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Autore: Elisir86    23/07/2016    1 recensioni
1 -Crossover Harry Potter-
2 -Malinconico/Angst-
Gilbert strinse le dita, lacerando con le unghie il tessuto nero e sperando con tutto sé stesso di riuscire a ferire quel damerino da quattro soldi.
“Perché?” chiese stridendo i denti e assottigliando lo sguardo “Perché non è venuto West o Francis, mi andava bene anche Feliciano...” strinse con più forza la mano arpionando nel pugno malandato tutto ciò che era possibile.
“Perché cazzo ti presenti tu?”
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Austria/Roderich Edelstein, Prussia/Gilbert Beilschmidt, Un po' tutti
Note: AU, Cross-over, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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La fiamma morente di una Nazione

 

 

 

Storia partecipante alla challenge “Le situazioni di lui e lei” indetta da starhunter”.

 

 

 

Genere: malinconico/angst

 

 

 

Roderich aveva appoggiato la mano su quel muro accarezzandolo come se si trattasse di qualcosa di vivo.

Posò la fronte sui mattoni freddi e annusò il profumo funesto di calce, cemento e barriera che emanavano.

Era strana la sensazione di amaro che gli riempiva ed impastava la bocca, non l'aveva mai provata nemmeno quando aveva dovuto lasciare andare la sua adorata Elizabeta.

Graffiò con le unghie quel maledetto ostacolo, come se almeno la sua volontà potesse abbatterlo prima di staccarsi ed incamminarsi per il sentiero. Si sistemò la sciarpa, lisciò il cappotto e fecce cenno all’attendente di raggiungerlo, era pronto per attraversare le transenne.

Mentre il soldato di guardia leggeva i suoi documenti diede un ultimo sguardo alle sue spalle, in lontananza vedeva la figura alta e rigida di Ludwig i cui pugni erano ormai perennemente serrati e il suo sguardo si perdeva all’orizzonte, alla costante ricerca della Sua figura, incapace di accettare la distanza.

“Prego...”

Il primo passo fu il più difficile, non sapeva cosa avrebbe trovato al di là e se Lui lo avrebbe accolto.

Obbligò le gambe a muoversi sotto lo sguardo indagatore dei soldati allineati.

Si rese conto che aveva trattenuto il respiro solo quando oltrepassò il Muro. Prese aria a pieni polmoni prima di allontanarsi con grandi passi dalle transenne.

 

Roderich aveva raggiunto la casa di Gilbert nel giro di pochi minuti -rifiutandosi categoricamente di ricevere un passaggio su uno di quegli aggeggi meccanici- si era fermato per lunghi attimi davanti al portone di legno massiccio. La testa di un'aquila finemente decorata teneva nel becco il battente che per secoli era stato lucidato dopo ogni bussata… prima.

Lui non lo aveva mai fatto.

Si era sempre rifiutato di toccare qualunque cosa fosse di origine prussiana. A dire il vero anche in quel momento una morsa d'acciaio gli stringeva le viscere impedendogli di afferrare quel pezzo di ferro per sbatterlo con violenza!

Respirò ed espirò, due volte, prima di cominciare a canticchiare un motivetto -che Beethoven in persona aveva scritto per lui- per calmarsi e costringersi a palesare la sua presenza.

Chiuse le snelle dita sul cerchio di freddo metallo e puntò lo sguardo sui rubini penetranti e sanguinanti dell'aquila.

“Tks...” fecce scoccare con stizza la lingua sul palato.

 

Gilbert ci mise un’eternità ad aprire. Roderich era arrivato a pestare i piedi come un bambino sullo scalino di marmo -che un tempo ricordava essere perfettamente lindo, intatto e privo di crepe- cercando di trasmettere attraverso di esso con quello scalpiccio, la sua impazienza al Padrone di casa poi, finalmente vide un occhio scarlatto mostrarsi attraverso una piccola fessura.

La pupilla dilatata e le occhiaie nere che giungevano fin sotto lo zigomo spigoloso non presagivano nulla di confortante.

