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Autore: Gagiord    01/08/2016    4 recensioni
"Ho ascoltato solo bugie, uscite sia dalle sue labbra — meravigliose e perfette, come sempre — che da quelle del mio piccolo fratellino. La persona a cui ho sempre voluto bene, di cui mi sono sempre fidata.
E lui che ha fatto? Ha saputo raccontarmi solo menzogne, e io non l’ho voluto ascoltare più."
Genere: Introspettivo, Song-fic, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ran Mori, Shinichi Kudo/Conan Edogawa | Coppie: Ran Mori/Shinichi Kudo
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Già. Mi trovo di nuovo qui, di nuovo a casa sua. Come se nulla fosse successo, come se lui non fosse mancato; come se lui fosse ancora qui, con me. Come se lui non mi dicesse sempre “Sto risolvendo un caso complicato”. Come se lui non mi avesse mai mentito.
E ora, come una stupida, pulisco la sua casa, come ogni mese. L’unica cosa che riesce a rallegrarmi sono i suoi libri, che profumano di lui, ma che odio, perché lo hanno portato a questo. Ci hanno portati a questo, perché non ha fatto altro che mentirmi. Ho ascoltato solo bugie, uscite sia dalle sue labbra — meravigliose e perfette, come sempre — che da quelle del mio piccolo fratellino. La persona a cui ho sempre voluto bene, di cui mi sono sempre fidata.
E lui che ha fatto? Ha saputo raccontarmi solo menzogne, e io non l’ho voluto ascoltare più. Perché sono stanca, esasperata, sgomenta da quando l’ho visto. E ancora il ricordo mi traumatizza. Perché io l’ho visto, ho visto i suoi entrambi i corpi nel lasso di qualche minuto. Io, da brava ingenua quale sono sempre stata, lo volevo solo medicare.
Mi nasce un sorriso amaro al solo pensiero: lui aveva chiuso a chiave la porta del bagno, quando il suo ginocchio ferito sanguinava; io l’ho sfondata, perché ero preoccupata per lui. E lui non si è mai preoccupato per me. E, sì, il sorriso è acre, aspro, proprio come le parole che mi ha rivolto quel giorno.
«Sono Shinichi» mi aveva detto, con sguardo basso.
Ed io sono scappata, fuggita da quel vortice di inganni e falsità in cui mi aveva trasportata e intrappolata. Per la prima volta, non mi sono sentita vigliacca; per la prima volta, non mi sono sentita debole. Anzi, sono stata forte, e lo sono ancora.
Quel giorno, sono rimasta sul mio letto, a guardare il soffitto della mia camera, in cui — come in un cinema — si riproducevano caparbie le stesse immagini: lui che si rimpicciolisce, che lancia grida che mi angosciano, mi terrorizzano; lui che, in quegli abiti che erano troppo grandi per un bambino, ma che fino a qualche secondo prima era un liceale, mi dice quelle due parole. E il mio cuore che cessa di battere.
Ironico, però, eh? Il mio cuore non palpita più, però sono ancora viva. E sono ancora stupida, perché spolvero e pulisco i pavimenti e le pareti della sua enorme villa, troppo grande per una sola persona. Dopo un lungo, lunghissimo mese da quell’avvenimento, che ancora mi sembra un effimero sogno, un orribile incubo.
Parte una canzone, alla radio. Ho alzato il volume al massimo, mentre io mi occupo di questa casa, come ho sempre fatto. La canzone mi piace, ma, ovviamente, mi fa pensare a lui. Just give me a reason di Pink. Nulla può riflettere la mia situazione come queste parole.
Ma lui ancora non mi ha dato un motivo, una ragione, no.
  Right from the start
You were a thief, you stole my heart
And I your willing victim


Proprio così. Perché ha voluto che m’innamorassi di lui? Per farmi soffrire, per avere un manichino su cui buttare tutte le sue bugie?


       Now you’ve been talking in your sleep
                                       Oh Oh
                        Things you never say to me
                                       Oh Oh
                       Tell me that you’ve had enough
                                Of our love, our love


Ma lui me l’ha riferito consciamente, e lo sapeva. Però non me l’aveva mai detto. Certo, aveva bisogno di qualcuno che gli andasse dietro, che cucinasse per lui, che soffrisse per lui; tutto per aumentare il suo ego, già smisurato.
Il mio sorriso si allarga, perché è strano conoscere persone come lui. Io pensavo che mi volesse bene. Ma è possibile che, già da bambino, avesse queste idee in mente? Scuoto la testa: no, non è possibile. Avrà pensato tutto durante i suoi momenti di gloria. Non mi definivo una sua fan, ma inconsapevolmente la ero. Forse, anche la più sfegatata. E lui è perspicace, certo, e se ne sarà accorto; ne ha approfittato. Ma ancora non riesco a capire il motivo.


