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Autore: angelo_nero    23/07/2016    4 recensioni
[La storia può contenere Spoiler per chi non ha visto i due nuovi film di Dragonball]
"[...]Vegeta fece una smorfia schifata: quel negozio era tutto colorato, una musichetta infantile ed irritante faceva da sottofondo alle coppie che facevano shopping per il nascituro o il bambino nella culla. Ovunque si girasse vedeva culle, passeggini, carrozzine, lettini con le sbarre, giochi e palestre per bambini e altre cose di cui non conosceva il nome nè l’utilità. A cosa serviva a un bambino tutta quella roba? Davvero non li capiva i terrestri a volte. Da ciò che ricordava delle poche volte in cui si era interessato alla vita di Trunks neonato, non lo aveva visto particolarmente interessato a tutte quelle stupidagini che la madre gli comprava. [...]
Genere: Comico, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bulma, Trunks, Vegeta | Coppie: Bulma/Vegeta
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
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Il suo corpo si rifiutava di tornare tra le braccia di Morfeo, rigirandosi irrequieto tra le lenzuola, alla ricerca di una posizione che potesse conciliargli il sonno improvvisamente perduto.  Il leggero tessuto gli si attorcigliò intorno alle gambe, invece di scivolare su di esse con delicatezza, dandogli una sensazione di prigionia e fastidio a cui non fece caso, preferendo girarsi ancora una volta.
Dalla finestra proveniva il vociare dei cittadini, troppo intenso per quell’ora del mattino. O meglio, troppo intenso per il suo udito alieno, che percepiva ogni singolo battito d’ali di ogni insetto presente nel grande giardino della sua casa.  Come se non bastasse, qualcuno ebbe la fantastica idea di far partire la musica a palla da un’automobile, parcheggiata a pochi metri dalla recinzione che circondava la grande casa gialla.
Abbandonò definitivamente l’idea di dormire quando, voltandosi per l’ennesima volta, l’odore alla vaniglia dello shampoo di lei gli inondò le narici.
Con il vago pensiero di distruggere qualsiasi cosa nell’arco di pochi chilometri si decise ad alzare le palpebre, rivelando l’ossidiana nascosta dietro.
Presto. Troppo presto. Percepiva ancora la brezza notturna sulla pelle nuda della schiena, lasciata scoperta  dalla mancanza della t-shirt, che avrebbe ritrovato a terra se si fosse sporto dal comodo materasso, insieme al pungente odore del suolo bagnato dalla pioggia della sera prima proveniente dalle ante della finestra lasciate socchiuse. Probabilmente il sole non era neanche sorto ancora.
Digrignò i denti quando il frastuono del traffico mattutino si fece più intenso ai suoi sensi ora desti. Spiaccicò la faccia sul cuscino nel tentativo di ignorarli e l’intenso profumo di vaniglia lo colpì in pieno, portandolo a maledire lei e il suo shampoo che gli stava facendo venire il voltastomaco.
Voltandosi supino, inspirò a pieni polmoni l’aria pungente di febbraio chiedendosi se sarebbe più riuscito a prendere sonno quella mattina. Rimase a fissare il soffitto rendendosi conto che, con lo stomaco in subbuglio e il casino proveniente dall’esterno, probabilmente gli sarebbe stato più facile definire suo amico Son Goku che tornare a riposare.
Si mise seduto sul letto stropicciandosi la faccia con le mani: la colpa della sua insonnia non era da attribuire al vociare esterno, al traffico, all’odore dolciastro sul cuscino o alle coperte che gli stringevano le gambe in una morsa. No, la causa era molto più semplice e sostava proprio a pochi centimetri da lui. O meglio, era dove sarebbe dovuta stare ma quando Vegeta tolse le mani dal viso e lo voltò verso la sua destra, scoprì che il posto era vuoto da ormai più di mezzora.
Lanciò uno sguardo alla radiosveglia sul comodino, sulla quale lampeggiavano numeri troppo bassi per i suoi gusti.
Decisamente troppo presto. Dove diavolo era finita Bulma a quell’ora del mattino!?
Sbuffando contrariato per quell’assenza di calore al suo fianco, gettò le coperte di lato, liberando finalmente le gambe dalla stretta del tessuto, e poggiò i piedi nudi sul pavimento.
Non fece caso alla mancanza della sua maglietta a terra e dei jeans di lei mentre usciva dalla stanza diretto nell’unico posto che, secondo sua moglie, valeva la pena varcare persino all’alba pur di inebriarsi dell’odore di olio per motori.
Il rumore dei suoi piedi privi di qualsiasi calzatura si avvertiva a mala pena sul freddo marmo che ricopriva i corridoi dell’unica ala della casa adibita a esperimenti e progetti vari, inclusa la sua adorata camera gravitazionale. L’aria in quella zona sapeva di metallo, grasso e fumo di scarico. Mai avrebbe capito cosa ci trovasse l’azzurra a passare intere giornate a sporcarsi le mani in quell’ammasso di roba unta e cigolante. Probabilmente lei pensava la stessa cosa dei suoi allenamenti sfiancanti, apparentemente privi di senso, con il solo scopo di distruggere corpo e mente. Ma le cose erano diverse, Vegeta ci era nato con il bisogno di combattere mentre lei aveva scelto quel lavoro per puro piacere.
Constatato che, nei laboratori, non vi fosse anima viva, girò i tacchi e si allontanò da quel posto che gli ricordava prepotentemente una parte della sua vita che avrebbe preferito dimenticare.
I corridoi erano immersi nella più totale oscurità, non si era degnato di accendere neanche le luci a led che percorrevano l’intero soffitto di quell’ala della casa. I suoi occhi erano in grado di orientarsi anche al buio, tant’è che Bulma lo aveva paragonato ad un gatto.
Ancora una volta i suoi passi erano praticamente muti mentre macinavano i metri che lo separavano dal punto in cui aveva avvertito l’aura di sua moglie.
Ed eccola lì, seduta comodamente dietro il tavolo con un cornetto in una mano e una tazza di cappuccino fumante, poteva sentire l’odore di caffè e latte mischiati distintamente. Un libro aperto davanti e il silenzio rotto solo dalle pagine sfogliate.
-Cosa ci fai qui?-
Bulma sobbalzò colta di sorpresa, alzò gli occhi su di lui mentre il suo cuore tornava a battere regolarmente e gli rivolse un sorriso raggiante.
-Buongiorno Vegeta. Come mai già sveglio?-
-Buongiorno un corno. Cosa ci fai in piedi a quest’ora?- sbottò reprimendo l’impulso di prenderla di peso e portarla a letto con la forza.
La donna diede un morso al cornetto e glielo mostrò.
-Avevo voglia di cappuccino e cornetto. Così sono andata a comprarli.- disse facilitando la deglutizione del dolce con un sorso della calda bevanda.
