Anime & Manga > Shugo Chara!
Ricorda la storia  |      
Autore: kissenlove    02/08/2016    2 recensioni
E se Amu fosse sparita misteriosamente dalla vita di Ikuto, per sempre?
Genere: Introspettivo, Malinconico, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Amu Hinamori, Ikuto Tsukiyomi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Piccole goccioline di pioggia scorrevano lentamente sul parabrezza della mia macchina. Il cielo era plumbeo, e fasci di luce bianca e azzurra si intravedevano di tanto in tanto nella coltre di nubi. Le mie mani sudate strette al volante. Il nervovismo esplodeva dentro come un fuoco incandescente dentro di me; non mi ero mai sentito così... perduto come in quel preciso istante. Sembravo un gattino innocente, che brancolava nel buio alla ricerca della sua padroncina che lo aveva abbandonato sul ciglio della strada al freddo. E pensare che qualche giorno fa le avevo detto, — cazzo, le avevo gridato in faccia che la amavo, che avrei fatto qualsiasi cosa per vedere il suo sorriso, per la sua felicità ignorando invece la mia, che stava andando a rotoli. Che cosa avevo ottenuto? 

Lei se ne era andata via. Era sparita dalla mia vita, per sempre.

— Sta piovendo... — mi disse flebilmente, distogliendomi improvvisamente dai miei nefasti e assurdi pensieri, mentre passeggiavamo per le strade della città. 
— Non ci voleva! Non ho nemmeno un ombrello... — si lamentò la ragazzina, mentre la pioggia diveniva, man mano più veloce e violenta. Io stavo in silenzio contemplando per la prima volta quel magico spettacolo che paralizzava la città.
Per la prima volta non avevo paura di bagnarmi.
Alzai gli occhi al cielo sopra di noi, e increspai un veloce sorrisetto. 
— Che importa, Amu.— le dissi con ovvia sincerità. 
— Ma tu? Tu non avevi paura della pioggia?— mi chiese, fermandosi improvvisamente sul marciapiede. 
Sollevai i bordi delle labbra con quel solito sguardo da rimorchiatore che tanto mi contraddistingueva, da quando io e Amu ci eravamo conosciuti e innamorati. Infilai le mani nelle tasche del pantalone a jeans, e mi abbassai a livello della ragazza piegando la testa da un lato. — Non più. — 
Amu spalancò gli occhi. Non ero il classico gattaccio pervertito, non amante della pioggia? Molti lati di me la sorprendevano, lati che con il passare del tempo aveva cominciato a conoscere a fondo e apprezzare; potevo essere pervertito, maniaco, disturbi quiete, ma anche dolce, malinconico e scherzoso. Mi sfilai la giacca di dosso, e la sollevai verso l’alto per ripararci dalla pioggia che ci stava investendo. In pochi secondi eravamo entrambi fradici, ma continuavamo a restare immobili a guardarci attentamente negli occhi per cogliere i pensieri dell’altro e sorridere istintivamente come due poveri cretini. 
— La pioggia è romantica. — confessa, stupendo invece l’altra. — e non ho alcun problema a bagnarmi tutto o a prendermi il raffreddore. — 
Amu sorrise a questa dichiarazione. Allungò una mano e la appoggiò sulla mia guancia umida. 
— Neanche io. — 
