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Autore: mido_ri    30/07/2016    1 recensioni
Due ragazzi completamente diversi entrano in contatto in un apparente contesto scolastico.
Alessio: il solito ragazzo disordinato e "piantagrane" che reputa la sua vita una noia, così come la scuola e qualsiasi tipo di legame con le altre persone.
Riccardo: un ragazzo, meglio definito "ragazzino", che sembra fin troppo piccolo per poter frequentare il secondo anno di liceo; al contrario del suo fisico, la sua mente è grande.
Così come ci si aspetterebbe da un ragazzo del genere, Riccardo nasconde a tutti, perfino alla sua famiglia, la vera vita che conduce ogni giorno, difficile e sconvolgente.
Un inaspettato incontro spingerà Alessio a porsi sempre più domande su quello strano ragazzo.
Come si svolgerà la storia dei due incompatibili compagni di banco?
Genere: Romantico, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Lun, 19 settembre, sera
Caddi dalla sedia urlando di terrore, sentii dei passi pesanti sulle scale e qualcuno che chiamava il mio nome. Mio padre si precipitò nella stanza e mi aiutò a tirarmi su, aveva uno sguardo al limite della preoccupazione.
- Che cos'è successo?! -
Guardai con esitazione verso il balcone, quell'uomo non c'era più; al suo posto c'era un foglietto attaccato al vetro che sventolava mosso dalla bufera, per fortuna mio padre non se n'era accorto. 
- Niente...mi stavo dondolando e la sedia è caduta all'indietro -
Mi guardò con occhi dubbiosi e mi disse di stare più attento con un tono di rimprovero. 
Aspettai che fosse uscito dalla stanza, poi mi avvicinai al vetro e lessi il biglietto.
"STAI LONTANO DA LUI"
Mi misi una mano sul petto cercando di calmarmi, mi voltai di nuovo: il pezzo di carta era sparito, al suo posto potevo assistere solamente all'esibizione dei fulmini che illuminavano a tratti il cielo con i loro lunghi rami. Pensai che fosse stato portato via dal vento, poi che l'avessi solo immaginato, ah...molto meglio.
Mar, 20 settembre, mattina
Arrivai in classe correndo, la lezione era già iniziata da una ventina di minuti; la professoressa d'inglese mi guardò dall'alto verso il basso, poi mi pregò gentilmente di uscire dall'aula e di entrare alla seconda ora.
"Vecchia puttana"
Al suono della campanella rientrai, Riccardo mi rivolse un "ciao" che potei sentire a malapena, non gli risposi neanche. Lo ignorai per tutta la giornata, non che ci fossimo mai parlati più di tanto, ma non mi andava di mettermi di nuovo nei casini, che avessi immaginato tutto o meno.
Mer, 21 settembre, mattina
Durante l'ultima ora di lezione, non feci altro che sfogliare il diario in continuazione. Mi misi a fissare l'orario con disapprovazione: il giorno seguente alla prima ora avrei dovuto affrontare l'insostenibile lezione di fisica e chimica, ma avevo già stabilito tempo addietro che mi sarei presentato solamente dopo il suono che segnava l'inizio della seconda ora. 
Gio, 22 settembre, mattina
Nonostante avessi circa un'ora da spendere prima di entrare a scuola, evitai di fare colazione al bar; decisi di girovagare per il paese senza meta, gettando di tanto in tanto un'occhiata annoiata all'orologio.
Quando mi sedetti, invece del solito "ciao", Riccardo mi rivolse uno sguardo di rimprovero.
- Il professore ha assegnato i compiti di chimica -
- E allora? -
- Ha detto che dobbiamo fare un esperimento a coppie, fra compagni di banco -
Spostò il diario verso di me e mi fece leggere l'assegno, sbuffai.
- Se quest'idiota è convinto che io mi metta a fare esperimenti del cazzo allora si sbaglia di grosso -
Riccardo mi interruppe prima che potessi continuare a lamentarmi.
- Non c'è problema, oggi pomeriggio faccio tutto io -
Lo guardai stranito, davvero aveva detto una cosa del genere? Pensai ai miei amici, non mi avrebbero mai dato un tale piacere.
- Oggi pomeriggio? -
- Sì, il lavoro è per domani -
- Ma domani non abbiamo fisica e chimica...-
- Lo so, ma il professore ha detto che verrà in classe a ritirare i risultati -
Abbassai lo sguardo e mi misi a fissare il banco. 
- O-okay...allora fai tu -
Annuì.
- Grazie -
- Di niente -
Gio, 22 settembre, pomeriggio
Era alquanto noioso stare imbambolato sul letto a lanciare e rilanciare una palla da basket in aria. Sbuffai e ripensai per l'ennesima volta al mio compagno di banco che doveva fare tutto il lavoro da solo. Alla fine decisi di andarlo a trovare, tanto sapevo dove abitava. 
Salii sul motorino e mi infilai il casco. Arrivato davanti al vialetto di casa sua, suonai il campanello con esitazione, e se non fosse stato in casa? Mentre aspettavo iniziai a guardarmi intorno: vi erano una decina di case simili a quella, di fronte alle quali erano parcheggiate delle macchine disposte in fila. Mi parve di vedere qualcuno in una di esse, strinsi gli occhi, ma nulla, evidentemente l'avevo solo immaginato.

