Libri > Harry Potter
Ricorda la storia  |      
Autore: G RAFFA uwetta    28/07/2016    1 recensioni
Teddy Lupin ha diciotto anni e una sola certezza: ama Victoire. Eppure, complice un evento straordinario, si rende conto che la vita lo porta ad affrontare un bivio; saprà fare la scelta giusta?
Questa storia partecipa al contest "Amore&Angst (Slash originali e multifandom)" indetto da DonnieTZ sul forum.
Questa storia partecipa alla challenge "It's time for Tombola! Challenge" indetta da tatsuei sul forum.
Genere: Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Bill Weasley, Teddy Lupin
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

 

Solo un vago rimpianto

La piccola stanza era invasa dal fumo denso e nero; la finestra spalancata, su una via rumorosa di Londra, non era sufficiente a disperdere l'odore acre di olio bruciato. Affacciato al balcone del pianerottolo, un ragazzo dai folti capelli blu genziana era piegato in due, colto dalla tosse. Era riuscito solo a spegnere il principio d'incendio e mettere la pentola ancora calda sotto l'acqua corrente, prima che quel fumo tossico riempisse senza speranza il mini appartamento che divideva con un altro ragazzo, anche lui studente presso l'Accademia per Auror. Frustrato e per nulla pratico in incantesimi di pulizia, era rimasto accovacciato per interminabili minuti trattenendo strettamente i capelli, ora di una delicata sfumatura rosa. “Matthew mi ucciderà. Pensò abbattuto Teddy.

— Serve una mano? — Disse improvvisa una voce calda e canzonatoria ad un soffio dal suo orecchio; inaspettato, un brivido scese lungo la schiena. Uno scatto secco del capo e si ritrovò a specchiarsi negli occhi sorridenti di Bill, il padre della sua quasi-ufficiale ragazza.

— Sì, grazie, — rispose con sollievo, per poi aggiungere imbronciato, — non è necessario sogghignare, lo so da me che sono un disastro. — Concluse rassegnato, facendo una buffa smorfia con le labbra leggermente screpolate. Bill, tirata indietro la testa, scoppiò in una fragorosa risata che gli fece andare su e giù il pomo d'Adamo; Teddy, improvvisamente senza salivazione, si perse ad osservarlo affascinato.

— Dai su, alzati da lì. — Gli disse allungando la mano, l'altra la passò in un gesto istintivo tra i capelli lisci e ramati. — Sai, — abbassò la voce, quasi fosse in vena di confidenze, — tu e Harry siete gli unici che mi guardano in volto senza abbassare gli occhi, eppure sono passati così tanti anni. — Ora il tono era mesto, accompagnato da un velo di tristezza negli occhi chiari. Teddy, con i capelli rosso acceso, borbottò imbarazzato qualcosa di incomprensibile sulla stupidità della gente che fece tornare il sereno sul volto martoriato dell'uomo al suo fianco. Con un solo passo delle lunghe gambe, fasciate negli stretti pantaloni color vinaccia della divisa della Gringot, Bill si avvicinò all'uscio e lo socchiuse poi, pratico di anni passati alla scuola di Molly, scagliò gli incantesimi in veloce successione.

Ventus1! Depulso2! Evanesco3! — Spalancò la porta ed entrò deciso, infine, con il naso arricciato dal disgusto, eseguì un bel Gratta e Netta. — Ora è tutto in ordine, quasi nuovo direi, sicuramente più di quanto lo era prima che tu... — si interruppe un attimo. — Cosa stavi facendo di preciso? — Chiese con ancora l'ombra del sorriso sulle belle labbra.

— Come se non lo sapessi! — Rispose laconico Teddy. — Senti, visto che non ho ancora mangiato, mi accompagneresti giù al Pub per un boccone? Offro io. — Aggiunse in fretta al suo sguardo dubbioso.

— Ma che dici! Potrei offendermi, sai? — La voce arrocchita dal disappunto giungeva dal minuscolo divano. — In realtà stavo valutando quanto tempo mi rimane prima di dover rientrare alla Gringot, — la testa inclinata e le dita ben curate che arricciavano una ciocca color miele scuro. — Ti ho cercato in Accademia, prima di venire qui. Ho perso tempo dietro a quel Brawn della segreteria perchè insisteva nel dire che non poteva lasciarsi sfuggire dov'eri, in quanto notizie riservate. — Sbuffò spazientito al ricordo, il broncio dipinto sul viso metteva ancora di più in evidenza le cicatrici bianche.