La porta si aprì cigolando di pochi centimetri, mostrando nello spiraglio un viso pallido, scavato dalle preoccupazioni, sembrava il volto di un moribondo.

Roderich spostò lo sguardo sulla mano che stringeva incontrollatamente il legno e le dita lunghe e magre facevano un contrasto malsano sul color scuro, perfino le unghie apparivano distrutte come se avessero graffiato convulsamente una superficie dura.

“A…” la voce asciutta e gracchiante di Gilbert riportò alla realtà il moro, “Austria?”

 

***

 

Gilbert si era aspettato chiunque ma non lui, non quella principessina viziata!

Invece davanti a lui c'era Roderich, con quei capelli impomatati e un capotto che non veniva più fabbricato da diversi anni, e mentre sul suo viso si disegnava il solito ghigno di scherno, trattenendo a stento una battutina, aprì del tutto il portone e fece un passo in avanti, anche se le sue ossa parevano frantumarsi come quelle di un cane bastonato più volte.

Roderich s'inchinò appena lo vide -come era sempre stato abituato a fare in segno di saluto- “Ti vedo bene...” mentì soffermando il suo sguardo sul vestiario alquanto rovinato e puzzolente dell'albino.

“Da quanto non ti fai una doccia?” storse il naso cercando di fare un passo avanti per entrare in casa.

“Non credere io rimango magnifico anche così!” ghignò il prussiano premendo decisamente una mano sul suo petto.

Il moro alzò un sopracciglio, Gilbert era sempre stato un tipo fisico: uno di quegli odiosi essere umani che aveva il bisogno di dover sancire la presenza di chicchessia toccandolo con prepotenza. Lui invece odiava il contatto fisico, lo infastidiva anche quando Elizabet con dolcezza gli sfiorava appena il braccio o la spalla.

In quel momento quella mano opprimente scottava sul suo petto, la guardò per qualche attimo come se potesse essere inglobata per sbaglio dal suo corpo da un momento all'altro.

“Concedimi di entrare nella tua Proprietà...” gli occhi viola puntati in quelli vitrei dell'albino. “Ci sono novità più che urgenti che necessitano di essere discusse in privato.”

Gilbert strinse le dita, lacerando con le unghie il tessuto nero e sperando con tutto sé stesso di riuscire a ferire quel damerino da quattro soldi.

“Perché?” chiese stridendo i denti e assottigliando lo sguardo “Perché non è venuto West o Francis, mi andava bene anche Feliciano...” strinse con più forza la mano arpionando nel pugno malandato tutto ciò che era possibile.

“Perché cazzo ti presenti tu?” sputò con tutta la rabbia e il disprezzo che provava per quella Nazione che poteva muoversi liberamente nonostante avesse fatto crescere nel suo ventre un mostro!

“Tuo fratello non può giungere fino a qui, gli è stata imposta come condizione di Resa dagli Alleati. Dai tuoi cari amici.”

Roderich si leccò le labbra lasciando il tempo al prussiano di assimilare l’informazione.

La mano di Gilbert lasciò lentamente la presa, si asciugò il palmo sudato sul capotto del moro e lasciò che le dita tamburellassero su uno dei molti bottoni d'ottone.

“...Non può?” chiese con sguardo assente.

-Non poteva rivedere suo fratello ed erano stati i suoi amici a deciderlo...-

“Basta indugi: fammi passare!” Roderich alzò la voce mentre schiaffeggiava la mano spostandola finalmente dal suo petto. Sentì un rumore sinistro di chiara rottura provenire dal polso dell'albino, come se l’osso si stesse sbriciolando.

Strizzò gli occhi sospirando e questa volta posò lui una mano sulla spalla dell'altro “Entriamo, ho numerose notizie da riferirti e sono tutte della massima serietà.” Ribadì accompagnandolo all’interno.

 

***

 

Roderich squadrò l'ingresso con un misto tra ribrezzo e dispiacere.

