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Autore: Oducchan    30/07/2016    1 recensioni
Il mostriciattolo – il bambino, come gli ha ripetuto Romario ormai almeno un milione di volte, con la pacatezza di chi ha dovuto svezzare un puledro scalpitante e non si lascia spaventare da un riccio capriccioso e dall’umore mutevole quanto la marea – ha i capelli color del grano, come Dino.
Dino ha bisogno di un erede. Un bimbo rimasto orfano tra i Cavallone pare ricoprire perfettamente i requisiti. Hibari non è entusiasta della cosa, ma Dino sa sempre come leggere i suoi silenzi.
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Dino Cavallone, Kyoya Hibari, Nuovo Personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Nick autore: Oducchan
Titolo: We found us a home

Fandom: Katekyo Hitman Reborn
Personaggi: Kyoya Hibari, Dino cavallone, OC
Pairing: D18 (DinoHibari)
Genere: introspettivo, sentimentale, un po' angst e un po' fluff?
Avvisi: future fic, what if
Rating: verde
Conteggio parole: 967
Note:
Cosa nata da un prompt di Adel: "
DinoxHibari, Dino ha bisogno di un erede e quindi adottano". Ci ho messo una vita a scrivergliela, ma alla fine eccola qua XD



 
We found us a home
 
 
Il mostriciattolo – il bambino, come gli ha ripetuto Romario ormai almeno un milione di volte, con la pacatezza di chi ha dovuto svezzare un puledro scalpitante e non si lascia spaventare da un riccio capriccioso e dall’umore mutevole quanto la marea – ha i capelli color del grano, come Dino. “Come suo padre”, sussurra prontamente quella vocina alla base della nuca che ha invece la voce stridula dell’erbivoro; Hibari non riesce a vederli, chiusi come sono, eppure non stenta a credere che pure gli occhi siano come quelli di Dino, castani come il noce e caldi come le estati italiane.
Lo fissa, lì appallottolato nella culla, che dorme sereno e ignaro dei giochi di potere che si stanno intrecciando attorno a lui, e ragiona che una cosa così fragile non dovrebbe restare incustodita, non nella villa di un mafioso. Gli vengono in mente almeno una decina di modi per ammazzarlo senza nemmeno svegliarlo, affondando le dita in quelle membra fragili e premendo fino a spezzarle.
Non gli piace, quel mostriciattolo. È debole e gracile, proprio come Sawada, ma non ha il suo sguardo e i suoi pugni e la figura di Reborn appollaiata perennemente sulla spalla. Ha solo lui, che scruta le coperte ricamate con astio e disgusto e vorrebbe prenderlo e gettarlo a terra come una bambola rotta.
Sa di essere irrazionale.
Ma il mostriciattolo (il bambino, il bambino, il bambino di Dino) ha i capelli di Dino, e anche se Hibari sa che non è suo –Dino gli ha spiegato che è figlio di un parente morto in uno scontro di fuoco, che è orfano, che è l’ottima copertura per un erede che non sa come e che non vuole produrre, che lo crescerà e sarà la sua famiglia – sa anche che tra qualche mese (tra qualche anno) quella consapevolezza scivolerà via soppiantata da frivoli sentimenti posticci, e che sarà probabilmente l’unico a ricordarselo, a impedirsi ( a non essere in grado) di dimenticarselo.
Avverte l’arrivo di Dino fin dallo schiudersi silenzioso della porta, ed è per questo che rimane rigido e freddo quando le sue braccia gli circondano i fianchi e la sua bocca preme sulla nuca scoperta.
-Non è bellissimo?- sussurra il boss dei Cavallone, con tono dolce, quasi sognante. Kyoya non respira nemmeno, ormai a un passo dall’infilargli un tonfa tra le costole e scavalcare la finestra per gettarsi nella notte e tornare dai Vongola, dalle sceneggiate di Gokudera e Yamamoto, dalle continue interferenze di Sasagawa, dagli occhi acquosi e incerti di Sawada.
