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Autore: Eneri_Mess    31/07/2016    3 recensioni
Gli squilli seguenti e continui a cui aveva sommariamente dato retta erano invece di Mattsun e degli altri nella conversazione comune Seijoh The Best. Battute scaramantiche, qualche consiglio serio, gridi di battaglia affidati al caps lock. Una sequela che Hajime aveva scorso col dito leggendo qua e là, buttando due risposte e storcendo la bocca ai commenti totalmente fuori luogo e perditempo di Oikawa.
Dette un altro sguardo alla sveglia sul comodino, l’attesa che saliva insieme ai minuti.
Genere: Fluff, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Hajime Iwaizumi, Tooru Oikawa
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sempre a SpigaRose,
lanciatrice di gatti
in mancanza di titoli.
 
 
 
 
Seijoh The Best
 
 
 
« In bocca al lupo per domani, tesoro »
« Grazie mamma »
Hajime aveva un sorriso sincero sulle labbra, di quelli che solo la sua famiglia e molte poche eccezioni potevano dire di aver mai visto.
La signora Iwaizumi abbracciò brevemente il figlio, gli schioccò un bacio sulla guancia e abbozzò un altro gesto di incoraggiamento combattivo, facendolo ridacchiare prima di uscire di casa. L’uscio non fece in tempo a chiudersi che il viso pensieroso della madre rifece capolino.
« Tesoro… se è una di quelle notti ecco, tuo padre domani si alza all’alba per partire, fate piano, ok? » disse il tutto in tono smorzato, come un segreto che in fondo non era tanto segreto. Dopo la sorpresa iniziale, Hajime annuì serio, guadagnandosi un altro bacio volante al richiudersi definitivo della porta.
Rimase in piedi nell’ingresso per un tempo indecifrabile. Percepiva le pareti, il mobiletto delle scarpe, l’attaccapanni sul lato opposto con il cappello e l’impermeabile del padre, eppure vedeva il campo da pallavolo della palestra di Sendai. La rete, tesa e per nulla minacciosa, più invitante. L’odore degli spray, il sapore dell’acqua e dei sali minerali sulla lingua. Le pacche dei compagni di squadra, gli sguardi penetranti dei rivali.
Strinse i pugni, li serrò fino a sentire le dita dolere. La partita del giorno seguente gli passò davanti come un flashback. O meglio, fu il ricordo della precedente sconfitta a scorrergli davanti agli occhi come un presagio di malaugurio.
Rilassò le mani di colpo, buttando fuori l’aria trattenuta e si schiaffeggiò le guance, troncando qualsiasi idea negativa non gradita.
« Vinceremo » disse a nessuno in particolare, ma con determinazione. « Domani vinceremo »
 
 
 
