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Autore: Iwuvyoubearymuch    29/07/2016    4 recensioni
Barry rimane insieme a Caitlin la famosa sera del karaoke.
Genere: Generale, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Barry Allen, Caitlin Snow
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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B A R R Y / C A I T L I N 
Of Karaoke, Vodka Tonic and Bedtime Stories

 
“Barry, resteresti finché non mi addormento?”
Senza pensarci un secondo di troppo, Barry acconsentì perché la voce di Caitlin gli era sembrata così diversa da quello a cui era abituato al lavoro. In quel momento era piccola e quasi timorosa, raggomitolata nel suo letto enorme, troppo simile al tono di una bambina spaventata per non accontentarla.
Così si sedette accanto a Caitlin – la stessa Caitlin che solitamente al lavoro era autoritaria e decisa e quella sera invece non era stata nemmeno in grado di mettersi il pigiama – e le tenne compagnia, disegnando linee invisibili sulla sua gamba con la mano nel tentativo di rilassarla e farle capire che non sarebbe andato da nessuna parte.
Era stata sicuramente una delle serate migliori di Barry degli ultimi mesi. Iniziata per motivi di lavoro – quello da supereroe – si era trasformata in tutt’altro dal momento in cui Caitlin era entrata nel bar, allegra ed entusiasta.
Barry non aveva mai avuto niente da ridire sull’abbigliamento da preside-di-liceo che indossava abitualmente Caitlin al lavoro – professionale, consono, seducente anche – ma sarebbe stato falso e totalmente stupido da parte sua dire che quel look non le donava. Non era assolutamente vero. La trovava, invece, briosa e dinamica e, perché no?, anche sexy.
Certo, costringerlo a cantare incitando il pubblico era stata un po’ una mossa scorretta, ma si era divertito, ancor più allo sguardo stupito di lei quando le doti canore di Barry si erano rivelate in tutta la loro gloria. Lei, invece, era stonata come una campana ma Barry non gliel’avrebbe mai detto e nel caso in cui l’avesse scoperto, lui avrebbe addotto la colpa ai bicchierini di liquore in eccesso.
Anche il numero della ragazza, Linda, era un plus inaspettato ma piacevole tutto sommato. Non aveva ancora deciso se era il caso di chiamarla – Caitlin si era schierata a favore mentre cercava di uscire dall’abito malefico – ma di sicuro ci avrebbe dato un pensiero.
In più, la prospettiva di prendere in giro Caitlin al mattino, quando si sarebbe risvegliata con il mal di testa tipico delle sbronze, contribuiva al bilancio positivo della serata. Senza contare le risate che si sarebbe fatto mentre Cisco cercava di capire cosa era successo la sera prima per ridurla in quello stato, dopo averla accusata di non avere una vita sociale, che era poi il motivo principale per il quale quella sera era avvenuta in primo luogo.
Nel giro di pochi minuti, il respiro di Caitlin era diventato più tranquillo e regolare, segno che era sulla via giusta per addormentarsi.
Ripensare alle ultime ore e avere la possibilità di stare fermo, senza correre in giro per Central City, concentrandosi esclusivamente sui respiri di Caitlin era rilassante. Era la stessa sensazione che provava al mattino appena si svegliava, prima di rendersi conto che era già in ritardo nonostante girasse a velocità superiore di quei giorni.
La sveglia, accanto alla fotografia di lei e Ronnie, segnava un orario assurdo. Non si era reso conto di aver fatto così tardi; per via delle condizioni poco stabili dello stomaco di Caitlin non avevano potuto procedere alla svelta, senza contare che non potevano lasciare la macchina di Caitlin nel parcheggio di quel bar, così avevano erano stati costretti a ricorrere a metodi più tradizionali e aspettare pazientemente in tratti di strada più affollati.
Comunque, non era strano che stesse morendo di sonno e la mattina successiva – nel giro di cinque ore, a voler essere sinceri – doveva essere in ufficio perché Joe e Singh l’avrebbero scuoiato vivo se non avesse consegnato i risultati di quelle stesse analisi che aveva già dimenticato una volta. Avrebbe fatto bene a sentire la sveglia o…
“Barry, potresti non muovere il letto?”
