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Autore: Bauci    24/04/2009    4 recensioni
Mi voltai verso Bella e presi un respiro profondo. Le accarezzi un ultima volta il viso..mi sarebbe mancato il calore del suo corpo,il battito del suo cuore,il rossore sulle sue guance quando era imbarazzata..ma mai quanto mi sarebbe mancata lei se non l’avessi fatto.
Mi avvicinai lentamente “Bella, so che puoi sentirmi. Non avere paura.”le dissi sottovoce “Sei la mia vita,sei tutto ciò che ho sempre voluto.Ti amo”
Baciai dolcemente le sue morbide labbra. “Ti prego non mi odiare, ti prometto che non sentirai nulla. Al tuo risveglio io sarò qui” le sussurrai baciandole la guancia.
“Insieme.Per sempre”
Se avessi potuto avrei pianto.Quanta pena, quanto amore.
La osservai ancora, imprimendo nella mia mente ogni più piccolo dettaglio del suo volto, mi avvicinai al collo, annusai un ultima volta il suo dolcissimo profumo e feci ciò per cui ero destinato, ciò per cui mi sarei dannato.
Ora e per sempre.

In fin di vita, Edward salva Bella facendola diventare un vampiro ma la loro unione verrà ostacolata nuovamente dalla comparsa dei Volturi.
Fino a dove ci si può spingere per salvare la persona amata?
Quanto si è disposti a sacrificare davvero?
Genere: Romantico, Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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GRAZIE a tutte coloro che hanno lasciato un commento e che hanno inserito la mia FF tra i preferiti! *me commossa*
Altro giorno, altro chap!
Sperando vi piaccia, vi lascio con un grosso bacio e BUONA LETTURA!!
^^

Ely


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Pvd Bella
 

Charlie era a pesca con Billy: da quando Jacob se n’era andato, mio padre cercava di rallegrare il suo migliore amico con ogni espediente possibile, partite di baseball alla tv e gite al lago incluse. Io non avrei potuto esserne più felice: la casa era spesso tutta per me e solitamente anche per Edward…

Oggi, finalmente, potevo dedicarmi solo a me stessa, fare tutto ciò che volevo, leggere in santa pace qualsiasi libro per l’ennesima volta senza che un fidanzato impiccione criticasse i miei gusti letterari. Sotto il caldo getto della doccia, la mia mente ci mise poco a capire che, in realtà, senza Edward non avevo voglia di far nulla: oramai ero succube di lui e della sua presenza. Mia madre aveva ragione: gravitavo attorno a lui come un pianeta col Sole, non c’era passo o movimento che compissi senza la certezza di averlo al mio fianco. Forse fu proprio per questo che, quando Edward mi lasciò per qualche mese, convinto di darmi solo la vita che meritassi in quanto umana, era come se fossi morta: La mia vita, senza di lui, non era vita. Lui era la mia vita.

La mattinata fu tranquilla e molto, molto lunga. Possibile che la mia percezione del tempo fosse pari a zero senza Edward? Quando eravamo assieme le lancette dell’orologio sembravano girare fin troppo velocemente, le ore parevano secondi ma quando eravamo distanti, anche se solo per pochi attimi, era come se il mondo si fermasse di colpo e quei pochi istanti in cui eravamo divisi fossero pari ad un‘eternità. Nel primo pomeriggio, stufa di stare a casa e senza più sapere dove sbattere la testa per trovare un occupazione che mi impegnasse a sufficienza, decisi di fare due passi in centro, benchè Forks non fosse proprio una metropoli. Da tempo non utilizzavo il mio fidato pick up, essendo sempre scortata da Edward e la sua stupida Volvo grigio metallizzata; non riuscivo proprio a capire perché se ne lamentasse tanto: non faceva i 180 km/h, il climatizzatore era inesistente e a volte, il più delle volte in verità, mi aveva lasciata a piedi ma il mio pick up era perfetto per una come me. Dopo aver girato a vuoto per la ‘fornitissima’ biblioteca pubblica, non trovando nulla che solleticasse la mia curiosità decisi di fare la spesa, prima di tornare a casa: Charlie sarebbe tornato certamente affamato dalla pesca e, dopo aver accettato di buon grado l’idea del fidanzamento tra me ed Edward, mi sembrava carino preparargli qualcosa di buono.