L’uomo alzò un sopracciglio interrogativo. –Alle cinque e un quarto del mattino?-
Lei annuì staccando un morso dal cornetto ripieno, sporcandosi un angolo della bocca di crema.
Vegeta si chiese quale pazzo scatenato si alzasse nel pieno della notte per poter aprire il proprio bar a quell’ora, o se qualcuno fosse stato minacciato dalla donna che, tutta tranquilla, sorseggiava un cappuccino compiaciuta. Scosse la testa per cacciare quel pensiero.
-Torna a letto.- le ordinò.
Bulma riportò lo sguardo su di lui.
-Perché?- gli chiese dopo aver mandato giù.
-Perché ho sonno.-
La donna tornò a portare la sua attenzione sul libro che aveva davanti, senza dar peso all’ordine del marito.
-Vai a dormire.- suggerì distrattamente.
Lui sbuffò incrociando le braccia al petto.
-Non posso.-
-Perché no?- disse mordendo nuovamente il dolce.
-Lo sai.-
Bulma alzò gli occhi su di lui incrociando quello sguardo d’ossidiana perennemente corrucciato e ora assonnato. Inclinò la testa di lato con un’espressione innocente stampata in faccia.
Vegeta spostò lo sguardo altrove avvertendo quello indagatore dell’altra.
-Se hai sonno perché ti sei alzato?- chiese con la faccia di chi sa tutto ma vuole sentirselo dire.
Lui trattenne un ringhio.
-Mi sono svegliato perchè non c’eri. Sono venuto a cercarti.- borbottò a denti stretti.
Bulma gli sorrise intenerita quando le sue guance si colorarono di un leggero rossore dovuto all’imbarazzo di quella piccola confessione.
Mise in bocca l’ultimo pezzo del dolce e finì il cappuccino prima di alzarsi, lasciando tutto sul tavolo, ed avvicinarsi al guerriero.
Vegeta sussultò alla vista della sua figura intera, il tavolo le copriva tutto ciò che era sotto il seno: con la sua t-shirt addosso e un paio di jeans, mostrava fieramente l’ingombrante pancione di sei mesi e mezzo avvicinandosi a lui a piedi scalzi.
Cazzo, il sonno gli toglieva pure la memoria a breve termine! Avevano deciso di avere un secondo figlio mesi fa e, dopo tanti tentativi vani, finalmente era avvenuto il concepimento. Si diede mentalmente del cretino per essersi scordato una cosa del genere.
Bulma gli sfiorò la mano. –Andiamo?-
***
C’erano azioni da lui compiute in passato che sarebbero state giudicate, dai più, come meschine e prive di logica. Qualcosa di incomprensibile per chi vive perennemente in pace, abituato a puntare il dito contro chi la pensa diversamente o contro ciò che era ritenuto “sbagliato” dalla società.
Come avrebbero potuto comprendere loro, sciocchi esseri dall’infinitesima forza combattiva, che alla fine era così che funzionavano le cose? Il più forte mangia il più debole. “La legge della giungla” era stata quella che aveva governato le civiltà per millenni, insieme all’istinto di conservazione che spingeva gli esseri umani a non attaccar briga contro chi è più forte di loro.
Quante civiltà erano crollate di fronte alla potenza di un’altra? Quante persone erano state piegate al volere di chi è più forte di loro? E non si parla solo di forza fisica -no probabilmente quella è l’ultima delle cosa- quanto di potenza economica, politica e psicologica.
Con l’avanzare dei millenni, però, l’umanità sembrava essersi scordata di questa cosa. Troppo occupata a credersi invincibile e intoccabile, unica fonte di vita nell’arco di milioni e milioni di anni luce. Davvero c’erano persone che credevano seriamente che il genere umano fossero gli unici esseri viventi dotati di intelligenza nell’universo?
Beh, la prova che si sbagliavano era proprio lì, a pochi passi da loro: un principe guerriero proveniente da un pianeta lontano anni luce da lì, ormai distrutto, se ne stava seduto indolente sulla panchina in attesa che la consorte, terrestre, sbucasse fuori da quel negozio che sembrava averla inghiottita.
Vegeta fissava con aria truce il grande orologio digitale posto sulla parete davanti a lui, quasi fosse colpa sua se la donna era sparita da un buon quarto d’ora.
Trunks, seduto al suo fianco con la testa ciondolante in avanti e le mani abbandonate tra le ginocchia, sospirò sconsolato prevedendo una lunga attesa. Conosceva bene la madre e sapeva che non sarebbe uscita fin quando i tre quarti dell’intero negozio non fossero stati di sua proprietà. Si passò una mano tra i capelli lilla rimpiangendo la mattinata di allenamenti con il padre precedentemente programmata, ovviamente prima che la madre si impuntasse e li costringesse ad accompagnarla a fare compere.
-Non vorrete lasciare una donna incinta a vagare da sola per un immenso centro commerciale!? Potrei inciampare e cadere, le buste sarebbero troppe e pesanti, qualche malintenzionato potrebbe cercare di avvicinarmi per farmi del male!- aveva detto cominciando ad elencare una serie di avvenimenti a suo parere catastrofici.
Il ragazzino aveva fissato speranzoso il padre, certo che avrebbe declinato la richiesta della donna con i suoi soliti modi di fare. Ma quando lo aveva visto sbiancare di poco all’udire le possibilità che la scienziata aveva di farsi male e lo aveva sentito dirgli di muoversi ad indossare qualcosa di decente, si era arreso al fatto che la loro mattinata padre-figlio sarebbe stata spazzata via.
Ancora non poteva crederci che il padre avesse preferito stare dietro alla madre invece che allenarsi con lui.
Dopotutto, riflettè andando a posare la guancia sulla mano, era un po’ che il genitore si comportava in modo ambiguo. Diciamo che era proprio strano! I suoi allenamenti quotidiani, già molto diminuiti da quando il lavoro alla Capsule Corp riempiva le sue giornate, erano andati a diradarsi ancor di più arrivando a saltarli per l’intera giornata nell’ultimo periodo.
E cosa poteva mai spingere il grande Vegeta, principe di tutti i Saiyan, ex mercenario con la fama di distruttore di intere popolazioni, a boicottare i tanto amati allenamenti? La risposta risiedeva in due occhi azzurri, un caschetto del medesimo colore e un ventre gravido, contenente il secondo erede della casata reale di Vegeta-sei.
Il Saiyan passava la maggior parte del suo tempo appiccicato alla moglie, per assicurarsi che la donna non trovasse qualche assurdo modo per farsi del male involontariamente. Quella seconda gravidanza lo aveva mandato nella paranoia più totale. Conscio della fragilità della sua compagna e della strabiliante forza risiedente in quel bambino che scalciava nel suo ventre, era diventato un’ansia vivente. Non distoglieva quasi mai lo sguardo da lei, a meno che non vi fossero i suoi genitori o quell’amica strampalata, che ogni tanto si piantava a casa loro, al suo fianco*. Allora si concedeva un po’ di relax e volgeva la sua attenzione altrove, come per esempio al primogenito, il quale veniva preso di peso dalla maglietta e trascinato nella stanza gravitazionale senza possibilità di replica.
