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Autore: Julie_A    02/08/2016    1 recensioni
«Quando l’aveva vista a terra, esanime, con il volto pallido come la cera… A Gabe non era mai capitato di provare paura per qualcuno, in special modo per una mondana – anche se in realtà Crystal non era affatto una mondana, rifletté. Non aveva mai sentito il sangue raggelarsi nelle vene come quando si era posato il capo di lei, appiccicoso di sangue demoniaco, sulla gamba e aveva iniziato a scuoterla sperando che ciò bastasse a rianimarla. E la ventata di sollievo che lo aveva investito quando lei aveva aperto lentamente le palpebre e i suoi occhi lucenti come zaffiri lo avevano guardato, confusi e disorientati…»
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NOTA DELL'AUTRICE: questa ff è stata scritta basandomi solamente sulla conoscenza ottenuta dai primi capitoli della saga e informandomi sul web, quindi mi scuso agli appassionati se troveranno delle incongruenze tra ciò che ho scritto io con ciò che è stato scritto dalla Clare. Inoltre, la storia è ambientata a Los Angeles/Long Beach, ma non troverete alcun collegamento con 'The Dark Artificies' (poiché ho scritto questa ff prima di venire a conoscenza di quel sequel). Ci saranno però comparse dei personaggi di 'The Mortal Instruments'. Vi auguro buona lettura^^
Genere: Avventura, Fantasy, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alec Lightwood, Altri, Izzy Lightwood, Jace Lightwood, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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capitolo 1

UN NUOVO LAVORO

«Ecco qui», disse la donna dai lunghi capelli corvini seduta dietro alla scrivania. «Questo è il suo contratto. Inizierà domattina alle sei.»

Crystal guardò la risma di fogli che pendeva dalle mani della donna per un momento che le parve interminabile. Non poteva credere di aver appena ottenuto il suo primo contratto di lavoro. Con le mani che tremavano per l’emozione, si allungò per prendere i suoi documenti.

La donna si ritrasse appena sulla poltrona da ufficio, esitante.

«Prima voglio dirle una cosa, signorina Evans.»

Crystal annuì, il cuore che d’un tratto smise di battere.

«Ha ottenuto questo posto di lavoro perché la nostra precedente cameriera è stata licenziata in tronco.»

«Ma l’annuncio diceva…»

«So bene cosa diceva l’annuncio. Congedo per maternità. In realtà è una questione delicata, perciò ho preferito parlargliene di persona.»

«Ma certo. Nessun problema.»

«La sua collega è stata licenziata in seguito a sospetti e numerosi sparimenti di merce dal magazzino. Si trattava per lo più di alimentari.»

«Capisco», tagliò corto Crystal. Parlare di furti con il suo neo-capo la metteva per qualche ragione in imbarazzo.

«Voglio accertarmi che questo non si ripeta», disse la donna.

«Assolutamente», mugugnò Crystal paonazza.

«Bene», concluse porgendole la documentazione. «Allora domani alle sei. Miranda sarà già lì ad aspettarti. Ti mostrerà le tue mansioni.»

«Grazie mille», seppe dire soltanto. Era così emozionata che le parole le uscivano a stento.



L’indomani Crystal si fece trovare davanti all’entrata dell’Every Flavour Donuts un quarto d’ora in anticipo. Durante la notte era stata così in ansia per il suo primo giorno di lavoro che non era riuscita a chiudere occhio. Si era immaginata almeno un centinaio di versioni diverse della sua giornata, ma ora che il sole era sorto non si sentiva pronta per niente.

Si spaventò quando udì un rumore di ferri scricchiolanti. Si voltò verso la vetrina e vide che la serranda si stava sollevando meccanicamente. Concentrandosi riuscì a scorgere una figura dietro al vetro immacolato. Era una donna e indossava un grembiule a scacchi bianchi e verdi.

La donna aprì la porta a vetri non appena la serranda si fu sollevata del tutto.

«Ciao!», la salutò allegramente. «Tu devi essere Crystal.»

