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Autore: belle_delamb    28/07/2016    2 recensioni
Ormai il dolore perdurava da tre mesi e Claire iniziava a non sopportarlo più. Era un dolore sordo, persistente, qualcosa di aguzzo che va a pungere la pelle per poi ritrarsi. Le avevano detto che sarebbe passato a breve, che dopotutto conosceva George da soli quattro mesi quando lui era morto, che era stata solo un’infatuazione.
Vincitrice del Contest "Somewhere, over the Ratings..." di Setsy sul Forum di EFP
Genere: Dark, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Nick: sul forum Belle.de Lamb / su Efp belle_delamb

Titolo: Quello che non mi hai detto

Rating vero: giallo

Avvertimenti: nessuno

Rating Creativo: Nero-> Il nero è sicuramente il colore più cupo, esprime tutti i sentimenti più tristi, orrore, dolore, disperazione, odio. È negazione del colore e di conseguenza di tutto ciò che di felice è espresso dagli altri colori. È una notte senza fine e senza stelle. È il vuoto interiore che si sente quando si è fatto qualcosa che non si doveva fare. È il desiderio di vendetta. È un lontano rimpianto di qualcosa che ci ha resi felice ma ora non c’è più. È la certezza di sapere che mai più la luce illuminerà il cammino. È la perdita di ogni speranza. È un lutto che proprio non si riesce a superare. È quel brivido che coglie alcuni all’addormentarsi e annuncia incubi. È il dover fare i conti con la propria anima sapendo che non ne usciremo vincitori. È lo scoprirsi traditi da chi ha sempre giurato di amarci. È l’attimo in cui riconosciamo una bugia per quello che è. Adatte a questo rating sono le storie che sviscerano l’angoscia e la sofferenza, quelle storie che lasciano una sensazione di perturbante quando si finisce di leggerle, che fanno pensare, che restano impresse nella mente. Non adatto a un pubblico sensibile.

Generi adatti: horror, introspettivo, drammatico

Note: nessuna

Ormai il dolore perdurava da tre mesi e Claire iniziava a non sopportarlo più. Era un dolore sordo, persistente, qualcosa di aguzzo che va a pungere la pelle per poi ritrarsi. Le avevano detto che sarebbe passato a breve, che dopotutto conosceva George da soli quattro mesi quando lui era morto, che era stata solo un’infatuazione.
-Sei sempre stata troppo sentimentale- le aveva detto Kate, la sua migliore amica, praticamente una sorella –passerà-
E invece non passava e soprattutto non passava il desiderio di Claire di fargli quella domanda a cui non era proprio riuscita a ottenere risposta. Se avesse avuto un chiarimento certamente si sarebbe sentita un po’ meglio, sarebbe potuta andare avanti. Era questo che l’aveva spinta quel gelido pomeriggio di febbraio, nonostante la neve, ad andare da quella donna. Tutti dicevano che parlava con gli spiriti, quindi da lei avrebbe potuto ottenere una risposta. Prese la strada più breve che portava al negozio della medium dove lei, tra mille lavori, faceva anche quello di interprete di chi ormai non ha più voce. Claire evitò di guardare verso il parco, dove George l’aveva portata al loro primo appuntamento e dove le aveva rubato un bacio sulle labbra prima che il padre passasse a prenderla. Arrossiva ancora a quel pensiero. Si erano conosciuti nel modo più improbabile, durante una cena di lavoro del padre. Claire odiava quelle cene, adulti noiosi che parlavano di cose noiose che lei non capiva, ma aveva dovuto andarci comunque. E George aveva accompagnato il proprio padre. Si erano conosciuti così, nel modo più casuale possibile. George non le era piaciuto subito, troppo chiassoso, troppo spontaneo, troppo esuberante, era esagerato in tutto. Ma lui l’aveva notata immediatamente, o almeno così le aveva sussurrato una sera che l’aveva portata a ballare, l’aveva notata perché era la più bella. E anche l’unica con meno di cinquant’anni in quella sala, ma questo lui non gliel’aveva detto. Era stata così felice! Ma ormai restava solo quel dolore.
Quando arrivò la medium era seduta davanti a un tavolo rotondo, una sfera di cristallo nel mezzo.
Era una donnina magra, avvolta in un vecchio scialle giallo con lunghi capelli grigi che le ricadevano sulle spalle.
-Buongiorno- disse Claire.
-Vieni, cara, cosa posso fare per te?-
-Ho saputo che lei può farmi parlare con un morto che mi è molto caro-
-Certo che posso, siediti e dimmi di chi si tratta-
E Claire, sedutasi, glielo disse. –Però vorrei anche poterlo vedere in viso mentre mi risponde, non avrò pace fino a quando questo mio desiderio non sarà realizzato-
-Quello che mi chiedi è molto difficile-
-Sono disposta a pagare qualsiasi prezzo, per me è molto importante-
La donna si fece tutta seria, quindi propose una somma e quando Claire pagò senza replicare le porse una stella di David. –Riproduci questo disegno e leggi quello che c’è scritto su questo amuleto, quindi dovrai farti un taglio sulla mano e versare il tuo sangue nel cerchio, allora lui verrà, ma non avrai molto tempo, poni subito la tua domanda e qualsiasi cosa succeda non toccarlo e non entrare nel cerchio-
Claire annuì. La sua domanda era breve come la risposta.