Tutto ciò era, naturalmente,  ben celato dietro la solita espressione imbronciata di chi ce l’ha praticamente sempre con il mondo intero. 
Lanciò uno sguardo di sfuggita al padre che non sembrava particolarmente infastidito dalla situazione e si chiese cosa diavolo fosse successo nel suo cervello per ridurlo a fare da facchino volontario alla madre.
Che poi era la stessa cosa che si stava chiedendo Vegeta: cosa diavolo gli era passato per la testa quando aveva accettato di seguirla!? Cominciò a pensare che qualche strano virus gli stesse mangiando il cervello e lo spingesse a fare tutto ciò che, anni fa, non si sarebbe mai sognato di eseguire. O forse era semplicemente lei che gli aveva fatto un incantesimo di qualche tipo, a sua insaputa. E probabilmente quella formula magica porta proprio il nome di quel sentimento che lo aveva spinto a gettare via la sua vita e il suo orgoglio un anno fa.
Puntò lo sguardo sulle buste ai suoi piedi pensieroso. Un anno. Quello era il lasso di tempo che era passato dalla fine di quell’incubo che aveva le sembianze di una gomma da masticare gigante. Una gomma da masticare tremendamente forte. E idiota. Esattamente come il suo creatore, per non parlare dell’uomo che l’ha sconfitto. Oh la sua idiozia batteva quella di quei due messi insieme, probabilmente nessuno era più stupido di quel tipo.
Idiota o no, quello stupido mago da strapazzo era riuscito ad infilarsi nella sua testa e a tirar fuori quella parte di lui, su cui aveva messo una pietra sopra, che scalpitava per tornare in superficie e riprendersi ciò che gli spettava di diritto. Tutto per una rivincita.
A volte non riusciva a credere che veramente aveva ceduto mente e corpo a Babidi, buttando all’aria quanto costruito con Bulma. Quella volta lo stupido era stato lui.
Gli venne da ridire ripensando al fatto che ormai si era talmente tanto abituato alla vita terrestre che a quel tempo gli andava stretta, da sentirsi un cretino al solo pensiero di poter voler tornare come prima. Aveva rinnegato quel bambino che aveva allenato personalmente e quella donna che lo aveva amato senza chiedere niente in cambio. 
“Io volevo disperatamente tornare il  Saiyan di prima!” Quante stronzate che aveva detto in quello scontro. Se le persone attorno a loro non lo avessero preso per scemo, si sarebbe messo a ridere per le sue stesse affermazioni.  Persino Goku si era accorto che mentiva! Era sempre stato un pessimo attore.
Tornò ad alzare lo sguardo sull’orologio digitale, che segnava ormai mezzogiorno passato.
-Dici che il negozio l’abbia inghiottita?- chiese Trunks.
-Probabilmente.- rispose Vegeta provocando una risata nel figlio.
-Dovremmo andare a cercarla?-
-E sentirla lamentare perché l’abbiamo disturbata? Non ci penso neanche! Starà svaligiando il negozio come suo solito.-
Trunks rise ancora.
-E se avesse bisogno di una mano?-
Vegeta poggiò il mento sulla mano. -Che si arrangi. Voleva tanto fare la donna emancipata quando mi sono offerto, che se la cavi da sola ora!- borbottò stizzito.
Il ragazzino scoppiò a ridere divertito, inconsapevole che quel suono aveva il potere di spazzare via tutti i pensieri malsani nella mente del padre.
-Cosa c’è di tanto divertente?-
Vegeta alzò lo sguardo su di lei, la protagonista del loro scambio di battute: Bulma si ergeva in tutta la sua bellezza, con addosso una salopette di jeans che risaltava ancor di più il prominente pancione, in piedi davanti ai suoi due uomini. Inutile dire che per lui sarebbe stata fantastica anche con un sacco della spazzatura addosso, chissà come starebbe la battle suite su quel fisico?
Cacciò via quei pensieri e si concentrò sulla donna, che era uscita dal negozio a mani vuote. Cosa decisamente strana, visto il tempo che aveva speso all’interno.
Bulma soffiò fuori l’aria in uno sbuffo infastidito, osservando corrucciata il negozio alle sue spalle.
-Che branco di incompetenti, neanche il loro lavoro sanno fare.- si lamentò l’azzurra incrociando le braccia al petto.
I due Saiyan si guardarono alla ricerca di una risposta che non avevano. Che Bulma fosse fuori di testa lo sapevano, bastava pensare che al suo compleanno aveva schiaffeggiato Lord Bills e Son Goku nell’arco di ventiquattrore. E passi per il migliore amico, che nonostante fosse diventato un Dio rimaneva un idiota patentato, ma arrivare a colpire il dio della distruzione era proprio da pazzi.
Per ricevere in cambio cosa poi? Un manrovescio che l’aveva atterrata e provocato lo scoppio incontrollato di rabbia del principe.** Vegeta ancora si chiedeva chi glielo avesse fatto fare a sposare quella pazza.
Trunks alzò le spalle e scosse la testa come a dirgli che non aveva idea di ciò che stava dicendo la madre. Vegeta tornò a puntare lo sguardo su di lei.
-Ho semplicemente chiesto se si potesse avere la possibilità di parlare direttamente con la casa produttrice o con l’artista per chiedergli un abito su misura. Oppure se potevo rivolgermi direttamente a loro. C’erano degli abiti che nella loro interezza facevano schifo ma che preso un pezzo dell’uno e un pezzo dell’altro sarebbe venuto fuori un vestito stupendo!-  vaneggiò sotto lo sguardo confuso e disinteressato dei due Saiyan. A loro non poteva fregar di meno di quella roba!
Bulma continuò a parlare di quanto sarebbe stato fantastico il vestito nella sua geniale mente senza rendersi conto che a Vegeta e Trunks, di tutto ciò che stava blaterando, non importasse assolutamente nulla. Ma se il ragazzino faceva almeno finta di ascoltarla, l’uomo aveva spostato la propria regale attenzione da tutt’altra parte, chiudendo i contatti con il mondo nel preciso istante in cui lei aveva iniziato a blaterare.
