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Autore: Marty_Lux99    31/07/2016    0 recensioni
Ed eccolo lì: Il Game Over
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Voleva piangere, l'unica cosa che voleva fare in quel momento era piangere.

Era tornata a casa, stancamente si era tolta sciarpa e cappotto e si era seduta sul divano, fissava il vuoto.

Voleva piangere, ma non trovava le lacrime per farlo.

Voleva piangere, ma sapeva che non ci sarebbe stato nessuno a consolarla e ad accarezzarla, non più adesso.


Pensa Rose, lui vorrebbe vederti in questo stato? Glielo avevi promesso, gli avevi promesso che avresti superato la cosa e che saresti andata avanti, è questo il modo in cui lo fai?

 

A Rose non importava più di quella promessa.

A Rose non importava più di nulla.

 

Aveva già preparato le lettere, facevano così le persone no?

Quando decidevano di andarsene per sempre, lasciavano una lettera.

Una era per sua madre, doveva aiutarla a capire il perché del suo folle gesto e dirle quanto l'amava, quanto era stata una madre meravigliosa, voleva dirle che anche senza di lei sarebbe stata bene… ma non lo fece, perché quella era una grandissima cazzata.

Ovviamente lei avrebbe sofferto, ovviamente non sarebbe stata bene, l'aveva solamente rassicurata dicendo che questa vita si stava facendo troppo pesante, che un anno prima aveva perso tutto ciò che la teneva aggrappata a quel filo sottile che divide vita e morte, e che persa quella cosa ormai era inutile andare avanti, lei ci aveva provato come promesso.

 

Aveva fallito.

 

L'altra lettera era per la sua migliore amica, l'unica che aveva. Le aveva scritto quanto era stata importante, quanto l'avesse fatta vivere e per questo non avrebbe mai smesso di ringraziarla.

 

L'ultima era per la persona più importante della sua vita.

 

Aveva preso una carta diversa, l'aveva intrisa con il suo profumo preferito, aveva usato un stilografica e una bella grafia.

 

Era una lettera importante quella.

 

In quella lettera c'erano tutte le parole che non aveva mai detto, c'era tutta la sua anima, tutto l'amore che poteva dare.

Rose si chiedeva come fosse possibile provare un'amore così forte, così intenso da sentirsi persi; un'amore così forte da farle provare una sensazione di dolore immensa, era vuota. Non c'era più niente della vecchia Rose, quella che rideva per le cose più stupide, quella a cui venivano le lacrime agli occhi vedendo uno di quei sorrisi, oh, il sorriso di Romeo era uno dei sorrisi più luminosi che avesse mai visto, ancora se li immaginava ma ormai erano un ricordo sbiadito tra le lacrime.

Aveva scritto tutto quello che non era mai riuscita a dirgli, che voleva una vita insieme a lui, che voleva invecchiare con lui, che voleva sposarlo, che voleva….

 

Voleva. Voleva. Voleva.

 

È un tempo passato.

 

Sì perché ormai Romeo non c'era più, e con lui anche Rose aveva smesso di vivere.

 

Dicevano che era la malattia del secolo, la sua.

Del settecento ricordiamo il vaiolo, del quattrocento il colera… del ventunesimo secolo? Il cancro.

Già, quella brutta bestia era arrivata silenziosa e in poco tempo se l'era portato via.

Prima il polmoni, poi il fegato fino ad arrivare al cuore, Romeo era pieno di quella merda.

Di solito ci si aspetta che una persona piena di cancro sia triste, depressa, incazzata… ma non lui.

No, Romeo aveva continuato a sorridere, aveva continuato a vivere, al mattino aveva continuato ad alzarsi presto per suonare il pianoforte, era il momento della giornata che Rose preferiva.

Silenziosamente lei si sedeva in terra dietro al muro che li separava, si metteva ad ascoltare quelle dolci note che le arrivavano alle orecchie e piangeva.

Piangeva per il poco tempo che a Romeo era stato concesso per vivere, piangeva perché lentamente dopo la sua morte avrebbe visto quel pianoforte riempirsi di polvere, riempirsi di ricordi.

Piangeva perché il mondo era così fottutamente ingiusto, c'erano mille persone che avrebbero meritato di morire molto più di lui, ma il destino se ne sbatteva di questo, anzi, il destino era proprio bastardo, andava a prendere le persone più buone, le più stupende e se le portava via, solo per il gusto di vedere gli altri soffrire.

Piangeva perché sapeva che lui stava tenendo duro per lei, perché sapeva che continuava a sorridere per lei, anche se dentro stava morendo, perché lui l'amava.

 

A volte Rose si chiedeva come si poteva capire di amare veramente una persona, e adesso ci era arrivata.

 

L'amore, quello vero, era una sensazione orribile.

Era come morire di fame o annegare, e soltanto l'altro poteva salvarti.

Tuttavia, l'amore, era la cosa più bella che una persona potesse mai provare nella sua vita, sapere che un'altra persona era stata fatta per completarti era la consapevolezza più bella che un umano potesse mai avere.

 

E Rose l'aveva capito, oh, se l'aveva capito.

Lei e Romeo si completavano.

 

Romeo era morto e Rose con lui.

 

Adesso era li seduta sul divano a fissare quelle lettere, aveva organizzato tutto alla perfezione, e il tempo stringeva.

Si era alzata lentamente ed era andata in camera sua, aveva messo sul letto ciò che voleva che le mettessero al suo funerale: Un abito viola scuro con le maniche lunghe in pizzo delicato, la scollatura era a barca, un abito sobrio e non volgare.

Le calzature invece… beh, aveva semplicemente scelto le scarpe che avrebbe tanto desiderato mettere al suo matrimonio con Romeo.

