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Autore: Irmusa    26/07/2016    0 recensioni
"-Ti chiederei di non fidarti di me, perché io stesso so che non posso darti alcunché di ciò che tu vorresti, e di ciò che meriteresti. Ma ti chiederei, subito dopo, di concedermi solo questo momento, solo adesso, solo ora. Perché è più di quel che potrei avere, molto di più, ma se tu acconsentissi potrei provare a renderlo un attimo eterno, che si imprima nella mia memoria permettendomi di poterlo rivivere nella testa ogniqualovolta io voglia. Perché di più non posso chiedere. Perché tu non meriti me, ma qualcuno che ti sappia dare tutto, che è di sicuro molto più di quel che posso darti io.-
La sua voce è più profonda adesso, più seria. Sono incantata."
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Deianira ha una vita piena, fatta di amici, sport e famiglia. Ma un mondo incantato e oscuro busserà improvvisamente alle sue porte, reclamandola. E sarà quello il momento in cui capirà che la sua vita sarà destinata, in breve, a diventare un'enorme matassa di intrighi, lotte, passione e odio.
Riuscirà a sopravvivere?
Genere: Azione, Fantasy, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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Il vento mi schiaffeggia il volto, mentre ansimando cerco di correre sempre più veloce. La notte non mi impedisce di distinguere egregiamente gli elementi della natura che mi circondano e che vedo sfilare davanti ai miei occhi, come fosse una scena di un film che scorre in avanti repentinamente, alla ricerca di un momento particolare da vedere.
Anche io sono alla ricerca di qualcosa, ma non so cosa, esattamente.
E so che, allo stesso tempo, sto scappando, ma non so da chi.
I miei capelli lunghi seguono in ritardo la mia corsa, creando la scia del percorso che mi lascio dietro.
Non ricordo quando ho iniziato a correre, ma ho una subconscia consapevolezza che si tratti di molte ore fa. Lo sforzo è così intenso e ormai troppo prolungato, da farmi sentire le gambe avvolte nelle fiamme. Non capisco nemmeno quale sia la forza che mi spinge a continuare a correre, a non fermarmi nonostante il dolore. Ma so che c'è, esiste, è dentro di me. E nulla può arrestarmi.
Continuo a sfrecciare schivando agilmente i tronchi degli alberi che si intrecciano tra loro creando fitte ragnatele. Mi guardo intorno per un solo secondo, così da non distrarmi troppo, e noto che di alberi, in questo posto, ce ne sono parecchi. E sono altissimi. Sono così tanti che sembrano quasi sovrapporsi, facilitando ancor di più la formazione di barriere di legno, che per me adesso non risultano altro se non ostacoli.
Ho tutti i sensi sull'attenti, e mi ritrovo a saltare più volte per evitare che le radici che fuoriescono dal suolo mi portino alla caduta, interrompendo drasticamente questa mia salvifica corsa. Io non conosco questo posto, non l'ho mai visto in vita mia. Ma allo stesso tempo percepisco la familiarità che la vista di esso mi trasmette.
Come è possibile che mi pare di conoscerlo bene? Scaccio questi pensieri, consapevole del fatto che le mie priorità, in questo momento, sono ben altre: continuare a correre.
Ad un tratto, sento una gioia invadermi il corpo e che subito si tramuta in forza, che mi porta ad accelerare ancor di più l'andamento. Stringo gli occhi, e la vedo.
Una luce.
Una piccolissima luce all'orizzonte.
Non so perché, ma sento che è ciò che sto cercando.
Improvvisamente, capto le mie mani muoversi come avessero vita propria, ponendosi sul mio ventre. Senza smettere di avanzare, abbasso per qualche momento lo sguardo, e lo vedo. Un rigonfiamento ha preso il posto della mia pancia. Sento provenire un movimento da qualcosa che deduco stia all'interno di questa protuberanza.
Sono... Incinta? Cosa mi è successo? Fino a qualche minuto fa avevo diciotto anni e... Diamine! Non ho mai avuto nemmeno un ragazzo, se escludo Paolo, per il quale mi sono presa una cotta quando avevo sedici anni, cotta che è subito scemata, davanti all'evidente tendenza al dongiovannismo del ragazzo, e tutti gli altri ragazzi vari che però hanno sempre avuto il brutto vizio di disinteressarsi a me dopo pochi giorni di frequentazione. Forse non sono abbastanza interessante da valerne la pena.