— Brawn fa sempre così; è un uomo molto zelante. — Alzò le spalle a mo' di scusa. — Perdonami per prima non volevo offenderti, — disse mortificato, — è che... lascia stare. — Concluse imbarazzato, non poteva certo dire a Bill che con sua figlia mercanteggiava tutto, anche il come e dove fare all'amore.

Calò un silenzio impacciato e Teddy si perse ad osservare il profilo dell'uomo che risaltava in maniera comica sullo sfondo color verde mela. Gli piaceva il naso di Bill, così aristocratico e dalla punta all'insù, gli occhi, invece, erano una calamita, così vivi e profondi, eppure lui era in grado di leggervi una spolverata di malinconia e tutta la selvaggia bellezza del lupo, ricordo feroce di un giorno ormai passato. Però, ciò che più prediligeva era la bocca, sempre martoriata dai denti canditi, contornata da piccole rughe e dolci fossette. Non era bello Bill ma la sua forza e tenacia lo avevano conquistato in un modo che non riusciva a spiegarsi. A volte, quando affondava in Victoire in preda all'estasi, doveva mordersi la lingua perché, complice il colore così simile dei capelli, al posto del viso grazioso della ragazza, si materializzava quello più spigoloso del padre. Si sentiva confuso e oltremodo turbato, soprattutto non sapeva come affrontare la cosa.

— Dai forza andiamo, — disse all'uomo che stava rilassato e a suo agio con le gambe aperte e le mani appoggiate alle cosce nervose. — Usciamo prima che arrivi Matthew, altrimenti non ci molla più. — Concluse allungando la mano per aiutarlo ad alzarsi.

Il pub dove entrarono era molto colorato e moderno gestito da alcuni ragazzi; era l'unico della zona, aperto sia di giorno che di notte. Teddy spesso si era chiesto se tra loro ci fosse anche un mago perché, per quanto lui avesse tentato di arrivare a orari indecorosi del mattino, l'aria che si respirava era sempre fresca. Eppure di sera, dalla sua finestra, aveva osservato curioso il via vai della clientela e, attraverso l'ampia vetrata, aveva visto chiaramente il fumo addensarsi gonfio sul soffitto.

In silenzio presero posto ad un tavolo in angolo, tra il bancone del bar e la vetrina che dava su un vicolo cieco; il muro del caseggiato era stato dipinto con colori vivaci per rallegrare la vista. Si avvicinò subito un cameriere fasciato in una camicia rosa e pantaloni grigi, l'ampio sorriso a illuminare gli occhi scuri.

— Ciao Teddy, — lo salutò con voce zuccherosa, — ti porto il solito? — Chiese sbattendo le lunghe ciglia scure, poi, senza aspettare risposta si volse verso l'altro cliente. — Cosa desidera? — Domandò con voce professionale alzando il piccolo blocco e stringendo le dita sulla matita, gli occhi bassi pronto a scrivere. Bill ridacchiò per lo strano comportamento mentre lanciava significative occhiate verso Teddy, paonazzo per l'imbarazzo.

— Per me un tramezzino al tacchino e una birra ghiacciata, grazie. — Gli rispose Bill con ancora l'ombra del sorriso canzonatorio stampato in faccia.

Teddy si ritrovò a deglutire a vuoto mentre fissava quella bocca appena socchiusa e leggermente umida. “Che mi sta succedendo? pensò stranito mentre si agitava sulla sedia di plastica, da dove vengono queste emozioni?” Portò la mano dietro la nuca colto da un nuovo imbarazzo. Amo sua figlia, una donna, non dovrebbe piacermi un uomo e per di più suo padre. Scosse la testa confuso.

— Scusa, — cominciò a parlare cercando di sotterrare i pensieri in fondo al cervello, — non mi sembra di avertelo chiesto, ma perché sei venuto a cercarmi? — Sul volto aveva dipinta una genuina curiosità.

— Oh sì certo, domenica abbiamo organizzato una festa d'addio per George che parte per il Continente. Come sai, apre un nuovo negozio e vuole essere presente per organizzare le cose come vuole lui. — Gli sorrise entusiasta.

— Ecco a lei il suo ordine, signore. — Li interruppe il cameriere spuntato all'improvviso facendoli sussultare.

— E la bistecca al sangue è per te, mon amour. — Poi con la mano gli mandò un bacio strizzando l'occhio con fare intrigante. Teddy si sentì morire, sorrise impacciato e, per superare l'imbarazzo, si fiondò sul cibo tenendo il volto rivolto al piatto.

— Se ti mette in imbarazzo, perché non glielo dici? — Chiese gentilmente Bill.

— No è che... — Teddy non terminò la frase troppo impegnato a non dar sfoggio della sua innata natura di Metamorfomagus.