Erano delle converse bianche con i lacci in raso, ma la cosa che le rendevano magnifiche agli occhi di Rose era una frase scritta con una penna nera molti anni prima.

 

No quiero que usted sea el sueño de las mil noches, pero la realidad de cada día. Te quiero”

 

 

Quella frase Romeo gliel'aveva scritta poco dopo che si erano conosciuti.

 

Era a Barcellona quando conobbe l'amore della sua vita,

era andata in Spagna nel tentativo di ritrovare se stessa e trovò lui.

Quel giorno era seduta in un bar vicino alla Plaça De Sant Juame quando notò un ragazzo con un sorriso da ebete e una chitarra che la guardava, all'inizio lei indispettita dalla sua impertinenza abbassò prontamente il viso, ormai velato di rosso, sul suo libro e si mise a leggere per circa una mezz'ora nella vana speranza che quel ragazzo dal sorriso afrodisiaco se ne andasse.

E invece no, quel ragazzo era li e non accennava ad andarsene, anzi il suo sorriso si era fatto più luminoso.

Dopo circa un'altra mezz'ora il ragazzo si alzò andando verso di lei, era bello, cazzo se era bello.

Aveva una camicia di lino bianca, quasi trasparente, le maniche arrotolate a metà tra polso e gomito, un paio di pantaloni morbidi beige un po' arrotolati sulle caviglie e un paio di espadrillas rosse.

La cosa che però aveva incantato Rose non era stata il suo fisico atletico bensì il suo sorriso, quel sorriso che sembrava essere stato dipinto sul suo volto dal migliore dei pittori.

Quel sorriso così bianco che quasi stonava con la sua carnagione mediterranea, e gli occhi… i suoi occhi erano del color del cioccolato, come i capelli e tutto era contornato da una barbetta rada e sexy.

Quando le si sedette vicino a Rose mancò il respiro, lui sembrò non accorgersene ma sicuramente non si perse nessun dettaglio di quel viso che tanto era stato a guardare, le labbra carnose e rosse, i capelli marroni, gli occhi scuri, la carnagione chiara, aveva anche notato il rossore sulle sue guance; poi dopo un tempo che a Rose sembrò infinito esordì con queste parole: “Sai, si vive una sola volta, io ho deciso di vivere la mia vita al meglio e sai perché ti guardavo? Perchè sei bella, e a me piace guardare le persone belle, e poco fa ho deciso di non negarmi i semplici piaceri della vita. Ho anche pensato che potresti essere un gran bel capitolo della mia vita, quindi eccomi qui, il mio nome è Romeo e vorrei conoscere questa bella ragazza di fronte ai miei occhi”

Il primo pensiero che le balenò in mente era se aveva ancora un po' di quella roba che probabilmente si era fumato perché doveva essere molto buona, poi lentamente si lasciò andare e decise di dare una possibilità a quel giovane stravagante con la voglia matta di vivere.

 

 

I giorni dopo quello passarono velocemente, e tra loro iniziava a crescere un sentimento devastante ed afrodisiaco, la notte la passavano facendo l'amore sotto le stelle e i lunghi pomeriggi erano sempre un'avventura per entrambi.

 

Quella era stata la perfezione per Rose.

 

 

Tutti quei ricordi si fecero spazio nella mente di Rose lasciando il posto solo ad un paio di lacrime solitarie che solcarono il suo viso.

Quelle scarpe erano magnifiche e il significato che avevano era profondo e non le importava se gli altri non l'avessero capito, gli altri non dovevano capire, non dovevano sapere la storia che quelle scarpe raccontavano.

Forse non erano l'abbinamento perfetto con il vestito viola ma di sicuro sotto l'abito bianco da principessa che aveva sempre sognato sarebbero state perfette.

Scrisse un piccolo biglietto dicendo che voleva gigli bianchi e rose rosa al funerale, lo firmò e lo lasciò sopra i vestiti.

 

Era giunto il momento.

 

 

Si mise il cappotto e come ultima cosa prima di uscire e lasciarsi il mondo alle spalle prese una foto, era una foto di lei e Romeo abbracciati, innamorati... felici.

La prese e si chiuse la porta alle spalle, non aveva rimpianti perché sapeva che non era mai un errore aver amato, e adesso con il cuore colmo d'amore si avviò abbracciata dall'oscurità della notte verso il posto che probabilmente l'avrebbe ricongiunta al suo amato.

 

 

Le notti a San Pietroburgo erano fredde, c'era abituata, ma quella notte era ancora più fredda sulla sua pelle, l'aria la colpiva ghiacciata sul viso imperlato di lacrime, ma poco importava tutto stava per finire.

 

Eccolo lì, il ponte alto e minaccioso per i bambini ma a lei dava una sensazione di pace immensa.

Il suicidio, chi l'avrebbe mai pensato che una persona come lei si sarebbe potuta suicidare… era peccato infondo, e lei credeva alla parola di Dio, ma ormai il peso che aveva sul cuore si era fatto troppo pesante anche per la fede.

Ormai era fatta, era al Game Over, mise i piedi sul cornicione del muretto, si girò dando le spalle al fiume che tra poco l'avrebbe accolta e alzo lo sguardo in cerca delle stelle che senza nemmeno farlo di proposito quella sera risplendevano come non mai.

 

Una volta Romeo dopo una notte d'amore sotto le stelle le disse: “Che tu possa avere, sempre, il vento in poppa, che il sole ti risplenda in viso e che il vento del destino di porti in alto a danzare tra le stelle”* incredula di quanto amore avesse messo in quelle parole l'unica cosa che riuscì a fare in quel momento era stata stringerlo il più forte possibile cercando di trasmettergli tutto l'amore che poteva.


Si lasciò cadere con la fotografia sul cuore, il viso sereno e pronta a danzare tra le stelle.

  
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