A pochi metri da loro, una giovane coppia tentava inutilmente di calmare i capricci della bambina che teneva  per mano. Sembrava volesse qualcosa che però i genitori non erano intenzionati a darle, provocando le urla della figlia che andavano a intensificarsi man mano che la trascinavano via dal suo obbiettivo. Vegeta guardò di sfuggita i due genitori: non sembravano avere più di venticinque anni, probabilmente la bambina, sui cinque o sei anni, era stata un “errore” di percorso durante l’adolescenza. Per quanto sapesse bene che molte coppie preferivano far figli molto giovani, di certo non era così per quei due. Sicuramente non avevano un lavoro fisso, lui bazzicava da un part-time all’altro mentre lei teneva a bada la bambina. A giudicare dal tipo di abbigliamento non dovevano essere particolarmente agiati economicamente, anzi avevano l’aria di chi arriva a stento a fine mese.
Le urla della bambina gli stavano perforando i sensibili timpani, per fortuna riuscirono a trascinarla via mettendo fine a quella sceneggiata penosa.
Tornò con i piedi per terra e si chiese da quando avesse iniziato ad osservare e giudicare gli umani, che non avrebbero dovuto neanche sfiorare la sua considerazione.
-Vegeta? Cosa guardi?-
-Niente d’importante.- rispose distogliendo lo sguardo dai tre e puntandolo nelle iridi azzurre della donna.
Bulma fece appena in tempo a vedere la giovane donna prima che sparisse dietro l’angolo, con la figlia urlante in braccio. Aggrottò le sopracciglia mentre la sua mente iniziava a figurare i sospetti peggiori che una donna potesse avere.
-Prima che tu te ne esca fuori con una delle tue stronzate,- iniziò il principe portando la sua attenzione su di sé. – Ti informo che stavo semplicemente osservando quei tre per estraniarmi dal resto. La tua voce mi urta il sistema nervoso quando parli a vanvera.-
L’azzurra ignorò la provocazione del principe e battè le palpebre sorpresa. Oramai era un libro aperto per lui tanto da intuire a priori i suoi malsani pensieri quali “La stai guardando perché è più magra di me” o “Ora che sono diventata una balena ti andrai a cercare un’altra” oppure “Quella è alta, bionda e giovane sicuramente ti piace” che da qualche mese a quella parte avevano iniziato a formarsi nella testa della donna ogni qualvolta si tratteneva nell’osservare l’ambiente circostante. Ovviamente Vegeta non era il tipo da fermarsi a guardare ogni donna che gli passa davanti né tanto meno aveva mai pensato di tradire Bulma con una di loro. Di donna gliene bastava una.
La gravidanza e gli ormoni da essa provocati, erano la spiegazione più logica che Vegeta potesse dare a quegli strani comportamenti. Anche se lei dava la colpa agli ormoni per praticamente tutto, usando la “particolare situazione in cui si trovava”, come amava definirla lei, come scusa.
-Dove altro devi andare? Non ho intenzione di girare qui dentro per tutta la giornata.- borbottò alzandosi in piedi.
Bulma ci pensò su facendo mente locale su cosa le servisse al momento e su cosa volesse.
-Devo praticamente rifarmi il guardaroba, mi sta tutto stretto. Jeans, gonne, magliette, persino i reggiseni mi stanno piccoli. Poi devo prendere le cose per la bambina, come giocattoli, pannolini, pigiami… Per la culla useremo quella di Trunks, che è in ottimo stato e a prova di bambino Saiyan.- rispose la donna cominciando a fare un elenco infinito di dove dovesse passare a qualsiasi costo e dove voleva passare senza una reale necessità.
Vegeta alzò gli occhi al cielo esasperato mentre la moglie aveva ricominciato a vaneggiare sul nascituro e i mesi a seguire, pianificando giorno per giorno dalla data presunta del parto al compimento del primo anno. Con sguardo sognante iniziò a dire qualcosa sulla prima parola, il primo dentino e persino i primi passi, cosa che fece sbuffare il principe alle sue spalle.
-Cosa hai da sbuffare?- lo ribeccò senza voltarsi a guardarlo.
-Non puoi pianificare attimo per attimo ciò che avverrà da qui a un anno.- le fece notare. –Non puoi avere tutto sotto controllo.-
-Ma Trunks a otto mesi già camminava e parlava, a tre ha messo il primo dentino e…-
-Trunks è Trunks.- disse spostando lo sguardo sul primogenito. –Questa bambina è un altro paio di maniche, potrebbe camminare a sei mesi come a due anni. Sono cose che non decidi tu.-
-Ma…Uffa.- borbottò gonfiando le guance come una bambina.
-Niente “ma” limitati a vivere giorno per giorno e a pianificare ciò che veramente puoi controllare.-
Bulma incrociò le braccia sotto al seno infastidita, sapeva che il compagno avesse perfettamente ragione ma la sola idea di stringere quel frugoletto tra le braccia la mandava su di giri. Anche con Trunks era stata felicissima, ma a quel tempo vigeva la paura di quel percorso ignoto quale era una gravidanza di un Saiyan e l’assenza del padre del bambino. Ora, invece, Vegeta era con lei, aveva già affrontato una gravidanza quindi sapeva cosa la aspettava e la paura di perdere il bambino per incompatibilità, biologicamente parlando, lasciava il posto alla tipica euforia di quando si aspetta qualcosa con desiderio. E loro quella bambina l’avevano desiderata tanto.
Si accarezzò il ventre rigonfio con dolcezza lasciandovi la mano sinistra sopra, come in attesa di un movimento della piccola per coglierlo al meglio. Un sorriso tipicamente materno le si dipinse sul viso e si voltò ad osservare il compagno che le camminava a fianco, incrociando il suo sguardo quando si voltò a guardarla. Gli sorrise radiosa e mimò un “grazie” che confuse il principe.
Cosa aveva da sorridere? Fece scivolare lo sguardo sul pancione che conteneva la loro secondogenita, sangue del suo sangue, che non vedeva l’ora di  conoscere. Sì, doveva ammetterlo almeno a se stesso, moriva dalla voglia di vedere sua figlia, Bra.
Le iridi scure si spostarono sulla sua mano nivea, sulla quale la fede dorata spiccava e brillava come a volergli ricordare che, volente o nolente, era legato a lei per l’eternità. Non che gli servisse un pezzo di metallo o una stupida firma per ritenere quella donna sua; assolutamente no, lei gli apparteneva da molto prima che se ne rendesse conto. Calcò ancor di più le mani nelle tasche già che l’anello al suo anulare aveva cominciato a bruciare inspiegabilmente, probabilmente era solo una sua stupida illusione.
-Secondo te lei sa che siamo i suoi genitori?- chiese la donna sognante.
-Sei stata tu a dire che proprio nei nove mesi in cui si forma impara a riconoscere le voci dei genitori, e altre cavolate del genere.-  le rispose distogliendo lo sguardo da lei. –Dovrebbe essere abbastanza in gamba da capire chi le ha dato la vita e chi invece è solo una presenza secondaria.-
-Hai sentito, Bra? Papà ti ha appena detto che sei intelligente.- disse Bulma, parlando al pancione.