— Sei per caso omofobo? — Incalzò il più vecchio con una punta di rimprovero nella voce.

— Ma che dici?! — Esclamò stupito il giovane, gli occhi spalancati. — Mi usa per far ingelosire il suo ragazzo, continua a ripetergli che sono più bello e interessante di quasiasi persona abbia incontrato, — concluse facendo scemare la voce contrita mentre fissava un tizio dietro il bancone del bar. — Lasciamo perdere, — riprese stizzito, sventolando la mano come a cacciar via le mosche, — altrimenti mi altero e finisco col litigarci di nuovo. Vediamo, è per questo fine settimana vero? — Chiese cambiando velocemente argomento, per poi perdersi un po' nei suoi pensieri. Bill aspettò paziente mentre sminuzzava svogliato il suo tramezzino. — Non posso venire: tra due giorni parto per una trasferta in una zona Babbana e visto che non possiamo usare le bacchette, che ci vengono requisite, con gli altri ragazzi abbiamo deciso di rimanere anche per il fine settimana. Uno ha proposto di andare a ballare in un locale dal nome impronunciabile. — Guardò Bill dispiaciuto.

— Peccato, — disse mogio, poi gli si illuminò il viso, — ti vengo a prendere con la moto di Harry! — Propose mostrando due occhi scintillanti già proiettati verso una nuova avventura.

— Faresti questo per me? — Chiese Teddy, stupito e speranzoso, il cuore che batteva impazzito.

— Certo, — assicurò Bill, — fai parte della famiglia, e poi chi le reggerebbe più le ragazze? — Concluse con fare cospiratorio guardandosi intorno con sospetto. Teddy scoppiò a ridere così fragorosamente che più di un cliente si girò a guardarlo infastidito.

— Perfetto, a sabato allora. Prima di partire da Londra ti mando un Patronus con l'indirizzo esatto. — La voce carica di felicità.

Si lasciarono così, senza aggiungere altro, ma nel cuore di Teddy si aprì una tenue speranza.

Sabato arrivò quasi obliato dalle mille novità apprese nel mondo Babbano. Il viaggio per giungere fino a lì si era trasformato in un'esperienza unica, infatti, in pochi avevano già usato i mezzi di trasporto Babbani. Il traballante veicolo giallo aveva arrancato lungo le strade di campagna ondeggiando sui tornanti delle verdeggianti colline inglesi; tra risate e sgomento in molti erano stati male.

Per tutta la settimana aveva avvertito una strana energia scorrere nel corpo, l'aveva sentiva premere sotto pelle, formicolare nel sangue, irradiare da ogni poro. I sensi si erano acutizzati: riusciva a percepire lo scalpiccio indaffarato degli insetti sotto le assi del pergolato, l'odore del pane appena sfornato dal panettiere del villagio che si affacciava sul fiume più a nord e, infine, a cogliere il frenetico ondeggiare delle piume delle ali degli uccelli che stavano volando nell'azzurro intenso di quell'autunno troppo mite. Non era come quando aspettava nel letto il sorgere della luna piena, si sentiva più carico, investito di una nuova tempra.

Pur sapendo che Bill lo attendeva allo svincolo fuori dal piccolo villaggio dai grandi tetti in paglia, si era attardato con alcuni villani per parlare di allevamento di capre, facendosi un sacco di risate alle battute sconce del vecchio Newton. Ora, nascosto dietro la spessa siepe che circondava la chiesetta, lo spiava mentre il sole calava alle sue spalle e gli incendiava i capelli ramati. Magnifico. Si arrischiò a pensare mentre lo guardava appoggiato alla moto, le gambe leggermente divaricate avvolte nei pantaloni in pelle scura di drago; il suo cuore perdette molti battiti. In quei giorni, era riuscito a non pensare a nulla ma ora tutti i dubbi lo investirono con la potenza di un treno spinto a folle velocità. Seguì affascinato il lento alzarsi del braccio per avvicinare la mano che reggeva, tra le dita guantate di nero, la sigaretta; ansimò al pensiero di essere baciato da quelle labbra rosate. Scosse avvilito la testa color bronzo per poi figurarsi tra quelle gambe forti mentre strattonava il pesante maglione bianco per avvicinarlo un po' di più e rubargli un bacio. Preso dallo sconforto si diede due pugni in testa, giusto per scacciare l'immagine del dolce rigonfiamento che intravvedeva sul cavallo dei pantaloni. Non si capacitava di come un semplice giubbotto nero in pelle gli rimandasse l'immagine di un diavolo tentatore il cui unico intento era quello di eccitarlo.

In quel momento Bill abbozzò un sorriso sarcastico, quasi gli avesse letto nel pensiero.