Come posso essere ora incinta?
Stacco gli occhi da quella scoperta, per poggiarli troppo tardi su un ramo di ampia circonferenza giacente sul terreno, pericolosamente vicino ai miei piedi, sempre più vicino, considerando che non ho smesso di correre e che non riuscirò a farlo in tempo. Il mio piede sinistro urta il ramo, provocando la perdita di equilibrio dell'intero corpo. Istintivamente, tendo le braccia in avanti in modo tale da cadere sulle ginocchia e sui palmi, evitando che la mia pancia tocchi terreno. Sento che devo proteggere chi porto in grembo, chiunque egli o ella sia. Provo a rimettermi in piedi ma non riesco a muovere il piede sinistro.
Mi volto a guardare quale sia il problema, e lo vedo incastrato sotto il pesante ramo. Dannazione, questa non ci voleva. Sto perdendo tempo. Percepisco l'ansia crescere in me. Qualcuno sta arrivando a prendermi. Ma so che non cerca me.
Allora, di cosa ho paura? Quasi senza rendermene conto, allungo un braccio e mi libero dall'intralcio, ma non faccio in tempo a rimettermi in piedi e correre che vengo atterrata da una forza sconvolgente. Il mio primo pensiero va al bambino, così lo avvolgo con le mie braccia, in un disperato tentativo di proteggerlo. Successivamente, cerco di scorgere il volto del mio assalitore, ma non riesco nell'intento in quanto, prima che io possa muovere anche solo lo sguardo, lo sento allontanarsi all'improvviso da me. Solo adesso mi rendo conto che il mio assalitore ha appena tentato di strozzarmi, dato che sento l'aria tornare a scorrere nel mio corpo. Ero troppo impegnata a pensare al bambino da non essermi resa conto che le sue mani si fossero strette intorno al mio collo. Vedo una figura stagliarsi su di lui.
Sbaglio o... Questo ragazzo biondo mi ha appena salvato la vita? Mi concentro sul mio salvatore, e nello stesso istante egli mi guarda. Ha degli occhi azzurri come il cielo in una tipica mattina d'estate e ha un volto senza imperfezioni, scolpito così bene da togliere il respiro. I suoi capelli sono biondi come un manto di stelle, e a vederli provo la stessa sensazione che invade il corpo quando si vede il sole dopo giorni e giorni di pioggia e tempeste. È bellissimo. Ma... Perché riesco a vederlo così bene, nonostante sia notte fonda e le reti intricate degli alberi non lascino passare la luce delle stelle o quella della luna? Perché sembra essere avvolto da una costante aurea dorata? E... Perché sento di conoscere anche lui?
Mi riscuoto dai pensieri vedendolo staccare gli occhi dai miei e concentrarsi sul suo avversario, che non sono ancora riuscita a vedere in faccia, dato che si trova di fronte a me, ma di schiena. Vedo solamente i suoi capelli: corti e nerissimi. Improvvisamente, vedo quest'ultimo avventarsi sul ragazzo che mi ha salvata. Mi alzo con l'intenzione di aiutare quel volto così familiare, così bello, ma vengo bloccata dalla sua mano che, dopo essersi difeso dall'attacco colpendo con un pugno il nemico, mi indica un punto dietro di me. -Scappa!- urla con urgenza, come se nulla gli importasse di più che la mia salvezza. Mi giro seguendo con lo sguardo la traiettoria del suo dito, e mi ritrovo a posarlo sulla stessa luce di prima. Capisco che devo raggiungerla, anche se non conosco assolutamente il motivo di questa mia urgenza. Prima di riprendere a correre verso quella fonte di calore, lancio un ultimo sguardo alla coppia che sta continuando a combattere, e vorrei fare qualcosa, vorrei aiutare il biondo ragazzo misterioso, ma il mio corpo non risponde alle mie volontà, così sono costretta a percepire la mia testa girarsi e le mie gambe iniziare a muoversi, aumentando gradualmente la velocità con la quale mi trasportano in avanti. Più corro, più mi avvicino alla luce, più riesco a capire che non si tratta di una fiamma, ma di qualcosa d'altro, qualcosa che si trova proprio alla fine del bosco. Io non dovrei vederla. È troppo lontana: all'occhio umano non dovrebbe apparire così dettagliata ma solo come un debole puntino.