Vegeta borbottò qualcosa riferito al fatto che non era il caso di parlare al proprio corpo se non voleva essere presa per pazza. Avvertì qualcosa sfiorargli il polso ma fu troppo lento nel reagire e le dita della sua mano destra si intrecciarono con quelle della mano sinistra di lei, che gli sorrideva speranzosa. Fissò per un attimo le loro mani unite prima di distogliere lo sguardo imbarazzato mentre lei canticchiava sovrappensiero.
***
-Ho fame!-  si lamentò la donna per l’ennesima volta in un quarto d’ora.
-Siamo qui apposta.-
Bulma incrociò le braccia sul tavolo di legno e vi adagiò la testa sbuffando infastidita.
Seduti al tavolo loro assegnato attendevano pazientemente, chi più chi meno, l’arrivo di qualcuno che li servisse ma la donna non aveva fatto altro che lamentarsi per tutto il tempo, esigendo cibo immediatamente in quanto dovesse sfamare un altro essere oltre a se stessa. Come una bambina di cinque anni aveva messo il broncio ogni qual volta un cameriere passava lì accanto senza, ovviamente, fermarsi. Nemmeno Trunks aveva mai fatto tutti quei capricci per il cibo, nonostante mangiasse il doppio di lei.
Quando finalmente qualcuno si degnò di prendere le loro ordinazioni, Bulma non diede il tempo agli altri due di aprire bocca che iniziò ad elencare un numero infinito di cibi diversi, tutti per lei ovviamente. Il povero cameriere, con la faccia di chi sta per mettersi a urlare, prese l’ordinazione dell’azzurra in rigoroso silenzio e ci mancò davvero poco che si togliesse il grembiule e lanciasse via il palmare per le ordinazioni quando anche i due Saiyan ordinarono, sotto lo sguardo sconcertato dei tavoli vicini.
Naturalmente Vegeta e Trunks ingurgitarono tutto ciò che aveva ordinato con una naturalezza senza pari, dopotutto per loro era normale, ma rimasero sconcertati quando constatarono l’enorme quantità di cibo, dolce e salato, avesse ingurgitato la donna seduta di fronte a loro. Altro che esercito, aveva mangiato per un intero battaglione Saiyan!
-Qualcosa non va?- chiese Bulma dopo aver consegnato la propria carta di credito al cameriere che li aveva serviti.
Trunks aprì bocca per parlare –Ti sei ingurgitata mezzo ristorante.- ma la voce che uscì non era di certo la sua.
-Cosa staresti insinuando?- chiese piccata al marito.
-Hai quasi mandato in fallimento il ristorante con tutto quello che ha ordinato.-
Bulma incrociò le braccia al petto. –Io sono incinta, dentro di me scalcia un mezzo Saiyan nel pieno della crescita. Tu che scusa hai?-
-Il mio corpo è una macchina da guerra, il mio fisico ha bisogno di parecchio cibo per funzionare.- rispose incrociando anch’egli le braccia.
-Una macchina da guerra paranoica.-
-Non sono paranoico!-
-Ah no? E come la definiresti una persona che mi segue come un’ombra ovunque vado per paura che possa farmi del male in qualsiasi modo o farne al bambino? Che non mi lascia un attimo di respiro perché si sente in dovere di controllare costantemente il mio stato di salute? – gli ricordò l’azzurra.
-Non inventarti cavolate. Non ti sto sempre appiccicato, di solito passo lì per caso e sfrutto l’opportunità per vedere se ti sei ammazzata o meno.- si difese l’altro.
-E passi per caso in ogni singola stanza in cui mi trovo? Anche quando mi giro di botto e sei dietro di me?-
-Te l’ho detto passavo di lì per puro caso.-
-Ogni due secondi passavi per caso?-
Vegeta non le rispose e il discorso finì lì. Il cameriere riportò la carta a Bulma e il trio uscì dal ristorante, salutati dal profondo inchino del personale. Avevano lasciato circa il valore corrispondete a un reddito annuale di una normale famiglia, in quel ristorante.
Proseguirono i loro giri, trascinati di qua e di là da Bulma che sembrava non essere intenzionata a lasciarsi indietro neanche un negozio. Riuscì addirittura a portarsi dietro il compagno in un negozio per neonati.
Il Saiyan cercò di protestare più volte ma alla fine dovette cedere ed entrare con lei, lasciando il povero Trunks ad attenderli su una panchina lì davanti, carico di buste e scatole. Neanche lo sguardo da cane bastonato che rivolse alla madre servì a farla desistere nel trascinare il marito dentro.
Vegeta fece una smorfia schifata: quel negozio era tutto colorato, una musichetta infantile ed irritante faceva da sottofondo alle coppie che facevano shopping per il nascituro o il bambino nella culla. Ovunque si girasse vedeva culle, passeggini, carrozzine, lettini con le sbarre, giochi e palestre per bambini e altre cose di cui non conosceva il nome nè l’utilità. A cosa serviva a un bambino tutta quella roba? Davvero non li capiva i terrestri a volte. Da ciò che ricordava delle poche volte in cui si era interessato alla vita di Trunks neonato, non lo aveva visto particolarmente interessato a tutte quelle stupidagini che la madre gli comprava.
 A proposito della madre, dove era finita Bulma? Vegeta si guardò attorno alla ricerca della donna, non poteva abbandonarlo così in quel posto! Per fortuna la ritrovò intenta a scegliere una nuova tutina rosa da far indossare alla bambina, una volta nata.
 Le si avvicinò in silenzio, arrivandole alle spalle.
-Oh, Vegeta! Guarda, aiutami a scegliere!- gli disse la donna voltandosi con in mano due tutine. –Quale starebbe meglio a Bra? Questa rosa con il coniglietto o questa gialla con la scimmietta?-
Il Saiyan la guardò sconcertato e si chiese se la donna che aveva davanti fosse la stessa che, qualche anno fa, gli aveva detto che lo accettava così com’era. Lui non ci capiva niente di quella roba, neanche gli interessava! Perché lei si ostinava a coinvolgerlo?
-Fa come ti pare.- le disse.
Bulma si imbronciò. –Se te lo chiedo significa che voglio una tua opinione, stupido scimmione!-
-E io te l’ho data: fai come ti pare.- le disse incrociando le braccia e guardando altrove.
Dopo qualche secondo tornò a rivolgerle la sua attenzione e sussultò impercettibilmente. Gli occhioni azzurri di Bulma si erano fatti lucidi e minacciavano di cacciare fuori dei lacrimoni da record, se lui non si fosse espresso in merito alla scelta del vestiario della bambina.
L’azzurra si passò una mano sugli occhi e singhiozzò. –Io voglio solo coinvolgerti in queste piccole cose. L’altra volta per Trunks non ci sei stato, non te ne faccio una colpa, ma credevo che almeno per questa bambina volessi comportarti come un padre normale. Non chiedo tanto.- disse con la voce rotta.