Era sempre stato un uomo dai gusti raffinati e adorava lo sfarzo, non per niente era rimasto rilegato al passato fatto ancora di carrozze e arte classica -non quella schifezza moderna che sembrava volere solo distruggere secoli di perfezione!-

L'austriaco sapeva benissimo che anche Gilbert aveva la tendenza al lusso, ma in quel momento -in quella villa- c'era solo l'ombra opprimente della antica bellezza.

Il lampadario di cristallo era inclinato pericolosamente e sembrava rimanere attaccato al soffitto da una solo robusta corda. Le candele -spente da chissà quanti anni- erano orribilmente ricoperte di ragnatele e polvere che sembravano accumulatisi in secoli, invece dei pochi decenni del Reich.

Il suo sguardo si soffermò successivamente sulla carta da parati: strappata ed ingiallita, che un tempo risplendeva lucida come seta, poteva benissimo essere pura seta. Immancabilmente ben pulita dalla quale emanava un pungente profumo di lavanda.

“Vuoi stare lì tutto il tempo?” sbottò con voce gracchiante Gilbert, mentre lo guardava con disprezzo e lui si decise a seguirlo nel salotto attiguo.

I suoi occhi viola accarezzarono il broccato sfatto e consunto dei divanetti, il marmo sporco e spezzato del tavolino, le tende lasciate ammuffite e tarlate lasciate cadere su davanzali impolverati, si tolse i guanti in pelle di camoscio rassegnato al fatto che non avrebbe trovato un posto decente dove poggiarli. “Apri! C'è odore di cadavere putrefatto qui dentro.”

L'albino rise andando ad aprire l’unica finestra cigolante i cui battenti non fossero ancora stati disastrati dalla Storia – come se fosse possibile per ognuno di loro resistere ad un simile infausto legame.

 

***

 

Gilbert non aveva insistito quando Roderich si era intestardito nel rimanere in piedi. Mentre lui si era accomodato di botto sulla sua comoda ottomana -alzando un sudicio nuvolo di polvere e facendo scappare qualche insetto!- mise i piedi nudi sul tavolino allungandosi ed incrociando le braccia dietro i capelli arruffati.

Rimase così immutato per tutta la durata del monologo ad ascoltare quella principessina che non gli stava riferendo nulla di inatteso, solo le solite lagne sulle ragioni che lo avevano condotto in rovina e che lentamente lo stavano distruggendo dentro.

“Il muro non verrà abbattuto, Russia ha portato al Consiglio dei validi argomenti sulle ragioni che hanno portato alla sua costruzione, prima fra tutte...” gli occhi di Gilbert si stavano chiudendo “…inoltre la tua incapacità nel dissuad…” la costante ed indomabile spossatezza causata dalla sua condizione lo rendevano incapace di mantenere l’attenzione necessaria -o voluta! No, non aveva abbastanza energie da sprecare in futili ciance…- “…inoltre la sventatezza di Alfred, intestarditosi nel cercare di salvare la povera vecchia Russia dalla povertà data dal comunismo rende il Muro l’unica barriera fisica che impedisce a quei due sconsiderati di trasformare uno sciocco litigio, una baruffa, in una nuova guerra globale…” mentre il silenzio gli martellava le tempie con il suo ronzio, la voce monocorde di Austria lo stava facendo scivolare in una placida spossatezza come donata da un nuovo calore nella stanza.

 

***

 

Roderich sospirò mentre osservava l'altro ronfare tranquillamente sul suo cencioso sofà. Si era accorto di star sprecando fiato solo dopo che il soldatino aveva orribilmente emesso un peto dal naso e un rivoltante filo di bava dalla bocca indecentemente spalancata; sul viso ormai orribilmente scavato non vi era più traccia di nessun ghigno malefico mentre il suo corpo sembrava eternamente rilassato.

Si sistemò gli occhiali sul naso e nell’indecisione di congedarsi silenziosamente o meno lanciò un sguardo penetrante sul pianoforte antico stanziava al centro del salotto. Era stato mantenuto stranamente adeguato di qualsiasi altro oggetto della residenza e risplendeva enormemente sotto i miseri raggi del sole, che penetravano dalle tende tirate.