Lun, 19 settembre, sera

Caddi dalla sedia urlando di terrore, sentii dei passi pesanti sulle scale e qualcuno che chiamava il mio nome. Mio padre si precipitò nella stanza e mi aiutò a tirarmi su, aveva uno sguardo al limite della preoccupazione.

- Che cos'è successo?! -

Guardai con esitazione verso il balcone, quell'uomo non c'era più; al suo posto c'era un foglietto attaccato al vetro che sventolava mosso dalla bufera, per fortuna mio padre non se n'era accorto.

- Niente...mi stavo dondolando e la sedia è caduta all'indietro -

Mi guardò con occhi dubbiosi e mi disse di stare più attento con un tono di rimprovero. Aspettai che fosse uscito dalla stanza, poi mi avvicinai al vetro e lessi il biglietto.

"STAI LONTANO DA LUI"

Mi misi una mano sul petto cercando di calmarmi, mi voltai di nuovo: il pezzo di carta era sparito, al suo posto potevo assistere solamente all'esibizione dei fulmini che illuminavano a tratti il cielo con i loro lunghi rami. Pensai che fosse stato portato via dal vento, poi che l'avessi solo immaginato, ah...molto meglio.

 

Mar, 20 settembre, mattina

Arrivai in classe correndo, la lezione era già iniziata da una ventina di minuti; la professoressa d'inglese mi guardò dall'alto verso il basso, poi mi pregò gentilmente di uscire dall'aula e di entrare alla seconda ora.

"Vecchia puttana"

Al suono della campanella rientrai, Riccardo mi rivolse un "ciao" che potei sentire a malapena, non gli risposi neanche. Lo ignorai per tutta la giornata, non che ci fossimo mai parlati più di tanto, ma non mi andava di mettermi di nuovo nei casini, che avessi immaginato tutto o meno.

 

Mer, 21 settembre, mattina

Durante l'ultima ora di lezione, non feci altro che sfogliare il diario in continuazione. Mi misi a fissare l'orario con disapprovazione: il giorno seguente alla prima ora avrei dovuto affrontare l'insostenibile lezione di fisica e chimica, ma avevo già stabilito tempo addietro che mi sarei presentato solamente dopo il suono che segnava l'inizio della seconda ora. 

 

Gio, 22 settembre, mattina

Nonostante avessi circa un'ora da spendere prima di entrare a scuola, evitai di fare colazione al bar; decisi di girovagare per il paese senza meta, gettando di tanto in tanto un'occhiata annoiata all'orologio. Quando mi sedetti, invece del solito "ciao", Riccardo mi rivolse uno sguardo di rimprovero.