                               Just give me a reason
                                       Just a little bit’s enough
                         Just a second, we’re not broken just bent
                                  And we can learn to love again


Dammi la ragione, perché io non la trovo, Shinichi. Ma siamo davvero ancora sani, non rotti, ma solo piegati? Possiamo davvero imparare ad amare? Forse io sì; non so nemmeno se ho mai smesso di amarlo. Ma lui, lui mi ha mai amata? No, non credo. E’ impossibile.
Sento la serratura della porta scattare: sobbalzo. Rimango pietrificata, con il panno in mano, poggiato sui suoi amati libri di Conan Doyle. Si è fermato su Il segno dei quattro. E’ il suo preferito: forse è fatto apposta. Forse devo continuare ad essere l’indossatrice delle sue menzogne, la modella delle sue fittizie tele.
Odo i suoi passi sul parquet: sono unici, ineguagliabili. Riesce anche a fare i passi suoi, è incredibile. Ma io sono ferma. Non voglio e non posso muovermi. Ho paura: chi si presenterà a me, stavolta? Shinichi o Conan?
Viene nella biblioteca, sento gli scricchiolii del pavimento avvicinarsi. E sento che si ferma anche lui.
«Ran…» mi chiama.
Ma io non rispondo. Riesco solo ad abbassare lo sguardo e la mano, che lascia la presa sulla pezza.
Mi avvicina: avverto già il suo profumo. M’inebria, me lo godo e ne impazzisco. No, non credo di aver mai smesso di essere innamorata di lui. E odio questa mia debolezza, la mia impotenza. Perché?
«Ran…» La sua voce mi giunge, ed è fastidiosamente bella. Ed è dietro di me, lo percepisco. Ma perché?
«V-vuoi… Vuoi che ti spieghi tutto?» mi domanda, come se io fossi capace di rispondergli. E non lo faccio.
Mi si è bloccato il sangue, la linfa, le articolazioni ed i muscoli. Il mio cuore, forse, ha ripreso a tamburellare nel mio sterno. Ha trovato la forza in lui; ma io no.
Sono capace di ascoltare solo le sue parole e la canzone.
Just give me a reason.
Perché, Ran, non ti sta dando il motivo? Sì, me lo sta dando. E non so quanto tempo passi, non lo conto, non ne voglio venire a conoscenza. Mi concentro sulle sue frasi, pronunciate a bassa voce, che, magari, per la prima volta, lo stanno facendo piangere. Ma no, mi dico. Lui è forte, non come me. Dopo trenta giorni, invece, sono le mie, di guance, a bagnarsi; a bagnarsi di stille amare, come il suo racconto.
E lui se ne accorge e mi abbraccia. E’ strano. Perché mi sento di nuovo viva? Mi ha mentito, lui. Sì, lo ha fatto. Ma, Ran, non volevi la ragione? Sì, me l’ha data. Mi sento rinascere, come se per un lungo mese fossi solo stata messa in stand-by. Ma da chi? Da lui. Chi mi sta ridestando? Lui.
Ha il potere completo sulla mia vita. Questa, sì, ne è una prova: non ho mai smesso di amarlo.




Ehiii! Stavolta mi sono cimentata in una ShinxRan (seppur piuttosto triste)!
Non so, francamente, che mi sia preso. Mi era venuta in mente questa canzone, e l'ero andata ad ascoltare, con tanto di lyrics. E puff! Mi ha ricordato Shinichi e Ran. Non chiedetemi quale mente malata io abbia, perché non lo so nemmeno io Dx
Allora, ditemi, come ho reso la scena? Sappiate che deve risultare abbastanza triste. Che poi, va be', potevo anche fare di meglio, ma mio fratello è da un ora che rompe perché vuole stare al computer ^^"
Quindi finisco qui! Spero davvero che via sia piaciuta, sebbene sia piccolina xD

Baci
Shizuha


 
  
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