— Hai intenzione di rimanere nascosto ancora per molto? — Chiese mentre uno sbuffo di fumo accompagnava le parole.

— Nascosto? Guarda che non mi stavo nascondendo! — Rispose piccato Teddy, — mi sono soffermato un attimo ad osservare il cielo. — Continuò sbucando da dietro la siepe, un paio di foglie rimasero incastrate nei capelli.

— Non mi parlare di guardare il cielo! — Disse infervorato Bill, — Fleur è arrabbiata perché stanotte ci sarà un evento straordinario ed io non sarò lì con lei ad ammirarlo.

Teddy si fermò a due passi da lui, con un cipiglio leggermente imbronciato. Che donna sciocca, pensò, cosa c'è di meglio che stare ad ammirarti?

— Passami lo zaino, lo metto in uno dei tasconi così non ci intralcerà nel volo. — Disse allungando il braccio per togliergli le foglie dai capelli. Si può morire d'infarto a diciott'anni? si chiese sgomento Teddy.

— Volo? — Fece stranito il più giovane. — Pensavo guidassi fino ad un punto sicuro e poi ci saremmo Smaterializzati.

— Scusa, e dove sarebbe il divertimento? Abbiamo una moto speciale, perché non approfittarne? — Sorrise malandrino Bill.

— Se dipendesse da me mi perderei in mezzo ai campi... — Sospirò Teddy.

— Hai detto qualcosa? — Chiese Bill mentre, piegato sulle gambe, i pantaloni scesi al di sotto della vita, una mano sul sellino per sostenersi, metteva lo zaino in una sacca saldamente ancorata sulla ruota posteriore.

— No, no... — deglutì a vuoto, gli occhi fissi sulla dolce fossetta del fondo schiena.

— Bene, siamo pronti a partire, — si alzò di scatto facendo una mezza torsione per guardarlo in faccia, — che hai? — Domandò perplesso, — ti sei incantato?

In un istante, Teddy diventò rosso dalla vergogna, si mosse un po' impacciato, cercando di nascondere il principio di erezione che avvertiva molesta nei pantaloni blu di fattura Babbana.

Bill montò in sella e si mise in testa il casco, litigandoci.

— Uff, ecco fatto, — sbuffò irritato Bill per poi soggiungere rivolto al ragazzo, mentre gliene passava un altro. — Ecco a te. Mettiti comodo e tieniti stretto, più avanti userò il pulsante magico. — Gli strizzò l'occhio. — Però ti avverto, non so quanto durerà: Harry ha detto che dopo l'ultimo volo con Hagrid, — sul viso passò un'ombra triste, — funziona a singhiozzo, quindi, che Merlino ci assista! — Sorrise gioviale e avviò il motore. La moto fece un balzo in avanti, tanto imprevisto, da costringere Teddy ad aggrapparsi strettamente alla vita di Bill, mentre quest'ultimo se la rideva di gusto. Il motore scoppiettò felice e, dopo uno sbuffo di fumo, imboccò la strada per Londra.

Era diverso abbracciare un corpo maschile: non dovevi preoccuparti di stringere forte per timore di far male o troppo piano col dubbio che sgusciasse via a ogni soffio; semplicemente stavi lì, le braccia a circondare la vita, il torace spalmato sulla schiena.

Percorsero in silenzio la strada illuminata a singhiozzo dalla luce giallastra del fanale. La sera scese a coprire di lutto il paesaggio campestre mentre sfrecciava via silenzioso e impalpabile; superarono villaggi, ponti sorretti da travi di legno, campi brulli accarezzati dalla foschia. Imboccarono una lunga galleria in cemento, frammentata dalla luce fredda di pochi lumi aggrappati alle pareti grige e umide, alla fine della quale furono inghiottiti dal buio. Bill rallentò e svoltò a destra, percorse un breve tratto accidentato per poi richiamare l'attenzione di Teddy stringendogli con gentilezza la mano che aveva artigliata in vita.

— Ci siamo, ora schiaccio il pulsate magico, reggiti. — Cercò di farsi sentire mentre teneva gli occhi fissi sul viottolo ghiaioso. In risposta il giovane si strinse maggiormente a lui facendo aderire il bacino al corpo del più vecchio intento a mantenere il controllo del veicolo. Con pochi e decisi strattoni, sbilanciandosi un po' a destra, la moto si staccò da terra. Teddy chiuse gli occhi cercando di rilassare il corpo; si sentiva ribollire il sangue per la troppa vicinanza a Bill. Viaggiare sospesi nel vuoto era come galleggiare nel firmamento, ad un passo dal toccare l'infinito. Persi in quell'immensità, fomentata da mille stelle, sentiva quella strana energia bussare prepotente, farsi strada e invadere la mente.