Kate le aveva detto subito che George non era fatto per lei. –Siete completamente diversi, non siete compatibili-
Ovviamente Claire non le aveva creduto. George le diceva cose che nessuno le aveva mai detto prima, impossibile pensare che non fossero compatibili e peggio ancora che lui la prendesse in giro. Dopotutto gli elementi chimici più sono distanti sulla tabella periodica più si attraggono, perché non doveva essere così anche per loro?
-Sei solo una delle tante- le diceva l’amica –perché non capisci?-
Era solo gelosia, si diceva Claire. Eppure alcune cose non le tornavano sul conto di George. Per esempio perché sulla sua chat ci fosse sempre tra gli ultimi contatti quell’odioso nome femminile. Oppure perché a volte lui fosse tanto sfuggente. Ma non rischiava di diventare paranoica? E poi c’era quell’altro fatto, quando era rimasta impigliata a un ramo con la giacca e lui aveva preso un coltello per recidere il filo che la imprigionava.
-Stai ferma altrimenti ti taglio- le aveva detto e Claire non aveva visto nessuna luce scherzosa nel suo sguardo.
E la ragazza aveva immaginato in quel preciso istante che la storia sarebbe finita male, magari con una pugnalata nel ventre. Ma no, si era detta, era solo paranoia. Purtroppo il tempo aveva dato ragione alla sua paranoia.
Non era tempo però ora di pensare al passato.
Accovacciata a terra Claire finì di disegnare con il pennarello rosso la stella di David sul pavimento del salotto, approfittando dell’assenza dei genitori. Si rialzò e si allontanò di qualche passo, quindi prese il coltello, che aveva precedentemente lasciato sul divano. Nell’altra mano teneva l’amuleto. E improvvisamente ricordò quando George le aveva chiesto di mettersi insieme, la sua voce tremante, la musica che soffocava tutto, la sua promessa di non lasciarla mai, qualsiasi cosa fosse successa. Ovviamente erano solo parole, Giove ride agli spergiuri degli amanti, avrebbe dovuto saperlo. Si schiarì la voce e iniziò a leggere il testo in latino che si trovava sull’amuleto. Non successe nulla, così prese il coltello e lo appoggiò sulla mano sinistra, la mano del cuore. Prima lo passò leggermente e rabbrividì sentendo la fitta di dolore, quindi ispirò a fondo, ormai aveva deciso, e spinse più a fondo la lama. Inizialmente sembrò che non succedesse nulla, poi il taglio si riempì di sangue e Claire lo fece colare dentro il cerchio.
George comparve dal nulla. Era lui, il viso, il corpo erano suoi, ma era mortalmente pallido, con la ferita che gli apriva il retro della testa come quando era morto. Arrancò verso il sangue, con passo sgraziato e scoordinato, e si chinò per berne un po’, quindi alzò la testa nella sua direzione e la guardò. I suoi occhi erano vuoti e non sembravano gli stessi occhi che l’avevano guardata con simulata tenerezza. E quel corpo non sembrava quello che l’aveva stretta forte durante il loro primo ballo.
-Voglio quel nome- disse Claire –quel nome che non hai fatto in tempo a dirmi prima di morire, voglio il nome-
E lui glielo diede.