— Ti amo, Amu.— le rivelai con il cuore a mille, quello stesso cuore che lei mi aveva rubato e portato via chissà dove. Avevo deciso di aprirmi con la ragazza che amavo più della mia stessa inutile vita, dirgli ciò che sentivo, ciò che mi stava tormentando, raccontarle di mio padre, di tutto quello che mi era accaduto.. perché ero certo che Amu sarebbe rimasta lì ad ascoltare, a confortarmi, a darmi tutto l’amore che la vita aveva deciso di negarmi quando io e Utau eravamo stati abbandonati. Le avevo affidato il mio cuore senza alcuna remore perché lei sapeva custodirlo meglio di me. Le mie labbra avevano provato la dolcezza del “ti amo” mentre il rumore della pioggia, il suo ticchettio sempre più veloce, imitava il mio cuore. Mi ero spogliato della mia sicurezza, della mia sfrontatezza, ma avevo paura di rimanere deluso. Non avrei potuto sopportare un’altra delusione dalla vita. Volevo godermi fino in fondo questa effimera felicità, perché sapevo che qualcuno prima o poi me l’avrebbe sottratta, e se non fosse stata la vita, o il destino, ci avrebbe pensato qualcun altro. Rimasi in silenzio, in attesa che lei mi rispondesse, ma ottenni solo un timido sorriso da parte di Amu. Nessuna parola di troppo, nessuna reazione, bastava quel piccolo e insignificante sorriso a rassicurarmi, a far piombare nel vuoto tutte le paure che mi attanagliavano l’anima. 
— Ti amo da morire, anche io, gattaccio. — ammise convinta, e sollevando le punte mi lasciò un bacio sulla guancia. — Non dubitarne più, ti prego. — 
— Ti assicuro di no, Amu.— risposi. 
La giacca era ormai bagnata, e non bastava più a proteggerci. Avevamo noi stessi, il nostro amore, e la pioggia era solo quel banalissimo dettaglio che completava quella scena. Sentii Amu allontanarsi da me, dalla giacca, e camminare senza che io la seguissi. La pioggia la avvolgeva completamente, mentre una ciocca di capelli le si attaccava alla guancia. Si voltò con una lieve giravolta, e sorridendomi, 
— Forza! Andiamo, coraggio! —
Mi scrollai dalla mia posizione, e quando la raggiunsi, il desiderio di baciarla, accarezzarla, abbracciarla montò in me senza che potessi metterlo a tacere. Con una mano le spostai la ciocca dietro le orecchie, mentre con l’altra la avvicinavo al petto, sfiorandole piano il naso freddo. 
— Non posso baciare la mia ragazza? — 
Amu annuì, ma sapeva che volevo solo infastidirla, quindi partecipò al mio gioco senza aggiungere altro. Quando i nostri occhi si trovarono allo stesso livello, con un dito le asciugai le guance. 
— Promettimi che... non ci lasceremo mai e poi mai, Amu.— 
Amu mi prese delicatamente i polsi. — Se succederà.... io tornerò da te, amore mio. — 
Dopo suggellammo il patto con un lento, delicato e romantico bacio sotto la pioggia. Le nostre labbra combaciavano perfettamente, come se fossero esistite per appartenersi, mentre le lingue si tenevano ancora a distanza perché non volevamo affrettare le cose e fare tutto con calma e dolcezza. Non fu un bacio passionale, ma estremamente dolce. Sostenni il volto di Amu tra le sue mani senza spaventarla, rimamendo vicino a lei, attaccato a lei, per paura di perdere la cosa più importante della mia vita. 


