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Autore: Pll_AeAlove    28/07/2016    0 recensioni
Il giorno del suo sedicesimo compleanno Anneka Weber scompare misteriosamente, per poi ritornare a casa completamente sotto shock, senza nemmeno riuscire a spiegare cosa le sia successo e quanto spaventoso sia stato. Ma Anneka non sarà l'unica a subire vari attacchi o, addirittura, la morte.
Lei è l'unica ad essere sopravvissuta, l'unica a sapere, ma è bloccata dalla paura, talmente profonda da averle fatto dimenticare l'accaduto, a cui si aggiunge il conseguente desiderio di non ricordare affatto la brutta esperienza vissuta.
Ma quando le cose si fanno difficili e seguono altre morti misteriose, Anneka è costretta a fronteggiare i suoi demoni e cercare di scoprire cosa è successo davvero e, soprattutto, chi è il carnefice.
Perché, innegabilmente, c'era qualcosa che li accomunava tutti.
Genere: Introspettivo, Mistero, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Prologo.

7 luglio 2014.
 
Pioveva.
Pioveva fortissimo.
Le gocce si infrangevano con veemenza sul grezzo marciapiede e sulla strada, rendendo l'atmosfera grigia e buia e mesta.
Il sole si intravedeva sporadicamente tra le nuvole, sottintendendo la sua intenzione di non uscire allo scoperto, quel pomeriggio.
 
La pioggia è per molti qualcosa di rilassante, ma per lei non lo era.
Il rumore di quel piovigginare insistente la faceva anzi sentire ancora più fuori luogo e spaventata.
Il rumore della pioggia si mischiava poi a quello di altre voci, eppure lei non riusciva a distinguerle.
 
Si mischiavano tutte insieme, si infiltravano nella sua mente, nei suoi pensieri, erano un turbinio costante e tedioso che le impediva di ragionare in maniera conscia. 
Ma lei non poteva fuggire, perché l'avrebbero scovata.
 
Lei sarebbe sprofondata nella sua solitudine e nelle ombre ignote del suo passato, sarebbe sprofondata nella sua amarezza, nella monotonia della sua vita, in sé stessa, nei suoi pensieri caotici, nelle sue paranoie e in tutto ciò di cui aveva paura.
E non avrebbe potuto combattere, perché la vittoria le era stata preclusa da tempo.
 
Sentiva il dolore entrarle dentro, confondersi con il suo sangue dentro le sue vene, lo avvertiva vibrare insistentemente, apriva la bocca per gridare, ma non udiva alcun suono.
Non sapeva da dove il dolore provenisse né perché lo stesse provando così profondamente, lo sentiva e basta.
 
Un guazzabuglio insopportabile di voci, parole, suoni le inondò d'improvviso la mente, e fu lì che riuscì a sentirsi gridare, gridare forte, gridare tutto ciò che si era da sempre tenuta dentro.
Sentiva altre voci, ma non sapeva da dove provenissero.
 
Dopo un po' smise di provare dolore, quell'atroce, astratto dolore e per la prima volta vide qualcosa di concreto e del tutto nuovo: Riley Wilson.
 
A questa visione fu incosciamente e senza alcun apparente nesso logico associato il fuoco, di un vivido color arancione, e una parte della sua mente si risvegliò, come per ricordarle la sensazione di calore che l'aveva precedentemente avvolta nella sua spirale asfissiante e deleteria; ma non sapeva se fosse successo realmente o solo nei suoi sogni.
 
La parte razionale di sè le diceva di starsi sbagliando, la parte irrazionale le diceva che nel torto lei aveva in qualche modo trovato la sua ragione.
D'improvviso tutto divenne sfocato e confuso...
 
Anneka si destò di soprassalto, respirando a fatica.
Istintivamente si mise seduta e portò lentamente una mano sul petto, ingoiando a vuoto e aspettando che l'agitazione si dissolvesse spontaneamente e naturalmente, come succedeva ogni qual volta che si svegliava nel buio della sua stanza, accompagnata solo dalla luce della sveglia, che le permetteva di rendersi effettivamente conto di essere stata vittima dell'ennesimo incubo.
 
Fare incubi era qualcosa di spaventoso ma, in un certo senso, anche catartico. 
Aveva promesso che nessuno le avrebbe mai portato via l'anima, ma lo avevano già fatto.
Quella società così vuota, così finta, che ostentava un atteggiamento ben diverso da quello che in verità metteva in pratica, quella società che si nascondeva dietro la maschera del perbenismo e dell'accettazione, della comprensione del singolo individuo; l'avevano uccisa.
 
Anneka, in realtà, non sarebbe mai riuscita a dimenticare quello che non riusciva a ricordare.
Lei credeva di poter essere immortale, ma un uomo è immortale solo nell'attimo stesso in cui crede di esserlo, un attimo che sfuma immediatamente, un pensiero fugace ed effimero che gli fa rendere conto che l'eternitá non è vivere per sempre, ma vivere per sempre nel cuore delle altre persone.
Quello che sarebbe potuto succedere e quello che era successo miravano a un unico fine, che era sempre il presente, dal quale non si poteva fuggire, perché non si può tornare indietro.
 
Mentre tentava di riprendersi, la ragazza udì la sua porta che cigolava impercettibilmente, la luce che si accendeva e sua madre a braccia conserte che rimirava preoccupata il viso stanco della figlia.
Madre e figlia si guardarono per pochi istanti prima che Lia, ancora a braccia conserte, decidesse di accomodarsi sul letto di sua figlia. 
 
Anneka abbassò lo sguardo.
-Oh, tesoro...- Lia scosse la testa -che cosa ti sta succedendo?-
Posò confortevolmente una mano sulla spalla della figlia, mentre con l'altra si stringeva nella sua vestaglia rosa acceso. Poi scoccò la lingua -sento che la notte ti muovi e ti lamenti continuamente. Non smetti proprio di avere questi incubi? Non vanno proprio via? Non ti lasciano mai in pace?- chiese cordialmente.
 
Anneka alzò lo sguardo. 
Il suo sorriso vacillava leggermente, ma sembrava più serena.
Quegli incubi non facevano che perseguitarla, ogni notte. 
Eppure c'era qualcosa di stranamente positivo in essi, o almeno in quello che aveva avuto cinque minuti prima.
 
-Va tutto bene, mamma,- disse, abbracciandola calorosamente e ringraziando di avere una madre che si preoccupasse così tanto di lei. Era davvero fortunata.
 
-Allora torno a dormire tranquilla?- chiese Lia, leggermente più sollevata a sapere che lo era la figlia.
-Sì mamma, tranquilla.-
-Buonanotte Anneka,- sussurrò, per poi dileguarsi lasciando la porta chiusa alle sue spalle.
 
Anneka sospirò. Tornò a dormire, questa volta convinta del fatto che la società non l'aveva uccisa, che lei poteva ancora sognare di essere immortale, di essere chi voleva essere, semplicemente lei poteva ancora sognare.
Era davvero fortunata: genitori amorevoli, ottimi voti, buoni amici.
 
Tornò a dormire, questa volta convinta del fatto che la società non l'aveva uccisa. 
Che lei non era morta.
 
 
 
 
ANGOLO AUTRICE: Potreste darmi un parere sincero e obiettivo? Mi aiuterebbe a migliorare, grazie :)
   
 
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