- Il professore ha assegnato i compiti di chimica -

- E allora? -

- Ha detto che dobbiamo fare un esperimento a coppie, fra compagni di banco -

Spostò il diario verso di me e mi fece leggere l'assegno, sbuffai.

- Se quest'idiota è convinto che io mi metta a fare esperimenti del cazzo allora si sbaglia di grosso -

Riccardo mi interruppe prima che potessi continuare a lamentarmi.

- Non c'è problema, oggi pomeriggio faccio tutto io -

Lo guardai stranito, davvero aveva detto una cosa del genere? Pensai ai miei amici, non mi avrebbero mai dato un tale piacere.

- Oggi pomeriggio? -

- Sì, il lavoro è per domani -

- Ma domani non abbiamo fisica e chimica...-

- Lo so, ma il professore ha detto che verrà in classe a ritirare i risultati -

Abbassai lo sguardo e mi misi a fissare il banco. 

- O-okay...allora fai tu -

Annuì.

- Grazie -

- Di niente -


Gio, 22 settembre, pomeriggio

Era alquanto noioso stare imbambolato sul letto a lanciare e rilanciare una palla da basket in aria. Sbuffai e ripensai per l'ennesima volta al mio compagno di banco che doveva fare tutto il lavoro da solo. Alla fine decisi di andarlo a trovare, tanto sapevo dove abitava. Salii sul motorino e mi infilai il casco.

Arrivato davanti al vialetto di casa sua, suonai il campanello con esitazione, e se non fosse stato in casa? Mentre aspettavo iniziai a guardarmi intorno: vi erano una decina di case simili a quella, di fronte alle quali erano parcheggiate delle macchine disposte in fila. Mi parve di vedere qualcuno in una di esse, strinsi gli occhi, ma nulla, evidentemente l'avevo solo immaginato.

Sentii dei passi ovattati avvicinarsi lentamente all'entrata, poi uno sferragliare di chiavi e infine vidi la porta aprirsi. Riccardo mi fissava con un'espressione a dir poco "neutra", i capelli scompigliati e un "ciao" sulle labbra.

- Hey, sono venuto a trovarti -

- Me ne sono accorto -

Mi fece segno di entrare; la casa non era di dimensioni notevoli come appunto ci si aspettava dall'esterno, l'arretramento era "neutro", così come il salotto e la cucina, insomma, la neutralità predominava. In fondo alla stanza che affacciava sull'entrata, vi erano delle scale di legno che portavano a un breve corridoio, quasi sicuramente lì si trovavano le stanze da letto. 

Gettai un'occhiata al tavolo della cucina, vi erano sparsi libri di chimica, bottigliette di plastica, vari contenitori, una bottiglia d'aceto e una bustina contenente dei palloncini.

- Non hai iniziato? -

- Uhm, no. Avevo intenzione di studiare prima la parte teorica -

Mi chiesi come facesse ad avere così tanta voglia di studiare. 

Mi tese la mano, ma non capii cosa volesse.

- Il giubbino -

- Ah! -

Mi sfilai il giubbino e glielo porsi, per poi osservarlo mentre saliva le scale.

- Dove vai? -

- A posare il giubbino nella mia stanza -

- Posso venire anche io? -

Quella era certamente una domanda scortese, ma la curiosità era il mio punto debole: avrei tanto voluto vedere la sua camera, magari constatare se fosse neutra come il resto dell'abitazione.

- No -

Continuò a salire sbattendo i piedi rumorosamente e io lo seguii a ruota. Si voltò e mi guardò con disapprovazione, poi alzò gli occhi al cielo e percorse il corridoio; era estremamente buffo quando cercava di rimproverarmi con lo sguardo, non era per nulla minaccioso, anzi, era ancora più adorabile. No, forse adorabile non era l'aggettivo giusto, non ancora. 