È alla fine del bosco, ma manca ancora molta strada prima che io riesca ad uscire da esso. E allora, come è possibile che riesca ad abbracciare con lo sguardo quella struttura e a vederla così dettagliatamente bene?
Percheacute; quella che vedo non è una fiamma.
È una casa.


Mi sveglio di soprassalto, con ancora il senso di ansia e urgenza addosso.
Dannazione... Ancora questo sogno.
Mi capita spesso di accogliere nella mia testa la stessa, identica scena, da quando ho memoria. Non la sogno sempre, ma molto, molto spesso. E non cambia mai, nemmeno di un particolare. Inoltre, ogni volta sembra così reale da farmi svegliare con ancora i sentimenti del sogno che mi seguono nella realtà.
Mi rigiro nel letto, finché mi ritrovo con la faccia rivolta al comodino. Controllo l'ora sulla sveglia poggiata su di esso. 07:25. È ancora presto, ma decido di alzarmi ugualmente, consapevole che non riuscirò a tornare a dormire, come accade ogniqualvolta questo ripetuto sogno giunge a farmi visita. Considerando che ho molto tempo prima di uscire per andare a scuola, dato che le lezioni iniziano alle 9:00, decido di farmi un bagno rilassante. Apro l'armadio, cercando di non fare troppo rumore. Scelgo gli indumenti da indossare oggi: un paio di jeans neri stretti e un maglioncino rosso di lana, con dei ricami in rilievo, che si abbina perfettamente al rosso delle converse alte che indosso sempre. Mi avvio verso il bagno, lanciando uno sguardo al letto enorme al centro della stanza, quello sul quale io e mia sorella dormiamo. Scorgo il suo volto quasi completamente immerso nelle lenzuola, e capisco che sta ancora dormendo dal fatto che non muove un muscolo, rannicchiata come sempre sul fianco sinistro, nella sua parte del letto, cioè il sinistro, vedendolo dall'esterno come sto facendo io ora. Io invece dormo sulla parte destra del materasso, e la mia posizione preferita è perfettamente speculare rispetto a quella che assume sempre la mia gemella Daiana: rannicchiata sul fianco destro. Di conseguenza, la sera, quando ci corichiamo sul letto, ci ritroviamo sempre l'una di fronte all'altra, guardandoci reciprocamente finché non cadiamo nel sonno.
Non so cosa farei se non avessi lei nella mia vita.
Mi dirigo verso il bagno e, una volta dentro, chiudo la porta alle mie spalle.
Daiana è mia sorella gemella, siamo eterozigote e non ci assomigliamo tantissimo, né per quanto riguarda l'aspetto fisico né per il carattere. Ma posso affermare che ci completiamo a vicenda. Inoltre, lei è anche la mia migliore amica. Non abbiamo segreti, ci raccontiamo sempre tutto e la maggior parte delle esperienze le viviamo insieme: frequentiamo la stessa scuola e la stessa cerchia di amici. Lei c'è sempre per me, e io ci sono sempre per lei. Guai a chi me la tocca.
Mi immergo nel calore dell'acqua calda nella vasca situata di fronte alla porta, poco distante dalla doccia, mentre sulla parete, a destra, si trova il lavandino. Rilasso i muscoli e adagio la parte posteriore del collo al bordo arrotondato, ritrovandomi con gli occhi rivolti al soffitto, che però mi affretto a chiudere per godere completamente di questa pacificante sensazione. Ripenso al sogno. Non credo che i sogni siano indizi di un futuro già scritto; sono invece convinta che siano la sceneggiatura di un regista folle e bizzarro, che si diverte a trasporre cinematograficamente ciò che il subconscio racchiude. In fondo, frequento l'ultimo anno del liceo classico e, sebbene l'anno scolastico sia ancora agli inizi, ho assistito a diverse lezioni che la professoressa di filosofia ha tenuto su Sigmund Freud. Non c'è scampo ragazzi, è il subconscio che muove le fila della nostra mente, come fosse una marionetta da gestire secondo la sua esclusiva volontà. E dunque... Perché continuo a sognare sempre la stessa scena? Sembra che sia quasi come un ricordo... Ma io non ho mai vissuto una simile situazione. Che sia forse... Una premonizione? Qualcosa che mi avverrà in futuro? Scuoto la testa per scacciare l'idea... Andiamo, io non credo in queste cose! Piuttosto, sono convinta che si tratti di una qualche scena di un qualche film che ho visto da piccola e che mi è rimasta particolarmente impressa, tanto che il mio cervello si impegna a riprodurla spesso, mettendomi nelle vesti della protagonista. Ma sì, non ci sono altre spiegazioni. Grazie, oh mio cervello, per questo regalo che è tutto fuorché ansiolitico! Sbuffo.
