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Autore: Imagine_Poison    23/07/2016    2 recensioni
"Ha incominciato a piovere. E non sai quanto vorrei che quella pioggia portasse via ogni tuo dubbio, ogni tuo tormento. Non sai quanto vorrei dirti che ho bisogno di te, ché sei una meraviglia. E non sai quanto pagherei per vederti finalmente felice e soddisfatta della tua ragion d’essere. Ché tu non sembri capirlo, non sembri comprendere l’incommensurabile amore che provo per te e per la straordinaria e forte donna che sei diventata. Ti amo, tesoro, ti amo come non ho mai amato nessuno nella mia giovane e tormentosa vita. E spero che tu l’abbia capito, in un modo o nell’altro, tra un piccolo gesto ed una carezza, tra un bacio e un sospiro, ché uno in più non fa mai male"
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Copyright © 2016 Imagine_Poison / E' assolutamente vietata ogni riproduzione, anche parziale, di quest' opera.
Genere: Drammatico, Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Her.
A Diary
 
House By The Sea

"And I'm trying my best to be tough
To pretend I am strong and can siphon it off
But I'm not who I wanted to be
In my heart I belong in a house by the sea" 
House By The Sea, Moddi



 
Londra, 14 novembre 2014
 

Non so mai come iniziare a scrivere, e te lo confesso. Ma questo mi sembrava il modo migliore per farlo. Quindi facciamo finta che inizi da ora, senza questo sproloquio.

Ciao amore mio. Devo confessarti anche che non so perché io stia scrivendo, sinceramente. Ho semplicemente trovato un vecchio quadernetto e una penna che, stranamente, scrive. Così ho pensato di buttare giù qualcosa, senza un vero scopo. Anzi, uno scopo c'è, sotto sotto. Spero solo che, dopo tutto, tu riesca a coglierlo.

Questa mattina sono andato a casa di mia madre, ad Holmes Chapel. C'era un'aria frizzante e leggera, quella che ti accarezza la pelle quasi come se ti stesse baciando. Mi sono pentito subito di non essermi portato dietro un giubbotto più pesante della giacca di pelle, ché poi è incominciato a piovere, e quando piove ad Holmes Chapel l'aria si irrigidisce parecchio.

Ho pensato a te quando ho visto un grande salice piangente sulle sponde del fiumiciattolo che scorre davanti casa. Te lo ricordi? Quello che scorre lentamente, quasi fosse addormentato, che lascia intravedere le alghe verdognole sul suo letto profondo. Il salice era decisamente più piccolo quando sei venuta qua l'ultima volta, molto più spoglio, un ramoscello sghembo. E' cresciuto tanto, è molto più alto di me ora. E si specchia melanconico nell' acqua, come se avesse perso qualcosa di molto importante per lui, qualcosa di fondamentale. E piange, piange perché ormai non può più recuperarla quella cosa dalle acque gelide e terse, ormai è perduta, persa per sempre.

Anche tu piangi perché hai perso qualcosa, amore mio. Tu piangi perché hai perso la tua giovinezza, l'età più bella della tua vita, strappatati da cose più grandi e potenti di te. E allora mi chiedo cosa ti sarebbe successo che non fossi arrivato a prenderti e a portarti in salvo, se quelle cose più grandi e potenti di te ti avessero uccisa. E non me lo sarei mai perdonato, amore mio, mai.

Mamma e Gemma mi hanno chiesto di te, come va tra di noi. Ho semplicemente detto loro che hai dei momenti "no", che ogni tanto piangi come quel salice sulla riva destra del gelido ruscello e che quando succede  mi abbracci ancora più forte. Ho detto che odi quando io ti vedo piangere e quando mi inumidisci la maglia con le tue lacrime amare. Ho detto che ti senti una fallita quando succede e che incominci a sentirti in colpa. Poi mi hanno chiesto perché non sei venuta anche tu con me, e allora ho risposto che non ti andava, che volevi stare un po' da sola. E non ti nascondo che un po' mi sono sentito morire dentro, perché ho pensato che la mia presenza fosse sempre stata un fastidio, mi sono sentito un intruso tra te ed i tuoi silenzi. E lo so che non lo sopporti, quando mi faccio sommergere da dubbi e complessi, ma sono più forti di me. Come i tuoi numerosi silenzi che mi colpiscono come pugni in pieno volto.