- Bella stanza -

Ed ero serio: le tre pareti dipinte di nero creavano a primo impatto un effetto "lugubre", mentre la parete di fronte alla porta, interrotta da un ampio balcone, era stata pitturata con un motivo a scacchiera. Al centro della camera vigeva un letto matrimoniale, con trapunta nera, due cuscini per decoro e uno strano pupazzo in mezzo. 

- E quello? È un unicorno? -

- No, è un cavallo con un corno, si chiama Puzzola -

Aggrottai le sopracciglia e lo guardai spaesato, lui di rimando mi rivolse un sorriso imbarazzato. 

- Scusa, non sono abituato ad avere ospiti -

Si grattò la nuca e stette in silenzio, finché non si ricordò di avere ancora il mio giubbino in mano. Lo appoggiò sul letto e mi condusse di nuovo fuori dalla stanza e giù dalle scale.

Arrivati davanti al tavolo, mi sedetti e cominciai a sfogliare uno dei tanti libri.

- Mi dispiace che tu debba fare tutto da solo -

- Non ti preoccupare, a me va bene così -

- Nah, tanto a casa non ho niente da fare -

Studiammo tutto il pomeriggio fino alle nove di sera, l'esperimento non era difficile, ma bisognava rifarlo più volte per essere totalmente sicuri. 

- Credo che così vada bene -

Riccardo finì di annotare l'ultimo risultato e chiuse il quaderno con un sospiro di sollievo. Proprio in quell'istante si sentì uno sferragliare di chiavi, l'altro sobbalzò e mi afferrò per un braccio, iniziando poi a salire le scale di corsa; mi fece entrare nella sua stanza.

- È mia madre. Non uscire di qui finché non arrivo io, okay? -

Annuii senza in realtà capire cosa stesse succedendo. Mi sedetti sul letto e mi guardai intorno: quella stanza era troppo ordinata per i miei gusti, era praticamente l'opposto della mia, come noi due in fondo. Sentii una voce di donna provenire dal piano di sotto, aveva un tono irritato, ma non riuscivo a comprendere le sue parole; seguì un rumore sordo, uno schiaffo? Sì, poi la porta che veniva sbattuta con forza e l'avvio del motore di una macchina nel vialetto. Ascoltai impaziente Riccardo che saliva le scale frettolosamente.

- Eccomi -

- Cos'è successo? -

La guancia sinistra era arrossata e il suo sguardo era abbattuto.

- N-niente...-

- Ti ha dato uno schiaffo -

Il ragazzo non rispose, si limitò a pormi il giubbino e a condurmi davanti all'entrata.

- I risultati sono tutti sul mio quaderno, ci vediamo domani -

Aprì la porta e mi invitò a uscire fuori con lo sguardo. 

- Va bene -

Esitai qualche secondo, poi mi decisi a parlare.

- Sei strano, lo sai? È per questo che mi piaci -

Gli lasciai un timido bacio sulla guancia e uscii senza voltarmi. Salii sul motorino e, nell'istante in cui avviai il motore, sentii la macchina dietro di me fare la stessa cosa; mi voltai e vidi un uomo al posto di guida, aveva il cellulare in mano. Prima che potessi pensare ad altro, i miei occhi furono colpiti dalla luce di un flash, mi aveva scattato una foto? Quando riaprii gli occhi, la macchina se n'era già andata.

 

Ven, 23 settembre, mattina

Quella mattina Riccardo non mi disse neanche "ciao".

Il professore assunse un'espressione perplessa quando io e il mio compagno di banco gli consegnammo il lavoro, probabilmente non se l'aspettava. 

A fine lezioni corsi fuori, pioveva di nuovo; Riccardo passò davanti a me riparandosi con il giubbotto.

- Vuoi un altro passaggio? -

Evidentemente si aspettava quella domanda, si guardò un po' intorno, poi scosse la testa e continuò a camminare.

"Ecco, non dovevo dirgli quella fottuta cosa"

 

 

  
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