Percepì, ancor prima di sentirlo, il piccolo scoppio che interruppe il flusso magico della moto, facendola precipitare nel vuoto.

— Reggiti, — urlò Bill, — cerco di stabilizzarla. — Tentò più volte di innescare la magia, pigiando il bottone sul manubrio, senza risultato. Con precauzione, sfilò la bacchetta dallo stivale in cuoio e, cercando di tenerla salda tra le dita, sfidando tutte le leggi Babbane, li fece atterrare sani e salvi dentro un boschetto di querce.

— Caspita, — ansimò Bill mentre si sfilava il casco, — ce la siamo vista brutta. — Scosse la testa per districare i capelli leggermente umidi.

— Perché non ci siamo Smaterializzati? — Chiese Teddy trattenendo il fiato.

— Non ho voluto rischiare, — rispose il più vecchio cercando di capire dove fossero finiti con solo l'ausilio della fievole luce delle stelle. — Stavamo sorvolando un villaggio e poi, scendevamo così veloci che non ho avuto tempo di pensare a nulla tranne che atterrare. — Si scusò mortificato stringendo un po' le spalle. Teddy gli fece un gesto d'assenso con il capo mentre premeva la grande mano sullo sterno per riprendere fiato.

— Prima di finire tra gli alberi, in quella direzione, — indicò col pollice, — mi sembra di aver scorto una sagoma scura, potrebbe essere una casa. — Teddy, col volto attraversato dalle ombre, osservava serio un punto nel buio che li circondava. — Possiamo chiedere aiuto e magari hanno anche un telefono, porto sempre con me il numero di Harry, per le emergenze, sai? — Disse tra i denti mentre recuperava lo zaino. — Forza, copriamo la moto con questi rami caduti. — Bill fece come suggerito.

In silenzio, illuminati da un debole Lumos, si incamminarono verso nord districandosi tra rami nodosi e bassi rovi spinosi. Presto, davanti a loro, un'ombra inquietante si allargò fino ad occupare l'intero campo visivo. Il sole era calato e il fresco della notte aveva sostituito il tepore del giorno. Dal terreno saliva ad ondate l'umidore e una lieve bruma avvolgeva i loro piedi che affondavano nel muschio.

L'enorme edificio sembrava abbandonato, calcinacci e sterpaglia dormivano quieti nel piccolo cortile illuminato dalle stelle. Avanzarono cauti, fermandosi, in attesa, ad ogni respiro del vento; da qualche parte un'imposta sbatté piano. Trovarono il grande portone in legno quasi sepolto dal piccolo portico rovinato a terra. Le finestre sulla facciata principale erano tutte sprangate da assi incrociate; attraverso il legno ceduto, il tenue bagliore della bacchetta si rifrangeva su scure lastre opache. Aggirarono la casa fino a trovare una porta con i cardini arruggini; un grosso mattone, caduto di traverso, le impediva di chiudersi. Insieme spinsero finché l'uscio, tra cigolii e piccoli schianti, cedette abbastanza da farli passare; in lontananza dei cani abbaiarono. L'interno era polveroso e odorava di stantio, sulla sinistra, da un grosso lavello sbeccato, un tempo bianco, travasava dell'acqua verdastra e puzzolente che si infiltrava sotto il pavimento ormai marcio. Scaffali divelti e mobili scuri occupavano buona parte delle pareti di quella che una volta doveva essere stata una cucina rustica, tipica delle abitazioni di campagna. Sul grosso tavolo, parzialmente ripulito dai detriti del soffitto, erano evidenti i resti di un qualche pasto improvvisato. Alcune sedie sfondate giacevano abbandonate sotto una finestra senza il vetro; le tendine a fiorami erano sfilacciate e grigie. Proseguirono l'esplorazione passando da un locale spoglio all'altro, i pochi mobili presenti erano in buona parte vuoti e spesso mancanti delle gambe, sembravano tristi bambole dimenticate. Nell'ingresso, illuminato da un alto finestrone che colorava l'aria di verde, vi era la scala che conduceva al piano di sopra. L'antica balaustra, il cui legno ormai era marcio, poggiava su alti gradini di marmo reso opaco dallo strato di sudiciume; Teddy e Bill, dopo essersi scambiati uno sguardo fugace, cautamente, salirono di sopra.

— Attento a dove metti i piedi. — Sussurrò Bill, nel silenzio che li circondava sembrò uno sparo che fece sussultare il più giovane, — Ci sono delle crepe su questa scala.