Contrariamente a quello che Barry aveva immaginato, la voce di Caitlin non sembrava neanche un po’ assonnata; forse, se possibile, anche più lucida. Ma su quell’ultima cosa non poteva essere del tutto sicuro perché lui non stava facendo assolutamente niente. Aveva anche smesso di muovere la mano, si rese conto solo in quel momento.
“Non mi sto muovendo” le disse, chiedendosi ugualmente se non l’avesse fatto senza accorgersene. A volte, gli capitava di entrare in modalità Flash inconsapevolmente, quando tamburellava le dita o muoveva freneticamente la gamba sulla punta del piede.
Un occhio di Caitlin si aprì e puntò su Barry, fissandolo attentamente anche se sembrava un po’ annebbiato sicuramente dall’alcol. “Oh” fece lei, prima di aprire anche l’altro occhio e guardarsi attorno, circospetta. A destra, a sinistra, sopra, di nuovo a sinistra. “Allora, sta succedendo nella mia testa” giunse alla fine, tornando con la testa sul cuscino, abbattuta.
A Barry venne da ridere, ma soppresse alla bell’è meglio la risata perché era sicuro che Caitlin non avrebbe gradito. Per quanto a lui potesse sembrare divertente, aveva parlato di nuovo con quella vocetta mesta, come se avesse paura del mostro sotto il letto.
“Vado a prenderti dell’acqua” disse Barry, alzandosi. “Ti sentirai meglio dopo.”
Con molte probabilità non era vero che si sarebbe sentita subito meglio. Con lui non aveva mai funzionato granché l’acqua. Non che fosse capitato tante di quelle volte, però sapeva di cosa parlava e sapeva anche come doveva sentirsi Caitlin con una centrifuga in testa. Era in momenti come quelli che Barry era contento di avere un metabolismo tanto veloce da non permettergli di ubriacarsi. Ovviamente, erano tanti i momenti in cui avrebbe voluto che un bicchierino gli alleggerisse la vita e i problemi, anche solo per poche ore.
La casa di Caitlin trasudava ordine; la rispecchiava moltissimo. Pulita, essenziale, curata in ogni minimo dettaglio. All’apparenza poteva sembrare troppo formale, quasi come se nessuno ci vivesse realmente dentro, solo una pagina all’interno dei cataloghi patinati. Invece, Barry riusciva a scorgervi i dettagli, anche se era buio, anche se ci era stato solo quella volta: la tazza di Winnie The Pooh con la quale, probabilmente, al mattino beveva la prima tazza di caffè della giornata; un paio di scarpe che aveva intravisto prima passando davanti al bagno e che evidentemente prima non aveva avuto il tempo di rimettere a posto; il caricabatteria del cellulare ancora nella presa della corrente; il barattolo dei biscotti mezzo vuoto se non per un paio di biscotti residui. Perfino, la pianta rinsecchita sul davanzale della finestra in cucina forniva un’aria accogliente.
Forse, quelle cose non avevano senso o forse, Barry la vedeva in quel modo perché aveva imparato, soprattutto in seguito ai recentissimi avvenimenti della serata, che Caitlin non era soltanto quella che arrivava in orario al lavoro o vestiva da preside. Non era più quella che ai primi momenti della loro conoscenza non sorrideva mai o gli aveva chiesto di fare pipì in un contenitore di plastica appena risvegliato dal coma.
O, forse, ancora, era tardi e Barry stava delirando.
Tornò nella camera da letto con il bicchiere di acqua fresca, per trovare una Caitlin seduta a gambe incrociate e la testa in avanti con i capelli che le coprivano interamente la faccia. Non appena vide Barry – o meglio, il bicchiere di acqua nella mano di Barry, iniziò a scuotere la testa, come se gli avessero appena presentato un piatto di scarafaggi.
“No, no, no, non berrò mai più un… ahi, scuotere la testa non è una grande idea” si lamentò, le mani sulle orecchie e gli occhi ben chiusi. Le labbra erano arricciate e sembrava in attesa di qualcosa, probabilmente che l’ultimo capogiro passasse.
Barry ridacchiò mentre si sedeva. “Bevi dell’acqua” disse, porgendole il bicchiere.
“Non lo voglio” replicò, tornando a una posizione ed espressione normali poco alla volta.
“Ecco cosa succede dopo cinque vodka tonic” fu il commento di Barry.