Avevo costruito intorno ad Amu il mio mondo, e ora mi stavo ritrovando a disintegrarlo totalmente. 
Quando giunsi a casa di Amu, Tadase mi aprì la porta, e con uno sguardo perso nel vuoto mi invitò ad accomodarmi nel salone dove c’erano tutti a dar man forte ai genitori di Amu e alla sorellina di lei, che chiedeva insistentemente dove fosse finita Amu, perché non accennava a dare segni di vita. 
Percepìì il dolore nei volti disperati dei familiari della mia ragazza. Dovetti trattenere con forza le lacrime, che premevano per uscire fuori. Non ero un ragazzo che si faceva abbattere facilmente, ma era difficile contenere tutta la rabbia, tutta la preoccupazione per le sorti di Amu nelle mani di quel bastardo, che la stava perseguitando da più di un anno. Lui l’aveva seguita dovunque andasse, l’aveva stalkerizzata per settimane, filmando ogni suo gesto, ogni suo sorriso, qualsiasi cosa facesse, riservandole parole romantiche, ma malate. Perché il suo era un amore malato. Quando lo avevo smascherato agli occhi di Amu era stato costretto a rapirla per allontanarla da me, per averla per sempre con sé. 
Bastardo, figlio di puttana! Lui aveva la mia Amu, dovevo trovarlo, ucciderlo, salvarla prima che fosse stato troppo tardi, non potevo permettere che lui me la portasse via da sotto il naso. Amu era tutta la mia vita, per lei avevo rinunciato alle Easter, ai suoi piani diabolici, al mio passato, ed ero rinato. 
Amu doveva tornare
Quando entrai gli occhi di tutti i presenti si rivolsero a me, luccicanti di speranze, ma non potevo portare niente di positivo. La polizia non la trovava, era come volatizzata... era sparita e io non sapevo che fare, mi sentivo inutile, mi sentivo congelato dinanzi a tutto questo dolore, dinanzi alla disperazione della madre che continuava a piangere sulla spalla del marito, stringendo a sé una foto di Amu. 
— Dove può averla portata?— Tadase poggiò una mano sulla mia scapola. 
— Non lo so. Non so più che pensare. Non so come comportarmi, e ho paura che le faccia qualcosa quel pazzo maniaco. — confesso al mio amico, sì io e Tadase ora siamo tornati ad essere amici, tutto per merito di Amu che ci ha fatti chiarire. Ho ritrovato un fratello, una spalla su cui piangere oppure una faccia su cui sfogarmi sempre in modo amichevole. 
— Dai, non accadrà nulla ad Amu. — ma poi sospirò. Neanche lui credeva alle parole che mi aveva appena detto solo nel futile intento di alleggerirmi dalla tensione. — E poi.. non le farà nulla, se la ama davvero come ha sostenuto. —
— Perché non torna? Perché mia figlia non torna, Ikuto! — i miei occhi lucidi incontrarono quelli della madre, reduce da una notte di terribile attesa, con gli occhi gonfi e rossi, la sofferenza con cui mi gridava quella domanda era devastante per me. 
— Signora... so che non le sono di aiuto, ma vi giuro sulla mia vita... dovessi morire se ciò non accadrà, che troverò, troverò Amu a costo della mia stessa vita! — avevo ancora in mente quella volta che ci trovammo da soli sotto la pioggia e io la baciai. Ci promettemmo che se ci saremmo allontanati, ci saremmo ritrovati, quindi lei doveva tornare da me, dalla sua famiglia, da chi adesso la cerca con lo sguardo in ogni suo gesto quotidiano. Mi sembra di averla qui con me, mentre mi lascia un bacio sulle labbra. Questa attesa mi uccide, la polizia ci sta mettendo troppo, non ci ha ancora chiamato per aggiornarci, sono furibondo! Vorrei svegliarmi da questo incubo, entrare di soppiatto dalla sua finestra e infilarmi nel suo letto a dormire con lei, a guardare il suo volto distendersi mentre so che sta costantemente pensando a me. Vorrei rivederla ancora, senza di lei non respiro, non cammino, non sono in grado di riprendere il controllo della mia vita. 
Vorrei trovarla. Devo trovarla, accidenti