Di sopra, ad ogni passo, il pavimento scricchiolava sinistro, la fresca aria notturna entrava sferzante dagli ampi squarci nei muri; i rami delle piante più alte avevano creato una sorta di giungla in una delle stanze dalle stinte pareti color aragosta.

Sul lato est c'era una grande stanza dalla tappezzeria a fiorami scrostata, sotto l'ampia finestra semicircolare a bifore, si trovava una cassapanca con ancora appoggiati sopra dei cuscini lisi e flosci, un ampio armadio era incassato nella parete più lunga. Da una porta scardinata si accedeva alla zona bagno, tutta rivestita in marmo rosa; i sanitari sembravano intatti, con i loro accessori in bronzo laccato. Al centro della camera, proprio sotto il soffitto crollato, c'era un logoro materasso semisepolto da lenzuola luride. In un angolo, sopra uno sbilenco tavolino rotondo, stava, impolverato, un apparecchio telefonico.

— Finalmente! — Esclamò Teddy fiondandosi sull'oggetto Babbano. Con l'evidente sollievo dipinto in viso, alzò la cornetta per constatare l'assenza di segnale. — Non funziona, — disse con tono piatto, nascondendo la delusione mentre guardava di sottecchi Bill apparentemente intento ad osservare un quadro storto. — Senti, — fece Teddy, — non è colpa tua se siamo finiti in questa situazione. — Cercò di consolarlo, ma non ricevette risposta. Eppure Teddy avvertiva il disagio irradiare dal corpo di Bill mentre, con indifferenza, gironzolava per il locale toccando con un dito lo sporco, per poi esaminarlo schifato. Teddy, preoccupato, lo raggiunse in due falcate.

— Ehi, — richiamò la sua attenzione toccandogli una spalla. Bill si scostò infastidito, procurando una fitta dolorosa al cuore del più giovane, per raggiungere a testa bassa l'enorme finestra; con un gesto distratto castò un incantesimo e ripulì il materasso in terra.

— Ma cosa ti prende? — Sbottò Teddy decisamente arrabbiato.

— Cosa mi prende, chiedi? — Rimbeccò Bill, — è tutta colpa mia se ci troviamo in questa situazione. — Con le mani tremanti si strattonò i capelli.

— Perché? — Chiese perplesso, — non sei stato tu a rompere la moto, — gli occhi scintillanti per l'indignazione.

— Tu non capisci... — Gli parlò sopra Bill.

— Cosa c'è da capire? — Tuonò Teddy allargando le braccia esasperato; fuori, tra le fronde, gli uccellini si alzarono in volo spaventati. Bill si voltò a guardarlo fissandolo triste e abbattuto per un lungo minuto.

— È colpa mia! — Insistette, cominciando a spiegare con voce sottile. — Siamo costretti a passare la notte in questo tugurio perché... — Bill volse il capo di lato, il suo profilò si stagliò nitido mentre veniva colpito dal chiarore che entrava dalla finestra. — Non mi Smaterializzo da quando, in una notte di luna piena, troppo alticcio per sapere cosa stavo facendo, mi sono spaccato. — Si morse il labbro nervoso. — Ecco, ora lo sai, — allargò le braccia sconfitto abbassando il capo perché non voleva leggere il disprezzo nel volto del ragazzo. Subito Teddy lo raggiunse per appoggiargli le mani sulle spalle. — Volevo essere io a riportarti a casa, — aggiunse Bill con voce sottile, — mi piace renderti felice e leggere la gioia nei tuoi occhi. — Spaventato sgranò gli occhi, sorpreso dalle sue stesse parole. Il cuore di Teddy sussultò beato.

— Perdonami, — disse Bill sfuggendo il suo sguardo, — è tutta la settimana che mi sento strano, quasi euforico, — serrò le labbra tra i denti fino a sbiancarle, — direi più eccitato. — Sputò fuori con rammarico.

Si fissarono per dei lunghi istanti; oltre la finestra si intravvedevano i primi bagliori della luna che stava sorgendo all'orizzonte. Un ampio prato incolto, delimitato dalle forme scure degli alberi, degradava dolcemente fino alle sponde di uno specchio d'acqua increspato dalla brezza. Nel cielo sgombro di nuvole, le stelle sembravano vecchi generali pronti a ritirarsi all'avanzare del globo lunare; tra loro, spiccavano tre luminosi astri, non più grandi di una capocchia di spillo, che sfidavano il chiarore che andava intensificandosi. Per un attimo, il mondo sembrò trattenere il respiro quando, mossi da forze sconosciute, i tre pianeti si allinearono formando una linea retta; una luce intensa si sprigionò avvolgendo d'azzurro ogni cosa. All'interno della casa le due figure furono anch'esse investite dal riverbero, mentre tutt'intorno la magia esplodeva.