Il Saiyan sembrò andare nel panico per un secondo. Perché quella donna doveva essere così dannatamente emotiva!?
-Quella con la scimmia penso le si addica di più- borbottò imbarazzato.
Bulma lo guardò. –Lo penso anche io. Vieni?- gli disse spostandosi fischiettando per le corsie del negozio.
Vegeta la guardò allontanarsi stranito: certo che cambiava umore facilmente! Un attimo prima sembrava sul punto di piangere e quello dopo tornava sorridente. Già di solito i suoi sbalzi di umore erano strani, ma a quel punto Vegeta pensò che la donna potesse partecipare ai Guinness World Record e ottenere il titolo di “Donna più emotiva del mondo”. Non aveva idea se esso dipendesse dall’essere incinta di un mezzo Saiyan o tutte le donne erano così. Delle femmine della sua razza aveva pochissimi ricordi, anche piuttosto confusi, ma non ricordava facessero tante storie per una gravidanza. Comunque sia, i mezzi di paragone di cui usufruiva non potevano essere validi: Bulma era una terrestre, viziata e cocciuta, non una Saiyan dalla tempra dura e dalla soglia del dolore alle stelle.
La seguì nella scelta di altre cose che a lui sembravano inutili, esprimendo un piccolo parere quando lei glielo chiedeva gentilmente, anche se lo faceva solo per evitare che facesse una scenata in mezzo alla gente. Perchè alla fine non gli fregava gran che.
Dopo una buona mezz’ora di felici compere, per Bulma, e atroci torture, per Vegeta che moriva dalla voglia di tornare ad allenarsi, finalmente uscirono dal negozio.
Trunks, rimasto ad aspettarli fuori, alzò lo sguardo dal suo smartphone non appena avvertì la loro presenza davanti a lui. Non disse nulla, si limitò a guardare le facce dei genitori, dimetricamente opposte: se la madre sembrava sprizzare felicità da tutti i pori, il padre si stava pentendo amaramente di aver acconsentito a seguirla. Il piccolo Saiyan si trattenne dal ridere solo per rispetto nei confronti del genitore, e anche per evitare uno scappellotto che si sarebbe ricordato per il resto della vita.
Bulma si sedette accanto a lui e cominciò ad elencare le ultime cose che doveva prendere, che poi alla fine non erano mai le ultime conoscendola.
-Bulma-san?- proferì una voce maschile.
Bulma alzò lo sguardo e si trovò a specchiarsi in due iridi verdi, incastonate in un viso che non aveva più di trent’anni.
-Yoshi-kun!- esclamò quando lo riconobbe.
Si alzò in piedi e lo abbracciò, sotto lo sguardo corrucciato del compagno che si chiedeva chi fosse quel giovane uomo.
Il ragazzo le sorrise, mostrando una fila di denti perfetti. –Sei sempre splendida. Come stai? Ti ho riconosciuto da lontano ma volevo essere sicuro. Sai, è sempre meglio evitarle le figure di merda. - disse.
Bulma ricambiò il sorriso e posò una mano sotto il pancione. –E tu sei sempre troppo gentile. Sto bene, stiamo bene. Tu? Sei sparito dopo lo stage.-
Il ragazzo fece un sorriso imbarazzato e si passò la mano dietro la testa, in un gesto che le ricordò Goku.
 –Sono stato all’estero per un paio d’anni. Ho perso i contatti praticamente con tutti, anche la mia famiglia è riuscita a contattarmi solo di rado.- si giustificò. –Tutta colpa del lavoro e del differente fuso orario.-
L’azzurra alzò le sopracciglia sorpresa. –Ecco cos’era quell’accento strano che sentivo. Sei riuscito ad andare in America, alla fine!- esclamò contenta.
-Già.- rise in imbarazzo il ragazzo.
Qualcuno si schiarì la gola dietro di loro, con il chiaro intento di interrompere la conversazione ed attirare l’attenzione su di sé. Bulma si voltò e vide Vegeta in piedi, a pochi centimetri da lei, con le braccia incrociate e uno sguardo di disapprovazione.
-Ehm, loro sono la tua famiglia?- le chiese il moretto indicando Vegeta e Trunks.
Bulma annuì convinta e si accinse a fare le presentazioni.
–Lui è Yoshida Koichi, ha fatto lo stage nella nostra azienda qualche anno fa. Era molto bravo, anche se particolarmente sbadato.- disse lanciando un’occhiata divertita al diretto interessato. –Siamo diventati amici in poco tempo e ci eravamo promessi di rimanere in contatto, anche se poi non lo abbiamo più fatto.-
-Te l’ho detto, ero impegnato.- si giustificò Yoshida mettendo le mani avanti.
Il giovane sulla trentina era alto un metro e ottanta, spalle larghe e ribelli capelli scuri che cadevano in morbide cicche sugli occhi color smeraldo. Sembrava appena uscito da una rivista di intimo maschile, nessuno avrebbe mai detto, a prima vista, che si trattasse di un genio di meccanica ed elettromeccanica. Era un bel ragazzo, niente da dire, e per questo Vegeta aggrottò ancor più le sopracciglia quando la donna, scherzosamente, gli diede un pugno sul braccio.
-Yoshi-kun, ti presento la mia famiglia! Mio marito Vegeta e il nostro primogenito Trunks.- continuò l’azzurra non badando allo sguardo di fuoco che il compagno aveva rivolto al ragazzo.
Yoshida, da perfetto da giapponese, si piegò in avanti, inchinandosi in modo rispettoso. –Piacere di conoscervi, Vegeta-san, Trunks-kun. Bulma-san è stata un’ottima senpai per me.- disse una volta tornato in posizione eretta.
-“Senpai”. Erano anni che non sentivo quella parola.- disse posandosi una mano sotto il mento pensierosa.
-Yoshi-chan! Avevi intenzione di lasciarmi qui?-
Il gruppetto si girò verso un ragazzo biondo, molto più basso di Yoshida, che avanzava verso di loro con le mani piene di buste.
-Avevi detto che ci avresti messo due secondi!- borbottò una volta raggiunto Yoshida.
Yoshida unì le mani in segno di preghiera. –Scusa Hayatocchi! Ho incontrato una vecchia conoscenza e mi sono fermato a salutarla.- si scusò.
Il biondino gli mollò tutte le buste con un gesto stizzito e mise il broncio. –Mi hai lasciato solo, in mezzo al corridoio, carico come un mulo.- borbottò incrociando le braccia e dando le spalle al ragazzo.
-D-dai Hayatocchi non fare così! Se mi perdoni ti porto a mangiare in quel negozio di dolci che ti avevo detto un mese fa, che ne dici?- propose Yoshida, cercando di farsi perdonare dal ragazzo.
L’altro sembrò pensarci su. –Va bene, accetto. Ma dovrai portare tutte le buste fino a casa!- gli disse girandosi di tre quarti.