Era quasi l’una di notte. La piccola abat-jour sul comodino era ancora accesa e il suo cellulare continuava a trillare da più di quaranta minuti per i messaggi. Prima di iniziare il turno in ospedale, sua madre gli aveva scritto un’ultima volta che, per una colazione più battagliera, avrebbero potuto fregarle un paio di barrette al cioccolato dalla sua scorta personale.
Gli squilli seguenti e continui a cui aveva sommariamente dato retta erano invece di Mattsun e degli altri nella conversazione comune Seijoh The Best. Battute scaramantiche, qualche consiglio serio, gridi di battaglia affidati al caps lock. Una sequela che Hajime aveva scorso col dito leggendo qua e là, buttando due risposte e storcendo la bocca ai commenti totalmente fuori luogo e perditempo di Oikawa.
Dette un altro sguardo alla sveglia sul comodino, l’attesa che saliva insieme ai minuti.
L’irritazione di Hajime verso i comportamenti plateali ed egoistici del capitano della squadra era una costante molto vicina a una legge fisica; l’istinto da capo branco che ne seguiva era invece un ruolo e una variabile che lui stesso stava cercando di reprimere. Non era il padre di Oikawa, né suo fratello maggiore per quanto fossero cresciuti insieme da prima ancora che le ginocchia li reggessero in piedi; trenta giorni di differenza lo investivano di un diritto di anzianità solo quando faceva comodo al setter per rigirargli contro qualche cavolata delle sue. Eppure Hajime, sempre più spesso, sentiva l’impellente bisogno di sapere che diavolo stesse combinando quell’egocentrico, soprattutto quando si faceva attendere. Lui e quella sua personalità scostante in grado di minare la pazienza di una roccia.
Gettò di malagrazia il cellulare sulle coperte e spense la luce, buttandosi a sua volta contro i cuscini del letto con le braccia dietro la testa.
Poteva anche dormire, pensò occhieggiando le ombre dell’arredamento allungate dai bagliori dei lampioni. Poteva essere la volta buona che non sprecava ore di sonno ed energie per l’idiota del suo migliore amico, che non si lasciava trascinare ancora nei suoi capricci.
Qualcosa colpì il vetro della camera. I buoni propositi di Iwaizumi si interruppero come chiusi dietro una porta. Il cellulare sul letto vibrò ancora, illuminato da una fitta sequenza di nomi e incipit di messaggi. Makki, Kunimi, Oibaka, Yahaba…
Ci fu un secondo vibrare del vetro mentre si alzava, recuperando dalla sedia la canotta. Finì di infilarsela e aprì i battenti in tempo per venir colpito dal terzo sassolino sulla fronte.
« Ops »
Per una volta l’espressione colpevole di Tooru sembrò sincera quanto quella omicida del suo migliore amico. Con un gesto secco, ignorando le scuse sillabate per non disturbare le abitazioni immerse nel sonno, Hajime gli indicò la porta di casa.
Nel tragitto tra la camera e l’ingresso, massaggiandosi all’altezza del sopracciglio, Iwaizumi meditò seriamente di lasciarlo chiuso fuori o di affogarlo nel water.
« Scusa scusa » farfugliò Tooru all’apertura dell’uscio, nascondendosi dietro le mani unite a preghiera.
L’ace grugnì, continuando a esprimersi a gesti secchi per sollecitare il setter a muovere il culo, entrare e tapparsi la bocca.
Oikawa depositò la borsa della palestra ai piedi del letto di Iwaizumi distrattamente, cellulare di nuovo in mano a rispondere alla conversazione di gruppo.
« Kunimi è crollato » riferì in un mormorio quando Hajime tornò in camera con una bottiglia d’acqua. « Mentre Mattsun dice che la nuova coppia di vicini ci stanno mettendo troppo coi preliminari e la tipa non si è ancora spogliata »
Hajime roteò gli occhi al soffitto, immaginandosi l’espressione sorniona di Issei col binocolo giocattolo rubato al cuginetto.
Arrivarono altre notifiche ai cellulari di entrambi, facendoli vibrare all’unisono. Mentre Oikawa compiva l’impresa di spogliarsi di giacca e felpa con una mano sola per non perdersi neanche una riga, l’ace spense il proprio dopo aver impostato la sveglia. Aveva sei ore di sonno prima del match contro la Shiratorizawa. Sapeva che non se le sarebbe dormite tutte con Oikawa tra i piedi.
« Uuuh… pare che la ragazza abbia dell’intimo di pizzo nero! » ridacchiò sottovoce quest’ultimo, sedendosi sul letto per sfilarsi i calzini.
« ‘notte » borbottò Hajime dandogli le spalle, già sotto le coperte.
« NO! Aspetta Iwa- »
Tooru non terminò la frase. Un palmo gli chiuse la bocca con un po’ troppa forza.
« Mio padre sta dormendo, idiota » sibilò l’ace duramente, in un raro momento in cui il suo tono superava la soglia “fine del divertimento”. Non c’era bisogno di aggiungere che al minimo altro rumore disturbante lo avrebbe sbattuto fuori.
« Mi dispiace » bisbigliò mortificato il setter. Sotto lo sguardo ancora alterato dell’amico finì di prepararsi per la notte. Si infilò sotto le coperte con il cellulare in mano, togliendo la vibrazione. Tuttavia ignorò il display luminoso, per fissare gli occhi dell’amico in cerca di perdono.
Se ne stavano l’uno di fronte all’altro, i profili ridisegnati dalla luce esterna. Hajime aveva le braccia incrociate anche da sdraiato e la fronte contratta con ostilità, ma presto distolse l’attenzione, senza rilassarsi.
Tooru provò a rompere il ghiaccio.
« Sono nervoso per domani » confidò nel buio e nell’intimità della stanza. Era come avere una maschera addosso e non c’era bisogno di fingere oltre una tranquillità fasulla. Inoltre voleva il conforto dell’unica persona in grado di raggiungerlo lì dove di solito accatastava tutti quei sentimenti che lo facevano sentire un debole.
Il cellulare si accese di nuovo, abbandonato tra di loro. Mostrò una sequenza di messaggi non letti che scorreva veloce, uno dopo l’altro. Grazie al bagliore nitido, il setter osservò meglio i lineamenti dell’ace, senza trovarci più astio. Il cipiglio non si era ancora disteso, ma sembrava più intento a cercare le parole con cui replicare.
Un piccolo sorriso, reso invisibile dalla complicità dell’oscurità e delle lenzuola, distese le labbra di Tooru e addolcì la linea degli occhi.