Teddy osservò Bill irradiato da quella strana luce e gli parve così fragile e sperduto. Seguendo l'istinto, piegò il capo verso il basso e lentamente, senza distogliere gli occhi, posò le labbra sulle sue. Fu un delicato sfiorarsi, quasi un invito a poter continuare, poi via via più approfondito; in lontananza dei cani ringhiarono.

All'improvviso, Bill si staccò, le pupille dilatate dal timore, cercando di scrollarsi di dosso le mani del più giovane. Teddy non lo permise abbracciandolo stretto e facendo aderire i loro corpi. Un singulto gli scappò quando si rese conto di avere l'erezione di Bill, che fuggiva il suo sguardo mortificato, premuta contro la coscia. Riprese a baciarlo con vigore, stringendolo più forte come se bastasse a cancellare ogni dubbio, ogni paura. L'energia che per giorni aveva fluttuato nel sangue era diventata un fluido di lava bollente. Sentiva la pelle calda di Bill fremere al passaggio delle sue dita che scorrevano sulla schiena, il cuore era un tuono assordante che gli faceva girare la testa. Si spogliarono con calma, timidi e curiosi, tra un bacio e l'altro, annegati in quella luce azzurra che proveniva dalla finestra. Infine, Teddy prese per mano un ancora riluttante Bill e lo trascinò verso il materasso, lo baciò profondamente prima di farlo stendere sulle lenzuola che sapevano di bucato; sopra di loro, lo squarcio nel tetto era macchiato da milioni di stelle. Bill sorrise mesto, gli occhi uno specchio per quel cielo inusuale così carico di luce e magia.

La stanza si riempì di gemiti, di fruscii e ansiti, parole sussurrate e urla strozzate; il mondo all'esterno fu dimenticato insieme all'abbaiare furioso dei cani. Teddy venerò il corpo di Bill preparandolo a riceverlo, lo gustò come fosse un piatto prelibato, compensando la propria inesperienza con l'ardore giovanile. Quando lo penetrò, per pochi istanti, la luce argentata della luna, ormai alta nel cielo, li investì e sembrò racchiuderli in una teca di cristallo. Teddy, il cuore impazzito nel petto, restò immobile a gustarsi quel calore soffocante mentre si perdeva nello sguardo vacuo di Bill inarcato sotto di lui. Sentì crescere prepotente dentro di sé il bisogno di amarlo, di farlo suo marchiandolo. Morse con decisione la spalla e, quando si mosse dentro di lui, l'irruenza della passione non poté più essere fermata. Fu piacere, fu dolore, fu sangue, fu fuoco che bruciò nelle vene. Nel mentre, il globo lunare, trafitto dalla linea dei pianeti, diventò un fiume di porpora che si disciolse nell'aria. Improvviso, il pacere lo investì e ogni cosa perse consistenza, sospeso nel tempo e nello spazio.

Un forte schianto destò Teddy dal sonno e lo fece saltare sul materasso ormai freddo; rumori sinistri e metallici si accompagnavano a suoni cupi, simili a urla strazianti. Seguirono dei forti singhiozzi e altri piccoli schianti finché lo raggiunse il rumore lieve del gocciolio dell'acqua che poi, finalmente, divenne uno scroscio rassicurante; Bill cominciò a canticchiare un motivetto allegro. Teddy, sbuffando per il brusco risveglio, mentre si grattava pigro la pancia, ripensò alla notte appena trascorsa.

Era stata magnifica, sulla pelle avvertiva ancora il formicolio dato dalla passione che l'aveva colto; sorrise quando il polpastrello sfiorò un punto appena sotto il collo, dove sapeva esserci un piccolo morso. Si alzò perché si rese conto che gli mancava Bill: il suo corpo, le sue labbra da baciare, i suoi capelli da strattonare, la voce roca e il viso distorto dalla passione. Quasi si fiondò nell'altra stanza, incespicando nei propri passi, sentendosi euforico nonostante in un angolo della sua mente il rimorso prendesse piede. Fu scioccante trovarsi davanti a Bill; l'uomo era già vestito, sul viso affilato non c'era traccia della notte di passione che avevano condiviso, gli occhi chiari e gentili erano fermi nei suoi. A Teddy crollò il mondo addosso e, preso dal panico, rimase a guardarlo con la bocca socchiusa. “Ciao amore, si era accorto di aver urlato nella sua testa.