Pronto a tornare in un posto che possa avere ancora la pretesa di chiamare casa.
-Kyoya- la voce di Dino è morbida, contro il suo orecchio, e lo richiama in fretta al presente –Stavo compilando i documenti ufficiali per l’adozione. La legge italiana non lo permette ufficialmente ma nella mia posizione...- si ferma, incerto, premendo il naso tra i corti capelli neri e inalandone forte il profumo. Hibari batte le palpebre, sentendo le sue dita stringergli un po’ più forte la vita –Vorrei che tu…-
-Non ho tempo per le tue trovate, Bronco- con uno scossone, Hibari si libera dalla sua presa. Si volta quasi di scatto, trovandosi innanzi l’espressione quasi ferita, quasi sorpresa, di Dino –Ho un incarico da svolgere a Palermo, domani. Devo andare-
Fa per incamminarsi alla porta, ma Dino lo ferma. È rapido, e veloce, e nonostante gli anni trascorsi a tentare di ucciderlo Kyoya ancora non riesce a leggere i suoi movimenti come vorrebbe, sempre distratto dal suo sguardo, da quei maledetti occhi castani dinnanzi ai quali si sente sempre inevitabilmente nudo, non importa quanti strati d’abiti abbia addosso. Dino lo intrappola contro la parete, usando il proprio corpo come una gabbia, e gli prende il viso tra le mani.
-Voglio che sia nostro, Kyoya. Voglio che se mai mi succedesse qualcosa, Marco possa contare su di te. Voglio che cresca  tenendoti per mano e giocando sulle tue ginocchia. Voglio stringerlo tra le braccia mentre mi guardi negli occhi. Voglio che sia anche tuo- respira, prima di chiudere le palpebre, poggiare la fronte contro la sua –Voglio crescerlo assieme a te, voglio essere una famiglia. Ho messo… ho messo anche il tuo nome, sulle carte-
Hibari esala tutta l’aria che teneva nei polmoni, di colpo. Questo non è… questo è… lui non è…
L’anello della Nuvola si fa d’improvviso di piombo, sulla sua mano, così stretto da essere soffocante.
Dino riapre gli occhi. Lo guarda, in quel modo assurdo e irritante che Kyoya non ha mai smesso di combattere per un solo istante della sua vita da che l’ha conosciuto. Gli scava nell’anima e legge tutto quello che Hibari non sa esprimere a parole.
-Va tutto bene- mormora. Gli carezza il viso, piano –Parlerò con Tsuna. E ci saranno Romario e tutti gli altri e la mia vecchia tata. Sarà bellissimo, vedrai. Ti piacerà-
Non può piacermi, babbeo, vorrebbe rispondere. Mi stai rifilando una nuova seccatura, sottoforma di poppante piagnoso e scagazzante. Lo morderò a morte. Invece tace, e allunga il collo, lasciandogli un bacio all’angolo della bocca e rifilandogli poi una gomitata al plesso solare. Dino si accascia con un gemito strozzato, e Hibari riesce a liberarsi e a tornare alla culla, a quella testolina dorata che dorme serena ignara della stupidità del suo nuovo genitore.
-Non vuoi… prenderlo… in braccio?- rantola Dino dal pavimento. Kyoya gli concede solo una rapida, gelida occhiata omicida, prima di chinarsi sul piccolo, posare la nocca dell’indice sulla sua guancia morbida e paffuta, e lasciarla scorrere verso il collo. Il neonato emette un gorgoglio, muovendosi appena, ma poi torna a ronfare, immobile e quieto.
Fragile, debole, pronto soltanto a venir calpestato e divorato da tutti i predatori del mondo. Avrà molto da fare, negli anni a venire, se vuole concedere a questo erbivoro una qualche chance di sopravvivenza. 
   
 
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