Iwachan che tentava di tenere testa al nervosismo era così tenero che provò l’impulso di toccargli il viso.
Riuscì a fermarsi, ma non a impedire al proprio corpo di farsi un pochino più vicino.
Hajime scattò nel sentire il materasso muoversi e tornò alla realtà, trovando lo sguardo del setter ad aspettarlo con una sfumatura di ammirazione che non afferrò, come se si fosse perso qualcosa.
« Domani mi alzerai la palla e io farò punto »
Tooru annuì senza pensarci, artigliando le lenzuola.
« Mi alzerai la palla di nuovo e io farò ancora punto »
Era tutto così vibrante, quasi sacrale, che il setter sapeva non avrebbe retto. La voglia, più simile a un desiderio di sfiorarlo gli serrarono il petto, gli fecero tremare i polsi e muovere le gambe in un gesto che sperò risultasse casuale.
« Iwachan vuole prendersi tutto il merito e la gloria domani, che despota »
Un po’ si odiò per aver spezzato il momento, ma o sparava quella scemenza nel perfetto stile di Oikawa il Magnifico o avrebbe dovuto trovare una giustificazione al bacio che stava per rubargli.
Come spieghi al tuo migliore amico, la notte prima di una partita che già pretende pensieri e nervosismo a palate, che l’amicizia non ti basta più? Che sei quasi disposto a dimenticarti per un attimo la meta prefissata, le Nazionali, solo per lui, le sue labbra e almeno una strizzatina-
« Sei un vero idiota »
Per un attimo Oikawa temette di aver pensato a voce alta. Uno scapaccione gli scompigliò i capelli.
« Non mi chiamo mica Shittykawa, il fanatico delle attenzioni. Vedi di non perdere tempo con le tue ammiratrici domani »
Tooru prese la palla al balzo con sguardo luminoso, nonostante ancora stringesse tra le dita le lenzuola per tenerle impegnate.
« Le mie ammiratrici compensano con biscotti e regalini le tue maniere brute! Come potrei fare senza? Se tu mi trattassi con dolcezza sarebbe diverso, no, Iwachan? »
Fu colpa dell’oscurità, sicuramente, e del display del cellulare rimasto spento troppo a lungo. Tooru si lasciò sfuggire tutta la nota di speranza che il suo sterno cercava di arginare, come a voler dire cerca di capire quello che provo per te, Iwachan.
Non era la prima volta e ne erano passate abbastanza di notti come quella da farle diventare un’abitudine.
Oikawa lasciava un biglietto ai suoi, mentendo, dicendo di essere uscito presto la mattina, ma sgattaiolava fuori quando era sicuro che i genitori dormissero profondamente. Era iniziato per colpa dell’insonnia, del sentirsi solo e vulnerabile nell’attesa snervante che l’alba sorgesse. Non era tipo da togliersi un cerotto in un colpo e certe notti d’ansia erano un circolo vizioso per idee recidive. Essere più forte, più forte, più forte.
Quando alla fine era diventata una litania funebre per i suoi nervi, aveva deciso che Iwachan se ne sarebbe assunto la responsabilità. In fondo era stato l’ace, alle medie, a farlo sentire invincibile per la prima volta, a inculcargli in testa che non avrebbe affrontato gli avversarsi da solo in campo. Quindi perché sentirsi preda delle preoccupazioni proprio a un passo dal traguardo?
Iwaizumi era abituato alle uscite più assurde, megalomani e balorde del suo migliore amico, ma c’era voluta la terza volta a confermare che Trashykawa era serio nel voler mandare avanti quella nuova trovata del dormire insieme prima di una partita importante.
“Il tuo letto è più comodo e grande del mio”
“Se sto da solo mi vengono gli incubi su Ushiwaka che mi viene a rapire!”
“Vuoi che domani sbagli tutte le alzate perché non ho dormito?”.
L’aveva buttata sul melodrammatico e i sensi di colpa, ma c’era sempre una mezza verità.
L’altra era più complicata, frantumante e destabilizzante da spiegare.
“Forse dovresti sederti e ascoltarmi, è importante…”
“Iwachan non so come dirlo, non so neanche come sia successo…”
“Non ti vedo più solo come Iwachan, ma più come Hajime, capisci?”
A malapena capiva lui, e quel poco bastava a frenarlo dal combinare un disastro.
Il silenzio stava durando troppo, Tooru se ne accorse quando riemerse da un caos che saliva dallo stomaco fino al cervello e scendeva giù di nuovo. Iwaizumi era immobile, il viso in parte affondato nel cuscino e la notte non aiutò il setter a decifrare la sua espressione.
Il display del cellulare tornò a illuminarsi. Nello stesso momento Hajime si girò dandogli la schiena, mugugnando infastidito.
« Che dicono? » chiese il momento dopo, traccheggiando nell’atmosfera ovattata.
« Eh? »
Tooru cadde dalle nuvole.
« Mattsun, che dice? »
Disorientato, Oikawa trafficò per aprire i messaggi.
« Uhm, la tipa ha una quarta abbondante, a sua detta naturale »
Iwaizumi emise un verso incomprensibile. Iniziò come uno sbuffò da teiera sul fuoco e finì smorzato con un brivido da solletico.
Il solletico fu colpa dei capelli di Oikawa che gli sfiorarono la nuca. Tooru appoggiò la fronte tra le sue scapole, continuando a scorrere lo sguardo sulla conversazione, totalmente perso tra le parole.
« Bakakawa- »
« … ma secondo Makki sono rifatte »
Iwaizumi si zittì, preso in contropiede.
« Cosa? »
« Le tette. Secondo Makki sono rifatte »
« … come fa Hanamaki a dirlo? »
« Avrà fregato il binocolo a Mattsun » replicò Tooru sovrappensiero.
« … e cosa ci fa a casa di Matsukawa a quest’ora? »
Il nuovo silenzio in cui entrambi figuravano la realtà dietro i messaggi spezzò definitivamente qualsiasi tensione.
Scoppiarono a ridere, soffocando uno le risate nel cuscino, l’altro nella schiena dell’ace.
Poi fu il turno di Oikawa di realizzare la propria posizione compromettente, ma la sua fronte sembrava magnetizzata al corpo di Hajime. Chiuse gli occhi, riempiendosi i polmoni e la mente del suo odore rassicurante. Iwachan era una quercia, la sua quercia, imponente e salda, da cui doveva separarsi a malincuore.
Era troppo presto per quei nuovi sentimenti, piccole gemme in attesa di una primavera tardiva.
« Dormi Shittykawa, o questa tua genialata sarà inutile » sussurrò Iwaizumi.
Oikawa non smise un attimo di agognare con gli occhi il suo profilo finché le palpebre non cedettero.
« Buonanotte Iwachan »