— Buon giorno, Teddy, sono riuscito a far arrivare l'acqua calda, — sorrise compiaciuto, — mentre ti fai la doccia recupero la moto, appena sei pronto scendi nel cortile che ci Smaterializziamo, — disse deciso senza accorgersi della tempesta emotiva che aveva investito il ragazzo. Teddy scosse la testa in assenso e, col capo chino, raggiunse la doccia; dall'altra stanza Bill gli urlò. — Ho ripulito i tuoi vestiti. — Il rumore dei passi che si allontanavano fu coperto dai singhiozzi che scuotevano il petto del più giovane.

— Come è possibile? — Disse disperato prendendo a pugni le mattonelle scheggiate, — come può aver dimenticato tutto? — Continuò a chiedersi scuotendo piano la testa sotto il getto dell'acqua calda. — Non è stato un sogno. Non è stato un sogno. — Ripeteva come un mantra cercando di ricacciare indietro le lacrime.

Con la coda dell'occhio, uscendo dalla doccia, si vide riflesso tra le crepe dello specchio. Sgranò gli occhi inquieto; sul collo, dove avrebbe dovuto esserci un livido, la pelle era liscia e priva di ombre. Sbigottito, sbatté le palpebre numerose volte, non riusciva a capacitarsi. Dunque è stato solo un sogno. Pensò triste. Eppure, non voleva credere che la percezione del sapore e dell'odore di Bill fossero solo il frutto della fantasia bagnata di una notte. Non si rassegnava all'idea che il calore e l'emozione provati fossero attribuiti alle voglie inconsce di un ragazzo confuso. Se chiudeva gli occhi riviveva ogni istante, ogni carezza, ogni bacio, ogni sospiro.

Si rivestì in fretta e scese dabbasso in cerca di Bill, solo lui era in grado di aiutarlo a capire. Tuttavia esitò, non poteva certo chiedergli “Ehi, Bill, per caso, ricordi qualcosa della meravigliosa scopata di stanotte?” Era sicuro che uno Schiantesimo non lo avrebbe evitato.

Uscito all'aperto, il sole del mattino lo investì assieme alla frescura del bosco alle spalle, sotto la luce impietosa del giorno la casa sembrò ancora più triste e desolata.

— Harry ha appena mandato il suo Patronus, sta arrivando con una Passaporta. — Disse Bill mentre stava appoggiato alla moto con il viso rivolto verso il cielo limpido. Teddy non ebbe neanche il tempo di assentire che, annunciato da un sonoro pop, il suo padrino apparve dal nulla.

— Scusate il ritardo, — disse mentre si grattava il capo imbarazzato, — ho dovuto chiedere aiuto a Hermione per far attivare la Passaporta, così da evitare mille scartofie... — si interruppe perplesso, percepiva una strana aria mentre spostava lo sguardo da Bill a Teddy. — Tutto bene? — Chiese incerto tirando fuori dalla tasca un foglio di giornale spiegazzato.

— Siamo solo stanchi, Harry. — Rispose per tutti e due il più vecchio.

— Tenetevi pronti. — Disse Harry mettendo in mezzo a loro il foglio, — al mio tre. Uno... — cominciò a scandire.

Teddy cercò gli occhi di Bill e li incatenò ai suoi. Fu in quell'istante, perdendosi nel suo sguardo, che vide il riflesso di un lupo incatenato.

— Due...

Quindi non si era sognato nulla, rifletté amaro, Bill aveva deciso per entrambi; non ci sarebbe stato un seguito, nessun ricordo da condividere, solo un vago rimpianto che sarebbe sbiadito nel tempo. Il suo cuore andò in frantumi e si disperse esattamente come la luna, in quella notte unica e magica, si era disgregata trafitta da una freccia.

— Tre! — Con un forte risucchio lasciarono per sempre quel luogo.


 

Note autrice: mi sento tanto Merlino in persona.

Nel 2016 Teddy Lupin dovrebbe avere 18 anni e quindi cominciare l'Accademia per Auror. Come tutti sappiamo quest'anno c'è stato un evento astronomico straordinario: l'allineamento di acuni pianeti. Ebbene, forte della mia nuova carica, ho deciso che questo fenomeno dovesse avvenire nel mese di ottobre.

Mi sono avvalsa del prezioso aiuto di Nuel, in caso di errori è imputabile alla mia perenne distrazione.

Questa storia partecipa al contest "Amore&Angst (Slash originali e multifandom)" indetto da DonnieTZ sul forum.

Questa storia partecipa alla challenge "It's time for Tombola! Challenge" indetta da tatsuei sul forum.

Buona lettura e sono graditi i commenti.


 

1 Genera una forte folata di vento

2 Incantesimo di esilio

3 Incantesimo evanescente

   
 
Leggi le 1 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: G RAFFA uwetta