Yoshida annuì e gli sorrise.
Il ragazzo dai capelli biondi si accorse finalmente che, a parte loro due, c’erano altre persone. In un baleno si mise davanti a Bulma e gli porse la mano sorridendo.
-Tu devi essere Bulma-san! Yoshi-chan mi ha parlato spesso di te, ha una grande stima nei tuoi confronti.- disse.
Bulma, stupita, afferrò la mano del ragazzo, osservando anche con cura gli occhi nocciola incastonati in quel viso giovanissimo, e si sorprese della stretta potente che lui le restituì.
-Uhm, grazie, ehm…- disse non sapendo il suo nome.
La mano di Yoshida si posò sulla testa bionda del ragazzo.
-Questo impertinente qui è Hayato Mukami, il mio ragazzo.- disse guadagnandosi un’occhiata fulminante dall’altro.
-Stavo per dirlo io!- protestò l’altro agitando i pugni in aria.
Vegeta e Bulma guardarono la scena senza scomporsi. Di cose strane ne vedevano tutti i giorni, quindi perché stupirsi di una coppia che litiga come ragazzini? Loro lo facevano costantemente.
Il Saiyan si rilassò impercettibilmente e girò i tacchi, con tutto l’intento di allontanarsi da quella scenetta patetica. Se lo faceva lui con Bulma era divertente ma guardare qualcun altro litigare lo irritava solamente.
-Andiamo.- disse.
Trunks non ci pensò due volte a seguire il genitore lontano dai quei due, non vedeva l’ora di tornare a casa.
Bulma rimase ferma qualche secondo, prima di seguire marito e figlio.
-Oh! Bulma-san, aspetta!- urlò Yoshida mettendo una mano sulla faccia del fidanzato e spostandolo da una parte. –Scambiamoci i numeri, così possiamo rimanere in contato.-
Bulma arrestò il passo e sorrise al ragazzo. –Certo.- disse
***
Chiuse il portabagagli dell’auto, strapieno di buste e scatole che non trovarono posto nelle capsule portate dalla consorte. Si chiese cosa se ne faceva di tutta quella  roba, di cui la maggior parte era per il nascituro. Tutti quei vestitini che Bra avrebbe indossato forse per un paio di mesi, data la velocità con la quale i bambini Saiyan crescevano. Però quel concetto nella testa di Bulma sembrava non voler entrare.
Vide Trunks intrufolarsi sul sedile anteriore dell’auto, quello accanto al guidatore, sicuro che nessuno l’avesse visto.
Vegeta si guardò intorno e scorse la compagna al telefono poco più in là. Senza una parola si mise al posto di guida, chiudendo lo sportello con forza. Infilò le chiavi nel quadro e poggiò il braccio sul finestrino, in attesa che Bulma si decidesse a raggiungerli.
Il Saiyan ringraziò il fatto che il primogenito avesse ereditato il sacro silenzio da lui e non la parlantina della madre. Dopo una giornata ad ascoltare le stronzate della donna, le sue orecchie poterono finalmente riposarsi, almeno fino a che ella non sarebbe tornata ed avrebbe reclamato il proprio posto che, in quel momento, era occupato da Trunks.
-Vai dietro.- disse il principe.
Trunks alzò gli occhi dal telefono e guardò il padre. –Eh? Perché?- protestò.
-Non ho voglia di sentire tua madre lamentarsi perché le hai rubato il posto.- continuò l’altro guardando fuori.
Trunks non disse niente ma Vegeta non avvertì neanche lo sportello aprirsi.
-Mi hai sentito?-
Trunks sbuffò ed uscì dalla macchina sbattendo lo sportello, per poi rientrare subito dopo, sedendosi stavolta sul sedile posteriore.
-Va bene!?- esclamò incrociando le braccia al petto.
Vi fu un momento di silenzio, nel quale nessuno dei due aprì bocca, spezzato solo dal rumore delle auto di passaggio. Si chiesero entrambi quanto tempo ancora ci volesse a Bulma per terminare la chiamata.
-Papà?-
-Mh?-
-Posso farti una domanda?-
Vegeta non staccò lo sguardo dal finestrino.
-Me la stai già facendo.- gli fece notare.
Il ragazzino aggrottò le sopracciglia. –Giusto.-
Altro silenzio.
Non che Trunks fosse un chiacchierone, ma quel silenzio sembrava forzato e imbarazzante.
-Cosa volevi chiedermi?- azzardò il Saiyan maggiore fissando un litigio tra due autisti per lo stesso posto.
Trunks impiegò qualche secondo per rispondere, forse l’argomento lo imbarazzava.
-Tu…cosa ne pensi del nuovo imminente arrivo?- chiese titubante.
Vegeta aggrottò le sopracciglia. –Cosa dovrei pensare?-
Trunks alzò le spalle.
-Non so, qualsiasi cosa. Secondo me prenderà un sacco di tempo sia a te che alla mamma. So che i neonati necessitano di molte cure e attenzioni da entrambi i genitori, quindi credo che un mezzo Saiyan ne richieda di più.- disse puntando lo sguardo fuori dal finestrino.
-Dove vuoi andare a parare, Trunks?- gli chiese spostando lo sguardo sullo specchietto retrovisore.
Il bambino si irrigidì impercettibilmente.
-Da nessuna parte.- rispose.
Non era vero, e lo sapevano entrambi. Trunks non aveva mai paura di dire le cose come stanno, sia nel bene che nel male, era un tratto che aveva ereditato da entrambi, ma quel giorno sembrava voler sviare il  discorso. Cosa che non aiutava  Vegeta che affrontava le situazioni sempre di petto. Era Bulma quella esperta nello scavare nei silenzi altrui, non lui.
Lanciò uno sguardo alla donna che agitava le mani in aria, sembrava nel mezzo di una discussione. Quando alzò lo sguardo su di lui, i loro occhi si incrociarono e gli fece segno di attendere ancora.
Beh, sembrava che l’esperta fosse la momento inagibile, quindi l’ingrato compito di tirar fuori le parole con le tenaglie al figlio spettava a lui.
-Non sarei per caso geloso?- gli chiese a bruciapelo.
Trunks sussultò. Bingo.
-Non dire stupidagini, papà! Perché dovrei esserlo? Non è neanche nata.- si difese continuando a guardare fuori.
Ma perché quel ragazzino doveva rendere tutto così dannatamente difficile!? Chi glielo faceva fare a lui?
-Trunks, lo sai che è una cosa stupida?-
-Lo so, papà! Lo so! Non sono stupido. Ho undici anni ma non sono cretino.- scattò l’altro. –So benissimo che è una cosa stupida. Però che ci posso fare? Non li comando mica io i sentimenti! E tu dovresti capirmi bene!-
Colpito e affondato. Neanche a Vegeta piaceva provare determinate emozioni, ma lo faceva indistintamente dal proprio volere. Rabbia, per qualcosa di diverso dal combattimento; amore, per la sua famiglia; gelosia, nei confronti della sua donna, e tante altre a cui preferiva non pensarci. Però non era quello che intendeva dire.