 
 
 
 
 
Questa è la One Shot testimone e risultato dei buoni propositi *w*
Ce l’avevo in mente da tanto tempo questo headcanon di Oikawa che si infila a dormire nel letto di Iwachan prima di partite importanti, come se niente fosse.
È qualche giorno che ho ritrovato il piacere di scrivere a mano ed è rispuntata questa shottina (galeotta fu una fanart) una mattina, tra il rimbambimento da sonno e un bicchiere di succo d’arancia.  Le voglio tanto bene ♥
Un chiarimento: mi sono immaginata la madre di Iwachan come infermiera in un ospedale. Sa delle notti che Oikawa trascorre di “nascosto” a casa loro perché ha l’intuito della madre, e le bugie per lei non hanno manco le gambe. Chissà da chi ha preso Iwachan. Questo nonostante Oikawa perseveri nella bugia del “sono uscito presto!” perché vuole tenere per sé questi momenti in fondo molto intimi.  
Ciò non toglie che non mi sto dando una regolata con tutto questo IwaOi, e non ho ancora finito.
Spero che il vaghissimo accenno MattsunMakki voyeuristi con binocoli giocattoli sia gradito. Un parallelismo con la coppia Iwachan/Oikawa che è fiorito spontaneamente. E niente, come si dice, so’ ragazzi.
Grazie a Mayo Samurai per il betaggio *w*
Alla prossima!
 
 
Pagina autore ~ Nefelibata
 
 
 
PS: lo so, il titolo è stupidissimo.

 
   
 
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