— 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10... finito! — si stacca dal muro e apre gli occhi, mentre la osservo dal mio nascondiglio. — Ikuto, dove sei? Guarda che so che sei dentro quel cespuglio! — addita nella mia direzione. — Ho vinto, come sempre.— solleva il mento, mentre esco allo scoperto. 
— La prossima volta mi nascondo meglio, furbetta. Tu sei troppo brava a nascondino.— 
—Sei tu che sei prevedibile, ormai... oppure sei scarso per questo gioco, Ikuto Tsukiyomi?— 
— Scarso? — fingo di prendermela, mentre mi avvicino e lei. — Sono stufo di nascondino. É roba da poppanti, e io ormai sono troppo adulto per giocarci. — lei indietreggia finché non trova come ostacolo il muro. La blocco con entrambe le mani, mentre lei cercava di scappare. — Ti va di giocare a bacia il gattaccio? — le propongo, mentre lei piega la testa ridendo. 
—Vinceresti, lo so. — 
— Sei sicura di questo?—
— Perché non giochiamo ad altro?— 
— No, no... a questo oppure. — porto una mano ad alzarle piano il mento. — non gioco più a nulla.— 
— Sei un pervertito.— 
— E tu un’ingrata.— la correggo, mentre ritraggo le mani dal volto e dal muro. So utilizzare bene le mie tattiche quando si tratta di ammaliare una ragazza, e ciò funzionava con Amu che era una testona di prima categoria. — Sai quante ragazze farebbero la fila per questo gioco?— 
— Moltissime.. — questa volta è lei che si avvicina, avviluppandomi le braccia attorno la vita. — ma... nessuna deve toccarti. È proibito! — 
— Io voglio che mi tocchi solo tu, Amu Hinamori.— le sussurro piano facendola arrossire, mentre le lascio un altro bacio sulle labbra prima che scappi via. Questo gioco sì che mi diverte, non come il precedente. Amo baciarla, ha delle labbra piccole, al profumo di fragola. Prima che potessi inserire una mano tra i suoi capelli legati in una coda di cavallo si scosta. — Allora? Giochiamo a 1, 2, 3... stella!— 
Rimango deluso. — Ikuto ti sei fatto vincere da una donna, che stupido eh...— 


Era lei che mi manovrava come un burattino, e la mia intera vita era nelle sue mani. Ora non sono più in grado di respirare senza la sua mano a sostenermi, mentre mi inoltro nei corridoi della sua casa, che patisce come me la sua assenza, le sue risate, i suoi sguardi arrabbiati, impazienti o felici. Cerco di non pensarci, ma quando arrivo alla sua porta mi blocco istantaneamente. I passi mi avevano condotto qui, e dietro quella porta marrone c’era la sua stanza, esattamente come l’aveva lasciata prima di sparire. Non mi era mai capitato di entrare come tutte le persone normali, dalla porta e non dalla finestra, ma adesso non mi sarebbe servito a nulla questo espediente. Non avrei trovato il suo volto scuro, arrabbiato per la sua privacy violata se fossi entrato anche quella volta in quel modo. La porta non è chiusa a chiave. Abbasso la maniglia, e apro delicatamente la porta, trovandomi davanti il suo letto matrimoniale. Il letto dove avevo dormito fin troppo volte, con lei o senza di lei. Oltrepassai l’uscio e mi chiusi la porta alle spalle. Quando rimasi solo in quella stanza tutta la mia intenzione di rimanere impassibile a quella disperazione che mi stava trascinando giù nel baratro uscì, esplose, tra le lacrime e i pugni serrati. Andai verso il letto integro. Chi ti aspettavi Ikuto? Povero illuso, lei non è tra quelle coperte. Mi sedetti e il letto dondolò sotto il mio tatto. 

Amu tu mi distruggi.

Il suo cuscino è lì. Lo prendo delicatamente e lo poso sulle ginocchia. Lo avvicino al mio viso, e inspiro ed espiro quella dolce fragranza. Quel cuscino è pieno di lei. Potevo avvertire il suo profumo solleticarmi le narici, penetrare nei miei polmoni, mentre lo tenevo tra le mani immaginandola dormire comodamente fra quelle lenzuola che, sicuramente, sapevano di lei. Posai il cuscino sotto la pesante coperta. 

Dove sei? Non è un gioco, non devi nasconderti.