La ragazza annuì. «Sì. E tu devi essere Miranda.»

«Indovinato. Vieni, entra. Ho appena sfornato dei croissant fantastici.»

Crystal non se lo fece ripetere. Entrò nel locale e fu subito investita da un’inebriante profumo di brioches, cioccolato e schiuma di latte.

Si guardò attorno, curiosa ed eccitata. L’interno del locale era stato arredato nei toni del verde. Le pareti verde mela, il bancone di plexiglass color bottiglia e le piastrelle di un intenso smeraldo. L’unico colore di contrasto era il bianco, che si trovava nel soffitto a botte, nei quadri d’arte contemporanea e nelle sedie di fibra intrecciata sparse nella sala.

Non era male come prima impressione. Crystal era affascinata dal lungo bancone di vetro da cui faceva capolino ogni sorta di squisitezza, dalla composizione di frutta fresca che si ergeva sul banco di marmo e dalla grande macchina per il caffè lucidata a specchio.

Miranda disse a Crystal di sedersi dove preferiva e la raggiunse poco dopo portando con sé un vassoio ricolmo di prelibatezze.

«Che profumino», commentò estasiata Crystal.

Miranda le sorrise gentile. «Ora faremo una bella colazione e parleremo del tuo ruolo qui dentro. Si discute sempre meglio a pancia piena.»

«Concordo», rispose Crystal con l’acquolina in bocca.

Miranda era una donna paffuta, sulla cinquantina. Portava i capelli rossi e corti, ordinati in una perfetta messa in piega. Sul naso le pendevano degli occhialetti tondi che, pensò Crystal, la facevano assomigliare ad un personaggio dei cartoni animati.

La donna le spiegò per filo e per segno qual era il compito che le stava affidando. Le raccontò dettagliatamente la giornata tipo del locale e le descrisse brevemente Oliver, il barista. Disse che non era un tipo molto amichevole, ma se Crystal non avesse invaso i suoi spazi lui non le avrebbe dato del filo da torcere.

«E cosa mi sai dire sulla persona della quale ho preso il posto?», azzardò Crystal a bocca piena. «La signora Helgen ha detto che è stata licenziata in tronco per negligenza.»

La fronte di Miranda s’increspò all’improvviso, come quando si morde una fetta di limone.

«Vuoi dire Serena?», rispose a labbra strette. «La signora Helgen l’ha cacciata perché negli ultimi due mesi ci sono state delle strane sparizioni, qui al locale. Ma personalmente non l’ho mai vista fare niente di insolito. Lavorava qui da quasi un anno ed era una buona collega. È tutto quello che posso dirti.»

Crystal, curiosa com’era, avrebbe voluto porgerle altre domande al riguardo. Per esempio cosa ne pensava delle sparizioni di cibo se era convinta che Serena non ne fosse coinvolta. Ma si morse la lingua e si trattenne dal dire qualsiasi altra cosa. Non voleva sembrare una ficcanaso, almeno non al suo primo giorno di lavoro.

«Vieni, ti mostro il tuo armadietto», disse Miranda poco dopo.

Crystal fu contenta di alzarsi dal tavolo, perché aveva la netta sensazione che il parlare della donna licenziata avesse turbato Miranda.

La pasticciera attraversò la sala ed entrò in cucina, seguita da Crystal che si guardava attorno cercando di capire a che cosa servissero tutti quegli arnesi colorati sparsi sui banconi da lavoro.

Arrivarono nel retro bottega, in un’angusta stanzetta che fungeva da spogliatoio. Miranda indicò a Crystal l’armadietto più a destra lungo la parete frontale.

«Ecco, quello è il tuo», la informò.

Crystal annuì e si avvicinò all’armadietto. Notò che la chiave era già infilata nella serratura, così la girò e aprì l’anta grigia. All’interno trovò un piccolo ripiano vuoto e delle grucce sulle quali erano appesi due cambi della divisa da lavoro ancora avvolti nel cellofan.

«Su, cambiati. Ti aspetto al bancone», concluse Miranda prima di uscire dallo spogliatoio.