“Non dire mai più la parola vodka!”
Caitlin Ubriaca era divertente, in mancanza di un termine più appropriato. L’alcol aveva su di lei, ovviamente, che aveva anche sugli altri: scioltezza, sicurezza, disinibizione. Mai e poi mai, Barry avrebbe immaginato di vederla su un palco a cantare una vecchia canzone di un musical o sventolare le braccia al di fuori del finestrino ammiccando agli altri automobilisti che – ovviamente! – le lanciavano sguardi languidi. Aveva perfino iniziato a spogliarsi davanti a lui e lo aveva invitato a dare una sbirciatina alla sua mercanzia. Ok, forse, non era un invito – aveva semplicemente detto che Barry se lo sarebbe meritato dopo tutte le azioni buone che compiva ogni giorno, ma comunque…
“Tu ti stai divertendo un po’ troppo” disse Caitlin, dopo aver osservato Barry per qualche secondo, l’intenzione di sembrare minacciosa smorzata dalla lingua impastata.
Ci pensò ancora un po’, forse alla ricerca del modo per farlo smettere, ma dovette arrendersi perché alla fine prese il bicchiere e bevve. L’espressione mutò immediatamente in una smorfia.
“Okay, adesso stenditi e chiudi gli occhi” disse Barry, un sorriso leggero sulle labbra che non accennava ad andarsene. La aiutò a rimettersi sotto le coperte e riprese lo stesso posto che aveva occupato circa mezz’ora prima quando Caitlin gli aveva chiesto di tenerle compagnia fino a quando non si fosse addormentata. Stavolta non mosse la mano di un millimetro e si assicurò non entrare in modalità-Flash involontariamente perché c’era la seria possibilità che crollasse addormentato in quell’istante stesso.
Passarono solo alcuni istanti prima che Caitlin spalancasse gli occhioni vigili ancora una volta, beccando Barry a metà sbadiglio. “Con gli occhi chiusi è anche peggio” si lamentò, sfilando le braccia da sotto la coperta solo per incrociarle al petto con uno sbuffo rumoroso. “Non credo che riuscirò ad addormentarmi stasera” bofonchiò tra se e se.
Barry sospirò, mettendo definitivamente da parte l’idea di andare a letto quella notte. Poteva andarsene, certo, ma non se la sentiva di lasciare Caitlin da sola con la mente inebriata e la paura di tenere gli occhi chiusi abbastanza a lungo da riuscire a prendere sonno. Era soltanto ubriaca ma Barry aveva la sensazione che ci fosse dell’altro sotto, solo che era troppo tardi e lui era troppo stanco per pensarci.
Scalciò via una scarpa con il piede e poi l’altra, sotto lo sguardo confuso di Caitlin.
“Che stai facendo?”
Barry aprì la bocca e la richiuse. “Ti dispiace se mi metto lì?” le chiese alla fine, indicando la parte destra del letto, quella vuota. Era una richiesta azzardata e normalmente non l’avrebbe mai fatta perché non avrebbe mai saputo come domandarlo, ma lei era ubriaca e c’erano alte probabilità che al mattino non avesse altro che un vago ricordo di quei momenti e perché se proprio doveva restare sveglio ancora per molto, tanto valeva che si mettesse almeno comodo.
Le sopracciglia di Caitlin svettarono in alto e le labbra formarono una piccola ‘O’ che, nonostante tutto, fu svelta a coprire. “Oh, si, certo, vai.” Accennò un sorriso che voleva essere incoraggiante quando Barry esitò, anche se era stato lui a chiederlo.
Barry intuì cos’era che preoccupava Caitlin nel momento in cui appoggiò la schiena contro la testata del letto e si voltò nella direzione di lei nella speranza di trarre un minimo di conforto dall’espressione altrettanto imbarazzata di lei. E si, Caitlin era imbarazzata ma c’era dell’altro e Barry era stato davvero uno stupido a non accorgersene prima.
Quella serata non era scaturita dall’accusa di Cisco – o almeno, non era il motivo principale che aveva spinto Caitlin a infilarsi in un vestito cortissimo, a ubriacarsi e cantare e cercare di divertirsi a tutti costi. Il motivo era Ronnie. Quella serata era soltanto un espediente per scappare, anche solo per poche ore, dal suo fidanzato morto che non era più morto, un meta-umano che prendeva fuoco e volava via alla prima occasione ogni volta che lei era sufficientemente vicina. Doveva rappresentare la svolta di Caitlin, la possibilità finalmente di andare avanti e invece era finita in un disastro.