Sono stato al parchetto di fronte la mia vecchia scuola, dove l'erba è rimasta ormai incolta e nessuno si è più deciso a tagliarla. E' rimasto tutto come prima, come l'hai trovato tu. I muri di mattoni rossi che lo circondano sono ancora segnati da macchie nere di muffa e muschio; i lampioni ai quattro angoli fanno ancora quel suono simile ad un ronzio quando cala la notte e si accendono, emanando la loro pallida luce giallognola.

Ho fatto un giro per il paese, per quelle casette di mattoni rossi, come i muri del parchetto, dove ogni singola cosa mi urla: Casa. Quelle che mi hanno visto crescere e diventare quello che sono, con i miei pregi ed i miei difetti. Ho visto il forno dove lavoravo da adolescente, dove Mary mi diceva come servire i clienti ed apparire loro cortese, dove ogni mattina sfornavo brioches al caramello. Al caramello, come i tuoi capelli morbidi, ché anche loro mi urlano: Casa.

Poco fa, prima di ritornare in città, erano le 8.00. p.m. e già il cielo era tappezzato di stelle lattiginose. La sera è stranamente serena là nel Cheshire oggi. Sono salito in camera mia, quella che ha i muri tappezzati di poster e vecchi vinili consumati. La porta è ancora cigolante come l'hai trovata tu. L'olio è finito e non ho voglia di comprarne dell'altro. Il letto è sistemato, intoccato. Sarà stata mia madre a rifarlo, a noi non andava l'ultima volta. Te lo ricordi? 

Molte persone, direi piuttosto tutti, dicono che "Casa" è il posto dove si trova il proprio cuore, dove le persone che ami hanno bisogno di te. Io invece dico che "Casa" è il posto dove tu scegli di stare, e così io ho deciso di portare "Casa" dentro di me, così da non provare mai quel sentimento dolceamaro che ti squarcia lentamente il cuore, detto anche semplicemente "nostalgia".

Sono appena tornato a casa, e ti ho trovato sul divano, con lo sguardo perso nel vuoto. Ti ho salutato, ma tu non l'hai fatto. Ti ho chiesto come stavi, ma tu non mi hai risposto. Ti ho dato un bacio, ma tu non l'hai ricambiato. Ti ho toccato la mano, ma tu hai allontanato la tua. Ti sei alzata di scatto senza nemmeno guardarmi negli occhi. Ed io sono rimasto lì, con la mano poggiata sul divano, dove prima poggiava anche la tua, di mano. Ti ho chiesto il perché dei tuoi silenzi, sempre gli stessi, ricevendone un altro come risposta. Altri silenzi non cambieranno la situazione, amore mio, la peggioreranno solamente. Insieme le abbiamo superate tutte le difficoltà, con forza e coraggio siamo andati avanti, e mai ci siamo arresi. Perché lo stai facendo ora, amore mio? Ora che tutte le preoccupazioni che incombevano su di noi si sono volatilizzate?

Sei appena uscita dalla tua camera, silenziosa come sempre. Ti sei seduta sulla sedia in salotto, quella di fronte alla vecchia televisione. E guardi lo schermo, spento. Mentre scrivo hai iniziato a parlare, finalmente. Mi hai parlato di quanto ti piaccia il mare. A me non è mai piaciuto così tanto, il mare. Mi hai detto che ti piacerebbe andarci, "Anche solo per vedere, come si chiamano? Le Bianche Scogliere di Dover, quelle di Kipling, del Re Lear e di Van Morrison. Deve esserci parecchio vento lì ". Hai detto anche che ti piacerebbe abitare lì. E secondo me troveresti la tua "Casa" sulle Bianche Scogliere di Dover, col "parecchio vento" che ti scompiglia i capelli e che ti pizzica gli occhi. E spero che la tua "Casa", ora, sia anche tra le mie braccia, non solo sulle Bianche Scogliere di Dover, "oniriche, di sensi sconosciuti, nell'illogica logica che in quel frangente ha ragione di essere".

Non so cosa starai pensando tu, di me, che scrivo col capo basso su questo vecchio quadernetto dalle pagine ingiallite dal tempo che emana un intenso odore di vecchio. Non so se mai te lo dirò, cosa sto facendo. Ma so che tu rimarrai sempre la mia "Casa", tra queste quattro mura fin troppo piccole per noi due e fin troppo poco calde per il gelo che c'è fuori e nei tuoi occhi.

  
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