò, mentre una scarica di adrenalina le trapassava le membra. -Devo avvisare le altre!
La driade si alzò. -Permettimi di aiutarti.- si scostò, e Katniss la seguì. Girarono intorno al tronco, finché tra le radici non comparve una spaccatura.
-Entra lì dentro.
La Serpeverde alzò un sopracciglio, osservando la ninfa di sottecchi. Poi si chinò e strisciò lungo il buco.
Sorprendentemente, l’interno della quercia era cavo. E all’interno, in quello spazio angusto, un piccolo fiore dai petali dorati illuminava il legno scuro.
-Wow.- si lasciò scappare la streghetta.-Cos’è?
-Un fiore di Phòs. Crescevano a Delfi, intorno al santuario del dio Apollo. Non noti qualcosa di strano?- la voce della driade risultò ovattata dall’interno.
-Brilla.- osservò Katniss, sfiorando un petalo con le dita. Era caldo.
-È fatto di luce.- spiegò la ninfa.
La streghetta sbarrò gli occhi.-Come il fiore della ricetta! Ma come faccio a prendere la sua luce?
-Chiediglielo. E raccoglilo con questa.- da sotto l’apertura rotolò ai piedi di Katniss una piccola boccetta di cristallo sottile.
La Serperverde l’afferrò dubbiosa, e si inginocchiò accanto al fiore. La luce morbida illuminava dolcemente i suoi vestiti, scaldandole il cuore come una tenera carezza.
Si schiarì la gola.-Uhm…perfavore, non è che puoi entrare? Mi sarebbe molto utile un po’ della tua magia.
Si sentiva terribilmente stupida. Ma il fiore sembrò accontentare la sua richiesta, perché si mise a brillare così forte da accecarla, e briciole di polline dorato si alzarono intorno a Katniss, scivolando con docilità dentro la boccetta fino a riempirne metà.
-Grazie.- sussurrò la Serpeverde, mentre il fiore perdeva luminescenza.
Scivolò fuori dall’apertura, stando attenta a non rompere la piccola ampolla, e quando fu di nuovo fuori, nella neve, la driade era scomparsa.
-Ehi!- urlò. -Dove sei finita?
Fece il giro dell’albero, ma nessuno si fece vedere o sentire. Pochi spiritelli azzurri erano rimasti, e si agitavano intorno ad uno dei rami più bassi della quercia. Katniss si avvicinò incuriosita, e trovò appeso al sottile fuscello un pendente.
Emanava un bagliore blu, e quando lo prese in mano un tiepido calore le avvolse la mano.
-“L’essenza dei sogni di una creatura splendente”- recitò con un sorriso. La ninfa l’aveva lasciato per lei.
Il ciondolo prese vita, e iniziò a tirarla verso la parte da cui era venuta, lontano dalla Vecchia Quercia.
Katniss si voltò, ma la voce della driade riecheggiò per la Foresta.
-Il nome della ragazza era Cassiopea.
 
 
-Cassiopea! Sapevo di aver già visto questo disegno!- esclamò allegra Renesmee, agitando il foglio.
Annabeth scrollò la testa, ancora abbacchiata dal litigio di quella mattina.
-Era una figura della mitologia greca. Diventò una costellazione dopo la sua morte. Tipico.- bofonchiò, scarabocchiando qualche lettera greca sull’angolo della propria pergamena. Non si mise a spiegare in che cosa consisteva il mito, come suo solito, ma rimase chiusa in quel mutismo ostinato.
Nessie sospirò, non sapendo come tirare su il morale all’amica, o come fare riappacificare gli spiriti.
I grandi occhi da cerbiatta andarono ai grandi scaffali della biblioteca, ricolmi di volumi.
Un tonfo improvviso le fece sobbalzare entrambe, e osservarono stupefatte Katniss che correva verso il loro tavolo, incurante delle urla della bibliotecaria.
-Ma che Tartaro…?- sussurrò Annabeth.
La Serpeverde si lanciò letteralmente sul loro tavolo.
-Ho delle novità. Grosse anche.- berciò, con il fiatone.-Dov’è Clary?
Renesmee scrollò le spalle.-Aveva detto che andava da Quintus un’oretta fa, ma non è ancora tornata.
Katniss sbarrò gli occhi.-Da Quintus?!
-Be’, effettivamente è strano, non è mai stata via così tanto a lungo, ma d’altronde può essersi tratt…- iniziò, avvolgendosi una ciocca ramata intorno al dito.
-Quintus l’ho incontrato io qua fuori.- la interruppe la mora, improvvisamente bianca.-E Clary non era con lui. Anzi, mi ha detto di non vederla da qualche giorno, ormai.
Annabeth scattò in piedi.-Dove diavolo è andata?- sbottò, colma di preoccupazione.
Ma l’attenzione di Katniss era stata presa dal disegno sul tavolo. Renesmee scosse la testa.
-Dopo pranzo era strana. Ha disegnato questo e poi è scappata fuori dal dormitorio, dicendo di andare da Quintus. È una costellazione, Cassiopea. Non capisco perché l’abbia disegnata.
Ma Katniss si sentì improvvisamente mancare la terra da sotto i piedi.
-Oh, no.- sussurrò, iniziando a sudare freddo.

 
 
 
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Kamala’s Corner
 
Sì, lo so, sono sparita di nuovo. Spero che ormai vi siate abituati e non abbiate chiamato Chi L’ha Visto.
Devo dire che sono molto soddisfatta di questo capitolo. Finalmente le cose iniziano a movimentarsi un po’, e la famosa e stramba ricetta inizia a risultare più limpida.
Come era prevedibile, Katniss e Annabeth litigano quando si viene a sapere di Peeta, ma in realtà si scopre che Katniss vorrebbe solo avere un briciolo di sicurezza in più.
Ciononostante, la driade sceglie di parlare proprio a lei, e si scopre la vera storia della ragazzina di cui i ragazzi avevano trovato la legenda, Cassiopea.
Ora, questo nome mi è venuto scrivendo, forse perché è uno dei miei miti preferiti, quindi boh. In più c’è tutta una storia demente dietro, fatta di pupazzetti rosa scaricati nel cesso e simili che vi risparmio.
Il ruolo della driade in tutta la faccenda, comunque, verrà spiegato meglio nei prossimi capitoli, così come la strana possessione di Clary – non so come chiamarla, se non così.
E se qualcuno di voi ha già intuito qualcosa, o ha qualche idea, sarò lieta di ascoltarlo.
Un paio di altre precisazioni : La voce chiama Clary “Stella del Mattino”, questo perché il suo vero cognome, Morgenstern, ha questo significato.
La parola Phòs (φώς) in greco significa “luce”, e ho pensato fosse adatto, considerando i poteri del fiore e il fatto che fosse un simbolo di Apollo (roba che ho inventato io. Omero ed Esiodo, state molto boni).
Con questo, credo di aver finito, so ci si vede.
Un saluto,
Kam.
   
 
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