Claire aveva sempre considerato Kate la sorella che non aveva mai avuto. Si conoscevano da quando erano bambine e nonostante i caratteri incompatibili erano molto legate. Kate era decisa ed espansiva, Claire prudente e riservata, ma questo non le aveva mai divise. Né Kate aveva invidiato i brillanti risultati scolastici di Claire, né Claire aveva invidiato la fila di ragazzi che corteggiavano l’amica. Erano un bel duo.
-Saremo amiche per sempre, siamo sorelle di sangue ora- le aveva detto Kate quando a otto anni avevano unito il loro sangue in una tazzina del caffè.
Non aveva mantenuto la promessa.
-Mi dispiace dovertelo dire, ma George ti tradisce- le aveva detto poco prima che lui morisse. Poi le aveva mostrato le foto. In tutte si vedeva bene il volto di lui, ma mai quello di lei. Era una ragazza bassa, dai capelli biondi, con un abito azzurro e un paio di leggings neri. Ora si sentiva una stupida per non aver riconosciuto quella ragazza. E si sentiva ancora più stupida per non aver visto il mostro dagli occhi verdi in Kate, per non aver notato che lei ultimamente era più fredda, più odiosa. George non aveva voluto confessare quel nome da vivo, ma da morto lo aveva fatto, e ora Claire voleva vendicarsi.

-Tesoro, sono felice che tu sia qua- le disse Kate aprendole la porta –hai fatto bene a venirmi a trovare- e si fece da parte per farla entrare.
-Volevo parlarti- disse Claire, superandola.
-Con me puoi parlare di tutto, lo sai, tesoro-
Andarono in camera di Kate, quella stanza piena di peluche, in cui c’erano ancora, dimenticate su una mensola, le bambole con cui giocavano da bambine, bambole dagli occhi sgranati. Kate prendeva sempre quella principessa, mentre a Claire toccavano quelle con ruoli minori, la dama di compagnia, la governante e a volte le toccava addirittura fare il principe. Kate era la sovrana della loro amicizia. Era sempre stato così e su quello si basava il loro rapporto.
-Dimmi tutto-
-Eri tu la ragazza che stava con George, giusto? Quella con cui mi ha tradita-
Ci fu un attimo di odioso silenzio.
-Non mentire-
-La colpa è stata sua, io gli ho detto di non farlo, gli ho detto che tu eri la mia più cara amica, che non meritavi un trattamento simile-
-No, non lo meritavo, non dopo tutto ciò che ho fatto per te, dopo tutto quello che ho dovuto sopportare in nome della nostra amicizia- fece un passo avanti.
-Scusa-
Cosa le servivano ora le scuse? Afferrò Kate per le spalle e la spinse giù dalla finestra aperta. L’amica cadde senza nemmeno dire una parola. Claire la guardò, scomposta, il collo probabilmente spezzato, gli arti piegati in maniera grottesca, simile a una bambola rotta, neppure una goccia di sangue. Con George era stato diverso. Quando durante il litigio lei lo aveva spinto aveva sbattuto la testa contro lo spigolo del mobile e Claire aveva osservato il sangue uscire dalla ferita mentre lui rantolava qualcosa. Gli si era chinata a fianco e gli aveva chiesto il nome a quel punto, il nome della ragazza che le aveva preferito, quella che la superava in tutti i campi. George era morto con quel segreto, per quel motivo Claire non si era data pace. Ora, improvvisamente, si sentiva molto meglio, più leggera, più sorridente. Aveva quel nome, ora poteva stare tranquilla, ora era tutto finalmente sistemato. E proprio in quel momento un nodo le strinse la gola. No, non era tutto a posto. In fondo a cos’era servita la vendetta? Ora era più sola che mai. Con calma uscì dalla casa. Non sapeva esattamente dove avrebbe trovato rifugio, perché ormai non esisteva più un luogo in cui si sentisse bene, nemmeno nella propria stanza, dove aveva trascorso molto tempo con Kate, dove con lei aveva parlato e riso al telefono. In nessun posto avrebbe trovato la pace, lo capiva ora più che mai. S’incamminò lungo la via, osservando il cielo che si colorava di arancione. Il tramonto, la fine di un giorno. Con passo calmo camminò fino a quando la notte non avvolse tutto con le sue tenebre. Una notte scura come il futuro che l’attendeva.
   
 
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