Mentre ero al reparto pasta e sughi, concentrata  su cosa cucinare, una palla rotolò fino ai miei piedi. Mi chinai per raccoglierla e così notai un bellissimo bambino a inizio corridoio che mi fissava: sembrava un angioletto, biondo e con gli occhi azzurri. Timidamente si avvicinò a me e protese le sue piccole e paffutelle braccia verso la palla.

“Matthew, Matthew dove sei?” sentii urlare. Una donna, terrorizzata in volto, comparve nella corsia e appena vide il bambino, ci venne incontro quasi correndo.

“Non ti allontanare mai più senza dirmelo hai capito?”  gli disse agitata.

“Non si preoccupi signora, gli era scappata la palla e la stava solo recuperando” le risposi per tranquillizzarla.

“Ah sì, certo. E solo che mi è sempre vicino e all‘improvviso non l‘ho più visto.. Mi sono spaventata”

“Capisco signora ma stia tranquilla. Qui a Forks non succede mai nulla”. Sorrisi alla falsità delle mie stesse parole.

Ah se solo sapesse..

“Hai detto grazie alla signorina?” disse la donna rivolgendosi al figlio.

“Grazie”

“Prego, non c‘è di che. Come ti chiami?”

“Matthew”

“Ciao Matthew, io sono Bella. Piacere di conoscerti” risposi al bambino sorridendogli.

“Amore hai preso tutto?Dobbiamo andare” si intromise un uomo nella nostra conversazione, probabilmente il padre del bambino.

“Sì arriviamo, grazie ancora. Andiamo Matthew”

“Si figuri. Ciao Matthew” dissi mentre la donna si stava già allontanando strattonando il bimbo.

Ritornai alla mia spesa e finii di comprare le ultime cose per la cena. Dopo aver pagato, uscii dal supermarket e mi diressi verso il pick up.Per coincidenza Matthew e famiglia avevano parcheggiato lungo la strada proprio dietro di  me. Rivolsi un sorriso alla madre che, insieme al marito, stava caricando la spesa nel cofano e salutai con la mano il bimbo che contraccambiò timidamente. Raggiunsi il pick up, aprii la portiera e posai la busta della spesa sul sedile di fianco a me.

Stavo per salire nell’abitacolo ma mi voltai un’ultima volta indietro: fu allora che vidi la palla scivolare dalle mani di Matthew e finire in mezzo alla strada. Subito spostai il mio sguardo preoccupato verso i suoi genitori che, ancora intenti a caricare le borse nel cofano, non si erano accorti di nulla. Il bambino senza esitazioni si buttò in mezzo alla strada per recuperare il suo gioco. 

No no che sta facendo?Perché i genitori non l’hanno fermato?Non sa che non si attraversa la strada senza prima controllare? 

E mentre mille domande accrescevano la mia angoscia, un auto sbucò dall’incrocio. Sapevo già cosa sarebbe successo, vidi la scena come al rallentatore: l’auto avrebbe inchiodato ma non avrebbe fatto in tempo a frenare e scansare il bambino;i genitori non lo avrebbero tirato via dalla strada, non si erano manco accorti che si era allontanato; il bambino sarebbe stato preso in pieno e scaraventato in aria, cadendo poi come un sacco di patate sul freddo asfalto a chissà quanti metri di distanza. L’urlo di terrore della madre, accortasi della disgrazia che si stava per compiere, mi fece scattare come una molla.

Non sono cosa mi prese, o cosa pensai: probabilmente non pensai a nulla…

D’istinto corsi verso il bambino, lo presi per la maglietta e lo gettai indietro verso i genitori.Forse sarebbe caduto e sbucciato un ginocchio ma era salvo. O almeno lui lo era. Mi portai le braccia al viso a mo’ di scudo e non feci in tempo a vedere nulla. Sentii i freni inchiodare, le gomme stridere. L’auto mi caricò prepotentemente, sbattei la schiena sul vetro, che si deformò sotto il mio peso, e rotolando percorsi tutta la tettoia dell’auto. Giunta al cofano caddi a terra.

 
Strano non sentivo dolore. Non sentivo nulla. Ero morta? Ero ancora viva?

Non riuscivo a muovermi. La vista era offuscata e le mie palpebre erano sempre più pesanti. Prima che il buio mi inghiottisse, debolmente, chiamai il mio angelo con l’ultimo respiro che avevo. “Edward”

  
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