Prussia sapeva suonare egregiamente, nonostante la spada fosse l’arte in cui eccelleva al meglio, rammentava chiaramente quando -per sua sfortuna- aveva assistito all’esecuzione di una sua ballata. le sue dita lunghe e pallide avevano affondato quei tasti come se li stesse accoltellando. In quell’occasione si era trovato a rabbrividire profondamente e a lungo per la sofferenza inflitta a quel povero Bösendorfer, nulla nell’esecuzione di quelle note poteva essere definita aggraziata o dolce -nulla poteva accomunarlo a lui e la sua di musica-.

"Cento volte meglio vederlo brandire una spada!" aveva pensato. Perché nessuno poteva negare quanto Gilbert fosse infinitamente più armonioso durante un combattimento.

Roderich socchiuse gli occhi voltandosi a fissare l’ombra assopita dell'albino. La magrezza dimostrata era solo un primo insignificante sintomo delle conseguenze che la fine della guerra avevano portato nel suo Suolo, era spaventoso vedere con che chiarezza le ossa del torace, specie le costole, tiravano innaturalmente la pelle sotto la leggera stoffa trasparente della camicia. Le sue labbra erano screpolate e bianchissime come se fosse il suo stesso sangue il primo a non poter attraversare il Muro, e i suoi occhi che normalmente elargivano promesse di sadica morte con lampi di desidero omicida parevano essere divenuti loro stessi l’incarnazione della morte, tant’erano incassati nelle ossa del cranio e degli zigomi.

Come? Come potevano giustificare tutti loro che una Nazione venisse ridotta in questo stato?

Senza accorgersene si avvicinò costantemente a Prussia e con dita tremanti gli sfiorò i capelli visibilmente allungati e fragili… e tremendamente sporchi. “Cosa ti sta facendo Ivan?” sussurrò.

 

***

 

Gilbert spalancò di colpo gli occhi rossi appena sentì l’uscio della porta chiudersi con violenza.

Fingere di dormire all’ingombrante presenza di quel damerino a pochi passi da lui era stata un’Impresa.

Complesso era stato il mantenersi perfettamente fermo, immobile nella propria vulnerabilità quando lo aveva sentito avvicinarsi, con quel profumo d’inebriante e assoluta libertà circondarlo prepotentemente.

Snervante era stato avvertire il suo tocco lieve sui capelli. La voglia di afferrarlo, buttarlo su sull’ottomana e sbranare il suo corpo in lungo e in largo, morderlo ed assoggettarlo alla conquista di quel calore che da troppo gli era negato, era stata fermata solo dalla consapevolezza che colui che aveva di fronte era comunque l'odioso Roderich-puzza-sotto-il-naso.

Voltò lo sguardo sulla porta dal quale Austria si era allontanato e probabilmente, non avrebbe più fatto ritorno, aveva lasciato fuggire l’ultima possibilità di saziarsi della sua anima, la fiamma viva di una Nazione in pieno rinnovamento storico, lasciandolo solo nella sua decadenza.

 

"Russia…

 

te ne rendi conto?

 

La Fiamma che arde e mantiene in vita l’incarnazione di una Nazione…

 

Se non viene alimentata si estingue…

 

Nella tua intransigenza…

 

mi stai uccidendo..."

 

 

 

 

 

 

 

Sklero dell'autrice

 

Ok, non è molto Angst...ma malinconico spero di sì...
Cosa dire?

Ambientata ovviamente poco dopo la costruzione del Muro di Berlino (Anno inizio lavori 1961) che ha diviso i due fratelli.

Mi piaceva l'idea che Ludwig e Gilbert non potessero vedersi e che quindi toccava ad Austria andare a portare l’ambasceria al recluso.

Ovviamente ho voluto non accennare a nulla di storico -non credo di esserne all'altezza- e ho incentrato tutto sui due protagonisti!

 

So che Gilbert suonava il flauto traverso, ma sono convinta che sapesse suonare anche il pianoforte anche se non bene come Roderich!

 

Spero di non avervi deluso e ovviamente le recensioni sono ben accette :)

 

A presto

Elisir

  
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