-Hai lo stesso identico vizio di tua madre, mai una volta che mi lasciate finire di parlare.- borbottò il principe attirando l’attenzione del figlio.
Trunks mantenne le braccia incrociate e lo sguardo corrucciato, ma era curioso di sapere cosa avesse da dire suo padre.
-Scusa.- borbottò sottovoce guardando altrove.
-Ehi, ragazzino, sai benissimo che voglio essere guardato negli occhi quando ti parlo.- lo richiamò il genitore, severo.
Trunks allora alzò lo sguardo azzurro per incontrare quello scuro del padre nello specchietto retrovisore. Rimase in silenzio.
-È una cosa stupida perché, nonostante la bambina avrà bisogno di tante cure, non ho alcuna intenzione di passare tutto il mio tempo dietro a lei. – gli disse fissando i suoi occhioni azzurri. –Quindi che non ti saltasse per la testa che una volta arrivata Bra tu potrai boicottare a tuo piacere gli allenamenti.-
Gli occhi azzurri di Trunks cambiarono espressione e colore, diventando più sereni e chiari. Riflettè sulle parole del padre per qualche istante, nonostante avesse compreso subito il significato che si celava dietro il tono duro e il discorso degli allenamenti. Gli sorrise con il cuore leggero e mantenne il suo sguardo fin quando non fu lui stesso ad abbassarlo. Riprese, così, il telefono e tornò a dedicarsi al videogioco precedentemente abbandonato.
Vegeta si ritrovò a riflettere sulla situazione. Sinceramente non aveva mai pensato che Trunks potesse essere geloso del nuovo arrivo. Okay, lui stava buttando parecchio del suo tempo dietro alla consorte incinta, ma ciò non aveva mai intaccato il tempo trascorso con Trunks nella camera gravitazionale.  O fuori.
Lo sportello al suo fianco si aprì ponendo fine al filo dei suoi pensieri. Bulma si sedette buttando fuori l’aria, come se fosse appena tornata da una corsa e lanciò il telefono di ultima generazione sul cruscotto della macchina in malo modo. Si mise la cintura ed appoggiò la testa sul poggiatesta del sedile.
-Abbiamo un branco di incompetenti come subordinati! Ho passato mezz’ora a litigare con il capo-reparto solo per spiegargli che il progetto 12 veniva dopo il progetto 23, che è di massima urgenza.- borbottò gesticolando eccessivamente.
Vegeta girò la chiave nel cruscotto e mise in moto la macchina, senza dare particolare peso a quello che la donna accanto a lui diceva. La voce di Bulma era un sottofondo piacevole ai suoi pensieri. Sentì Trunks ricordare alla madre la promessa di lasciarlo andare con lui al prossimo allenamento fuori porta, fatta quella mattina. Non che Trunks avesse bisogno del permesso materno per seguirlo nei suoi viaggi attorno al pianeta, ma ultimamente la donna aveva un carattere instabile ed era sempre meglio chiedere la sua opinione prima di fare qualsiasi cosa.

Arrivati a casa non dovettero neanche scaricare la miriade di buste perché a Bulma bastò premere un pulsante e quattro robot si accinsero a recuperare gli articoli e metterli a posto.
-Che giornata!- disse l’azzurra buttando sul tavolo della cucina le chiavi di casa.
Trunks entrò seguito dal padre. I due si scambiarono un’occhiata.
-Tu, eh…- disse il primo per entrambi.
Bulma si voltò a guardarli, già con una mano sul fianco.
-Cosa staresti insinuando?-
Trunks alzò le braccia al cielo e si diresse in camera propria. –Che siamo noi quelli che abbiamo dovuto sopportarti per tutto il tempo!- protestò dalla cima delle scale.
-Cosa!? Ehi, moccioso, torna qui e dimmelo in faccia se hai coraggio!- lo richiamò.
Trunks si affacciò e le sorrise.
-Fossi matto! Non ho voglia di essere messo in punizione a vita!- disse per poi scomparire di nuovo.
Bulma rimase interdetta a fissare il punto in cui il ragazzino era scomparso, prima di voltarsi e urlare la sua disapprovazione al soffitto della casa. Vegeta le passò davanti diretto nella stessa direzione del figlio.
-Dove vai?- gli chiese mentre lui saliva le scale.
-A fare ciò che non ho potuto fare stamattina. Allenarmi.- le rispose senza voltarsi. –Trunks! Ti voglio nella camera gravitazionale tra cinque minuti, non un secondo di più!-
-Signor sì!- sentì esclamare da Trunks.
Bulma non sapeva a che appigliarsi per fa si che quei due non andassero, non voleva rimanere sola! Ma prima che lei potesse formulare una sorta di pensiero compiuto, i due erano già scomparsi dalla sua vista e dal suo udito.
Borbottando qualcosa contro i Saiyan e la loro mania di combattere si andò ad accasciare sul divano, telecomando in mano e patatine a portata. Avrebbe passato il resto del pomeriggio a fare zapping, per la cena si arrangiassero!
 
Fine.


*riferimento ad Evelyn, personaggio di mia invenzione presente nella long “Life-Vita”
**Nonostante il riferimento alla scena del film e di Dragonball Super, in questa storia non si è tenuto presente del tempo che Vegeta trascorre con Goku ad allenarsi con Wish.
 



Angolo autrice:

Sono tornaaaaataaaaaa*^* Ebbene si dopo una lunga, lunghissima assenza sono tornata proprietaria del mio tempo(?) che era in ostaggio dello studio (??) e della scuola in generale. Gli esami sono finiti, io mi godo l'estate e...VOI STATE ANCORA ASPETTANDO IL CAPITOLO DELLA LONG, VERO? 
Don't worry ragazzuoli, il capitolo è terminato ma è in via di revisione uwu Non vogliamo che ci siano ORRORI di grammatica o che io abbia scritto fischi per fiaschi, giusto?
Lo so che a voi non frega una ceppa dei miei scleri che faccio qui sotto ogni volta(?) ma io li faccio uguale.
Btw! Il capitolo 24(?) è pronto, come già detto, mentre il 25 è in fase di lavorazione assieme a un'altra piccola(???) one short, molto fluffosa. Si insomma tipo questa. Ho deciso che raggrupperò la long con queste due piccole "storielle" in una serie chiamata.... ancora non lo so. Lo scoprirete quando l'andrete a leggere.
Bene, io ho terminato i miei scleri e lascio la parola a voi, miei(??) cari(??????) lettori. 
Forse ho messo troppi punti interrogativi in questo "angolo"...

angelo_nero
 
  
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