In più, Barry aveva appena occupato il lato di letto che doveva essere di Ronnie prima di tutta quella faccenda e non poteva fare a meno di darsi dell’idiota completo.
Il silenzio che seguì era spezzato soltanto dal ticchettio delle lancette che andavano avanti e gli occasionali rumori che provenivano dalla strada, nonostante fosse una zona tranquilla alle tre del mattino. Barry rimase a fissare il quadro sulla parete opposta, le mani in grembo e i denti che martoriavano l’interno della guancia, senza sapere bene cosa dire.
Si sentiva vagamente a disagio, il che era giustificabile considerato che si trovava nella camera da letto di Caitlin, sul suo letto e la presenza di lei che si faceva decisamente notare. Come diavolo aveva fatto a mettersi in quella posizione? Era iniziata come una normale uscita al bar tra amici e ora erano finiti a letto insieme. Cioè, non a letto in quel senso (lo stomaco aveva avuto una specie di sobbalzo al solo pensiero), ma erano pur sempre da soli in una situazione che aveva dell’assurdo. E loro avrebbero dovuto fare l’abitudine ormai a cose assurde visto che quello che facevano ai Laboratori S.T.A.R. quotidianamente.
Nel momento in cui Barry giunse alla conclusione che dopotutto era meglio tornare a casa, Caitlin chiamò il suo nome proprio come aveva fatto all’inizio.
“Sarebbe molto strano se ti chiedessi di raccontarmi una storia?” sussurrò lei, ancora distesa, le braccia incrociate e gli occhi sbarrati ostinatamente puntati verso il soffitto.
Era una richiesta così imprevedibile che ovviamente Barry non l’aveva vista arrivare. “D-della buonanotte, intendi?” chiese, avvertendo crescere la sensazione di stupidità man mano che il tempo passava.
Quando Caitlin annuì, Barry dovette ammettere di sentirsi un tantino perso. Lui non aveva mai raccontato una storia della buonanotte, e a chi avrebbe dovuto farlo? L’unica era Iris ma non avevano mai fatto quel genere di cose da bambini.
Sospirò, rimuginando sul fatto che avrebbe dovuto essere abituato anche a pensare sotto pressione e invece aveva il nulla più desolante in testa. Anzi, l’unica cosa che sembrava non averlo abbandonato del tutto era la locandina del film che vedeva tutte le mattine davanti al cinema andando a lavoro e che aveva intenzione di andare a vedere con Cisco, roba di zombie che a lui avrebbe fatto senz’altro fatto ridere.
“C’era una volta” cominciò titubante, ma ogni storia che si rispetti iniziava in quel modo quindi non vedeva perché la sua avrebbe dovuto avere un principio diverso. Ingoiò la saliva in eccesso che si era formata sul fondo della gola prima di ricominciare: “Un famoso scienziato di nome Bruce Banner che..."
"Hulk, Barry?" lo interruppe Caitlin, il tono a metà tra il divertito e l’incredulo.
Okay, forse non era stata l’idea migliore di Barry ma era anche l’unica che gli fosse venuta in mente in quel momento. Non aveva mai considerato Caitlin come il tipo di ragazza che andava a vedere film sui supereroi, nonostante il lavoro segreto che conducesse.
“Cisco mi ha trascinato al cinema quando è uscito The Avengers” riprese, intuendo probabilmente i dubbi di Barry. “Lascia che te lo dica, quella storia dei raggi gamma era un po’ inverosimile” disse, annuendo come se avesse appena spiegato un importante teoria.
Barry si voltò su un fianco alla svelta e prese a guardarla per essere sicuro che fosse seria. Quella sera si stava provando molto difficile capire cosa passava nella testa di lei, cosa che generalmente riusciva a intuire ormai.
Non appena si rese conto che Caitlin credeva effettivamente a quello che aveva detto, disse: “Ti rendi conto di far parte di un team in cui un tizio super-veloce ferma meta-umani con poteri tutti i giorni, vero, Dr. Snow?”
