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Autore: Tide    26/07/2016    1 recensioni
Prima volte che scrivo qualcosa che preveda più sezioni. E ammetto che è un esperimento bizzarro ...
La poesia di Keats come percorso psicotico applicato al personaggio di Hannibal Lecter.
Prendo in considerazione le vicende dei libri, ma mi interesso soprattutto di come potrebbe finire.
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Clarice Starling, Hannibal Lecter, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Piccolo incipit dell’autore:

Credo sia il modo peggiore di iniziare: in medias res, se non proprio dalla fine. Ma così inizia anche la poesia. Perdonate  l’inizio così brusco, atipico e forse un pochetto OOC, e non rifiutatevi categoricamente di leggere le prossime.

 


'O what can ail thee, knight-at-arms,
Alone and palely loitering?
The sedge is wither'd from the lake,
And no birds sing.*


Non sa cosa lo costringa a restare lì, non se lo chiede nemmeno. Non sa perché resta a guardarla appassire giorno per giorno …
Resta e i suoi demoni gridano, si allontana e il suo cuore si spezza. Non può abbandonarla, non può cercare altrove …
Ma lei non lo guarda, lei non lo ascolta …
L’anello di Clarice è sul comodino, di fianco al letto d’ospedale. Hannibal Lecter la guarda immobile, immaginando il momento in cui lei l’ha lasciato cadere dal dito ormai troppo sottile e un’infermiera l’ha raccolto e l’ha posato lì frettolosa, senza che Clarice vi desse uno sguardo.
“Mi costringi, lo sai.” Le dice fermo. Clarice non si volta, non si muove. Hannibal sa che la donna l’ha sentito. Quello che lo fa esitare è se Clarice l’abbia ascoltato. L’uomo s’avvicina e sa cosa otterrà: gelo, apatia. Sa di non poterle più toccare l’anima, né la mente, eppure s’avvicina a chiederli ancora.
“Non mi lasci altro, Clarice.”
Gli risponde il silenzio. Si siede sulla sedia di fianco al letto e avvicina il volto a quello della donna “Non può essere altrimenti.”
Hannibal aspetta qualche secondo, attento, paziente. Vuole solo che lei gli risponda, non gli importa come: ci sarà tempo per far cambiare quella risposta.
Clarice siede  immobile, abbandonata contro la spalliera e i cuscini, troppo consumata per avere energie fisiche, troppo prostrata per avere energie emotive, troppo disillusa per accendere la mente. Così ha il diritto di non reagire ai gesti dell’uomo, di non rispondere alle sue parole, d’essergli impermeabile.
Il dottor Lecter smette di aspettare, le prende il volto tra le mani, la costringe a fissarlo negli occhi. Se ne pente subito, perché lo sguardo della donna, vuoto, vitreo, gli da la certezza che lei lo guarda e non lo vede, lo sente e non lo ascolta. Che lui la osservi, che lui la ignori, che lui si allontani –e lei ricorda perché- , che lui resti a vegliarla: Hannibal Lecter non può più toccarla.

 

*Traduzione:
Che cosa ti tormenta, armato cavaliere / che indugi solo e pallido?/ Sono appassite le carici del lago / e non cantano gli uccelli.

   
 
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