Crystal si sbrigò a scartare la sua mise da lavoro, che era composta da una polo bianca, lunghi e morbidi pantaloni grigio topo e un grembiulino verde mela da legare in vita. Sul fondo dell’armadietto trovò anche delle ciabatte bianche.

Una volta vestita, Crystal andò alla ricerca di uno specchio per legarsi i lunghi capelli color ebano e trovò una porta che conduceva ad un piccolo bagno. Accese la luce e si guardò intensamente allo specchio.

«Va tutto bene», si disse. «Devi stare tranquilla. Sarai bravissima.»

Crystal trovava un po’ stupido rassicurare sé stessa davanti ad uno specchio, però funzionava sempre. Si sentiva già meno tesa.

Fece un respiro profondo, poi si legò i capelli in un’alta coda di cavallo. Sì lisciò il grembiulino e fece dei risvolti ai pantaloni, che le stavano un po’ lunghi.

Era pronta per iniziare.



Nel pomeriggio Crystal si sentiva già più a suo agio dietro alla vetrina dei dolci. Serviva i clienti con disinvoltura e riusciva ad utilizzare la cassa senza troppi intoppi.

In un momento di calma piatta, verso sera, Miranda chiese a Crystal di rifornire la vetrina dei donuts. Crystal la raggiunse nel laboratorio e prese la prima teglia di ciambelle appena glassate. Tornò al bancone e le espose ordinatamente nella vetrina. Poi tornò da Miranda per il secondo giro.

«Queste sono alle nocciole», le disse Miranda. «Mettile a sinistra.»

«Certo», rispose allegramente.

Crystal tornò al bancone e si mise a disporre le ciambelle dalla glassa scura, quando notò uno spazio vuoto lungo la fila delle ciambelle che aveva sistemato poco prima.

Curioso, pensò la ragazza. Sono convinta di averle disposte una accanto all’altra.

Lo spazio tra le due ciambelle era effettivamente quello di una terza mancante, come se qualcuno l’avesse presa mentre lei era in laboratorio.

Crystal si guardò attorno circospetta, cercando qualcuno che si aggirasse per il locale. Ma l’unica persona oltre a lei era Miranda. Oliver, il barista, sarebbe arrivato mezz’ora più tardi, all’ora in cui Crystal avrebbe smontato.

La ragazza non sapeva se trovarlo divertente o sconcertante. I donuts non camminano di certo, disse fra sé.

Decise comunque di non coinvolgere Miranda. Continuò a lavorare fino al termine del suo turno senza dire una parola.

Stava per uscire dallo spogliatoio, esausta, quando sull’uscio incappò in un ragazzo dai capelli scuri e gli occhi di ghiaccio.

«Ciao», gli disse un po’ sorpresa.

«Ehi», rispose lui in tono monocorde.

«Immagino che tu sia Oliver», aggiunse lei.

Crystal pensò che il ragazzo era davvero carino, con quei ciuffi castani che gli cadevano sulla fronte e quelle labbra sottili contornate da un mento e una mascella spigolosi.

«Sì.»

«Io sono Crystal. È un piacere.»

Il ragazzo scrollò le spalle con noncuranza. «Sei qui per sostituire Serena o sei solo un’altra di quelle stupide stagiste della Saintsbury?»

«Cos’hai contro quelle della Saintsbury?», chiese lei stizzita.

Crystal ricordò le parole di Miranda. “Non infastidirlo e lui non infastidirà te.”

Oliver fece spallucce. «Niente di personale.»

«Comunque sostituisco Serena», disse lei.

«Oh, be’, non ti invidio comunque», rispose. «Buona fortuna.»

Oliver la spostò di lato e s’introdusse nello spogliatoio senza aggiungere altro.

Crystal fu lì lì per chiedergli che cosa intendesse dire con quell’ultima frase, ma le sue intenzioni di dissolsero quando Oliver chiuse la porta con un colpo, facendola sobbalzare.

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PERSONAGGIO DEL GIORNO:
Crystal Evans

Crystal Evans

  
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