Caitlin parve pensarci qualche istante, le labbra arricciate e gli occhi persi da qualche parte, sicuramente con la mente da qualche parte in un libro di fisica per controllare che non avesse mancato nulla. “Dal punto di vista scientifico, i raggi gamma non avrebbero dovuto trasformare Bruce Banner in Hulk, neanche per errore” replicò alla fine, nuovamente soddisfatta delle proprie parole.
Barry lasciò perdere, non credeva possibile convincere Caitlin di qualcos’altro che non fossero le sue idee quella sera. Magari, avrebbe intavolato il discorso in uno dei momenti tranquilli al laboratorio, chiedendo il parere esperto di Cisco.
“Suppongo che tu conosca anche quella storia ambientata tanto tempo in una galassia lontana lontana” fece lui, riprendendo il motivo per il quale avevano iniziato a parlare di Hulk in primo luogo.
Caitlin scoppiò in una risata che Barry non le aveva mai sentito prima, neppure quella sera, indotta dall’alcol. Era allegra e spensierata, raggiungeva gli occhi e faceva tremolare il letto insieme a lei. Barry si ritrovò a sorridere a sua volta senza spiegarselo.
“Dovrei avere ancora il costume della Principessa Leila da qualche parte” rispose lei, quando l’ondata di risa si fu calmata, lasciandole soltanto un sorrise dolce sulle labbra.
Erano belle le labbra di Caitlin, pensò Barry per la prima volta. Erano di un bel rosa naturale tendente vagamente al rosso e la forma sembrava ispirare tenerezza, tranne quando le mordeva, allora in quel caso…
“Fai sul serio?” chiese, bloccando sul nascere il tipo di pensieri che si stavano formando nella testa.
“Secondo anno di college. Carnevale” rispose Caitlin, imitando la posizione di Barry sul fianco.
Ciò non aiutò per niente Barry a non concentrarsi sulla sua collega vestita dal personaggio di Star Wars. La Principessa Leila non aveva mai avuto particolare attrattiva per lui, ma adesso aveva il presentimento che poteva anche ricredersi, e non era successo nemmeno dopo aver visto quella puntata di Friends in cui era una bellissima Jennifer Aniston a indossarne i panni. Il che era sbagliato a livelli cosmici perché non poteva assolutamente permettersi di pensare a Caitlin in quel modo, dentro o fuori da un letto. In qualsiasi situazione o momento. No.
Con le mani che avevano preso a sudare lievemente, decise che era il caso di ritornare alla discussione precedente. “Il Trono di Spade?” chiese, sperando vivamente che dicesse di conoscerlo perché si ricordò solo dopo di quanto fossero esplicite determinate scene. Non che avrebbe dovuto raccontarle, ma pensarci non potevano fare altro che complicare la sua situazione.
“Barry, il punto della serata è che non ho una vita sociale eccetto il laboratorio, Jitters e Netflix, te lo sei scordato?” disse, il sorriso solo un po’ meno spento di come sarebbe stato senza tutto quell’alcol in circolo.
Barry avrebbe voluto abbracciarla, ma si limitò a dire: “Per quello che valere, credo che sia stata una bella serata.” E lo era stata sul serio.
Caitlin annuì leggermente e Barry fu felice di constatare che era passato un po’ dall’ultima volta che si era lamentata della testa vorticante. “Potremmo rifarlo e mi atterrò strettamente alla Coca-Cola” scherzò, con una smorfia.
“Si, sarebbe bello” concordò Barry, sperando effettivamente in un remake.
Rimasero soli pochi istanti in silenzio. Era tranquillo e piacevole. Poi a Barry venne in mente una cosa. “Sai, credo di conoscere la storia perfetta. Parla di un dinosauro.”
                                                                      
*
 
Per la fine della storia Caitlin aveva quasi perso la lotta contro il sonno commentando con un vago oh, Barry quando intuì l’importanza che aveva quella favola per lui. Ma poche ore dopo, quando arrivò al laboratorio e vide Barry (che era lì prima di lei soltanto perché non era andato a dormire affatto), non sembrava che se ne ricordasse. O, comunque, non diede a vederlo. Forse, perché aveva gli occhiali scuri sugli occhi o perché Barry l’aveva salutata intonando Summer Nights
  
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