Sulla scrivania c’è un piccolo libricino dalla copertina rosa. Non sono solito curiosare fra le cose della mia fidanzata, ma ora è diverso, ora necessito di trovare qualche indizio, qualsiasi, per andarla a prenderla, perché il solo pensiero che qualcuno la tocchi, le faccia del male mentalmente, mi fa andare in bestia. 
Apro delicatamente il libro, sedendomi, e gli occhi mi si riempono di lacrime. Ci sono foto di lei. Foto con gli amici guardiani, foto con la sorellina, foto della famiglia, foto buffe, divertenti, foto che la ritraggono in ogni posizione sempre con il sorriso. Girando le pagine comparivo anche io, insieme a lei. Mi soffermai su una, la più recente, che le avevo scattato. Lei era bellissima, come sempre. Era contenta, aveva il volto rilassato, neanche un’ombra di malinconia velava i suoi magnifici occhi oro, ora invece di lei non è rimasto assolutamente nulla. Solo una povera camera rimasta congelata per lei, e il mio cuore che perde battiti ogni secondo che passa senza avere più sue notizie. Arrivo all’ultima pagina, e trovo parole scritte di suo pugno. 

Sembra scusarsi con me. Inizio a leggere. 
— Ciao Ikuto. 
Non avrei nemmeno il diritto di spiegarti ciò che è accaduto, ma non me ne importa, io lo voglio fare. Fin da quando ti ho conosciuto, ho sempre voluto dubitare di te, ho sempre ascoltato la mia testa, invece che il cuore; oggi invece metterò il cuore al primo posto per dirti ciò che provo per te, gattaccio. 
Ti promisi che se mi fossi allontanata da te non mi sarei mai arresa, e sarei tornata da te. 
Io non voglio perderti per una schiocchezza. Io sento di voler provare a costruire qualcosa di maturo, di duraturo con te... magari una famiglia, perché tu mi hai reso una persona migliore, una persona capace di accettare il destino, affrontare le sfide che gli riserverà sempre con il sorriso sul libro, e farò tutto il possibile per dimostrarti che sono sincera. Ti amo da morire, non lo dimenticare. E se mai capiterà, che un giorno sparirò, che ti distruggerò con la mia assenza, che non lascerò traccia per essere trovata.. tu non ti arrendere... non devi assolutamente farti acceccare dal dolore, la rabbia, la disperazione no... tu devi trovarmi, Ikuto. Ti prego, non abbandonarmi. Io ti amo, e questo nessuno lo potrà cambiare mai. 
Devi solamente trovarmi, e tornerò da te. 

Tua Amu. 

Trovami. Trovami. Devi trovarmi, mi suggerivano quelle scritte, e io ciecamente avrei seguito quel suo consiglio, e avrei affrontato persino l’inferno e le sue forze oscure pur di trovarla. Trovare la mia Amu era l’unica cosa che avrei fatto nella mia vita, trovarla e passare insieme quello che ci rimaneva ancora.

— Ikuto? — alzai gli occhi al sentire quella voce, quella voce che mi pareva di dimenticare ogni minuto che passava in agonia. — A-amu? — 

Era davanti a me e mi sorrideva come se non fosse accaduto nulla, come se avessi sognato ogni cosa. 

— Perché sei disperato? —

— Perché.... — cerco di proferire, ma non trovo le parole adatte. — Non importa... Amu.— non riesco a concludere la frase, perché tutto è stato soppiantato dalla gioia di riaverla fra le mie braccia ancora. 

— Ikuto Tsukiyomi che piange? Che miracolo!—
Ormai non mi interessava che mi stesse prendendo in giro, mi interessava soltanto di una cosa o io stavo sognando, o stavo impazzendo e la vedevo da tutte le parti, o lei veramente aveva mantenuto la sua promessa ed era tornata da me e non sarebbe andata più via.

— Amu... ti amo alla follia, più della mia stessa vita. Non andartene più. — la prego, baciandola, e quelle labbra conservavano ancora il suo profumo. 

—Ikuto... anche io ti amo.— mi disse quando ci staccammo, poi lei sparì, come era apparsa lasciandomi senza fiato. E allora capì, finalmente, era stato soltanto un sogno.







 

 
   
 
Leggi le 2 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Shugo Chara! / Vai alla pagina dell'autore: kissenlove