Non percepisco il tempo che scorre, di conseguenza non so quanto tempo è passato quando sento la porta del bagno aprirsi in uno scatto sbattendo al muro, provocando un fastidioso rumore.
-Deianira!- sento chiamarmi dalla voce più familiare che ci sia nella mia vita.
-Daiana, sono qui. Che succede?- le chiedo, aprendo gli occhi e guardandola.
-Sono le 8, e sei lì dentro da quando mi sono svegliata, quindi più o meno venti minuti. Che cosa è successo?- percepisco la sua preoccupazione fin da qui, nonostante lei sia ancora sulla soglia, stringendo nella mano destra la maniglia. Le sorrido. È sempre così apprensiva. Come me con lei, d'altronde.
-Daiana, sta' tranquilla. Finisco in bagno e ne parliamo, ti va? È presto per andare a scuola, abbiamo tempo.- La rassicuro. Il suo volto si distende. Bene, si è tranquillizzata.
-Certo. Ti lascio finire in pace. Perdonami, De, mi faccio sempre prendere dal panico.- conclude abbassando il viso, mortificata. -Ehi, Da! Cos'è quella faccia? Sai benissimo che io non sono meglio di te in quanto ad ansia e preoccupazioni varie. Sta' tranquilla, non devi scusarti. Con me non devi farlo mai, intesi?- la guardo intensamente negli occhi, per infonderle un po' di sicurezza in sé stessa. Questa è una caratteristica che ci divide: lei è sempre stata la più timida, introversa e con meno autostima delle due; io sono sempre stata la più combina guai, estroversa e fiera. Ma ho comunque sempre sentito un istinto protettivo nei suoi confronti. Anche lei verso di me, certo, ma io sono sempre stata quella che arrivava anche ad alzare le mani e ad affilare le unghia pur di salvarla da qualsiasi minaccia, anche solo da uno sguardo che non mi andava a genio, o da un'offesa, o da tutto ciò che potesse farle potenzialmente del male. Partivo sempre come una furia distruttiva. E mi succede tutt'ora, nonostante non siamo più delle bambine. Daiana fa lo stesso come me, mi protegge, ma in maniera differente: è più il tipo che preferisce il dialogo alla violenza. Invece di attaccare il mio nemico, lo lascia fare, e poi si pone al mio fianco come spalla sulla quale io mi possa sfogare, e tutto termina con un suo discorso che mi fa sentire magicamente meglio. È il suo modo di proteggermi. È un modo tutto suo, ma mi è sempre piaciuto, perché è sempre stato ciò di cui avevo bisogno. E a nulla vale il fatto che lei sia nata prima di me, anche se parliamo di minuti, se non secondi. Sono io la "sorella maggiore", quella con il pugno pesante che non guarda mai in faccia a nessuno.
-Va bene.- sussurra, tornando a sorridere. Le rispondo con la stessa moneta, proprio un momento prima di vederla tirarsi indietro e chiudere la porta.
Non sopporto quando si sente in difetto. L'ho detto: non sopporto quando sta male, che sia fisicamente o interiormente, e che sia a causa di qualcuno o di sé stessa.
Dopo essere uscita dalla vasca, indosso l'accappatoio e mi affretto a vestirmi. Una volta sistematami, esco dal bagno. Daiana è sul letto, stesa con lo sguardo all'insù. Metto a posto il pigiama e mi avvicino a lei, fino a salire sul letto e accoccolarmi al suo fianco. Lei mi guarda, mi dedica un sorriso dolcissimo e mi cinge le spalle con un braccio, attirandomi ancor di più sul suo corpo.
-Ho di nuovo fatto quel sogno.- le confesso. Torna a guardarmi per qualche secondo, poi riporta lo sguardo nella posizione precedente: incollato al soffitto.
-È cambiato dall'ultima volta?- mi chiede con tono premuroso.
-No, affatto. È esattamente lo stesso di sempre. Inoltre...- mi fermo, immergendomi nel ricordo del sogno. Vedo Daiana girarsi ancora una volta verso di me, questa volta fermando lo sguardo che si blocca sul mio volto.
-Inoltre..?- mi incita a continuare. Così, continuo: -Inoltre, sembra sempre così dannatamente reale, come se stessi davvero vivendo quell'esperienza o l'abbia già fatto.- mi stringo ancora di più a lei, in cerca di una protezione contro ciò che non comprendo. All'improvviso, sento una tenera pressione sul capo, e mi rendo conto che sta giocando con i miei biondi capelli, come fa sempre quando siamo vicine e quando sta riflettendo. Ecco un altro particolare che ci distingue: io bionda, lei mora; così come io ho gli occhi azzurri, lei castani.
-Sai che non è reale, vero? È solo una creazione della tua mente. Ti sembra reale perché i sogni li viviamo noi nella nostra testa, in un certo senso. Ma i sogni non sono reali, sono solo dei sogni, delle invenzioni della parte del nostro cervello che non possiamo controllare.- sentenzia infine. Già mi sento meglio. Dopo qualche secondo, aggiunge: -Non c'è alcun motivo di preoccuparsi.
La guardo e le sorrido, sinceramente riconoscente. -Ti è mai capitato di sognare più volte la stessa cosa?- le chiedo, sinceramente interessata.
-Che io ricorda, mai. Ma i sogni sono estremamente soggettivi, ognuno sogna a modo proprio.- si gira su un fianco, togliendo il braccio dalle mie spalle. Ci ritroviamo con i volti l'uno di fronte l'altro. Passa una manciata di secondi, e continuiamo a guardarci, sorridendoci a vicenda.
-Posso dirti una cosa io, invece?- mi chiede d'improvviso, eccitata. Mi incuriosisco all'istante.
-Certo Da, dimmi tutto.- la sprono.
-Stavo pensando... Dal momento che tra una settimana ci sarà il ballo di inizio anno, e dato che né io né tu abbiamo un ragazzo, che ne dici di andarci insieme, io e te? So che è un po' fuori dagli schemi come iniziativa, ma... Ecco... Non so, ho pensato potesse essere un'idea carina.- conclude la sua proposta balbettando un po', simbolo della sua tipica insicurezza.
Ci penso solamente qualche secondo prima di darle una risposta: -Ma certo! È una splendida idea! Alla faccia dei maschi, noi non abbiamo bisogno di loro, vero?- scherzo un po', concludendo il discorso esclamando: -Insieme siamo peggio di una bomba ad orologeria: entro la fine della serata, faremo esplodere d'invidia tutte le coppie che saranno presenti!- mi allargo in un enorme sorriso.
-Quindi ti piace davvero la mia idea?- sorride anche lei, sinceramente entusiasta della mia approvazione.
-Scherzi? È geniale.- alzo una mano ed unisco l'indice al pollice, creando un cerchio che le mostro, come ad indicarle: ok, è tutto perfetto.
-Fantastico!- il suo sorriso diventa ancora più ampio. -Ora però vado a prepararmi.- continua, alzandosi e avviandosi verso il bagno: -O faremo tardi a scuola.-
Decido che è arrivato il momento di scherzare un po' e contribuire a rendere questo inizio giornata il più sereno possibile. Così, le rispondo con tono falsamente sprezzante: -Faremo? Casomai, avresti dovuto dire "farò". Io sono già pronta, sei tu che sei indietro! Le lancio un cuscino, nello stesso momento in cui chiude la porta del bagno con lei dentro di esso. Il cuscino si abbatte sul legno con un tonfo sordo, cadendo poi a terra, lasciandomi con ancora il volto divertito di mia sorella (che ho scorto prima che venisse sostituito dalla porta) nella mente. -Guarda che io me ne vado, eh!- continuo a scherzare, alzando ancora di più la voce per farmi sentire nonostante ci sia la parete a separarci: -E dato che abbiamo solamente una macchina, vorrà dire che tu non verrai a scuola, a meno che tu non decida di farti 25 chilometri a piedi, ma anche in questo caso arriveresti in ritardo.- le faccio l'elenco delle possibilità.
-No! Non ci provare, De!- sento la sua voce attutita dallo spessore del muro: -Faccio subito!- esclama infine, e non posso non notare una nota di paura nel suo tono. Scoppio a ridere fragorosamente, non tentando nemmeno di mantenere un minimo di contegno dato che più faccio rumore più possibilità ho che la mia gemella mi senta burlarmi di lei.
   
 
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